sabato 29 ottobre 2005

La filosofia stonata di Celentano. Cristiano Gatti

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=39069

La sinistra maneggi con cura quel grande padre del pensiero liberale che era Voltaire.

Il doppio volto della sinistra. Mario Cervi

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=39066&START=0

Alla sinistra Cofferati versione sindaco piace meno.

giovedì 27 ottobre 2005

Mi chiedo e vi chiedo: perché tante persone intelligenti, educate, simpatiche e "normali" sono di sinistra?
Cosa è scattato o non è scattato in loro per essere di sinistra?
Quando sono diventate di sinistra?
All'ultima domanda posso rispondere che si nasce sinistri: non ricordo-al momento-personaggi che siano passati dalle idee di destra a quelle di sinistra se non per interessi di poltrona.
Il fatto di nascere di sinistra implica che non si metta in discussione la propria ideologia. Lo stesso discorso vale per la religione: spesso siamo credenti perché siamo battezzati.
Il credo politico è dunque nel nostro DNA.
In Italia è perciò naturale essere antifascisti, esaltare la Resistenza, ammirare Che Guevara, detestare l'America, odiare il capitalismo, disprezzare tutto quello che non è di sinistra ecc...
Per essere di sinistra non ci si deve sforzare, non occorre avere opinioni, è sufficiente seguire la massa e il dubbio è un optional.
Dobbiamo comprendere e rispettare questo "modus vivendi", per molti cambiare significherebbe stravolgere la vita. Pensate: dovrebbero smettere di leggere certi giornali, non andare a vedere certi film, cambiare opinione su un sacco di gente, rivedere la storia d'Italia, cambiare schieramento politico, disconoscere il loro passato, smettere di seguire solo il TG3 e, udite udite, smettere di odiare Berlusconi.
Voi capite che lo sforzo è notevole.
Personalmente confido nella forza della ragione.
Quelle persone di sinistra che sono disposte a mettere in discussione le loro convinzioni possono cambiare idea.
Soprattutto penso che se il Cavaliere si decidesse a fare una campagna elettorale focalizzata sulla rivalutazione e la ricostruzione della propria immagine, sia di uomo politico che di imprenditore, molti si renderebbero conto che votano a sinistra solo per fare dispetto a Berlusconi.
Spero, a questo punto, che qualche sinistro ancora sintonizzato sui nostri blog voglia dire la sua.

Fioretto e mazza ferrata a viale Mazzini. Arturo Diaconale

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=243&id=4886&aa=2005

Alla Rai i consiglieri di centrodestra si sono appisolati.

La lista di Piero. Paolo Del Debbio

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Se Fassino critica il Corriere è attentato alla libertà di stampa?

mercoledì 26 ottobre 2005

Blog e così sia.

Maurizio Molinari commenta un libro appena uscito negli USA che parla dei BLOG.

