tag:blogger.com,1999:blog-164631762024-03-08T18:41:33.175+01:00centrodestraRassegna stampa per chi non è "politicamente corretto" e desidera leggere le notizie che pochi giornali pubblicano.mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.comBlogger2749125tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-22893411679248657272016-03-21T18:53:00.001+01:002016-03-21T18:54:06.220+01:00L'inesistente eredità del centrodestra. Gianni Pardo<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: black; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 14.4px/21.6px OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin: 12px 0px; padding: 0px; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
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<img src="http://www.lsblog.it/images/marco27/topi%20e%20nave.jpg" height="206" width="400" /></div>
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Per chiunque sia un anticomunista di vecchia data l’ignominiosa liquefazione del centrodestra dovrebbe rappresentare un dolore. Eppure c’è modo di non prendersela. Se l’Italia farà una politica dissennata, insieme a noi ne soffriranno altrettanto quelli che l’avranno voluta. Dunque asciughiamoci le lacrime.</div>
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Un tempo, secondo un barbaro codice, i capitani non abbandonavano la nave che affondava. Oggi, anche senza arrivare al comportamento di Francesco Schettino, il capitano giustamente si salva. L’errore di Silvio Berlusconi è stato infatti quello di rimanere sul ponte di comando. Dal 1993 a oggi, con enorme spesa di denaro e di fegato, tutto quello che è riuscito a fare è stato ritardare il naufragio.</div>
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Di cuore l’Italia è comunista, oppure cattolica, oppure cattocomunista. E i liberali non li sopporta. Non si spiega diversamente l’universale coalizione contro Berlusconi. Gli stessi infiniti tradimenti che gli sono stati inflitti sono nati non soltanto dal misero e personale interesse, ma anche dall’intima certezza che il centrodestra non avesse futuro. Umberto Bossi addirittura scese dalla nave appena dopo che c’era salito, nientemeno nel 1994. Percepì per primo che i siluri erano troppi perché fosse possibile evitarli.</div>
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Ma Berlusconi era uomo di resistenza assolutamente eccezionale e riuscì a sopravvivere. Forse anche perché allora c’erano ancora molti italiani che il comunismo l’avevano conosciuto bene. Tanto che Bossi forse pensò che gli conveniva tornare da lui: ma la tendenza storica che aveva prima intravisto era effettivamente quella giusta. Infatti nel corso del tempo molti altri se ne sono resi conto e hanno sbagliato soltanto il momento della verifica. Così si spiega il comportamento di Gianfranco Fini. Se avesse pensato che Berlusconi poteva ancora resistere, non gli avrebbe fatto la guerra. Doveva per forza essergli chiaro che, se non avesse vinto, gli sarebbe toccata la morte politica. Che è poi ciò che è avvenuto.</div>
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L’impazienza di veder tramontare la stella del Capo ha indotto in errore molti politici. Magari quegli stessi che a lui dovevano la loro carriera. E la Nemesi è stata impietosa, sono finiti tutti male. Ma che il principio fosse giusto – cioè che l’Italia non possa essere un Paese liberale – era incontestabile e molti si preparavano al nuovo corso. Anche quelli che non l’hanno tradito in fondo al cuore hanno sperato che il Cavaliere uscisse di scena, o perché ammalato, o perché stanco, o perché eliminato dai magistrati. O infine perché morto, essendo lecito sperare che non sia immortale.</div>
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La tendenza si è accentuata dopo lo sgambetto di Matteo Renzi. Prima s’è avuta la defezione di Alfano e compagni i quali, per mantenere i vantaggi del presente, si sono precluso il futuro; più recentemente abbiamo avuto il caso di Verdini e dei suoi amici, i quali sostenendo l’attuale governo chissà che cosa sperano di ottenere. Comunque è chiaro che i topi abbandonano la nave che affonda. Gli ultimi, forse non soltanto cronologicamente, sono Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Mentre Berlusconi è sempre più vecchio, sempre più solo, sempre più debole. I figli impazienti forse pensano di essere sul punto di avere finalmente l’eredità del padre. E la realtà potrebbe deluderli più di quanto non pensino.</div>
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Tutti sono sempre stati convinti che l’uomo venuto da Arcore sia stato e sia il padrone del centrodestra. Forse non hanno capito che quel raggruppamento Berlusconi non lo domina, lo crea. Cosicché il partito potrebbe sparire insieme con lui e lasciare gli eredi con un palmo di naso. Hanno commesso un parricidio per ereditare e si sono accorti che il patrimonio era lui stesso.</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: black; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 14.4px/21.6px OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin: 12px 0px; padding: 0px; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
Forse a breve il centrodestra non ci sarà più. Forse l’Italia sarà finalmente di sinistra, e senza contraddittorio. Simile al Venezuela, potrà fare tutte le stupidaggini suicide che vorrà. È vero che stavolta siamo ingabbiati nell’Unione Europea, ma da un lato l’Unione potrebbe scacciarci, dall’altro potremmo noi stessi farla scoppiare. Già oggi Renzi insiste per la “flessibilità”, cioè per fare più debiti, senza pensare che basterebbe allarmare ulteriormente i mercati, perché le Borse ci attacchino veramente, non per un complotto ordito dall’alto, come quello del 2011. Gli investitori internazionali farebbero a gara per recuperare il recuperabile e a quel punto non ci sarebbe rimedio. Dovremmo semplicemente dichiarare bancarotta.</div>
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L’Italia vuole andare a sinistra? S’accomodi. Non ci rimane che la<span class="Apple-converted-space"> </span><em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">Schadenfreude</em><span class="Apple-converted-space"> </span>di vedere l’avversario che sbatte il muso. Anche se la cosa danneggia anche noi.</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: black; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 14.4px/21.6px OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin: 12px 0px; padding: 0px; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
pardonuovo.myblog.it</div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-90224689723361533762016-03-02T12:05:00.001+01:002016-03-02T12:05:42.115+01:00Il segreto evidente. Davide Giacalone<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<img height="237" src="http://www.lsblog.it/images/marco26/ipocriti.jpg" width="400" /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-size: 14.4px; line-height: 21.6px;">Ci si eccita allo snudamento di un presunto segreto, salvo abbioccarsi innanzi a ciò che già s’intravedeva ed era evidente. L’ambasciatore americano a Roma, Reginald Bartholomew, nel 1994, avvertiva Washington che la sinistra era pronta a tutto pur di distruggere Silvio Berlusconi e che il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, manovrava per far cadere il suo primo governo, detestando la sola idea che potesse mai riuscire a farne un secondo. Chi lo avrebbe mai detto?!</span></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Non ci fossero gli americani a spiarci e studiarci, nonché a scriversi fra di loro, rischieremmo di perdere il filo della storia patria. Non ci fosse la possibilità di evocare un qualche complotto, perderemmo anche l’idea dell’esistenza della politica e della storia. In realtà quelle cose non solo le sapevamo tutti, ma le abbiamo anche scritte e riscritte. Come era solare l’avversità del successore di Scalfaro, Giorgio Napolitano, all’ultimo governo Berlusconi. Ma non ci basta la realtà, non bastano i ripetuti deragliamenti quirinalizi, qui tempestivamente segnalati e descritti, è come se ci sia sempre bisogno di un sovrappiù di fantasia drammatica, talché le cose chiare diventano limpide solo a patto d’intorbidarle e corromperle.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Risale al 1998 un libro di Stanton H. Burnett, politologo e collaboratore del Dipartimento di Stato Usa, in cui si descriveva la natura anomala dell’azione di certi magistrati italiani. Non era un cablogramma segreto, si poteva acquistarlo in libreria. Il titolo è un programma: “The Italian Guillotine”. Né segrete erano le opinioni e le dichiarazione di Antonin Scalia, giudice della Corte suprema Usa, che non si capacitava di come un Paese civile potesse avere una giustizia come la nostra. Mentre in Italia delle toghe si proponevano di “rigirarla come un calzino”, Scalia osservava: ma che ne sanno i giudici di morale? Chi mai vorrebbe un Paese amministrato da giudici? Era inorridito, e lo diceva nel 1993, dal fatto che si potesse arrestare una persona e tenerla finché non “canta”. Considerava un obbrobrio il fatto che accusatori e giudici fossero colleghi. Ha fatto bene Filippo Facci a ricordarlo, in occasione della sua recente scomparsa. Tutta roba pubblica.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Il problema, allora, non è che gli americani avessero l’impressione che la sinistra volesse annientare l’avversario, o che dal Colle le si facesse sponda, perché questo era di un’evidenza disarmante, il problema era ed è che a questo compito si sia dedicato un ordine divenuto potere, con un’inquisizione lunga venti anni. Chi qui scrive non concede nulla all’innocentismo, né al colpevolismo. A me interessa solo che, in questo modo, si strangola la giustizia. Abbiamo anche raccontato la sorte della sentenza di condanna a pena da scontare (e scontata) che colpì Berlusconi: l’estensore di quella sentenza scrisse poi, in una successiva sentenza, che era da considerarsi abnorme, estranea alla consolidata giurisprudenza e da non prendere ad esempio. Non vorrei ci sia bisogno di qualche dispaccio diplomatico segreto, per accorgersi di quel che abbiamo già ampiamente documentato.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Di converso, però, usare tali resoconti per scoprire quel che è scoperto induce taluni a supporre d’essere stati solo prede di trappole occulte. No, perché essi sono i principali artefici della sorte che è toccata loro. Il centro destra ha governato per tre volte (due volte e mezza), ha tenuto aperto un estenuante fronte giudiziario e non ha portato a casa le riforme che riguardano gli italiani tutti. Perché gli altri non volevano, dicono. Certo, funziona così anche nel calcio: quegli undici disgraziati si oppongono alla rete che vorresti. Ma se hai la maggioranza sei responsabile di quel che fai e di quel che non fai. Non votarono contro il governo Dini, votarono a favore di quello Monti e di quello Letta, così come votarono la rielezione di Napolitano. C’erano buone ragioni? Anche, ma la principale della loro debolezza era la loro disomogeneità e rissosità. Il diuturno impegno a farsi le scarpe a vicenda. Le colpe degli altri, insomma, non cancellano le proprie. La storia si racconta dopo molti anni, mentre la si fa, però, è poco saggio imbrogliarsi per i fatti propri.</div>
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<a href="http://www.davidegiacalone.it/" style="margin: 0px; padding: 0px;">www.davidegiacalone.it</a></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
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(LSBlog)</div>
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-81039352935695833212016-02-27T17:38:00.000+01:002016-02-27T17:39:53.697+01:00Trappole bigotte. Davide Giacalone<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: black; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 14.4px/21.6px OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin: 12px 0px; padding: 0px; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
Nel giorno in cui le corna omosessuali diventano materia di governo, scattano altre trappole del bigottismo travestito da nuovismo. Per dirne una: gli eterosessuali sono discriminati. La legge, infatti, si riferisce solo ed esclusivamente a coppie composte da persone dello stesso sesso, il che vuole dire che se fai coppia con una persona di sesso diverso, senza sposarti, resta in piedi tutto quello che si dice di volere superare: non puoi delegare l’assistenza, non puoi usare il cognome, non scattano garanzie circa la premorienza di uno dei due, e così via. L’eterosessuale, secondo questo testo bacchettone e bacchettabile, rimane il solo soggetto a doversi o sposare o stare nella terra di nessuno.</div>
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E’ comprensibile, del resto, perché se non vi fosse questa discriminazione per gusti e tendenze sessuali ci sarebbe da aspettarsi la sostanziale scomparsa dell’istituto del matrimonio. Già abbondantemente in crisi per i fatti sui. Prendete il problema del mantenimento dell’ex coniuge, o dell’ex unionista, in caso di separazione: al primo devi assicurare il mantenimento dello stesso tenore di vita, sicché se scialacquava in costanza di matrimonio ha diritto a continuare a farlo; al secondo, invece, passi un assegno solo a condizione che “versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento” (comma 65).</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: black; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 14.4px/21.6px OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin: 12px 0px; padding: 0px; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
In quanto alla fedeltà, altresì declinabile sotto il segno delle corna, pare che a volerne l’esclusione siano stati quanti erano timorosi d’eccessive somiglianze con il matrimonio. Costoro devono non avere letto il comma 20, secondo cui tutte le disposizioni in cui si legge “coniuge” o “coniugi” si applicano ai contraenti un’unione civile. Estendendolo alla pensione di reversibilità (s’innescherà un poderoso contenzioso giuridico) significa che le unioni non danno luogo a esborso di soldi propri, ma prevedono il ciucciarsi via quelli altrui. Questo nell’era in cui si discetta circa il contenimento della spesa pubblica.</div>
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Ricordo agli smemorati, inoltre, che ci siamo tenuti il reato d’adulterio fino al 1968, ma solo in capo alle donne. Il maschio punito non era il marito adultero, ma colui il quale concorreva a fare di lei un’adultera. Roba sopraffina. Nel tempo l’adulterio non è neanche più efficace come causa di separazione per colpa, ma rimane fra i doveri dei coniugi. Fra gli unionisti no, invece. Non che mi scaldi più di tanto, ma ci vedo il segno di un più generale fraintendimento: inseguire i diritti senza doveri è tipico di chi ha in mente un mondo irreale. Oltre che non ammirevole.</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: black; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 14.4px/21.6px OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin: 12px 0px; padding: 0px; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
L’articolone unico, con 69 comma, rientra nella pratica legislativa che, di tanto in tanto, si considera odiosa e da bloccare. Quelle pagine sono compitate in modo tale che nessuno possa capire quel che c’è scritto, se non dotandosi di codici e riferimenti legislativi. Esattamente come una legge non dovrebbe essere scritta. Agli errori concettuali si sommeranno quelli compilativi. Ma c’è di più: il governo pone la fiducia su un testo proprio, sostitutivo di quello in discussione. Vuol dire che il governo presenta un proprio disegno di legge. Peccato che il quarto comma dell’articolo 87 della Costituzione stabilisca che per fare una cosa simile occorre l’avallo e la firma del presidente della Repubblica. In calce al testo, invece, c’è solo quella del ministro Boschi.</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: black; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 14.4px/21.6px OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin: 12px 0px; padding: 0px; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
In quanto alle adozioni, segnalo che il testo non è affatto neutro. Abbiamo qui ricordato, nel mentre lo scucuzzamento in materia era ai massimi, che già esiste, da 33 anni, una legge che consente adozioni speciali. L’adozione da parte della matrigna o del patrigno, del resto, è sempre l’adozione da parte di una sola persona, non di una coppia. Tanto la legge esiste, che è stata molte volte applicata, con adozioni in capo a un secondo avente patria potestà che è dello stesso sesso dell’altro esistente. (Non lasciatevi fuorviare dall’ordinanza di rigetto della Corte costituzionale, relativa ad una adozione da parte di due madri: è il giudice di merito che ha impostato le cose in modo sbagliato, sicché il ricorso non è stato bocciato, era inammissibile). Ora, però, il richiamo alle leggi esistenti lo si trova in una legge riguardante le coppie omosessuali. Delle due l’una: o è ultroneo e del tutto inutile, oppure spiana la strada alle adozioni speciali in capo non più a uno, ma a una coppia. Omosessuale. Il diritto ha le sue regole, che si applicano anche quando il legislatore pensa in modo storto.</div>
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<a href="http://www.davidegiacalone.it/" style="margin: 0px; padding: 0px;">www.davidegiacalone.it</a></div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-78633997479774136702016-02-26T12:23:00.001+01:002016-02-26T12:23:15.467+01:00Panebianco: il pensiero libero e la tristezza di quegli slogan. Angelo Panebianco<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
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<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<img height="230" src="http://www.lsblog.it/images/marco26/alma%20mater.jpg" width="400" /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