Anche Lenin, se fosse vivo, probabilmente avrebbe un proprio blog. E' questa la conclusione a cui arrivano David Kline e Dan Burstein, i due giornalisti autori di Blog!, un volume di 402 pagine uscito a New York per i tipi di CdsBooks nel quale esplorano nomi, date e siti Internet della «più recente rivoluzione dei media che sta modificando politica, affari e cultura». Ovvero i blog. Il primo vide la luce sul web nel 1997, due anni dopo ce ne erano qualche centinaio ed ora se ne contano a milioni anche se il numero esatto nessuno lo sa perché ne nascono oltre 40 mila al giorno. Affermatisi come siti Internet personali, per esprimere proprie opinioni, i blog sono divenuti in una decade un gigantesco mezzo di comunicazione di massa anche se parcellizzato: tutti possono comunicare con tutti ad ogni ora, di ogni giorno di ogni anno. Le informazioni circolano sempre, gratis e più velocemente rispetto agli altri media. Nella blogosfera l'informazione è fatta di milioni di singoli che si interessano ed appassionano a ciò che dicono altri singoli, arrivando a volte a interagire ed a creare dei network, delle comunità online, che sfuggono a sondaggi e statistiche ma generano gli orientamenti del grande pubblico. Lo studio di decine di migliaia di blog - diversi gli uni dagli altri come avviene per gli esseri umani - porta Kline e Burstein ad affermare che ciò che li accomuna sono alcune caratteristiche di fondo: sono attraenti per la fusione fra personalità e software; consentono di creare network umani grazie comunicazioni sincere fra singoli come fra gruppi come fra gruppi e singoli; possono coesistere ed interagire con gli altri mezzi di comunicazione esistenti; consentono di fare soldi; permettono di essere global, ovvero di avere una dimensione che esula dalla propria città o nazione; creano aree segmentate di interesse, dove più è la specializzazione più aumentano i contatti; non sono di destra nè di sinistra nè tantomeno di centro perché chiunque vi può mettere il contenuto che preferisce.E soprattutto continueranno a crescere perché ciò che aumenta è il numero di persone con una conoscenza tale da poterli creare e mettere online qualcosa di interessante. Da qui l'impatto sulla politica. «Saranno sempre più importanti per la vita pubblica - scrivono gli autori - come lo è stata la televisione negli anni passati». La tv in politica debuttò con il dibattito fra John F.Kennedy e Richard Nixon alle presidenziali del 1960 mentre per i blog lo sbarco è avvenuto con la sfida fra George W. Bush e John Kerry, allorché nel 2004 vennero per la prima volta accreditati alle Convention recitando poi un ruolo di primo piano nella campagna, come avvenne ad esempio quando alcuni blog conservatori svelarono che Dan Rather - il più noto anchorman della tv americana - aveva mostrato in diretta documenti falsi sul servizio militare del capo della Casa Bianca. Per avere idea dell'impatto che ebbero allora basta tener presente che nell'agosto del 2004 i dieci più importanti blog politici sommarono 28 milioni di contatti ovvero quasi i contatti dei siti dei maggiori network tv. Con l'avvicinarsi all'Election Day di novembre il fenomenò si allargò: il liberal Dailykos.com attrasse 11 milioni di visitatori al mese ed il conservatore Instapundit.com 4 milioni fino a far sommare ai dieci maggiori blog 33 milioni di contatti. Ad urne chiuse il fenomeno è continuato: quale che siano le notizie di maggiore attualità - dall'Iraq al Ciagate - decine di milioni di americani vanno a cercare sul web gli ultimi aggiornamenti come i commenti personalizzati dei blog. Una delle spiegazioni viene data da uno studio sui media redatto nel 1997 secondo cui «i tradizionali mezzi di informazione non parlano dei valori a cui la gente tiene di più, a cominciare dalla fede». Ma gli autori di Blog! vanno oltre: «La democrazia richiede dibattito pubblico non informazione». Dunque le persone vogliono interagire, partecipare, dire la loro e non solo ascoltare passivamente la tv o leggere passivamente i giornali. Da qui l'inevitabilità della scelta dei leader politici che non possono fare a meno dei blog se vogliono emergere.Il democratico Howard Dean proprio grazie ai blog riuscì ad organizzare dal nulla la propria campagna elettorale - poi naufragata per errori politici che nulla avevano a vedere con il web - e dunque «se fosse vivo anche Lenin sarebbe un blogger politico anche se dovrebbe avere uno stile più asciutto rispetto alla verbosità che lo distingueva». E poi c'è la questione dei soldi. Chi afferma che i blog non rendono sbaglia. Il network dei blog di Dean - ideato dal manager Joe Trippi - consentì ai democratici di raccogliere fondi assai superiori a quanto avevano fatto quattro anni prima perché i singoli furono messi in condizione di donare anche cifre inferiori ai cento dollari. La pubblicità non ha tardato ad accorgersi del fenomeno ed oggi, secondo una ricerca di «Newsday», un blog popolare riesce ad incassare in pubblicità qualcosa come 48 mila dollari a mese e questo consente anche qualche agio a chi lo gestisce, visto che in genere vive nel proprio salotto di casa. Il successo si ripete anche lontano dalle coste americane: se la prima lingua del web è l'inglese e la seconda il cinese, la quarta è il persiano. In Iran vi sono almeno 60 mila blog e testimoniano la volontà di espressione di un popolo senza libertà, in maniera analoga a quanto avviene in Cina, dove i blog sono almeno 300 mila con 80 milioni di contatti al giorno. Nulla da sorprendersi se la nazione che più dà la caccia ai blog è la Nord Corea, ultima roccaforte dello stalinismo. Uno dei segreti della blogosfera sta nel fatto che «il vero potere sta nella coda» perché se è vero che i cento blog più visitati fanno miliardi di contatti il resto dei blog sommato raggiunge miliardi di miliardi di contatti ogni giorno. Sotto questo aspetto c'è qualcosa in comune con i libri: Amazon.com vende più volumi fra quelli che non figurano in cima alle classifiche di vendita.
Il peccato originale della riunificazione tedesca

Vittorio Mathieu

La Germania ha un Cancelliere dimezzato o, se preferite, un Cancelliere e mezzo. Non è una buona situazione. La “grossa coalizione” si risolve troppo facilmente in un inciucio, perché all’opposizione rimangono poche forze. E, allora, quel controllo reciproco che è il frutto più prezioso della democrazia va perduto.
Di chi la colpa? Non sembri presunzione attribuirla a Helmut Kohl. Non poteva non fare la riunificazione, ma doveva farla meglio. Così come è venuta ha indispettito tanto la Germania Est quanto la Germania Ovest. Le ragioni sono più di una, ma ne indicherò una soltanto: la finzione del cambio alla pari tra marco dell’Est e marco dell’Ovest. Finzione, perché limitazioni inevitabili furono poste al cambio effettivo, altrimenti chi avesse tesaurizzato (non era impossibile) grandi somme o crediti in marchi orientali avrebbe realizzato un enorme arricchimento illecito.
Lo scopo era non umiliare i nuovi cittadini dello Stato democratico: non fu raggiunto. Anzi, i tedeschi dell’Est persero il lavoro e la voglia di lavorare. I capitalisti dell’Ovest si impadronirono qualche volta di aziende a buon mercato, che però non riuscivano a far funzionare. La cautela contro decisioni del genere, in questioni di valuta, dovrebbe essere sistematica, a prescindere dalle singole circostanze. Quando si fissa un cambio arbitrario - o anche, per il momento, ragionevole – tra due monete, la più debole finisce col colare a picco e spesso trascina in parte anche la più forte (il caso del peso argentino e del dollaro è emblematico, ma anche quello dell’euro con la lira).
Se la moneta non è la stessa, o non si fonda su una base esterna (ad esempio aurea), il cambio o è libero, cioè affidato al mercato, o non è. Per contro le autorità monetarie presumono spesso di stabilire i cambi a loro arbitrio. Più competente era un cambiavalute della Costa d’Avorio, attivo fin verso l’ultima guerra mondiale, che era ancora in grado di cambiare i talleri di Maria Teresa. Parodiando un celebre titolo di De Musset potremmo dire: "on ne badine pas avec l’argent".

Berlusconi e i corollari della ricchezza. Sandra Giovanna Giacomazzi

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=241&id=4861&aa=2005

Il Cavaliere è "sceso in campo" per tutelare i propri interessi?

Il bipolarismo è figlio del Cavaliere. Davide Giacalone

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=241&id=4848&aa=2005

Riformisti-moderati di destra e di sinistra fate valere le vostre idee!

Il futuro dei laici della CdL. Arturo Diaconale

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=241&id=4847&aa=2005

Le prospettive future nella galassia del centro destra alla luce della legge elettorale proporzionale.

Leggetevi queste imperdibili poche righe di Christian Rocca:

In Italia almeno tre colpi di Stato negli ultimi 10 giorni
E Freedom House non dice niente?
Prima la proporzionale, poi la riforma costituzionale e da ieri anche la riforma dell'Università (che non so in cosa consista ma non può che essere positiva). La sinistra in 10 giorni ha gridato per tre volte al colpo di Stato, alla ferita alla democrazia e ha già abbandonato tre volte l'aula dicendo non-ci-gioco-più. Negli ultimi 5 anni credo ci siano stati una quarantina di colpi di Stato, quasi quanto i pareggi dell'Inter. E poi milioni di bambini poveri e di famiglie che non riescono più a comprare il latte anche se videochiamano con una strana sicumera.
Non è male il colpo di stato della proporzionale che, fino a due giorni fa, era l'idea di una buona parte dei partiti del centrosinistra. Il mio colpo di Stato preferito però è quello ex articolo 138 della Costituzione che sarà sottoposto a referendum il prossimo anno. Pensateci: si tratta del primo colpo di Stato al mondo che il popolo potrà o meno confermare con un voto. Fantastica, poi, l'accusa secondo cui la nuova riforma costituzionale sia "anticostituzionale" in quanto - che vergogna - cambia la Costituzione, proprio quella nostra. In questo quadro fosco c'è stato il trionfo della democrazia con le primarie, ove la scelta di candidare Prodi contro il Cav. è stata avversata da tenaci oppositori quali Scalfarotto e un'incappucciata. L'ipotesi Prodi ha vinto di misura: 99,5% a 0,5%, ma è il bello della democrazia.
26 ottobre