È difficile tentare di trarre qualche insegnamento generale da vicende nelle quali siamo coinvolti personalmente. Manca inevitabilmente la serenità e c’è sempre il rischio che l’emotività ci prenda la mano, ci tolga lucidità. Tengo corsi all’Università di Bologna dal 1976. Per la prima volta in vita mia, e per due volte di seguito, c’è stato il tentativo di pochi aderenti a gruppuscoli politici di impedirmi di fare lezione. Il tentativo è fallito grazie alla ferma e indignata reazione dei miei studenti che erano venuti lì per seguire il corso. In ogni caso, quei gruppuscoli hanno ottenuto la pubblicità di cui erano alla ricerca. Questi eventi mi hanno scosso (anche se non intimidito). È molto sgradevole sentirsi dare dell’assassino, del guerrafondaio, di quello che specula sui morti ammazzati. Ed è patetico (e anche triste) sentire slogan e vedere cartelli con sopra scritto «fuori i baroni della guerra dall’Università». Patetico, perché costoro nemmeno sospettano quanta muffa e quante ragnatele ci siano in quegli slogan.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Inizio con qualche osservazione di carattere generale sul rapporto fra estremismo politico e democrazia. La democrazia è un regime molto fragile, che si regge sul fatto che in ogni momento (il che non è affatto scontato) la moderazione politica — nel senso in cui l’intendeva Montesquieu — prevalga sull’estremismo. Se riescono a imporsi quelli che considerano l’altro un nemico anziché un avversario, allora la democrazia è agonizzante. Si tenga presente che la democrazia (qualunque altra cosa essa sia) è prima di tutto e soprattutto un regime politico che, a differenza di tutti gli altri, risolve pacificamente le proprie dispute interne, e pacificamente (con il voto) sostituisce i governanti di cui gli elettori siano insoddisfatti. Se e quando prevale l’estremismo queste condizioni svaniscono. Ciò non significa affatto naturalmente che nelle democrazie più consolidate siano assenti correnti estreme. È normale e fisiologico che ci siano, senza che per questo la democrazia sia minacciata. Che quelle correnti diventino oppure no pericolose dipende da un insieme di condizioni (che non è sempre facile individuare). Possiamo forse limitarci a dire che nei momenti in cui (per esempio, a causa di prolungate crisi economiche o di cambiamenti radicali nel quadro politico internazionale), si diffondono ansia, paura e insicurezza, allora c’è il rischio che quelle correnti si ingrossino. Ma ciò non basta.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Gli anni Settanta e oggi</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Occorre anche che l’estremismo sia sospinto da una cultura diffusa che ne legittima le azioni. Qui si colgono alcune differenze, ad esempio, fra l’Italia degli anni Settanta, gli anni che sfociarono nel terrorismo, e l’Italia di oggi. Allora c’era una cultura diffusa che legittimava la «rivoluzione» e un gran numero di cattivi maestri che dicevano a certi giovani «vai avanti tu». Oggi quella cultura diffusa non c’è più e anche i cattivi maestri si sono dileguati (qualcuno, per la verità, ancora c’è: un amico mi ha mandato copia di un articolo scritto da un «collega» — sic — che inneggia al manipolo di eroi venuti da me per impedirmi di parlare). Se questo è per noi italiani il vantaggio dell’oggi rispetto agli anni Settanta, occorre dire che c’è anche una differenza di opposto segno: negli anni Settanta c’era la guerra fredda, e quindi un quadro internazionale stabile. Oggi (con l’Europa a pezzi e il Medio Oriente in ebollizione) siamo in un’altra condizione. Si dileguano uno dopo l’altro gli antichi punti di riferimento, e paura, ansia e insicurezza inevitabilmente si diffondono. C’è un corollario importante e che, incidentalmente, riguarda proprio il mestiere di chi scrive: la questione della libertà di insegnamento. Solo le democrazie la tutelano. Quando è il governo a colpirla significa che la democrazia è finita. Ma spesso è accaduto nella storia delle democrazie che quella libertà sia stata, qua e là, aggredita dal basso. Quasi sempre le democrazie riescono ad arginare il fenomeno. Qualche volta non ci riescono e ne pagano il prezzo.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
I perché dell’estremismo</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Un altro insegnamento di carattere generale riguarda il perché dell’estremismo politico: perché ci sono persone che si rinchiudono volontariamente in quella prigione mentale costruita su frasi fatte e vuote, su truci e insensati slogan, su urla che devono nascondere agli occhi degli altri l’evidente paura del mondo che prova colui che grida? I percorsi individuali che portano verso l’estremismo sono i più vari e spetta agli psicologi esaminarli. Qui posso solo osservare che la politica è il luogo per eccellenza nel quale paure e frustrazioni individuali possono trovare una valvola di sfogo: un’aggressività verso l’altro che non si autogiustificasse con argomenti «politici» apparirebbe agli stessi occhi di chi pone in essere il comportamento aggressivo, come moralmente poco sostenibile. Invece, un’aggressività che si pretende guidata da motivi politici rende possibile l’illusione che si tratti di un comportamento «nobile», guidato da alti ideali morali. La politica è, da sempre, il ricettacolo e la calamita di frustrazioni personali che vi cercano una qualche forma di legittimità la quale, a sua volta, serva a giustificare odio e aggressività.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Il ‘68 per noi non è durato un anno ma un decennio</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
C’è poi un’osservazione che si può fare sul caso italiano, sulla nostra democrazia difficile. In un articolo che scrissi per il Corriere nel 1993, in occasione del venticinquennale del ’68 e che ho riletto proprio in questa circostanza, mi chiedevo come mai il ’68 fosse stato un anno di moti studenteschi in quasi tutto il mondo occidentale , salvo che in Italia. In Italia il ’68 non fu un semplice «anno»: fu invece un decennio che si concluse solo nel 1978 con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, quando la rivoluzione immaginaria e parolaia finì e arrivarono quelli che facevano sul serio. C’è sicuramente qualcosa di speciale nella cultura politica italiana — sulla quale gli storici del futuro dovranno lavorare a lungo — che può spiegare questa anomalia. Qualche cascame o residuo di quell’interminabile decennio è ancora tra noi.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
La cultura della sicurezza</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Sono costretto — spero che i lettori del Corriere mi perdoneranno — a concludere questo articolo con qualche osservazione che mi riguarda direttamente. Contrariamente a quanto mi urlavano in faccia i giovanotti del collettivo sventolandomi sotto il naso un mio articolo sulla Libia, io non ho mai inneggiato alla guerra (solo i pazzi possono farlo). Io ho lamentato l’assenza di una cultura della sicurezza (e quindi della difesa da minacce esterne) in un Paese che per un cinquantennio si è potuto permettere il lusso di non disporne. Si tratta, dicevo, di una assenza particolarmente grave oggi, data una situazione che quasi certamente spingerà, sotto l’egida delle Nazioni Unite, una coalizione di Paesi di cui faremo parte, a tentare di stabilizzare la Libia, bloccando il pericolo mortale per tutti noi rappresentato dallo Stato islamico. Né ho giustificato la guerra quando ho scritto, a proposito di Europa, che le unificazioni politiche avvengono quando ci si difende da pericoli esterni. Era una constatazione di fatto, basata sull’evidenza storica. Distinguere fra giudizi di fatto e giudizi di valore non è evidentemente una cosa alla portata di tutte le menti.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Un solido muro a difesa del libero pensiero</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Ma non è tanto la grossolana falsificazione delle tesi che ho espresso sul Corriere che mi preme rintuzzare. La cosa che mi ha dato più fastidio di questa faccenda è un’altra. Questi individui si sono permessi di mettere in discussione la mia integrità professionale. Io tengo corsi di scienza politica (con varie denominazioni) da un gran numero di anni. A dispetto del titolo della materia che insegno, sono particolarmente fiero del fatto che mai mi è scappato un commento politico di fronte agli studenti. Poche cose sono in grado di scandalizzarmi. Una delle poche che mi scandalizza, e anzi mi indigna, è venire a sapere (come qualche volta mi è accaduto nel corso degli anni) di professori che approfittano dell’aula, e dell’autorità propria del ruolo che esercitano, per cercare di influenzare politicamente gli studenti. Ho imparato dai miei maestri, ai quali sono grato, a trattare con la massima obiettività possibile (il massimo di obiettività umanamente possibile) gli argomenti teorici che si devono affrontare in corsi come quelli che tengo io. E ne sono orgoglioso. Poi ci sono le frasi fatte: non bisogna farsi intimidire, eccetera, eccetera. I tentativi di intimidazione riescono alla grande (se ne aggredisce uno e, in questo modo, in un solo colpo, si riesce a intimidirne mille) se gli intimidatori e gli aspiranti tali non si trovano di fronte a un solido muro eretto a difesa del libero pensiero.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 0cm; margin-top: 12px; padding: 0px;">
(Corriere della Sera)</div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-58148821624012548332016-02-25T11:05:00.002+01:002016-02-25T11:05:33.877+01:00Trump spiegato agli intellò. Maria Giovanna Maglie<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<img height="240" src="http://www.lsblog.it/images/marco26/trump-2.jpg" width="400" /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
In South Carolina e in Nevada Trump vince, e vince bene, hai voglia a ricordare che sarebbe una ferita perché si tratta dei primi Stati del Sud, perché in Sud Carolina c’è un governatore indiano e pure l’unico senatore nero repubblicano, perché insomma l’immagine di Stato moderato sarebbe appannata per sempre. Questo tipo di ragionamento, molto sostenuto sui giornaloni americani, contiene una contraddizione formale e sostanziale, o più semplicemente è una fesseria, perché se i repubblicani moderati di Charleston e dintorni votano per Trump, nonostante il candidato con l’aureola sia Rubio, nonostante Jeb Bush abbia scongelato suo fratello, <a href="http://www.lintraprendente.it/2016/02/george-is-back-viva-george/" style="margin: 0px; padding: 0px;">il grande George W</a>, vuol dire che non gliene importa una granché di perdere l’aura di moderati.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Ma è inutile stupirsi perché l’intera campagna è arrotolata, avvinghiata, quasi paralizzata nel falso pretestuoso tema del personaggio improponibile che però procede spedito. Quando si fa così, si rinuncia a capire e raccontare. Non vale solo per inviati e pensosi commentatori italiani, vale per tutti, basta pensare che gli <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">Huffington Post</em> si sono, al pari del <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">Foglio</em>, proposti di trattarlo come un elemento di intrattenimento, e ora annaspano, che il <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">New York Times</em> e il <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">Washington Post</em> hanno dovuto fare pubblica ammenda sulla <a href="http://www.lintraprendente.it/2016/01/piaccia-o-no-mister-trump-e-un-grande-animale-politico/" style="margin: 0px; padding: 0px;">forza del candidato Trump</a>, ma che si sono anche prestati ad endorsement a Hillary Clinton che di solito si scrivono a ottobre, non a gennaio. Campagna eccezionale, quella del 2016, come un’annata di vini speciale, saltano tappi di conformismo, politically correct, brutture buoniste dell’era Obama.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Quanti voti avrà portato Bergoglio con le sue sparate al candidato Donald Trump? Molti, a giudicare dall’imbarazzo dei candidati repubblicani etichettati come <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">buoni</em> dall’establishment e dai media nazionali ed internazionali, ovvero Jeb Bush e Marco Rubio, ambedue cattolici, i quali, al pari dell’altro candidato repubblicano radicale, il cattivo numero due, Ted Cruz, obtorto collo hanno dovuto dichiarare che “«Rispetto l’opinione del Papa, ma noi dobbiamo trovare il modo di controllare i nostri confini», e «Nutro enorme ammirazione per il Papa. Detto questo il Vaticano ha il diritto di controllare i suoi confini e lo stesso diritto lo hanno gli Stati Uniti».</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Non meriterebbero ancora tanta attenzione le dichiarazioni a ruota libera del pontefice, non fosse che denotano che <a href="http://www.lintraprendente.it/2015/09/il-papa-non-ha-capito-nulla-dellamerica/" style="margin: 0px; padding: 0px;">Bergoglio ignora davvero, come già si era intuito nel viaggio a Washington, che cosa e come siano gli Stati Uniti</a>, oppure che se ne infischia. Nell’attaccare all’arma bianca un candidato, tra l’altro contrario all’aborto, etichettandolo come non cristiano, perché “non si alzano muri ma ponti”, ha ottenuto di dargli ulteriore visibilità e spazio politico, gli ha consentito di rispondere duramente senza paura, ha infastidito quel settantacinque per cento almeno di americani non cattolici, ha obbligato gli avversari che lo colpivano sotto la cintura a ostentare solidarietà, ha messo in serio imbarazzo i cattolici americani che sono un po’ diversi dallo stereotipo, perché, dati della <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">General Social Survey</em> del 2014, favorevoli alla pena di morte al 62 per cento, all’aborto senza alcuna restrizione al 40 per cento, alle unioni omosessuali al 55 per cento. Obiettano alcuni gesuiti che ci sono i cattolici ispanici, linfa nuova e ben più tradizionalista; troppo vero, tant’è che sui loro giornali ieri si chiedevano come fosse possibile al Papa <a href="http://www.lintraprendente.it/2015/09/il-papa-sotto-il-ritratto-del-che-non-si-puo-vedere/" style="margin: 0px; padding: 0px;">abbracciare e lodare Raul Castro a Cuba</a>, ovvero la faccia di un regime che perseguita oppositori, suore, preti e chiude le scuole cattoliche, ritenendo quello un buon cristiano e Donald Trump un non cristiano. La conclusione del siparietto? Decine di articoli sulle mura del Vaticano, altrettanti sulle dichiarazioni di solidarietà degli avversari, alla fine il vero estremista per tutti è l’altro, è Bergoglio.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Riusciranno la disapprovazione congiunta del partito repubblicano e del mondo a fermare la corsa di Donald Trump? Lo scopriremo solo vivendo il <a href="http://www.lintraprendente.it/2016/02/lo-show-della-liberta/" style="margin: 0px; padding: 0px;">grande spettacolo delle primarie</a>, almeno fino al Big Tuesday, il giorno in cui un truppone di Stati vota insieme (poi si vota a raffica nei giorni seguenti fino al 14 giugno), quando dovremmo poter dire la parola definitiva sulle aspirazioni del miliardario di New York, la cui affermazione contro tutto e tutti è già l’evento più importante delle elezioni del 2016, comunque vada a finire.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Prometto, ma non so se sarò in grado di mantenere la promessa, che tenterò di ripetere il meno possibile quel “ve l’avevo detto” da grillo parlante, che rende antipatico chiunque abbia avuto per tempo l’intuizione da osservatore, senza paraocchi né birignao, del fenomeno. Non ero sola, eravamo in parecchi inascoltati. Come Larry Sabato, fondatore e direttore del <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">Center for Politics della University of Virginia</em> «In questa campagna elettorale Trump è importante perché rappresenta la rabbia intensa e l’alienazione di grandi segmenti del suo partito. Odiano Obama, i loro stessi leader, l’immigrazione illegale e un sacco di altre cose. Trump dà una voce a tutto questo». Non sono cittadini di poco conto, è la grande classe media e conservatrice americana bianca, stremata dagli strascichi di una crisi che non è finita, delusa da qualsiasi politico di professione, che vede in Trump uno che non li sfrutterebbe perché è già ricco a non finire di suo.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Ma guai a credere che sia l’unico richiamo. Come ha scritto Frank Rich, editorialista del <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">New York Magazine</em>, la capacità e lo studio del palcoscenico sono la cosa migliore accaduta alla politica americana dall’elezione di Obama nel 2008, e hanno riavvicinato il pubblico alla contesa elettorale. «In breve tempo», scrive Rich, «ha fatto un grande servizio esponendo, seppur approssimativamente e a volte anche inavvertitamente, gli atteggiamenti errati di entrambi i partiti, oltre che l’insensatezza e il declino della cultura politica che condividono». Secondo Rich, Trump assomiglia ai personaggi di Mark Twain, sarà anche un buffone, come scrivono le Huffington e i Giuliano Ferrara, per dirne due, ma quel tipo di buffone che decide di far saltare il sistema, e studia allo specchio le dichiarazioni bizzarre e i comportamenti rozzi con l’aiuto di un quarantenne, Corey Lewandowski, ovvero uno stratega eccezionale di campagne elettorali, formidabile lobbista, che è stato nascosto nei primi mesi perché Trump doveva sembrare libero dalle tecniche della vecchia politica, ma ora è uscito allo scoperto, perché il buffone deve ora presentarsi anche come politico sensato e vincente.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Che poi il buffone possiede miliardi di dollari e una torre grattacielo col suo nome quasi in ogni capitale, una vodka, una rivista, un’agenzia di viaggi, due o tre libri venduti in milioni di copie, una trasmissione, <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">The Apprentice</em>, copiata in tutte le tv del mondo, un busto di Reagan in ufficio, e nessuno gli ha regalato niente, né lui intende scusarsi della sua ricchezza. Ha 69 anni ostentati, una terza o quarta moglie strafica, figli bellissimi che lavorano con lui, e si capisce l’invidia del mondo, un po’ meno quella degli americani cresciuti a finanza squalo quando va male, a “life liberty and the pursuit of happiness”, quando va bene; figuriamoci il fastidio dei berlusconiani italici, a meno di un problema di conflitto tra parrucchini e trapianti di capelli.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