martedì 25 ottobre 2005

Il cambio dell’euro determina stagnazione o crescita

Carlo Pelanda

Tra i tanti indicatori di andamento economico delle nazioni, il “superindice” elaborato dall’Ocse è uno dei migliori per capacità di anticipare le tendenze. Questo sta segnalando l’inversione della stagnazione che colpisce l’Italia da un più di un biennio. Non solo per l’Italia, ma anche per la Germania. Sono dati positivi, ma sorprendenti perché né in Italia né in Germania vi sono state particolari manovre stimolative dell’economia. La seconda, anzi, è in preda all’incertezza politica per l’ipotesi di governo pasticciato o di ritorno alle urne. Quindi il giro di boa registrato dagli indicatori dipende da un qualche fattore poco influenzato dalle politiche nazionali. Quale?
Le analisi mostrano con chiarezza che vi è un’alta correlazione tra andamenti del valore di cambio dell’euro e crescita. Tale correlazione è più marcata per Italia e Germania perché sono due nazioni in cui l’esportazione ha una più alta incidenza sul Prodotto interno lordo (Pil). Cosa è successo? Quando, nel 2002, il dollaro ha iniziato a picchiare verso il basso e l’euro a prendere valori eccessivi in alto, le esportazioni si sono ridotte per perdita di competitività valutaria, cioè sul piano dei prezzi nei mercati che comprano in dollari. L’Italia ha ceduto qualcosa come il 25% della sua quota esportativa globale. La creazione dell’euro le ha tolto la competitività valutaria intraeuropea dal 1999 in poi. Le aziende italiane hanno reagito aumentando rapidamente la quantità di esportazioni verso l’area del dollaro, ma questo, crollando, ne ha tagliato i volumi. L’andamento del cambio, in sostanza, è il motivo principale della crisi competitiva italiana che ha causato la stagnazione. Controprova, quando il dollaro, all’inizio del 2005, ha cominciato a risalire, l’export italiano ha ripreso a tirare e, con esso, anche l’economia complessiva, pur lentamente. La Germania ha aumentato l’export anche nei momenti di cambio più penalizzante, ma in una misura non sufficiente a compensare l’andamento piatto, e periodicamente recessivo, degli investimenti e consumi interni. Ambedue le nazioni, mettendoci dentro anche il Giappone per similarità, mostrano lo stesso modello: il sistema economico interno è a crescita piatta per stagnazione demografica e troppi costi diretti ed indiretti del protezionismo sociale e pertanto il grosso della crescita potenziale è affidato alle esportazioni. Ciò rende tali Paesi molto dipendenti dal cambio. Poiché Italia e Germania fanno insieme circa il 50% del Pil dell’eurozona, e la seconda ha un effetto locomotiva, la loro stagnazione ha avuto una moltiplicazione intraeuropea che ha depresso l’intero sistema. Infatti l’eurozona è l’unica area del pianeta a non crescere mentre il mercato globale è in boom: questo è stato l’effetto dell’euro alto.
Tale analisi dirime una polemica tutta italiana: la sinistra dice che la nostra stagnazione è dovuta all’incapacità specifica del governo e questo ribatte che la crisi ha motivi esterni. Evidentemente ha ragione il secondo: non ha avuto grandi colpe per la stagnazione ora in via di soluzione. Ma non avrà grandi meriti per la ripresa. Il punto è che l’Italia, cedendo la sovranità monetaria, dipende massimamente da scelte esterne che non può influenzare. Questa consapevolezza dovrebbe trasferire le attenzioni dalle banalità politichesi alla “grande politica” che potrebbe portare eurozona e Stati Uniti a concordare un rapporto di cambio euro/dollaro meno penalizzante per la prima. Sarà possibile? Vedremo, ma il punto di sostanza è che con un cambio euro/dollaro 1 a 1 l’Italia potrebbe puntare ad una crescita del 2,8% nel 2006, la Germania di più trainando meglio anche noi e gli altri.
Cinque lezioni ed una morale

Ben Bernanke sostituisce Alan Greenspan alla Federal Reserve ed a noi tocca fare i conti con un sistema molto diverso dal nostro, comprendendone le indubbie efficienze e traendone qualche indicazione per il futuro. Cinque lezioni, ed una morale.
1. Greenspan era considerato “insostituibile”: alla guida della Fed da diciotto anni, protagonista di tempeste monetarie e crisi di mercato, ha pilotato tassi d’interesse e cambio del dollaro in modo da innescare un virtuoso circolo di sviluppo. E’ stato sostituito. Era naturale, era logico, era fisiologico. Nessuno è insostituibile e non esistono cariche a vita, nei sistemi democratici ed ove vige il diritto. Mettete a paragone questa scena con la pochade di via Nazionale, e traetene il dovuto sconforto. 2. Ben Bernanke, oltre ad essere professore a Princeton, è anche il capo dei consiglieri economici della Casa Bianca, è, insomma, a tutti gli effetti, un uomo del Presidente. S’immagini cosa succederebbe, in Italia, se fosse compiuta una scelta simile (ad esempio: il prof. Renato Brunetta governatore della Banca d’Italia). Apriti cielo, ed invece è un sistema del tutto razionale: sceglie chi è investito di un mandato popolare (il Presidente) e se sceglie male saranno i mercati a renderlo noto, a lui, all’intero Paese, ed al mondo. Se sceglie bene, invece, vuol dire che fra i suoi consiglieri aveva gente di livello, e sarà un suo ulteriore merito.
3. Bernanke deve la nomina al Presidente, ma quando s’insedierà sarà da lui del tutto autonomo. Così come dal suo successore. Alla scadenza del mandato potrà essere confermato o sostituito, ma nessuno potrà prima di allora attentare all’autonomia della Fed. L’enorme potenza degli strumenti che si ritrova fra e mani è compensata dalla durata limitata di ogni singolo mandato. Da noi, pur di durare in carica per l’eternità, si accetta di esercitare blandamente i già scarsi poteri. 4. Il nuovo capo della Fed ha cinquantatre anni. Da noi, a quell’età, sarebbe un debuttante.
5. Il professor Bernanke si è formato studiando la crisi del 1929 e lavorando sui provvedimenti anticiclici, destinati a combattere la debolezza del sistema produttivo. Al contrario di Paul Volcker, che dalla Fed combatté l’inflazione, Bernanke è un sostenitore delle politiche espansive. Ora, pur mettendo nel conto che una cosa sono gli studi ed altra la delicata funzione che gli è stata affidata, comunque ce n’è abbastanza per sapere che non si addolorerà se vedrà scendere il valore del dollaro, se il rapporto deficit/pil dovesse crescere (è attorno al 4%), se saranno acquisite quote di debito. Il che significa che il nostro sistema produttivo dovrà ancora fare i conti con un euro spropositatamente sopravvalutato, per giunta accompagnato da regole europee di bilancio che rispecchiano il timore dell’inflazione e sono impotenti innanzi ad un calo della produzione.
Morale della favola: Bernanke succede a Greenspan, a sua volta successore di Volcker e i due che hanno dato prova di sé sono stati promossi, dai mercati, con pieni voti; mentre noi europei abbiamo elaborato un sistema di politica economica senza governo, una specie di pilota automatico che si è formato intellettualmente (si fa per dire) all’epoca di Volcker e della minaccia inflattiva. Abbiamo detto al pilota automatico di fare attenzione al troppo caldo, ed ora che fuori gela, nel mentre lui si comporta come se sorvolasse i palmizi, la politica europea dorme in fusoliera. Qualcuno suoni l’allarme, please.
Davide Giacalone

Cinema e teatro se la sbrighino da soli. E' ora. Alberto Mingardi

http://www.brunoleoni.com/nextpage.aspx?codice=0000000945

I tagli della finanziaria alla cultura fanno male?

Il falso in bilancio e le Coop rosse. Livio Magnani

http://www.clubeconomia.it/articoli/articolo.php?id=380

La strada dei finanziamenti provenienti dall' URSS.

O i partiti o le primarie, uno dei due strumenti è di troppo. Christian Rocca

http://www.ilfoglio.it/uploads/camillo/primarievf.html

Le vere primarie spiegate da un esperto.