“Revolution” la chiama giustamente quel vecchio furbone di Matt Drudge dal suo ormai storico sito di news, Drudgereport, perché Donal Trump vince solidamente, alla faccia degli snob americani ed europei. Il pupillo del partito, Marco Rubio, uno bravo, è sembrato fino ad oggi ingessato e non convincente, obbligato dai capataz del Gop, che detestano tanto Trump che Ted Cruz, a sembrare moderato e pronto ad accordi con i meno liberal tra i democratici. E’ come se il politically correct che pure permea la nazione in modo trasversale e vittorioso, si rivoltasse contro gli stessi che lo hanno seminato e fatto crescere, e che ora vogliono rabbiosamente sentir dire che l’avversario, ma anche l’alleato troppo per bene, “is a pussy”, è una fica lessa, come è successo a proposito di Rubio in un recente comizio di Trump.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Niente dei vecchi cliches sembra più funzionare, e il fantasma di Reagan aleggia sui possibili imbrogli di una convention che a luglio a Cleveland potrebbe, se Trump non avrà vittorie schiaccianti in Texas e California, ricorrere a una nomination taroccata, come accadde per Gerald Ford contro Reagan nel 1976. Ford perse malamente con Carter, nell’80 non ci provarono più a ostacolare Ronald. Nel ’76 sapete che cosa dicevano proprio i repubblicani del governatore della California venuto dal cinema? “Sì, vabbé, Reagan presidente e vice Jerry Lewis”. E’ un mostro nuovo l’elettorato nel 2016, osservatelo con attenzione, la classe media bianca, che sempre si è sentita la maggioranza della nazione, la guida generosa e illuminata, aperta al nuovo e diverso, al melting pot, e ora è allo sbando, non solo economicamente, soprattutto culturalmente, nell’identità, e si rivolge a chi coglie la sua esasperazione, il suo estremo, da una parte e dall’altra.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Cito ancora una volta da Rusty Reno, direttore di <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">First Things</em>, perché ha dato corpo ai miei pensieri: “Se questi candidati (Trump e il democratico Sanders che sta spaventando a morte Hillary Clinton) hanno un’attrattiva è perché negli ultimi decenni le nostre élite politiche, esse stesse quasi interamente bianche, hanno deciso, per ragioni diverse, che la classe media bianca non ha alcun ruolo da giocare nel futuro multiculturale e globalizzato che immaginano, un futuro che credono di guidare. Questa stagione di primarie mostrerà se hanno ragione oppure no”. La borghesia europea e italiana è forse meno disillusa e smarrita?</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
(l'Intraprendente)</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-72325695731866551192016-02-25T10:41:00.000+01:002016-02-25T10:41:21.967+01:00Intercettazioni anti-Cav. Perché ora lo scandalo. Mauro Mellini<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<br /></div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<img src="http://www.lsblog.it/images/Marco1/berlusconi_napolitano.jpg" /></div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-size: 14.4px; line-height: 21.6px;">Le notizie circa le intercettazioni “americane” delle telefonate di Berlusconi, Presidente del Consiglio, non mi sorprendono affatto. Così come non mi sorprende troppo il clamore, più che giusto, ma “stranamente” lasciato crescere e divulgare, levatosi anche da parte di chi considerava e considera qualunque malefatta da chiunque compiuta, in danno di Berlusconi, di Forza Italia, del Centrodestra e di chi non è “allineato” con il Partito dei Magistrati, con il Centrosinistra e loro satelliti, una specie di “atto dovuto”.</span></div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Non mi meraviglia troppo che anche gli Americani abbiano ritenuto opportuno prendere delle “precauzioni”, con quelle intercettazioni, ma non solo con quelle, nei confronti di un personaggio nei confronti del quale i magistrati del suo Paese, con il quale essi dovevano avere a che fare perché alleati (si fa per dire) con lo Stato da lui rappresentato avevano aperto un concorso a premi per chi la sparasse più grossa, facendo risultare dal loro “obiettivo ed imparziale” darsi da fare, che si trattava di un malfattore pericoloso, un maniaco sessuale, un facile destinatario di intimidazioni e di ricatti.</div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Detto questo è persino superfluo ricordare che tutto l’apparato della demonizzazione di Berlusconi, non solo quello mediatico, ma anche quello “istituzionale” (si fa sempre per dire) sin dal giorno in cui per la prima volta egli aveva messo piede a Palazzo Chigi, avevano fatto di tutto e di più per screditarlo all’estero ancor più che in Italia, dove a lungo i colpi della Magistratura-Partito e dei suoi alleati e tirapiedi, sembravano non avessero ottenuto troppo successo nel manipolargli l’elettorato.</div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Non condannerei nessuno (perché sono garantista) per tutta la serie di reati contro la personalità dello Stato commessi aizzando contro Berlusconi, ed il Governo Italiano da lui rappresentato, stampa, opinione pubblica, Governi e, naturalmente e di conseguenza, Servizi più o meno Segreti stranieri (da quelli italiani ci guardi Iddio) ma non è certo una stravaganza pensare che un’intensa, pertinace e, quindi, costosa azione sia stata compiuta a tutti i livelli e dai più diversi ambienti italiani per “demolire” all’Estero la figura ed il ruolo politico-istituzionale di Silvio Berlusconi.</div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Ma a tutto ciò deve aggiungersi un interrogativo e la risposta che ad essa deve essere data e che non mi sembra possa avere troppi margini di incertezze. Ho l’impressione che la mia diffidenza ed antipatia per le teorie dei “complotti” non mi possano indurre a modificare la convinzione che oggi, a consentire ed accendere il clamore delle rivelazioni sulle interferenze “americane” dal 2011, sul ruolo e sugli obiettivi di Wikileaks e quant’altro, siano gli stessi, cioè quelli della stessa parte politica (almeno per ciò che riguardo l’Italia) che allora si abbandonavano all’orgia di demonizzazione del “mostro” Berlusconi.</div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Perché? Perché c’è un proverbio che ha un valore da non dimenticare. “Chiodo scaccia chiodo”. Non sono un giudice e nemmeno un P.M. e, quindi, posso, senza ridurmi come certi P.M. palermitani a coltivare curiosità per il “gradimento” che taluno abbia per certi avvenimenti, ciò senza violare nessun dovere impostomi dal codice e dalla ragione (e senza meritare, naturalmente, del che me ne infischio, nemmeno la cittadinanza onoraria di Roccacannuccia). Tale curiosità per gli eventi politici italiani e per il “gradimento” che fatti che vengono, si fa per dire, alla luce, trovano da parte, che so, di un Renzi, mi porta a ritenere come assai probabile che, mentre sembra che da parte dei Potentati d’Europa stia maturando una crescente insofferenza per Renzi ed il suo chiacchiericcio un po’ euroscettico, quest’ultimo consideri un certo clamore (che, poi, è tutt’altro che eccessivo) per altre interferenze, arrivate ai maneggi ed ai marchingegni dei Servizi più o meno Segreti, compiuti in un recente passato in danno di un diverso personaggio che tuttora rappresenta il più rilevante antagonista di Renzi.</div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
In altre parole: Renzi (o chi per lui) ritiene di poter usufruire a proprio vantaggio delle reazioni che l’intervento straniero, messo in atto un po’ grossolanamente dagli Americani (per non parlare di Tedeschi, Francesi etc.) per “liberarsi di quel suo predecessore ed antagonista” (dico “grossolanamente”, perché se a qualcuno servivano le intercettazioni di Berlusconi e non il fatto in sé di effettuarle e di farlo sapere, avrebbe potuto disporne in abbondanza tra quelle effettuate, più o meno ufficialmente, disponibili sul mercato giudiziario).</div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Il tutto potrebbe servire a smentire un altro proverbio “chi la fa se l’aspetti”. C’è sempre chi la fa e continua a farla e chi deve sempre aspettarsela. Ma sarebbe bene che, almeno, chi se la aspetta e se l’è sempre aspettata, non debba, suo malgrado, fare anche un favore a chi glie la fa.</div>
<div align="LEFT" style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Lasciando che certe malefatte appaiano “normali”.</div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-37211139665357536162016-02-16T17:47:00.001+01:002016-02-16T17:47:05.410+01:00Pil e contropil. Davide Giacalone<br />
A forza di annunciare e lisciare il pil irreale è arrivato il contropil brutale. Correggendo i dati con il calendario, la crescita del 2015 s’inchioda allo 0.6%. Hai voglia a dire che non ci si deve attaccare agli zerovirgola, quel dato dice che non è nemmeno vero che siamo usciti dalla recessione. E’ vero, infatti, dal punto di vista formale, ed è un bene, naturalmente, ma tolto l’effetto espansivo della politica monetaria, praticata dalla Banca centrale europea, resta un misero 0.1%. La crescita, inoltre, è andata costantemente rallentando nel 2015, sicché questo si riflette sull’anno in corso, avvertendo che i dati posti a fondamento dei conti pubblici devono essere rivisti. Non serve a nulla buttarla in caciara, gonfiare le gote e sperare di far credere ai beoti che la colpa è sempre di qualcun altro. I dati urlano che si deve cambiare strada.<br />
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Quello 0.1% di crescita l’abbiamo arpionato nell’anno in cui la spesa pubblica è cresciuta, anche mettendo soldi nelle buste paga di molti lavoratori. Nel conto, insomma, ci sono anche gli 80 euro, come ci sono i centomila assunti nella pubblica amministrazione, la decontribuzione per i nuovi contratti di lavoro (gennaio 2015) e il jobs act (marzo 2015). I posti di lavoro creati con la decontribuzione sono costati 150mila euro a lavoratore. Già il costo di tutta questa roba, che una volta iniettato nel mercato si contabilizza nel prodotto interno lordo, supera quel superstite 0.1% non dovuto alla Bce. Quindi, anche senza sottrarre l’effetto del basso costo del petrolio e del deprezzamento dell’euro, il saldo è recessivo.<br />
<br />
Quel che ha veramente fatto crescere il pil, invece, senza effetti botox e silicone, sono le esportazioni. Su questo fronte solo il più favorevole cambio dell’euro è stato d’aiuto, per il resto si deve tutto al lavoro di 20mila aziende, cui se ne sommano altre 60mila, esportatrici meno assidue. Se si governasse la spesa pubblica avendo in mente i bisogni di quel mondo, l’Italia andrebbe assai più forte, invece la si amministra nell’intento di cambiare il meno possibile e lucrare elettoralmente il più possibile. Non si tratta di una condotta riprovevole perché egoista, ma perché cieca. Quei dati dell’Istat sono la contabilizzazione di quel che qui non ci siamo stancati di ripetere: si sta buttando via il tempo che la Bce compra. Un anno se ne è andato, con i risultati che si vedono. Il secondo è appena cominciato, con una previsione di crescita che, al momento, non è alla portata della realtà.<br />
<br />
Il cavallo potrebbe essere frustato, ma la dottrina in voga consiste nel frustare il ciuco morto. Al governo sono convinti che la spesa pubblica sia in grado di spingere i consumi, perché basta mettere dei soldi in più nella busta paga e il destinatario correrà a spenderli. Calcolo sbagliato, primo perché i soldi messi in busta, senza che corrisponda un pari (meglio se superiore) incremento di produttività, comportano un impoverimento del pagatore. Se si tratta dello Stato (è sempre quello, del resto), comporta un impoverimento collettivo. Secondo, perché le mamme che trovano 80 euro in più non corrono a spassarsela, come suppose il governante che mai lavorò nella vita, ma risparmiano. Mentre i bonus a cappero, vuoi per la cultura vuoi per il compleanno, aumentano la spesa aumentando anche l’idea che ci sia ancora ciccia da portare via, rendite da conquistare, liquidi da ciucciare. Inducendo a tutto, insomma, tranne che a lavorare e/o rischiare. Sono frustate al ciuco morto.<br />
<br />
Mentre il mondo produttivo lo si lascia a soffrire, magari osservando, con il fare falso colto e il dire dell’incolto, che “il cavallo non beve”. Ovvero: il credito ci sarebbe, ma non lo prendono. Perché le banche hanno bisogno di sicurezze, che chi galoppa e suda non riesce a dare, e perché il cavallo è stato legato al ramo alto dell’albero burocratico e fiscale: all’acqua non ci arriva, sicché non bene pur soffrendo l’arsura. Togliete le briglie a quel cavallo, dategli le frustate riservate al somaro trapassato, e anche il numero del pil si muoverà in maniera meno impercettibile.<br />
<br />
Ma chi glielo spiega ai cultori dei bonus a nulla? E’ così bello governare illudendo i diciottenni che si abbiano dei diritti a riscuotere sol perché si è nati diciotto anni prima. E i conti che non tornano? Poco male, si dirà al volgo che il rigore europeo ci sta strangolando. Che, se fosse vero, almeno mi farebbe passare la voglia di farlo io.<br />
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<a href="http://www.davidegiacalone.it/">www.davidegiacalone.it</a><br />
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<br />mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-23307369308582820912016-02-11T10:10:00.005+01:002016-02-11T10:10:44.558+01:00La supremazia rossa dalla politica fino al cimitero. Nicola Porro<em></em><br />
<em>Ogni morto ha la sua storia e merita il nostro massimo rispetto. Ma per i nostri media c’è qualche morto che vale di più</em><br />
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C’è poco da fare, passano gli anni, nel Pd arriva un cattolico come Matteo Renzi, eppure la supremazia culturale, intellettuale della sinistra non morirà mai.<br />Rita Fossaceca era un medico molisano che lavorava in un ospedale a Novara. Ogni anno dedicava le sue vacanze a un orfanotrofio in Africa. Alla fine dell’anno scorso è stata barbaramente uccisa, con un machete, a due passi da Malindi. Rita era profondamente cattolica, era il segno della sua attività. Nessuno, o pochissimi, l’hanno ricordata. Un cattolico che muore tragicamente in Africa, interessa poco. Valeria Solesin è morta invece a un concerto, quello del Bataclan. Per lei funerali e media da prima pagina. Per Giulio Regeni, barbaramente torturato al Cairo, inchieste, prime pagine ovviamente, e cordoglio delle massime autorità dello Stato. Ogni morto ha la sua storia e merita il nostro massimo rispetto. Ma per i nostri media c’è qualche morto che vale di più. È orribile pensare che, in un’ipotetica e cinica scala dei valori, un «morto impegnato» valga più di un morto cattolico. Ma così è. E tutti appresso.La supremazia culturale della sinistra si manifesta clamorosamente nelle primarie di Milano. Vedete, si può parlare per ore dell’incredibile partecipazione cinese. Ma il punto è un altro. Tutta la Milano che conta è transitata in queste ore nelle sedi del Pd. Professionisti altrimenti riservati, signore della prima cerchia, banchieri, giornalisti, opinionisti, cantanti in fila per Sala o la Balzani. Gli stessi che si vergognerebbero di essere associati a qualunque altro ambiente politico, si fanno fotografare mentre certificano il fatto di essere non solo di sinistra, ma di aderire al programma del Pd. E, per di più, con un’alzata di spalle liquidano chi ricorda loro la brutta scena di una fila così taroccata. Lo possono fare, anche se in fila stanno con i cinesi: perché quello di sinistra è un marchio che funziona, che non ti sporca, non ti impegna. E ti fornisce quel formidabile passepartout che, se qualcuno la fa grossa, è pur sempre «un compagno che sbaglia». Signori, la sinistra funziona sempre. Prendete Brindisi. Arrestano un sindaco del Pd e tutti si affrettano a dire che si era autosospeso. Embè? Dove sono finiti gli indignati per il presunto scandalo di Quarto, dove il sindaco grillino semmai è stata vittima di un ricatto? Essere di sinistra, purtroppo, oggi in Italia aiuta ancora. È meglio che la «destra torni nelle fogne», come ha recentemente detto Ignazio Marino.<br />
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(il Giornale)<br />
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-38812289968542131202016-01-31T17:43:00.002+01:002016-01-31T17:43:58.743+01:00Incaglio bancario. Davide Giacalone<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Non sono ammessi aiuti di Stato alle banche, ma una gestione improvvida delle loro sofferenze può recare un danno allo Stato. Magari la cosa non è immediatamente evidente agli occhi di un cittadino pur informato, ma resta un pesante macigno sospeso sulle nostre teste. Quel che, invece, è piuttosto chiaro è che la classe dirigente italiana arriva tardi e impreparata all’appuntamento con direttive europee, che si conoscono da anni. E’ tutto un fiorire di richieste di moratorie, rinvii e modifiche, così confermando che prima si dormiva il sonno degli incoscienti. Mentre che sia direttamente il governo, e segnatamente il ministero dell’Economia, a occuparsi di fusioni fra diverse banche segnala che al ritardo si cerca di rimediare con pericolose invasioni di campo e potenziali conflitti d’interesse.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Partiamo dal macigno. Con il decreto legge del novembre scorso, destinato a salvare quattro banche, ridotte a colabrodo dai loro amministratori, si sono fissati alcuni paletti. Nel posto sbagliato. E’ vero che si trattava solo dell’1% del sistema bancario, ma quando è stato fissato al 18% del valore di libro quello dei loro crediti deteriorati (il debitore deve 100, la restituzione s’è fermata, valutiamo 18 quel credito e cediamolo ad altri) s’è offerto un parametro al mercato. Quello ha preso la calcolatrice, ha valutato a quel livello il valore dei 350 miliardi analoghi, diffusi in tutte le banche, ed è partito il crollo in Borsa. Che c’è stato anche altrove, ma da noi, appunto, in quel modo aggravato. Poi s’è aggiunta la comunicazione dell’autorità di vigilanza (normale e consueta), sui controlli in atto, e il panico ha preso il sopravvento. Da qui la necessità di chiudere in gran fretta la partita della <em style="color: #333333; font-size: 0.9em; margin: 0px; padding: 0px;">bad bank</em>, ovvero del posto dove sigillare la robaccia. Non potendolo fare con i soldi dello Stato, non bastando quelli delle banche (altrimenti non ci sarebbe problema), ci voleva un accordo con le autorità dell’Unione europea. Lo scrivemmo subito e così è andata, dopo la fiera strapaesana dei toni striduli.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Solo che la soluzione trovata non risolve, perché l’ipotesi è quella di prendere il credito deteriorato e consegnarlo al mercato con annessa garanzia pubblica. Si dice: non costa un soldo al contribuente. Oggi, ma domani? Che succede se quei titoli non trovano mercato e si deve escutere la garanzia? Ecco come quell’incertezza si riflette sull’affidabilità dei conti pubblici, il cui rating, ricordiamolo, è a un solo gradino dalla spazzatura. Come si evita questa tragedia? Valutando quei crediti in maniera realistica e spalmandone nel tempo le ripercussioni negative. Ed è qui che ci si accorge che manca un soggetto in commedia: il valutatore. Non c’è stato a novembre e non è alle viste ora. Eppure la direttiva europea è chiara: in caso di risoluzioni è un soggetto terzo a fissare i valori dei beni bancari. Se lo si fa al governo si ottengono tre effetti negativi: 1. se troppo basso si arricchiscono gli acquirenti; 2. se troppo alto si esce fuori mercato e si punta dentro le casse pubbliche (visto che c’è la garanzia); 3. ci si consegna nelle mani delle agenzie di rating, che già in passato ci strapazzarono assai. Oggi si può prevenire, domani sarà costoso rimediare.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Al ministero dell’Economia vogliono le aggregazioni fra banche, in modo da mettere i malati al riparo dei sani. Non è un errore, ma sono sbagliati la premessa e il metodo. Emanando il decreto di novembre (che errore!) si disse che così si salvavano dei posti di lavoro. Ma se si fanno aggregazioni si deve licenziare e chiudere sportelli. Difficile sostenere che le banche sono troppe, mentre gli sportelli e i dipendenti sono quelli giusti. Senza contare che il governo non ha poteri sulle banche private, mentre è in conflitto d’interessi per quella di cui parla in ossessiva continuazione: Monte dei Paschi di Siena. Di cui è azionista (a causa della conversione di un credito non rimborsato).</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
La tesi secondo cui quella banca, la più antica, sia stata rovinata dalla gestione politica, in capo ai dirigenti del Partito Democratico, non la sostiene qualche scamiciato latrante, ma la sostenne Matteo Renzi. Quando ancora era rottamatore. Non a torto. Che, ora, dal governo, si usino “pressioni politiche e psicologiche” (copyright di Federico Fubini) per mettere in sicurezza quel che resta, reggendosi il governo grazie agli stessi che la sfasciarono, non fa che aggiungere una nota di colore a un problema risolto solo nei titoli dei giornali. Per il resto è lì, che pende minaccioso.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Dire, infine, che risolto il problema dei crediti incagliati e deteriorati, si libera il credito, lasciando intendere che i soldi affluiranno copiosi, oscilla fra l’ottimismo sfrenato e il raggiro ostinato. Si elimina un ostacolo, certo, ma se poi non cambia l’andazzo avremo le banche della connivenza nuovamente pronte a dare i soldi ai soggetti sbagliati, in cambio di favori e riverenze, e le banche della convenienza che li daranno ai soggetti solidi. Che non ne hanno bisogno. Forse non è chiaro che se la faccenda di quelle quattro banche non si chiude con la giusta condanna dei malfattori, non ne usciamo, da questa pozza.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<a href="http://www.davidegiacalone.it/" style="margin: 0px; padding: 0px;">www.davidegiacalone.it</a></div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-59020058224864887812015-12-29T18:25:00.002+01:002015-12-29T18:25:50.013+01:00Il fumo e l'arrosto: Davide Giacalone<h2 style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1em; margin: 0px; padding: 0px;">
<br /></h2>
<br class="clearfloat" style="background-color: #e8e2e2; clear: both; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 1px; height: 0px; line-height: 0px;" />
<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
Oltre al fumo potrebbe esserci l’arrosto, se solo il problema dell’inquinamento cittadino fosse affrontato puntando alle soluzioni, anziché alle polemiche. Bloccare il traffico, ridurlo coartando la libertà di movimento nella riffa illogica del pari e dispari e delle fasce orarie, serve solo ad una cosa: evitare che al sindaco possano essere mosse accuse per omissioni d’atti d’ufficio. Per il resto è tempo e denaro perso. Il traffico cittadino, del resto, non crea solo inquinamento atmosferico, ma caos e lentezze che andrebbero comunque eliminati. Solo che si dovrebbe farlo offrendomi delle alternative, non proibendomi di usare quel che è mio e ho comprato in un regolare negozio. Discorso lungo, quello del trasporto collettivo, che da noi è anche lento perché ci si ostina a credere che il solo modo economico ed equo per gestirlo sia tenerlo nelle mani delle municipalizzate, quindi di personale politicizzato, così conquistando diseconomie e iniquità.</div>
<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
L’inquinamento, però, può essere affrontato anche dal lato della ripulitura e della prevenzione. Scoprendo che si tratta di un affare, non di una sciagura. Noi italiani, ad esempio, abbiamo brevetti importanti nel campo delle vernici che mangiano l’inquinamento. E’ una tecnologia che funziona in modo simile alla fotosintesi delle piante: utilizza l’energia della luce per produrre una ionizzazione dell’area vicina alla superfice trattata, rendendo possibile la trasformazione degli inquinanti pericolosi, tra cui l’azoto, in sali minerali idrosolubili. Innocui. Se usassimo queste vernici per tinteggiare il 20% delle facciate degli immobili saremmo in grado di assorbire l’inquinamento prodotto dalle vetture in circolazione. Il che, almeno, toglierebbe l’alibi dei blocchi per far finta di far qualche cosa.</div>
<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
Anche in questo settore valgono le caratteristiche così marcate del nostro mercato produttivo: tanta ricerca fatta in fabbrica, tanta inventiva, poco capitale, dimensioni ridotte. Ricordo di avere visto una di queste ditte, la Airlite, in una trasmissione televisiva a concorso, alla ricerca di investitori. Le banche sono occupate a prestare capitali con diversi criteri. Pur in queste condizioni riusciamo a esportare (altra caratteristica del nostro mercato, sbandierata come un merito da chi non ha alcun merito). Se, anziché dare mance e bonus a cappero, usassimo quei soldi per farne investimenti, correremmo il serio rischio di vedere salire il pil, aumentare l’occupazione e diminuire l’inquinamento.</div>
<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
Se, anziché far entrare la manona statale in casa, con la pretesa di girare il termostato (a proposito, frequento stanze ministeriali dove è saggio portarsi dietro un golf d’estate e i bermuda d’inverno), si lavorasse alla coibentazione e alla sostituzione degli infissi spifferanti, otterremmo risparmio energetico e minore inquinamento.</div>
<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
In tutti i casi simili, ed è la cosa più importante, riusciremmo a usare l’edilizia, che assorbe molta manodopera, nuovamente come volano di sviluppo. Non più moltiplicando le cubature, ma riqualificando il patrimonio immobiliare esistente. Considerato che il fisco ha lungamente provveduto a eroderlo, sarebbe un ottimo servizio a una ricchezza che, ricordiamolo, tiene ancora in equilibrio il nostro patologico debito pubblico. Inoltre, così procedendo, si farebbe dell’Italia un meraviglioso laboratorio a cielo aperto, dove le bellezze che ci invidiano, risalenti non solo all’impero romano, ma anche a molta edilizia pre-palazzinara, si unirebbe alla tecnologia della salvaguardia ambientale. Una specie di show-room aperto al mondo, in cui esporre quel che può essere venduto e riprodotto.</div>
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Invece diamo gli incentivi per mettere sul tetto i pannelli solari fatti dai cinesi, per produzioni energetiche così poco convenienti da dovere essere sussidiate, naturalmente a carico di quelli che poi puniamo perché accendono il condizionatore. Se anziché le targhe si varassero le bischerate alterne, almeno una su due si potrebbe indovinarla.</div>
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Pubblicato da Libero</div>
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-83718941600479101142015-12-14T15:48:00.002+01:002015-12-14T15:49:11.598+01:00Il salvabanche è lo specchio dell'incapacità del governo. Renato Brunetta<h2 class="entry-summary">
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La politica economica di Renzi è fallimentare. L'esecutivo si è svegliato troppo tardi portando in sofferenza il sistema bancario. E si rischia l'effetto panico agli sportelli</div>
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<span class="entry-content">Di tegola in tegola, di banca in banca. Lo stesso sistema mediatico e di potere che ha portato Matteo Renzi a palazzo Chigi dopo meno di due anni già lo sta affossando. La sua stella si sta offuscando prima del previsto. Ormai tutto quello che fa suona finto, falso, strumentale. Fuori dalla realtà. Ormai la sua narrazione viene da tutti percepita come insopportabile, lugubre propaganda. La gente adesso gli chiede il conto, e non sopporta più di essere presa in giro. </span><br />
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<span class="entry-content"><img alt="" src="http://www.ilgiornale.it/sites/default/files/styles/large/public/foto/2015/09/18/1442558353-o-renzi-e-boschi-facebook.jpg" height="105" style="cursor: pointer;" width="320" /></span></div>
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<span class="entry-content">Nella incredibile vicenda delle quattro banche fallite e malamente «salvate», su una sola cosa Renzi ha ragione (anche se nessuno ormai gli crede): bisogna fare chiarezza. Ma questa richiesta di chiarezza l'ha fatta prima, con uno scatto d'orgoglio, il Parlamento, proponendo l'istituzione di una Commissione di inchiesta non solo sul sistema bancario italiano, ma anche e soprattutto sul sistema che vigila su di esso.L'obiettivo è fare chiarezza su chi ha sbagliato: 1) nelle quattro banche coinvolte, vale a dire amministratori e responsabili di vari livelli, che hanno venduto titoli inadeguati; 2) in Banca d'Italia, che è la responsabile della vigilanza sull'operato degli istituti che hanno emesso i titoli ora diventati carta straccia; 3) in Consob, che è responsabile della correttezza dei prospetti informativi dei prodotti finanziari offerti ai risparmiatori; 4) nel governo, alla luce degli interessi e dei conflitti di interesse in esso presenti. Così facendo Renzi scoprirà davvero la verità, e cioè che gli errori di politica economica che hanno portato il sistema bancario italiano, una volta solido, alla condizione in cui versa oggi vengono da lontano. Dal governo Monti e dall'aver accettato l'egemonia tedesca nella soluzione della crisi del debito in Europa e la demenziale strategia del sangue, sudore e lacrime che ne è derivata. Aver subito passivamente l'imbroglio dello spread con conseguente colpo di Stato contro un governo legittimo, democraticamente eletto, ha distrutto in un colpo solo non soltanto il sistema delle imprese italiane, ma conseguentemente anche il sistema bancario.Vediamo, allora, com'è andata, dalla A alla Z. Dallo scoppio dei mutui subprime negli Stati Uniti, che ha portato al fallimento di Lehman Brothers il 15 settembre 2008, al fallimento e relativo salvataggio (?) delle quattro banche italiane. A. Il 3 ottobre 2008, sotto la presidenza di George Bush e su iniziativa dell'allora segretario al Tesoro americano, Henry Paulson, gli Stati Uniti approvano il troubled assets relief program (Tarp), che contiene lo stanziamento di 700 miliardi di dollari volti a depurare i bilanci delle banche statunitensi dai titoli cosiddetti «tossici». B. Mercoledì 8 ottobre 2008, l'allora governo Berlusconi vara l'istituzione di un Fondo di 20 miliardi di euro finalizzati alla ricapitalizzazione delle banche italiane, qualora ve ne fosse stato bisogno. Fondo mai utilizzato: è bastata l'approvazione in Consiglio dei ministri per tranquillizzare gli italiani ed evitare la corsa agli sportelli. C. Il provvedimento italiano viene tanto apprezzato che due giorni dopo il governo di Gordon Brown vara un atto simile per le banche inglesi, per un importo pari a 50 miliardi di sterline, poi elevato a 100 miliardi. D. Nei giorni che seguono, anche il governo americano, il cui primo intervento per salvare i propri istituti di credito non aveva ben funzionato, rielabora il troubled assets relief program alla luce di quanto fatto in Italia e in Inghilterra. A conferma dell'efficacia del provvedimento. Fino a quel momento, il sistema bancario italiano, come detto da tanti e in svariate occasioni, era ancora solido. E. Per tutto il 2009 e il 2010 gli indicatori macroeconomici del nostro paese erano ancora positivi. F. Arriva il 2011, quella maledetta estate e quel maledetto autunno in cui caschiamo tutti nel grande imbroglio dello spread. In quei mesi la speculazione finanziaria prende di mira i debiti sovrani degli Stati dell'area euro considerati più fragili, inclusa l'Italia. Inizia un periodo di grande tensione sui mercati che si traduce, a partire dal 2012, in una profonda recessione economica, aggravata dalle misure varate in quei mesi, a partire dal decreto cosiddetto «Salva Italia» del 6 dicembre 2011, dal governo Monti. La crisi attuale deriva dalle misure di politica economica sbagliate adottate con il governo Monti. G. Per far fronte a questa condizione di grave difficoltà per le banche, gli istituti hanno chiesto ai propri azionisti di procedere a grossi aumenti di capitale. Non tutte ce l'hanno fatta, ed è da lì che deriva il fallimento delle quattro banche. Qui comincia la seconda parte della storia. H. Tutto nasce dalla necessità di offrire tutela al cosiddetto «risparmiatore inconsapevole», vale a dire colui che non ha facile accesso alle informazioni necessarie per valutare lo stato di salute dei soggetti cui affida il proprio risparmio. Quello citato/accusato dal ministro Padoan nella sua scandalosa, ridicola, inutile audizione in Commissione Bilancio della Camera deideputati di venerdì 11 dicembre 2015. A tal fine, nel 1987 viene costituito il «Fondo interbancario di tutela dei depositi» (Fitd), che garantisce conti correnti e depositi fino a 100.000 euro. Nota bene: il Fondo non garantisce le obbligazioni, le azioni e i titoli di Stato. Il Fondo interviene nei casi di banche in liquidazione coatta amministrativa o di amministrazione straordinaria, e gli interventi sono subordinati all'autorizzazione della Banca d'Italia. I. Con il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 è stata data attuazione alla direttiva 2014/59/UE (cosiddetta Brrd, Bank recovery and resolution directive). La direttiva introduce nuovi strumenti di gestione delle crisi bancarie finalizzati ad evitare che il salvataggio di banche in crisi avvenga a carico della finanza pubblica (cosiddetto bail-out), bensì anticipando nella fase fisiologica dell'attività bancaria la gestione dell'eventuale emergenza (cosiddetto bail-in). L. Stando alla lettera del decreto, la Banca d'Italia può sottoporre a procedura di risoluzione le banche che versino in una condizione di dissesto o prossima al dissesto, avendo verificato che non sussistano alternative di mercato che consentano la soluzione della crisi. M. Pertanto, in data 21 novembre 2015, la Banca d'Italia ha avviato le procedure di risoluzione, ai sensi del decreto, nei confronti di 4 banche italiane in amministrazione straordinaria: Cassa di risparmio di Ferrara Spa; Banca delle Marche Spa; Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa; Cassa di risparmio della Provincia di Chieti Spa. N. I provvedimenti di avvio della risoluzione sono stati approvati dalministro dell'Economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, in data 22 novembre 2015. O. Lo stesso giorno, una domenica pomeriggio, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge n. 183, che contiene le norme di «tempestiva» attuazione delle 4 procedure di risoluzione avviate dalla Banca d'Italia il giorno precedente (21 novembre 2015). I provvedimenti di avvio della risoluzione prevedono la costituzione di un «Ente ponte», al quale vengono trasferite le attività e le passività delle banche in risoluzione, e la costituzione e di una società-veicolo (bad bank) a cui vengono trasferiti i crediti in sofferenza. Azioni e obbligazioni subordinate sottoscritte dai piccoli risparmiatori vengono azzerate. P. Primo punto critico. L'azzeramento da un giorno all'altro delle azioni e obbligazioni subordinate emesse dalle 4 banche ha comportato perdite per i piccoli risparmiatori pari a circa 1,2 miliardi di euro: 800 milioni di euro circa è la perdita causata a circa 20.000 sottoscrittori di obbligazioni subordinate; 400 milioni circa è la perdita causata a circa 130.000 piccoli azionisti. Q. Secondo punto critico. Le risorse per il funzionamento dell'«Ente ponte» e della bad bank sono fornite dal nuovo «Fondo di risoluzione nazionale», a sua volta alimentato da tutte le banche italiane mediante contributi ad hoc, diversi da quelli che le banche già versano al «Fondo interbancario di tutela dei depositi». Fondo non previsto, straordinario. E per un importo rilevante, pari a 2,4 miliardi di euro circa che si aggiunge, come abbiamo visto, a 1,2 miliardi di perdite sostenute dagli azionisti e sottoscrittori di obbligazioni subordinate delle 4 banche «salvate». Un conto totale di circa 3,6 miliardi di euro. R. Perché, ci si chiede, Banca d'Italia e governo hanno voluto intervenire «a gamba tesa» tra il 21 e il 22 novembre 2015, ricorrendo al «Fondo di risoluzione nazionale» per salvare le quattro banche e non al «Fondo interbancario di tutela dei depositi»? Si poteva fare, e infatti è stato fatto negli altri Stati europei, ad esempio in Germania per 247 miliardi. Bastava pensarci per tempo. Non si sarebbero potuti comunque garantire gli azionisti e i sottoscrittori di obbligazioni subordinate ma si sarebbe senz'altro evitato l'ulteriore onere di 2,3-2,4 miliardi a carico degli azionisti di tutte le altre banche italiane. Garantendo conti correnti e depositi fino a 100.000 euro. S. Stando alla ricostruzione di Banca d'Italia e governo, non è stato possibile fare ricorso al Fondo interbancario per la «preclusione manifestata da uffici della Commissione Ue, che hanno ritenuto di assimilare ad aiuti di Stato gli interventi di tale Fondo». T. Ma la versione della Commissione europea è un'altra: «All'Italia sono state prospettate tre possibili strade per salvare le quattro banche in amministrazione controllata: una con fondi privati; una usando il Fondo interbancario; una usando «Fondo di risoluzione nazionale». La decisione è stata presa dalle autorità italiane». U. Posizione confermata dal presidente e direttore generale dell'Abi Giovanni Sabatini in audizione in commissione Finanze alla Camera il 9 dicembre 2015: «Il Fondo interbancario è un fondo distinto, con suoi organi che avevano deliberato già da luglio degli interventi per risolvere la situazione delle quattro banche in amministrazione straordinaria. Ma poi non vi è mai stata un'istruttoria formalizzata che possa aver portato la Commissione Ue a esprimere una specifica valutazione contraria sull'intervento del Fondo». V. Qualcuno mente. O qualche passaggio non ci è ancora noto. Sorge il dubbio che il governo abbia barattato la flessibilità in Europa, per comprarsi il consenso con l'uso del Fondo interbancario, che avrebbe potuto in parte risolvere la situazione. Senza dubbio la proposta del ministro Padoan di «misure umanitarie volte a tutelare le fasce deboli di cittadini che hanno perso i loro risparmi» è un implicito riconoscimento di responsabilità del governo Z. Perché il governo non è intervenuto subito? Perché si è ridotto a poche settimane prima dell'entrata in vigore, dal primo gennaio 2016, della direttiva europea sul cosiddetto bail-in? L'opacità e lo stato confusionale in cui si trova oggi l'esecutivo rischiano di produrre il panico finanziario. Gli italiani hanno ormai paura di tenere i propri risparmi in banca e speriamo che lunedì non comincino le file agli sportelli. Questa spericolata operazione colpisce il sistema, indebolendolo. E questo non potrà che riverberarsi sul credito a famiglie e imprese, che diventerà ancora più caro e più difficile, con la connessa fuga degli investitori e l'aumento del rischio sistemico. In un perverso circolo vizioso. I nodi stanno venendo al pettine. Renzi non è uno statista, ma un populista. E se di questi tempi il populismo si può comprendere, a piccole dosi, per i partiti di opposizione, il populismo di governo è disgustoso perché sa tanto di peronismo.</span><br />
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<span class="entry-content">(il Giornale)</span><br />
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-68227196481699665052015-12-12T19:13:00.001+01:002015-12-12T19:13:30.745+01:00Prevenzione bancaria. Davide Giacalone<h2>
Invece di giocare a scaricabarile, facendo sì che la ragione di ciascuno divenga il torto di tutti, sarà meglio accertare subito quanti altri azionisti e obbligazionisti inconsapevoli ci sono in giro. Dal prossimo primo gennaio non potranno più essere né salvati né aiutati, ma, una volta tanto, ci si potrebbe muovere in anticipo, disincagliando le posizioni critiche. E invece di avviare indagini penali su roba immaginifica, come l’induzione al suicidio, sarà meglio piantarla di far finta di non vedere la diffusione delle truffe allo sportello bancario.</h2>
I titoli emessi da una banca, come da una qualsiasi società, non si dividono in appropriati e inappropriati, ma in legali e illegali. Pur restando nella legalità, però, la vendita di determinati prodotti a determinati clienti segnala una anomalia. Pericolosa. Il giorno in cui, a Cortina, si vendessero più fucili subacquei che scarponi da sci, sarebbe più che saggio chiedersi cosa diamine stia succedendo. Quante banche hanno venduto proprie azioni e obbligazioni a soggetti incoerenti con quel genere di investimenti? Possiamo accertarlo non solo nel fare l’autopsia del morto, ma nel monitorare il vivo. Meglio avere dati che sensazioni. La paura è velenosa, quando si parla di risparmio. Quindi accendiamo la luce. Accertata la dimensione, proviamo a rompere il vincolo insano: il risparmiatore che cerca alti rendimenti, non sapendo o facendo finta di non sapere che comportano alti rischi, e la banca che usa la cupidigia altrui per alimentare la propria dissolutezza. Si può farlo aprendo una via d’uscita, capace di evitare il panico: riassorbire quei titoli e avviarne la resa a investimenti meno rischiosi, naturalmente scontando una perdita del loro valore. Chi rifiuta è libero di farlo, ma domani non venga a piangere per le perdite (anche perché non vengono mai a condividere la gioia dei guadagni). Per i clienti singoli, i piccoli risparmiatori, può provvedere direttamente la banca emittente. Per gli istituzionali serviranno veicoli e fondi specifici, che sono normali operatori di mercato, remunerati per i rischi che corrono. Ma è discorso del tutto diverso.<br />
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Ora leggete quanto mi scrive un imprenditore: “oltre a coloro che hanno comperato le azioni consapevolmente e a quelli che le hanno comperate inconsapevolmente (i più), ci sono quelli, come me, che sono stati obbligati a comprarle. Era prassi consolidata (mi creda siamo in tantissimi) che quando si andava in banca a presentare una qualsiasi operazione immobiliare, questa veniva vista favorevolmente e quindi deliberata a condizione, ovviamente non scritta, che si comprassero delle azioni della banca stessa. Addirittura ti davano loro i soldi per farlo, o ti facevano usare il fido personale”. Gli credo. Ho tolto i riferimenti alla persona e alla banca, anche perché lo stesso imprenditore aggiunge: “prove scritte di tutto ciò che le ho detto non ci sono oltre al fatto che spesso l’imprenditore, come il sottoscritto, ha impegni con l’istituto e ha paura di ritorsioni che non riuscirebbe a gestire”. Vuol dire che se ti metti contro la banca quelli ti chiedono subito di rientrare di tutte le esposizioni e ti rovinano.<br />
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Tale condotta non è in tutte le banche, ma è in troppe. Sono convinto che il nostro sistema bancario sia sano, ma questo non è un buon motivo per trascurare le parti malate. Invece di indagare l’ipotesi che qualcuno abbia spinto un disperato a impiccarsi sarà meglio indagare sull’esistenza di reati come quello descritto. Si può farlo incrociando i dati e descrivendo il profilo dell’azionista e del prestatore di soldi. Se si scopre che spesso sono gli stessi cui i soldi vengono prestati, la cosa puzza. E manco poco.<br />
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Leggo geremiadi vittimistiche circa il fatto che le banche di altri Paesi europei hanno ricevuto soldi statali, mentre a noi è impedito farlo. Questa roba la scrivevo mentre accadeva, ricordando che a banche tedesche e francesi sono andati soldi anche del nostro contribuente. Ma non prendiamoci in giro: quando quei trasferimenti di ricchezza erano possibili in Italia si negò fossero necessari. Che le regole sarebbero cambiate lo sapevamo. Si poteva esserne all’oscuro solo a patto d’essere ignoranti (in quel caso ci si occupi d’altro). Mi fa rabbia, tanta, che noi non si sia stati capaci di usare quello che allora era un punto di forza, magari per dare qualche lezione di buon mercato e sfruttare il vantaggio. Come fanno gli altri, quando possono. Invece fummo inerti allora e piagnucolosi oggi. Francamente insopportabile.<br />
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Pubblicato da Libero<br />
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<br />mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-25337433010420459202015-11-17T18:15:00.000+01:002015-11-17T18:15:13.014+01:00La zona grigia. Davide Giacalone<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<img height="393" src="http://www.lsblog.it/images/marco23/promem_giornale.jpg" style="font-size: 14.4px; line-height: 21.6px;" width="640" /></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
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<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
<span style="font-size: 14.4px; line-height: 21.6px;">E’ necessario illuminare la zona grigia, come lo fu aprire l’album di famiglia. L’espressione “islam moderato” è fuorviante, a sua volta priva di moderazione. Contano le persone. Quando si raggruppano, le comunità. E di mussulmani conducenti una vita normale ce ne sono tanti, in Italia. Tantissimi nel mondo. Mussulmano è il Marocco che in passato ospitò gli ebrei in fuga, da cristiani bastardi, e che oggi organizza scuole per guide religiose, iman, interessate alla fede e non alle armi. Però, non dobbiamo essere ipocriti: c’è una zona grigia, che comporta un problema. Siccome è evidente che camminiamo su un terreno minato, da sensibilità religiose ed etniche, siccome non sfugge a nessuno che buonisti e cattivisti hanno messo su una sceneggiata insensata, ma nella quale trovano il solo senso alla loro vita, partiamo dalla zona grigia che fu tra noi.</span></div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Per troppo tempo si tentò di negare che il terrorismo di sinistra fosse comunista. Affermarlo era considerato offensivo, a dispetto del fatto che i vari dispacci, analfabeti e deliranti, provenienti da quel mondo non facevano che inneggiare al comunismo. Nel diffondersi di quella allucinazione contò anche il consenso tacito. Cominciarono con i sequestri lampo dei capo reparto, talché era possibile sentire: quello è una carogna, se l’è meritato. Poi arrivarono le gambizzazioni: è una brutta cosa, ma anche quello cui hanno sparato non è mica una bella persona. Dietro c’era tutta la retorica basata sul falso storico della “resistenza tradita”. E chi glielo poteva far capire, a quelle zucche vuote, che il mito gemello del “risorgimento tradito” aveva portato alla guerra e al fascismo. In quella brodaglia, allungata con miti e ignoranza, sobbolliva la zona grigia: non era parte del terrorismo, ma neanche le andava d’essere dall’altra parte (lasciate perdere Leonardo Sciascia, che è tutt’altra faccenda).</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Erano comunisti quelli delle Brigate rosse, quelli di Prima linea. Erano comunisti i cattolici allucinati alla Renato Curcio, lo era un contadino alla Prospero Gallinari, un borghesuccio alla Valerio Morucci, una scappata di casa alla Adriana Faranda, una spia dell’est alla Mario Moretti. Ma erano comunisti anche Giorgio Napolitano e Massimo D’Alema, per citare solo due illustri contemporanei. Ovvio che non fossero la stessa cosa, ma Rossana Rossanda scrisse che nell’album di famiglia si trovavano tracce comuni. Aveva ragione. Nel mentre la repressione faceva il suo giusto corso, quello fu il viatico verso la consapevolezza: erano comunisti, in quanto tali doppiamente nemici di quanti, da comunisti, erano dentro le istituzioni. Questo portò a una rottura sul fronte più esposto, le fabbriche. Cominciarono le denunce, l’indicazione dei potenziali terroristi, considerate un dovere, non una spiata. Un sindacalista, Guido Rossa, per questo fu ammazzato. Lo scontro era aperto, la zona grigia non più possibile, la sconfitta del terrorismo era solo questione di tempo. E così andò, anche se ci costò molto. In sangue e in diritto.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Quella è tutta roba nostra. Oggi va benissimo che le comunità islamiche condannino il terrorismo, e si dovrebbe dare loro più spazio, nei mezzi di comunicazione. Va benissimo che parlino della loro fede come tesa alla vita e non alla morte. Ma prosciugare la zona grigia comporta il passare dalla distanza alla denuncia. Tocca a loro guardare nell’album di famiglia e cogliere i segni di qualche degenere. Anche dei sospetti, delle sensazioni, senza timore di esagerare. Tanto più che il nostro sistema in tutti i modi si può definire, ma non certo come ferocemente repressivo (per l’attentato al Bardo, Tunisi, ci fu segnalato il nome di un presunto terrorista, marocchino, che fu subito arrestato, ma non estradato e riconosciuto estraneo).</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
E senza scuse. Certo che esiste il disagio sociale. Certo che c’è disoccupazione e delusione. Ma in un contesto di ricchezza, assistenza e garanzie. Chi non lo sopporta, italiano o straniero che sia, di prima, seconda o terza generazione, può imboccare la porta e andare via. Saluti. Chi resta, da mio concittadino, ha tutto il diritto di prosperare o protestare, se del caso, ma non ha alcun diritto di coprire i terroristi, o anche solo la brodaglia nella quale galleggiano. La situazione nella quale ci troviamo comporta la necessità di guardare dentro i raduni islamici. Va fatto con rispetto, ma va fatto. La accolgano come un’occasione positiva, pur se frutto di tragedie.</div>
<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
Nella nostra storia recente, di italiani, spazzammo via la zona grigia, senza per questo diventare tutti uguali o rinunciare alle nostre preziose differenze. I nostri concittadini islamici devono ora fare la stessa cosa. Lo si farà comunque, ma fatto da loro sarà fatto meglio.</div>
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Davide Giacalone</div>
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<div style="background-color: white; font-family: OpenSansRegular, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 14.4px; line-height: 21.6px; margin-bottom: 12px; margin-top: 12px; padding: 0px;">
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-65280495322830683532015-11-13T18:53:00.001+01:002015-11-13T19:00:22.676+01:00Il linguaggio della sinistra<br />
Cos'è la coesione sociale? Tra virgolette potremmo dire un percorso condiviso. Detto questo penso che la cultura della cooperazione necessiti di regole condivise.<br />
A monte della questione c'è un modello da portare avanti mentre a valle penso ad un modello di relazioni.<br />
Ciò non toglie che un'alleanza larga con la società civile sia del tutto evidente.<br />
Rimane sul tappeto il problema delle risorse: in questo caso vedo l'opportunità di aprire tavoli di verifica e discussione.<br />
Qualora non ci fossero le condizioni la risposta è molto semplice: il modello di relazioni sarà bipartisan e gli interlocutori saranno accompagnati in un percorso condiviso.<br />
Credo assolutamente che stiamo andando nella giusta direzione perché il governo ha fatto le scelte opportune seguendo regole condivise.<br />
Poiché siamo sulla strada giusta, non possiamo fare un passo indietro: nella fase costituente è necessario orientare il sistema politico verso un modello fortemente radicato sul territorio.<br />
La stagione referendaria consentirà di prendere le giuste posizioni e di imprimere alla lotta sindacale il riconoscimento che le spetta.<br />
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<br />mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-32323367603688975312015-11-13T18:15:00.003+01:002015-11-13T18:16:13.923+01:00Carezze moleste. Davide Giacalone<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
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Se è una coincidenza non si sarebbe potuto immaginarla più sfortunata. Un improvvido ringraziamento del presidente del Consiglio, cui sfuggono i confini dei diversi ruoli istituzionali, ha lasciato intendere che alla procura (“i magistrati” comprendono anche i giudici, il che peggiora le cose) di Milano occorre essere grati, per non avere disturbato lo svolgimento dell’Expo e il “sistema istituzionale” (“voglio ringraziare i magistrati di Milano per il rispetto rigoroso della legge ma anche del sistema istituzionale”). Siccome la procura non gestisce lavori stradali e non emette rumori molesti, s’intende che la gratitudine sia relativa al ruolo che la legge le assegna: svolgere le indagini e formulare le accuse. Piovono le smentite, si ribadisce che nessun accordo, patto o trattativa ci sarebbe mai stato. Già, ci mancherebbe altro! Poi, la mattina appresso, s’eseguono mandati di cattura, in Italia e in Grecia, diretti a quanti avrebbero messo a soqquadro Milano, il primo maggio, al grido (delirante) di “No-Expo”. Se è una coincidenza è diabolicamente maliziosa.</div>
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Posto quel che vale sempre e per tutti, ovvero che gli arrestati sono da considerarsi innocenti fino a condanna definitiva, gliecché l’accusa loro rivolta li caratterizza come soggetti pericolosi. Quanto meno a giudizio della procura che ne ha chiesto la custodia cautelare. Se sono tali, non andavano arrestati subito? I reati per i quali sono indagati sono proprio quelli descritti dalla legge, con violenza e pericolosità sociale, per giustificare una detenzione prima della condanna. Che senso ha la custodia cautelare sette mesi dopo? Dicono in procura: abbiamo indagato per mesi. Anzi, questo smentisce sospensioni o congelamenti. Hanno indagato su cosa? Sulle immagini. Nel frattempo i sospetti si sono dileguati. E se le indagini sono già state fatte, di grazia, perché non ne depositano i risultati, chiedendo il rinvio a giudizio di quelli che, in quel momento, diventerebbero imputati? Siccome i contorni della faccenda sono piuttosto confusi, va a finire che la coincidenza temporale (chiude l’Expo, il governo ringrazia la procura per essersi astenuta, quindi partono gli arresti) fanno da conferma a un pessimo sospetto.</div>
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Aggiungo che non mi scandalizzerei affatto, se una procura, quella di Milano per Expo o altre, per altri eventi di rilievo generale, ritenesse di dovere evitare atti che, pur consentiti dalla legge, arrechino un danno al Paese. Che so, ad esempio, non mandare al capo del governo un avviso di garanzia nel mentre è in corso un vertice internazionale. Ribadito che la legge non prevede e nessuna persona seria avverte il bisogno che i procuratori si producano in conferenze stampa, che precedono di lustri gli esiti processuali, non mi scandalizzerebbe se ci si astenesse anche da atti formali rinviabili. Ma questo non può che avvenire nel più assoluto silenzio e nel più rigoroso isolamento, dovendosi escludere ogni pur minimo contatto con le autorità di governo. In caso contrario si esce dalla prudenza e si entra nell’impudenza. Se non direttamente nel reato. Ecco perché, a essere seri, dopo le parole di Matteo Renzi sarebbe stato saggio emettere un comunicato, dalla procura, che prendesse rispettosamente le distanze dallo strafalcione istituzionale. Del tipo: nessuno deve ringraziarci per avere rispettato la legge e siccome altro non facciamo che rispettarla, nessuno di ringrazi mai. Invece s’è vista qualche penna di pavone, prima che l’intervento de <em>Il Giornale</em> suggerisse l’opportunità di rimpiattarle in fretta. Del resto, mi pare ovvio: se accetti gli elogi devi accettare anche le critiche. Cosa che non mi pare solita, in quei palazzi. Ragione di più per cui ci sarebbe stato bene anche un comunicato della solitamente loquace Associazione nazionale magistrati: il governante non s’azzardi a interferire nella totale indipendenza del magistrato, né con carezze né con avverse facezie. Ma nulla di ciò leggemmo.</div>
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La cosa paradossale è che tutti pensano alle inchieste sulla corruzione, quindi agli arresti dei colletti bianchi (che, ove colpevoli, sono dei delinquenti, ma non dei violenti e non pericolosi per l’umanità che li circonda), invece l’arresto successivo alle lodi riguarda maneschi e teppisti. Anche questo potrebbe avere una logica: farlo prima avrebbe significato sollecitare una risposta della pizza, nel mentre su piazza si trovava l’Expo. Ma, oltre a essere conferma di uno scambio illecito, questa sarebbe anche una posticipazione che ha esposto altri a pericoli reali, mentre ha consentito a taluni fughe all’estero.</div>
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Coincidenze. Può darsi. Ma sarebbe più facile crederlo se le parole di Renzi avessero destato ripulsa fra quanti venivano lisciati, se si fossero discostati dalle carezze moleste. Invece s’udirono le fusa.</div>
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Pubblicato da Libero</div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-39864037268400602582015-10-22T18:20:00.004+02:002015-10-22T18:25:22.772+02:00Salviamo i risparmiatori. Davide Giacalone<br />
Non abbandoniamo nessun risparmiatore italiano. Proteggiamolo anche nel caso i suoi soldi si trovino in banche a rischio fallimento. Non farlo sarebbe come pugnalarlo alle spalle, dato che quando mise i soldi in banca non aveva idea che una scelta sbagliata potesse incorporare un pericolo così alto. Proteggiamolo quale che sia la cifra depositata, mentre lasciamo al loro destino gli azionisti e i dirigenti che avessero specifiche responsabilità, coloro, insomma, che erano e sono tenuti a sapere quel che fanno. Questa la proposta di Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum, destinata a far storcere la bocca ad alcuni suoi colleghi banchieri. Una proposta il cui senso supera il confine prettamente bancario: noi italiani dobbiamo imparare a fare sistema. I tedeschi sanno farlo e ne traggono vantaggio.<br />
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Per capire la portata della proposta si deve sapere quale sarebbe l’alternativa, chi si oppone e perché, quanti soldi ci vogliono e quali vantaggi se ne potrebbero trarre.<br />
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Dal primo gennaio 2016 entra in vigore la normativa europea sui salvataggi bancari, denominata “bail in”. Prevede che in caso di fallimento di una banca i soldi per assicurare i diritti dei clienti si prenderanno, nell’ordine: a. prima dagli azionisti; b. poi dagli obbligazionisti subordinati (non garantiti, con in mano titoli assimilabili alle azioni); c. dai depositanti che abbiano più di 100mila euro, i quali perderebbero la parte eccedente; d. da un fondo interbancario; e. per poi giungere all’intervento degli Stati e del Meccanismo europeo di stabilità. Con ciò si rispetta l’articolo 47 della nostra Costituzione, nel quale si prevede la tutela del risparmio. Il solo neo riguarda i depositi superiori a 100mila euro. La cui ragione è: se metti una simile cifra sul conto corrente (non se compri titoli o certificati od obbligazioni garantite, che restano tutelati) compi una scelta informata, quindi ne rispondi. Si possono, però, verificare casi in cui quella condizione non è soddisfatta, come quando il cliente s’è appena visto accreditare un mutuo, o quando ha appena incassato una fattura e deve subito far fronte ai costi relativi a quello stesso lavoro. Insomma, se si vuol far valere quel principio sarà bene affiancare al tetto dei 100mila anche un criterio temporale, relativo alla giacenza: se sono arrivati il giorno prima del fallimento è evidente che il risparmiatore non ha compiuto alcuna scelta.<br />
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Resta il fatto, comunque, ragiona Doris, che queste cose, fin qui, le conoscono in pochi. E, specialmente se si dovesse decidere di applicare anticipatamente il meccanismo del bail in, sarebbe un po’ come cambiare le regole nel mentre il gioco è in corso. Non si fa. Prima della nuova norma, infatti, e fin dal 1936, l’ipotesi del fallimento bancario era praticamente esclusa. Non che non potessero fallire, ma sarebbe intervenuto lo Stato a salvare i depositanti (concetto che non cancella il rischio, ma lo sposta sul contribuente). Nella pratica, inoltre, non è successo nemmeno quello, perché le banche fallimentari sono state salvate dalle altre banche. Da qui la proposta: ciascuna altra banca, in ragione della propria quota di mercato, versi il necessario non a salvare le banche concorrenti, non i loro azionisti o i loro dirigenti, ma i loro clienti.<br />
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A naso, l’idea dovrebbe piacere sia alla Banca d’Italia che all’Associazione bancaria italiana. Non piace a chi ragiona corto, vedendo nel fallimento del concorrente una possibilità d’espansione propria, anziché un ulteriore crollo, destinato ad alimentare sfiducia e ostilità verso tutte le banche. Non piace alle banche estere che hanno sportelli in Italia, che obietteranno contro gli “aiuti di Stato”. Ma, a parte il fato che le altre banche non sono lo Stato, c’è da dire che fra queste ci sarebbe anche Deutsche Bank, a sua volta difesa e salvata dal suo azionista: lo Stato. Senza contare che, fra il 2008 e il 2014 ci sono state 450 deroghe europee, in modo da concedere aiuti di Stato. Non in Italia. Non ne chiediamo, ma neanche intendiamo prendere lezioni, in materia.<br />
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Per tutelare tutti, compresi i depositanti sopra i 100mila, e considerate le banche effettivamente a rischio, serviranno 3 miliardi. Metterceli significherà entrare nella nuova normativa, fra due mesi e mezzo, senza avere subito amputazioni anticipate o preannunciate, avendo fatto sistema e non avendo accettato che quel che si fa altrove non si possa fare in Italia. Significherà entrare nell’era delle aggregazioni continentali senza dovere mettere in conto disgregazioni nazionali. L’impressione è che sia una buona idea, oltre che del tutto legittima. Sarà bene aggiungere un dettaglio: le banche che vendevano ai propri clienti le proprie azioni e obbligazioni, legando a quell’acquisto la concessione di crediti, sarà bene che assistano alla scomparsa dal mercato di chi le ha dirette e amministrate.<br />
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Pubblicato da Liberomauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-47979313127855751272015-10-02T09:59:00.003+02:002015-10-02T09:59:40.888+02:00La retorica di Bella Ciao ho rotto i c... Francesco Maria Del Vigo<div style="background-color: white; color: #222222; font-family: Georgia, 'Times new roman', serif; font-size: 15px; line-height: 20px;">
Pietro Ingrao per me non è un mito. Ne ho altri, finti, veri, cartacei. Ma non pretendo che siano universali. Non è un padre della Patria. Non può essere un padre della Patria uno che questa diavolo di Patria voleva svenderla a quella che sentiva la sua, di patria. Cioè la madre Russia comunista. Ma è possibile che qui ci si debba dividere tutti tra russi e americani? Ma uno che fa il tifo per l’Italia non è un’opzione disponibile? (Non la nazionale, per carità, di quelli ce ne sono troppi).<br /></div>
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Ingrao, per me, non è un esempio. È uno che dalle colonne dell’Unità difendeva gli eccidi delle truppe russe in Ungheria e che oggi, dagli stessi che si genuflettono davanti al suo cadavere, sarebbe stato licenziato come un sovversivo criminale. Ma lui rappresenta i vincitori, anche adesso che è stato vinto dalla vita, come succede e succederà a tutti noi. Pietro Ingrao, per me, è un vecchio morto a cento anni, davanti al quale non posso che elevare un arrivederci ossequioso e laico. Perché amo gli anziani e ammiro i coerenti e gli idealisti. Anche di idee che non condivido. E invidio le comunità. Quella folla di pugni alzati, quelle bandiere rosse con la falce e il martello, quelle ugole che si squarciano intonando Bella Ciao. È roba d’altro tempo, di un’altra era. Archeologia politica e umana. Come quelle poltrone di modernariato che dici: cavolo che design strano. Ma a casa non le vorresti mai.<br /></div>
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Ma facciamo una precisazione: evviva le comunità, evviva le idee. Ma Bella Ciao non è un inno nazionale. È un canto da ultras. Dell’antifascismo. Quella è una comunità che rispetto, ma non è una nazione. Non è di tutti, ma di parte. Divide e non unisce. Come direbbero i moderni: è divisiva. Il mito della resistenza non è realtà, ma finzione. Se va bene fiaba. È il Babbo Natale della sinistra. Shhh. Non diciamolo a voce alta che sennò poi ci sentono. Chè l’Italia l’hanno liberata gli americani. Bella Ciao non è pace, ma guerra. E pure civile. Che è il massimo dell’inciviltà. Basta. Basta con questo culto della resistenza, con questa religione laica della Liberazione. Pure il Papa apre ai divorziati, ma le vestali di piazzale Loreto non riescono nemmeno a parlare agli a-partigiani. Basta coi talebani del 25 aprile, con i santificatori del comunismo, con quelli che ci vogliono infilare in testa il burka del politicamente corretto. Con quelli che pensano che mettere la gente a testa in giù sia un atto di libertà.<br /></div>
<div style="background-color: white; color: #222222; font-family: Georgia, 'Times new roman', serif; font-size: 15px; line-height: 20px;">
Renzi, Grasso e Mattarella avrebbero chinato il capo davanti al feretro di Giorgio Almirante? No. Perché era un fascista. Redento. Democratico. Ma c’aveva sempre quel problema lì. Non parlo del peccato mortale di aver eletto Fini come proprio delfino. Ma di quella camicia non troppo intonata coi colori alla moda. Invece erano tutti lì, davanti alle falci e ai martelli. Immobili davanti a simboli di morte. Persino Fini era uscito dal sepolcro. E pure Marino. Ma quello si imbuca ovunque: dal Vescovo di Roma al patriarca dei bolscevichi, che differenza c’è?<br />Anche il comunista Ingrao avrebbe mandato a quel paese quella massa di sciacalli che cerca di vivere su una (presunta) rendita di posizione. Io vorrei mandare a quel paese Renzi, Grasso, la Boldrini, la religione (catto)comunista dei partigiani, le falci e il martello, il galateo del 25 aprile e Bella Ciao. Che, ripeto, non è Fratelli d’Italia, ma una canzone più secessionista della Lega di Bossi: spacca il paese, allarga la piaga e divide gli italiani. Ma, soprattutto, rompe i coglioni. È l’ora di dire ciao. Anche a Bella Ciao.</div>
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(il Giornale)</div>
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-23192284572055363942015-09-16T18:51:00.002+02:002015-09-16T18:51:53.608+02:00Triciclo migrante. Davide Giacalone<div class="social-icon">
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<ul class="actions"> <img height="212" src="http://www.lsblog.it/images/marco21/triciclo.jpg" width="400" /></ul>
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<div class="intro-text">
L’accordo europeo su come gestire il tema delle migrazioni, distinguendo e adottando politiche necessariamente diverse per profughi e migranti economici, non s’è raggiunto. Ma così come è disegnato non potrebbe comunque funzionare. L’architettura cui si tende, illustrata dal ministro degli interni, Angelino Alfano, in una intervista a Rtl 102.5, si regge su tre pilastri: 1. hot spot per l’identificazione; 2. quote obbligatorie di ripartizione (per quelli cui viene concesso asilo); 3. respingimenti a cura e spese dell’Unione europea. Non può funzionare perché il primo pilastro è troppo fragile, mentre gli altri due non ci sono ancora.<br />
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Lasciamo da un canto la sfasatura temporale e ammettiamo che il triciclo parta con tutte e tre le ruote. In caso contrario non parte e stiamo parlando del nulla. La denominazione “hot spot” (punto caldo), mutuata dalla telematica, presuppone l’esistenza di una rete, a sua volta capace di connessioni che portino a destinazione messaggi e persone. Non solo non c’è, ma se quei punti restano nel dominio e nella responsabilità di autorità nazionali è evidente che possono funzionare solo per quanti vengono ammessi, mentre i respinti presenteranno ricorso. Come è loro diritto. Impedirlo, con una legislazione speciale, comporta enormi complicazioni legali e va incontro a pressoché certa bocciatura costituzionale. Una volta che presentano ricorso partono i tempi dei diversi gradi di giudizio, restando gli interessati nel limbo del riconoscimento, o meno, della loro natura di rifugiati. Nessun centro di raccolta è in grado di amministrarli e contenerli così a lungo. Intanto questo scarica sul Paese di frontiera tensioni ingovernabili, tenuto presente che non ci sono solo i costi economici, ma anche quelli umani. Per esemplificazioni vedi alla voce Cie, centri di identificazione ed espulsione, creati nel 1998. Non aggiungo altro.<br />
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Tale architettura rispecchia l’errore commesso dai tedeschi: supporre che si possano fare scelte d’accoglienza senza essere direttamente coinvolti nell’amministrazione delle frontiere esterne. Attenzione: i tedeschi non si sono rimangiati la loro decisione, ma si sono accorti d’avere sollevato uno tsunami umano, destinato ad infrangersi sui loro centri d’accoglienza, a loro volta destinati a esplodere. Ben venuti in questo inferno. Allora provano a scaricarne la responsabilità su altri, conservando a sé la parte dell’apertura. Non è buono o cattivo, umano o disumano, lungimirante o miope, è solo e soltanto un errore enorme.<br />
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Per rimediare deve essere europeo il primo pilastro, il che aiuterebbe a rendere non effimeri gli altri due. Il lavoro negli hot spot deve essere fatto da autorità dell’Unione, sulla base di un diritto che non è quello nazionale del Paese in cui ci si trova. Lo ripetiamo da tempo: serve extraterritorialità. Troppo facile (e inutile) dire: lo faremo quando creeremo campi di raccolta fuori dall’Ue, in prossimità delle zone da cui i migranti provengono. Vasto e futuribile programma, realizzabile solo se si usa la forza e, comunque, fra troppo tempo. Intanto non si può stare con frontiere interne permeabili e frontiere esterne la cui impermeabilità alternata sia affare solo di chi se le trova in casa.<br />
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Il triciclo immaginato, al vertice di lunedì, ha la ruota davanti quadrata. Anche ammesso che arrivino le due posteriori, non va da nessuna parte. Escluso (spero) che siano così sciocchi da non avvedersene, ne deriva che non avevano altro da raccontare che una favola futuribile. Peccato che questo, come l’azzardo tedesco, contribuisce a muovere moltitudini, che spostandosi seminano morti. E che l’affogato sia un bimbo profugo o un bimbo migrante non sposta di un capello la responsabilità morale e politica di chi non sia all’altezza del dramma.<br />
Davide Giacalone<br />
<a href="http://www.davidegiacalone.it/">www.davidegiacalone.it</a><br />
@DavideGiac</div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-76211442755250199932015-09-02T18:29:00.000+02:002015-09-02T18:34:22.040+02:00Un aforisma, un commento. Massimo Negrotti<h1 style="background-color: white; color: #3c3535; font-family: 'Droid Serif', 'Times New Roman', Times, serif; font-size: 35px; font-weight: normal; margin: 4px; padding: 0px;">
</h1>
<div class="corpoArticolo" style="background-color: white; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin: 10px 0px 0px; padding: 0px; position: relative;">
<div class="postTop" style="background: none 0px 0px repeat scroll rgba(0, 0, 0, 0.6); color: white; font-family: 'Droid Serif', 'Times New Roman', Times, serif; font-size: 14px; height: 23px; left: 1px; line-height: 22px; padding: 0px; position: absolute; top: 3px;">
<img src="http://www.opinione.it/media/826209/09-parole-i.jpg" height="111" width="200" /></div>
<div class="noFoto" style="float: left; margin: 0px; min-height: 20px; min-width: 210px; padding: 0px;">
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<em>“Se un intellettuale non ha tempo per cercare la verità vuol dire che è impegnato.”</em></div>
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La pretesa supremazia dell’intelletto sulle altre attitudini umane, come la sensibilità e l’esperienza, è antica quanto la filosofia e ha fatto più danni di quanti ne abbia fatti l’aggressività fisica. Senza l’intervento dell’intelletto o, più propriamente, della ragione, ogni esperienza è sicuramente povera e senza respiro, ma è anche vero che, senza sensibilità ed esperienza, l’intelletto vaga nel vuoto, riempito unicamente di visioni metafisiche che non hanno mai prodotto alcunché di rilevante per il genere umano. La perfetta coniugazione delle due attitudini non è cosa semplice ma, in fondo, la scienza, con la sua integrazione di teoria e sperimentazione, è una buona soluzione a questo proposito.</div>
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Tuttavia, ancora oggi, alcuni cosiddetti “intellettuali”, non sono disposti a riconoscere che medici e ingegneri, astronomi e geologi, ma persino musicisti o pittori, siano definibili correttamente alla loro stessa stregua. Questa posizione decisamente sciocca è particolarmente radicata nella cultura italiana per l’influenza dell’idealismo, ma è stata notevolmente modificata dalla strategia comunista. Quest’ultima è da ricondursi alla dottrina di Gramsci, con la sua immagine dell’“intellettuale organico” e il suo progetto per la conquista della cultura come viatico per la successiva conquista del potere da parte delle così chiamate masse diseredate. È su questa base che nasce la dottrina dell’“intellettuale impegnato” che mira a ricondurre l’intellettualità alla la realtà, ma solo, purtroppo, in una chiave sociale ideologicamente chiusa e dogmatica.</div>
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L’intellettuale, ridefinito, è così un uomo di lettere, di storia o di filosofia ma anche tecnico o scienziato, che, a parole o con la firma ben visibile nei tanti “manifesti” che si sono susseguiti negli ultimi decenni, si mette al servizio degli sfruttati e, ovviamente, si mostra ostile nei confronti del ceto borghese cui peraltro appartiene disinvoltamente. Il Partito comunista italiano, dopo la Seconda guerra mondiale, ha abilmente organizzato tutto questo per almeno trent’anni potendo contare sulla collaborazione di quotidiani, editori e buona parte dei mai sufficientemente deplorati “assessorati alla Cultura”.</div>
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Ciò che, però, gli strateghi marxisti non avevano saputo prevedere è che il principale risultato di questa strategia sarebbe consistito nella formazione di una consorteria fra gli intellettuali e l’industria culturale, totalmente fondata sulle due ambizioni prevalenti nello stesso e odiato mondo borghese: il successo e il profitto. Attori, registi, docenti, autori letterari, persino compositori, cantautori e comici hanno raggiunto i propri scopi, di successo e di reddito, proprio grazie all’organizzazione messa a loro disposizione e che, nelle ingenue speranze dei comunisti, avrebbe dovuto contribuire alla realizzazione di una società socialista. Essi si sono ben guardati, come si guardano bene tutt’oggi, dal riconoscere il proprio “conflitto di interesse” persino nel momento in cui denunciavano quello altrui e dall’auspicare davvero una società di eguali, tutti dipendenti pubblici, senza personalismi e senza profitto. Tuttavia, la politica che essi hanno contribuito a consolidare è fortunatamente naufragata attraverso la riscossa delle più semplici verità della natura umana, ampiamente raccolte dalle società aperte, che includono il successo e il profitto come legittime manifestazioni della libertà, ragionevolmente regolate dallo Stato ma non certo perseguite come esibizioni del demonio.</div>
<div style="margin-bottom: 10px; margin-left: 7px; margin-top: 10px; padding: 0px;">
La doppiezza di larga parte degli intellettuali è perciò stata e in parte è ancora la peggiore manifestazione di ciò che il sociologo Max Weber additava, un secolo fa, come l’attitudine di molti a fare dell’attività politica la propria fonte permanente di reddito più che una <em>beruf</em>, nel senso di vocazione, tesa davvero al bene comune.</div>
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(l'Opinione)</div>
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-87907664141625948242015-08-07T11:25:00.002+02:002015-08-07T11:25:34.873+02:00C'è un ministro a Berlino. Davide Giacalone<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
Il governo rimuove un procuratore generale della Repubblica perché non ha più fiducia in lui. Attentato alla giustizia? No, è così che funziona la giustizia, dove la giustizia funziona. Siccome il procuratore in questione (Harald Range) aveva criticato la prudenza del governo nel vedere perseguire due giornalisti e aveva avvertito che: “influenzare le indagini perché il possibile esito non appare opportuno è un attentato intollerabile all’indipendenza della giustizia”, è intervenuto il ministro della giustizia (Heiko Mass) e lo ha mandato via. In Germania, come in Francia, come in qualsiasi altro Stato di diritto, l’indipendenza assoluta è una prerogativa dei giudici, non delle procure. Provate a tradurlo in italiano, se ci riuscite.</div>
<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
Nel prendere tale decisione, naturalmente, il ministro tedesco si assume una responsabilità politica. Anche se, in questo caso, somiglia di più a un merito, visto che l’idea di perseguire dei giornalisti, accusandoli di alto tradimento, per avere rilevato piani riservati destinati al monitoraggio del web, non per avere scritto il falso (nel qual caso è giusto ne rispondano), aveva suscitato vivaci reazioni e proteste. Il governo, inoltre, non archivia l’inchiesta, come può fare quello francese, ma nomina un altro procuratore, in cui ripone fiducia. Nulla di tutto questo, ovviamente, sarebbe stato possibile nel caso di un giudice, ovvero di chi è incaricato non di accusare, ma di stabilire se l’accusa è fondata o meno, se il cittadino è colpevole o innocente. Il giudice è protetto, nella sua indipendenza, ovunque lo Stato di diritto non sia una battuta di spirito. Figurarsi poi a Berlino, dove un giudice onesto e indipendente lo trovò anche il celebre mugnaio. Il guaio, in Italia, è che si fa una gran confusione fra giudici e magistrati, posto che i procuratori non sono giudici, mentre i giudici sono magistrati. Sano e lineare è il sistema in cui non sono neanche colleghi, ma, pur permanendo questa mefitica anomalia, comunque non sono la stessa cosa.</div>
<div style="background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
Fuori dall’intoccabile indipendenza dei giudici (che, comunque, non sono irresponsabili e la cui qualità del lavoro viene controllata, almeno dove lo Stato non è un agglomerato di corporazioni e prepotenze), le procure rappresentano la pretesa punitiva dello Stato, pertanto è considerato normale che rispondano del loro operato a chi governa, in ragione del consenso popolare raccolto. Certo che una condizione di questo tipo può prestarsi ad abusi, o indurre a proteggere amici e sodali, solo che poi se ne risponde davanti agli elettori. Ammesso e non concesso che si riesca a restare al governo. Perché dove la giustizia funziona è ovvio che i procuratori non sono giudici, ma è anche ovvio che proteggere politici amici, o direttamente sé stessi, dalle inchieste equivale a mettersi fuori dal consesso civile. Se non ti dimetti al volo vieni dimesso a furor di popolo. E mentre il citato furore è una bestemmia in un’aula di giustizia, è poesia in quelle parlamentari.</div>
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L’avere deragliato, uscendo dai binari dritti del diritto, comporta distorsioni pazzesche, destinate a rendere ancor più anomale le cose. Penso, ad esempio, ai cinque decreti legge che si sono fatti per cercare di rimediare agli effetti delle inchieste giudiziarie sullo stabilimento Ilva di Taranto. Cinque pezze colorate e inefficaci. Penso a un capo del governo che dice di non volere fare il passacarte delle procure, laddove la carta gli arrivava da un giudice. Penso a un ministro di giustizia che sbraca fuggendo la responsabilità politica, sperando di scaricarla sulla Corte costituzionale. A Berlino c’è un giudice, ma c’è anche un ministro. E non crediate che tale vantaggiosa presenza non si rifletta anche sui numeri dell’economia.</div>
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Pubblicato da Libero</div>
mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-8233929343874759162015-08-03T19:10:00.003+02:002015-08-03T19:13:05.815+02:00I giudici dettano legge. Vladimiro Iuliano<div class="noFoto" style="background-color: white; float: left; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin: 0px; min-height: 20px; min-width: 210px; padding: 0px;">
<img src="http://www.opinione.it/media/825782/08-giudici-i.jpg" height="266" style="border: 1px solid rgb(238, 238, 238); float: left; margin: 2px 10px 2px 0px; padding: 0px;" width="400" /></div>
<div style="background-color: white; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin-bottom: 10px; margin-left: 7px; margin-top: 10px; padding: 0px;">
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Dove c’è discrezionalità, c’è arbitrarietà, non c’è né ci può essere certezza delle regole, del diritto. I giudici stravolgono la volontà del Parlamento interpretando di fatto la legge. Nessuno li ha eletti, non rappresentano la volontà popolare ma fanno, di fatto, con la loro interpretazione discrezionale e spesso arbitraria, le norme valevoli nei confronti di tutti.</div>
<div style="background-color: white; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin-bottom: 10px; margin-left: 7px; margin-top: 10px; padding: 0px;">
I giudici da molto tempo dettano legge in Italia. La politica è allo sbando e la magistratura, o meglio le interpretazioni della magistratura, detta legge. In pratica da molto tempo i giudici italiani approfittano del ruolo che hanno per sconfinare dalle loro funzioni e competenze e riempire i buchi e spesso financo sovvertire la volontà del legislatore. Con l’aiutino spesso della Direttiva o del Regolamento europeo, i giudici agiscono piegando la norma come a loro più piace e conviene. Dalle corti e dai tribunali arrivano letture disperate delle leggi e anche di ciò che legge non è; princìpi generali eletti e “promossi” a leggi dello Stato, e in quanto tali valevoli per tutti. Il giudice orienta il Paese come più gli piace e conviene decidendo sulla Legge Severino, sul caso De Luca, sull’Ilva di Taranto, sul cambiamento di sesso, sulle pensioni, sulle tasse per le scuole cattoliche, sull’immigrazione, sulla fecondazione artificiale e sui contratti dei calciatori. Indicano, o meglio dettano la strada della legge alla Corte dei Conti, al Consiglio di Stato, ai Tar, alla Corte Costituzionale come alla Cassazione. I giudici sanno bene che, stante la loro inamovibilità e lo stipendio statale sicuro oltre che nessun controllo sul proprio operato, potranno conquistare le prime pagine dei giornali con dichiarazioni o sentenze creative, innovatrici, o interpretazioni cosiddette “evolutive”, cioè in progress, vale a dire come vuole e intende lui/lei. Ogni giudice legifera di fatto in Italia, e niente e nessuno è in grado di circoscrivere, limitare ed eliminare il problema fuori liceità.</div>
<div style="background-color: white; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin-bottom: 10px; margin-left: 7px; margin-top: 10px; padding: 0px;">
Le leggi sono numerosissime; grovigli spesso inestricabili, fatti apposta, nella loro ambiguità, per l’interpretazione personalissima del giudice che ne dà le coordinate e la <em>ratio</em>dell’applicazione alla vita concreta. Non solo dove non è chiara la volontà del legislatore è facilissimo per il giudice sottrargli il privilegio (il legislatore, Napolitano permettendo, è espressione della volontà di tutti noi) e riscrivere soggettivamente ed il più delle volte ideologicamente la legge stessa che verrà manipolata, sovvertita e strumentalizzata, ma anche dove non v’è la legge, i giudici “scrivono” e dettano, fanno valere a ripetizione il principio di diritto che si sono dati tra loro, e lo fanno valere come legge disciplinandone i casi. Vere e proprie invenzioni del diritto, abusi del diritto cui è difficilissimo per il comune mortale fare fronte, resistere, difendersi, contrapporsi, reagire, e anche solo sopravvivere.</div>
<div style="background-color: white; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin-bottom: 10px; margin-left: 7px; margin-top: 10px; padding: 0px;">
Finché la giustizia e i giudici italiani non saranno realmente sottoposti a responsabilità effettiva per ciò che fanno, dicono e scrivono sentenziando, sarà sempre così. L’unica soluzione possibile è privatizzare le funzioni e circoscrivere ad un raggio limitato l’azione “espansiva” del giudice stesso. Si guardi anche solo ai cosiddetti nuovi diritti elaborati dai giudici novelli, che rappresentano il loro vero “capolavoro”. Manipolazioni genetiche, eutanasia, Internet, coppie gay, fecondazione artificiale, transgender, regole del web, sono il Bengodi dei giudici d’assalto (posto pubblico fisso, stipendiato da noi, retribuito meglio di ogni altro). Lo sconfinamento ad esempio dei giudici dotati di pruderie maliziosa è totale in camera da letto ove si verta in questioni di corna, o di obblighi genitoriali e da ultimo pure i nonni. Ricordiamo la sentenza della Cassazione che entrava nell’uso dei jeans in caso di stupro. Consulta (è la Corte costituzionale), Cassazione, Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), ogni singolo magistrato discetta e detta legge sulla qualsiasi, Legge 40 sull’inseminazione eterologa o immigrazione clandestina che sia.</div>
<div style="background-color: white; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin-bottom: 10px; margin-left: 7px; margin-top: 10px; padding: 0px;">
I giudici scrivono la legge formulando sentenze non solo sui processi in corso, ma anche su quelli già conclusi. Solo l’altro giorno la Corte di Cassazione ha detto che la perdita del lavoro non costituisce “grave danno alla persona” e il web si è scatenato dicendo che i giudici di legittimità fanno “i froci con il culo degli altri”, cioè del popolo, dato che loro ed il loro lucroso stipendio pubblico (quindicimila euro al mese circa dei nostri soldi) sono sicuri. Le norme europee sono utilizzate e forniscono la materia prima necessaria a scardinare le leggi interne italiane, in nome del principio della prevalenza di quelle sovranazionali. La magistratura italiana si avvale ed utilizza princìpi costituzionali ed europei per fare da sé e creare nuove leggi non attraverso il processo democratico stabilito, ma direttamente attraverso la propria penna, il proprio pensiero, la propria discrezionalità.</div>
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La certezza del diritto e della norma non esiste più in Italia. Esiste ciò che pensa, vuole, scrive e detta il giudice di turno, più o meno instabile. Ormai i giudici da noi sono i creatori ancora prima degli interpreti della norma. E a chi tocca tocca, nella arbitrarietà più iniqua e totale.</div>
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(l'Opinione)</div>
<div style="background-color: white; font-family: 'Trebuchet MS', Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 13px; margin-bottom: 10px; margin-left: 7px; margin-top: 10px; padding: 0px;">
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-85371882301676849762015-07-31T17:23:00.003+02:002015-07-31T17:23:33.824+02:00Vergogne dell'Italia renziana. Cesare Alfieri<div class="autore">
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<img height="320" src="http://www.opinione.it/media/825750/03-alfano-verdini-i.jpg" width="640" /> </div>
Tempo fa un Paese del Nord Europa è rimasto sfornito di governo. È proseguito tutto al meglio, a dimostrazione di quanto sia ultroneo ogni governo, soprattutto quando gestito malamente o per il solo proprio profitto o addirittura, come oggi da noi in Italia, rubato con l’imbroglio quindi illegittimo.<br />
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Con il partitino personale fatto da soli dieci senatori raccattati qua e là per costituire un gruppetto di supporto alla vergogna del governo illegittimo Renzi, Denis Verdini è l’ennesima, indegna dimostrazione di come ci se ne infischi dei voti espressi dagli italiani, che quella stessa decina ha a suo tempo scelto e fatto eleggere solo perché stava con Silvio Berlusconi, a destra e nel centrodestra. Oggi la decina traditrice di destra va a dare manforte al governo mai eletto di sinistra di Renzi, per la poltrona e i ricchi contributi di Stato, cioè i nostri soldi che ignominiosamente è previsto ricevano da subito i gruppi parlamentari (590mila euro di nostri soldi dati con tassazione esosa sul nostro groppone). Un’ignominia, uno sberleffo, un sopruso, una presa in giro. Questo è Matteo Renzi, questi sono stati Monti, Letta e Napolitano; questo è Mattarella, Alfano, così come il Pd e il Pdl, la Lega e il Movimento Cinque Stelle. Non si creda infatti che cambiando di chiappe il posto parlamentare, da noi retribuito, cambi l’andazzo. Anche i nuovi culi, allo stesso modo degli occupanti la poltrona di oggi come di ieri, si comporteranno nella stessa maniera, ovvero a sbafo e a schifìo per il Paese. Non basterà non essere andati in massa a non votare; non sarà bastato aver votato i partiti della protesta novelli occupanti allo stesso modo dei precedenti della poltronciona retribuita da noi; non sarà bastato vedere i tradimenti, le porcherie, le indecenze tutte del popolo degli “eletti”, nessuno scandalo o ribellione sarà mai sufficiente a cambiare alcunché.<br />
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È necessario costringere l’intero sistema politico a rispondere di ciò che fa. Chi oggi si mette in tasca 509mila euro “a gratis” deve non solo risponderne ma risarcire gli italiani in caso di mala gestione. Risarcimenti effettivi e non a parole. Devono essere stretti i gangli del potere politico. Così come viene richiesto a un qualsiasi cittadino italiano con attività privata di rispondere in ogni momento di ciò che fa, allo stesso modo il parlamentare ed il politico devono rispondere personalmente ed economicamente di quanto fanno. Tagliare a meno della metà i parlamentari tra Camera e Senato con stipendi drasticamente diminuiti sino ad un terzo di quelli attuali; regolamentare i partiti politici istituendo la categoria della responsabilità politica al loro interno e nello svolgimento dell’attività politica. Ridurre i contributi o meglio disciplinare partiti e gruppi, parlamentari e non, in modo che siano autonomi economicamente e trasparenti nelle entrare e nelle uscite. Traghettare il più possibile ciò che è pubblico nel privato. Ridurre lo Stato e la sua presenza.<br />
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Cosa si aspetta ad esempio oggi a mettere sotto accusa Giorgio Napolitano per tradimento alla Costituzione, per avere cioè defraudato gli italiani della loro espressione del voto, delle loro scelte? Cosa si aspetta ad avviare procedimenti di responsabilità e risarcimento per i governatori ladri dei governi a cominciare da Monti, Letta e Renzi? Quali regole o meglio non regole si stanno applicando? Oggi “grazie” a questi siamo fuori dalla democrazia; si rientri e torni dentro la democrazia. Ma come si fa a sperare che degli imbroglioni la smettano di imbrogliare? Quando mai un imbroglione al governo abbasserà la pressione fiscale? È nel suo stesso “interesse” che rimanga tale quale è, a garanzia del proprio posto, stipendio e poltrona, e quelli dei suoi amici. La burocrazia? La Rai? Una qualsivoglia spending review? Macché! Qui si tiene volutamente tutto com’è nella speranza che non salti tutto tra le proprie mani, nella speranza becera di lucrare e “salvarsi” da soli. Invece deflagrerà, e questi imbroglioni avranno incassato a più non posso. Si torni alle urne, al voto e alla democrazia. Chi verrà scelto, già oggi, ci penserà due volte prima di fare danni. La misura è colma. Bisogna cambiare.<br />
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(l'Opinione)<br />
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-57772395023417809422015-07-21T19:02:00.001+02:002015-07-21T19:02:01.907+02:00Renzi annuncia l'età dell'oro. Gianni Pardo<div class="article-top">
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<dl class="article-info"><dd class="createdby"><br /></dd></dl>
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Nell’assemblea del Partito Democratico è comparso l’arcangelo Gabriele. Era da qualche tempo che non si vedeva, ma stavolta valeva la pena di ritornare sulla Terra. Bisognava infatti annunciare all’Italia che ciò che non era riuscito per molti decenni sarebbe finalmente riuscito, che ciò che si era lungamente desiderato, senza ottenerlo, era finalmente a portata di mano; “Nuntio vobis gaudium magnum!”.<br />
L’arcangelo Gabriele – che stavolta ha il faccino del nostro Matteo Renzi, in rara versione con cravatta -<a href="http://www.corriere.it/politica/15_luglio_18/renzi-berlusconi-non-ha-inciso-sull-elezione-mattarella-eafbc07c-2d2c-11e5-ab2f-03a10057a764.shtml" target="_blank"> prevede</a>, già per il 2016, «l’eliminazione della tassa sulla prima casa, l’Imu agricola e sugli imbullonati». In seguito, nel 2017, il bambino prodigio si occuperà di Ires e Irap, sicché, nel 2018, se abbiamo capito bene, nei fiumi scorreranno latte e miele. Entro l’agosto di quest’anno (e sarà un altro miracolo) avremo la riforma della Pubblica Amministrazione di solito considerata una tale impresa che ha scoraggiato tutti. Tanto che ci chiediamo se ora il provvedimento più importante non sia l’avere unificato, sotto il numero “112”, il 113, il 115 e il 118.<br />Gli “imbullonati” di cui Renzi ha parlato sono i macchinari ancorati al suolo con bulloni, su cui lo Stato ha pensato bene di mettere una tassa. E al riguardo ci si può legittimamente chiedere se un Primo Ministro possa permettersi di usare termini incomprensibili ad un italiano largamente alfabetizzato, perfino a suo agio con qualche lingua straniera. Ma forse le massaie e i sagrestani usano questo termine tutti i giorni.<br />Torniamo al libro dei sogni. Il discorso di Renzi suscita un sarcastico scetticismo perché in questi casi non è il programma, che interessa: chi non amerebbe promettere l’abolizione della tassa sulla prima casa, chi non amerebbe potersi vantare di averla eliminata? La notizia dunque non è che il Segretario del Pd la metta nel suo programma, la notizia sarebbe che il suo programma sia realistico. E a questo scopo non basterebbe certo che egli si dichiari capace di compiere il miracolo: vorremmo sapere come conta di farlo e vorremmo anche vederglielo fare. <br />Sempre che sia lecito fare i conti con le dita, il problema si può porre in questi termini: per funzionare, lo Stato ha bisogno di soldi. Oggi questi soldi li ricava dalla casa, dall’Imu agricola e perfino dagli “imbullonati”, oltre che da Ires, Irap e Iradiddio di tasse e imposte. Nel momento in cui si parla di abolirle, le possibilità sono soltanto due: o Renzi conta di eliminare la maggior parte dei servizi dello Stato - chiudendo scuole, caserme, ministeri, comuni, ferrovie, tribunali - sicché lo Stato potrebbe sostenersi con la tassa sugli alcoolici o poco più. Oppure il taumaturgo conta di mantenere tutti quei servizi, attingendo il denaro necessario dal pozzo di San Patrizio, ad Orvieto. Sempre che, come le banche greche, non sia a secco di contanti.<br />E pensare che davano dello sbruffone a Berlusconi. Il Cavaliere indubbiamente ha mantenuto molto meno di quanto ha promesso, ma Renzi batte tutti: ha l’aria di promettere la Luna, dandone un quarto a ciascuno dei sessanta milioni di italiani.<br />L’esagerazione è uno degli strumenti classici della comicità, ma qui nella sostanza non c’è assolutamente nulla da ridere. Non è normale che un Primo Ministro prenda per i fondelli l’intera popolazione del suo Paese. Per mesi si è parlato di “spending review” e l’unico effetto concreto che s’è visto è stata la fuga all’estero dello scoraggiato esperto incaricato di progettarla, Carlo Cottarelli. <br />Ma non bisogna essere avari di aperture di credito. Naturalmente Renzi può fare ciò che ha promesso. Naturalmente forse sarà capace di realizzare il miracolo sopra descritto. E naturalmente in molti saremmo pronti a fargli parecchi monumenti a cavallo, nelle maggiori piazze cittadine, perfino mediante colletta pubblica. Ma in realtà saremmo piuttosto disposti a scommettere mille dei pochi euro che abbiamo che non ci riuscirà. A meno che, per abolizione, non intenda che l’Imu si chiamerà Umi, l’Ires Sier e via dicendo.<br />Chiunque usa un computer sa che deve guardarsi dalle truffe, atte ad abbindolare coloro che sono contemporaneamente avidi ed ingenui. Esemplare quella che annuncia la vincita ad una lotteria cui non si è partecipato. In questi casi chi ha buon senso butta via la mail e passa ad altro. Ora forse bisognerà imparare a fare la stessa mossa quando parla il Primo Ministro.<br /><span id="cloak25978"><a href="mailto:pardonuovo@myblog.it">pardonuovo@myblog.it</a></span></div>
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(LSBlog)</div>
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-44971159999403431042015-07-03T18:01:00.000+02:002015-07-03T18:01:41.914+02:00Diritto sequestrato. Davide Giacalone<h2 style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; font-style: normal; font-variant: normal; letter-spacing: normal; line-height: 1em; margin: 0px; padding: 0px; text-align: left; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
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<br class="clearfloat" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: #e8e2e2; clear: both; color: #6d6f79; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 1px/0px Arial, Helvetica, sans-serif; height: 0px; letter-spacing: normal; text-align: left; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;" /><br />
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: #e8e2e2; color: #6d6f79; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font: 12px/normal Arial, Helvetica, sans-serif; letter-spacing: normal; margin-bottom: 5px; padding: 0px; text-align: left; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px;">
Sul buco di Monfalcone non può essere messa la toppa di un decreto legge. Anche perché, sommato al buco di Taranto, è troppo grosso. Il problema che si pone non è isolato e momentaneo, ma generale e ripetuto. Anzi, si tratta di tre ordini di problemi: a. le misure cautelari al posto delle pene, l’indagine al posto del giudizio, quindi l’assenza di proporzione fra il reato presupposto e la punizione eventuale; b. l’insensatezza di consentire all’accusa di ricorrere sempre e comunque; c. l’assenza di responsabilità. E non se ne esce con un decreto legge.</div>
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Lasciamo perdere che Fincantieri è un pezzo prezioso e irrinunciabile del nostro essere la seconda potenza manifatturiera d’Europa, nonché uno dei settori, la cantieristica, che più traina quel poco che c’è di ripresa economica. Facciamo finta che non sia decisivo (e lo è), perché non è di questo che si occupa la magistratura. Osserviamo quel che è accaduto a Monfalcone: un’indagine iniziata nel 2013, con la misura cautelare presa due anni dopo. L’urgenza, come dire, mi pare contraddetta dal calendario. La questione riguarda il trattamento di rifiuti. Non si tratta di roba che avvelena, non siamo alla terra dei fuochi, qui la faccenda è di carta: Fincantieri accatasta rifiuti anche per conto delle ditte che lavorano in appalto, ma, dicono alla procura, ci vuole l’autorizzazione. E’ così? non lo è? Non lo so, ma penso che per accertarlo, posto che stiamo parlando di roba che non inquina, si possa e si debba farlo in giudizio. Applicare il sequestro, quindi provocare la chiusura dello stabilimento, significa affibbiare una misura cautelare che supera in durezza anche la più micidiale delle condanne possibili. Ammesso e non concesso che gli imputati siano colpevoli, per mancata autorizzazione bollata a far quello che, comunque, tutti possono vedere.</div>
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Tanto la cosa è fuori dalla logica che sia il gip quanto l’appello rifiutarono alla procura il sequestro. Ma l’accusa ricorre sempre. Spesso si sente dire che la giustizia non funziona anche perché gli avvocati fanno ostruzionismo, ricorrono per principio, facendo perdere tempo. Ma, almeno, lo fanno a spese del cliente. La procura lo fa a spese nostre. Che senso ha ricorrere per due anni? Se credi che le accuse siano fondate, già dopo il primo rifiuto molli la presa sulla misura cautelare e punti al giudizio, per avere le condanne. Invece ci si comporta come se il solo processo credibile sia il non processo della fase preliminare. Quello, oltre tutto, in cui l’accusato ha meno strumenti per difendersi. Questa stortura non la si corregge intervenendo sulle conseguenza, ma sulle cause.</div>
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La prima (esagerazione della non pena) e la seconda (ricorrere a oltranza) cosa sono possibili perché nessuno risponde di quel che fa. Se la carriera del magistrato fosse legata alla sua capacità (nel caso della procura) di accusare chi sarà condannato, probabilmente si eviterebbe di sostenere accuse in modo temerario. Se si dovesse rispondere del fatto che una misura cautelare chiesta si rivelerà sproporzionata rispetto alla pena poi stabilità, o, addirittura, all’assoluzione, probabilmente si sarebbe più cauti. Ma nulla di tutto questo: la procura chiede sempre tutto e lo chiede ricorrendo in ogni sede. Se va bene, bene, e se va male che problema c’è? Anzi, dimostra che la giustizia funziona. Eccome.</div>
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Seguiamo la logica del sequestro: siccome credo che tu abbia violato la legge, prima ancora di dimostrarlo fermo la tua attività. Con un sistema di questo tipo fare industria è impossibile. Ma c’è di più: è impossibile fare qualsiasi cosa. Anche giustizia. In modo analogo, infatti, si potrebbe dire: siccome quel tribunale ha sbagliato, difatti la sentenza è stata riformata, siccome quella procura ha sbagliato, difatti la richiesta è stata rigettata, per impedire danni più grossi li sequestriamo e chiudiamo. Manca l’autorizzazione? Chiudo lo stabilimento. L’accusa si rileva infondata? Chiudo la procura. Vi pare folle? Lo è.</div>
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Pubblicato da Libero</div>
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mauromhttp://www.blogger.com/profile/03124153074550711514noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-16463176.post-20691278372552074972015-07-02T17:12:00.000+02:002015-07-02T17:12:53.428+02:00Trappola greca. Davide Giacalone<h2>
Il referendum greco è una trappola. Per i greci. La bancarotta greca sarebbe una tragedia per loro, ma anche una trappola per gli altri europei e per l’occidente. Non è la prima volta, nella storia, che problemi la cui soluzione conviene a tutti, e che non è neanche così difficile, si allontana a causa di condotte irrazionali e di interessi di gran lunga meno rilevanti del danno che provocano.</h2>
Nel 2011 la Grecia si approssimava alla bancarotta, dopo anni in cui il tenore di vita e la ricchezza disponibile erano colà cresciute. Lasciamo da parte i conti taroccati, notoriamente tali e come tali tollerati dalla Commissione Ue. Erano i bassi tassi e la convenienza a far debiti a spingere i disavanzi continui, dando l’impressione di un Bengodi infinito. La crisi dei debiti sovrani infranse il sogno, trasformandolo in incubo. In quel momento sostenemmo che, se l’Unione aveva un senso, non si dovevano abbandonare i greci e non si doveva ipotecare il futuro dei più giovani. Il primo passo fu indecoroso, usando i soldi degli aiuti per salvare le banche, prevalentemente tedesche e francesi, che si erano esposte (a fini di lucro, mica di beneficienza) con la Grecia. Poi, però, i debiti furono due volte tagliati e gli aiuti sono affluiti più copiosi degli interessi (bassi) che i greci pagavano. Chi parla di “strozzinaggio” europeo ha dei seri problemi con l’aritmetica.<br />
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Oggi la situazione è ribaltata. Un nuovo governo è al potere, eletto grazie a promesse suggestive, irrealistiche. Pretende che i creditori continuino a prestare denaro, sapendo che non sarà restituito, senza porre condizioni. Che, del resto, non sono tali da impoverire i greci, visto che a tutti conviene che riprendano a crescere, ma servono a chiudere la mangiatoia della spesa pubblica. Veleno per la vita dei giovani ellenici. Per giunta il governo greco se la prende con la Banca centrale europea, che in questi mesi s’è spesa per alimentarli di liquidità, attirando su di sé critiche pesanti e non del tutto infondate. Vogliono non solo la liquidità d’emergenza (che la Bce ancora assicura), ma che sia aumentata. Non si sa dove finisca l’improvvisazione e dove cominci l’impudenza. Hanno chiuso le banche, togliendo ai cittadini il diritto di disporre del proprio denaro, perché sanno che la loro condotta incita alla fuga. Sperare di attribuirne la colpa alla Bce è infantile, oltre che irresponsabile.<br />
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Il referendum è truffaldino, perché su un documento tecnico e articolato, che, semmai, dovrebbe essere oggetto di negoziato, non di voto in blocco. Non è pro o contro l’euro, anche perché sanno che la grande maggioranza voterebbe a favore della permanenza (mica sono scemi). Lo hanno inventato perché sanno che la Grecia ha un posto rilevante, nello scacchiere militare europeo, con confini delicati, quindi oggetto di sollecitazioni statunitensi affinché non sia persa (il passato avrebbe dovuto vaccinarli, sui governi militari). Hanno pensato: mettiamo il negoziato davanti a quel bivio e il resto d’Europa sbraca. Il genio della teoria dei giochi, Yanis Varoufakis, lo ha anche detto: cambiate le condizioni e noi diremo di votare sì. Li ha presi per scimmie ammaestrate, i cittadini. Invece quel referendum diventa un alibi per i falchi, per i devoti della contabilità, per chi crede che i conti vengano sempre prima della storia e della politica: lasciateli votare, evviva la (falsa) democrazia: se voteranno a favore del piano, andrà a fondo il governo greco (il bello è che Varoufakis lo nega, candidandosi a sostenere l’opposto di quel che dice); se voteranno contro nessuno avrà buttato fuori i greci, ma saranno loro ad avere deciso. Come trovarsi nell’Oceano e sventrare la chiglia per far dispetto all’equipaggio.<br />
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Ci sono sempre le condizioni e le possibilità per sottrarre la Grecia al naufragio, come fin qui s’è fatto, ma per riuscirci è necessario che i greci siano consapevoli che il loro governo è il loro problema. Si sono messi nelle mani dell’ex gioventù comunista e affidati alla sapienza di chi li porta verso una svalutazione ciclopica avendo un lavoro pagato in dollari, negli Stati Uniti. Il popolo è sovrano, ma il 64% dei votanti non li votò. Ora sovranamente deve provvedere. Errori ne sono stati commessi molti, dagli altri europei, compreso l’avere instaurato tavoli non istituzionali, con i soli tedeschi e francesi. Ciò ha indebolito la capacità di risposta istituzionale, rafforzando l’impressione che l’esito del negoziato fosse la sottomissione ad alcuni. Ma Tsipras e Varoufakis non hanno sollevato questo problema, stanno solo provando a trattare in modo inaccettabile. Chiedendo di farlo ancora a lungo. Tocca agli elettori greci fare quello che il loro Parlamento si dimostra incapace di fare. Pagina pessima, foriera di mille complicazioni. Va girata in fretta.<br />
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Pubblicato da Libero<br />
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