Sinistra divisa tra canea e Canossa. Paolo Del Debbio

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=38051&START=0

Legalità, Cofferati, Bertinotti e la governabilità della sinistra.

domenica 23 ottobre 2005

venerdì 21 ottobre 2005

"Voglio raccontarvi l'altro Irak". Gian Micalessin

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=37131

L'Irak raccontato da chi lo vive giorno per giorno.
PER DIFENDERE I PRIVILEGI DI CASTA
I SINDACATI SCENDONO IN SCIOPERO contro la finanziaria che vuole liberalizzare Caf e patronati

20 Ottobre 2005

Cgil, Cisl, Uil, che insieme alle altre organizzazioni sindacali hanno ottenuto nel 1998 dal governo Prodi la gestione in esclusiva delle denunzie dei redditi peri lavoratori, si dividono una torta di 640 milioni di euro l’anno. E l’Unione europea adesso dice “no”.

Pensavamo che i lavoratori in Italia scioperassero soltanto per difendere i loro interessi? Lo sciopero che Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato per il 25 novembre (quattro ore per tutte le categorie) non difende per nulla gli interessi dei lavoratori, ma unicamente quelli dei sindacati. Stipendiati e salariati pubblici e privati sacrificheranno il compenso di mezza giornata per tentare di non far perdere ai sindacati un bel gruzzolo di milioni di euro (molti miliardi delle vecchie lire) che percepiscono ogni anno dallo Stato e da Enti previdenziali.

Ammontano a 640 milioni di euro (1.240 miliardi delle vecchie lire) le somme incassate ogni anno dai sindacati con la gestione dei centri di assistenza e patronati che è stata loro affidata in esclusiva da una legge del governo Prodi nel 1998. Caf e patronati, come raramente i giornali ricordano (e alcuni non hanno mai scritto), costituiscono per loro i due più importanti serbatoi di approvvigionamento finanziario, dopo quello delle tessere sottoscritte dai lavoratori. Ai centri di assistenza che si occupano della compilazione delle dichiarazioni dei redditi dei lavoratori il ministero delle Finanze paga 15,12 euro per il modello 730 singolo e 29,74 per la dichiarazione congiunta, per un totale di 330 milioni di euro l'anno; mentre ai patronati, che assistono i lavoratori nei rapporti con enti previdenziali, l’Inps, l’Inpdap e l’Inail assicurano lo 0,226 per cento dei contributi obbligatori incassati, per un totale di 310 milioni di euro. E dunque, complessivamente, sono 640 milioni di euro l’anno, che vengono così ripartiti: il 25 per cento alla Cgil di Epifani, il 19 alla Cisl di Pezzotta, il 7 alla Uil di Angeletti ed il resto alle altre sigle sindacali.
E adesso, cosa accade? Accade che l’Unione europea (sulla base della “direttiva Bolkestein” che mira a liberalizzare servizi e professioni) non tollera monopoli del genere ed il governo italiano, adeguandosi alle disposizioni di Bruxelles, progetta di eliminare il generosissimo regalo del “business” della assistenza ai lavoratori fatto da Prodi ai sindacati prima che andasse alla Commissione europea. Come? Liberalizzando il servizio, ammettendo cioè alla spartizione della grossa torta anche altre organizzazioni e strutture fino ad oggi tagliate fuori, pubbliche e private, ed in grado di assicurare le stesse prestazioni a parità di condizioni.

“Basta con le concessioni in esclusiva: devono essere i lavoratori a scegliere la organizzazione dalla quale farsi assistere per la denuncia dei redditi ed i rapporti con gli enti previdenziali”, dice l’Unione europea del dopo-Prodi, ed il ministro italiano per l’Economia, Tremonti, è d’accordo. Solo che i sindacati non intendono rinunciare ai loro privilegi (neppure di dividere la torta con altri) e ordinano ai lavoratori di scioperare: contro il governo Berlusconi, naturalmente, non contro l’Europa.

Sono interessi cospicui, quelli che i sindacati di casa nostra difendono. Se il governo toglie loro dalle mani questi due preziosissimi serbatoi finanziari, dove trovano i soldi, Cgil, Cisl e Uil, per pagare pullman, navi e treni, quando Prodi e compagni ordinano “folle oceaniche” a Roma, Milano o Palermo per i loro comizi anti-Berlusconi? I sindacati servono anche (se non soprattutto) per questo. Chi l’ha detto che devono occuparsi soltanto degli interessi dei lavoratori?

Se ne occupano, certamente, ma in funzione politica. Ai dipendenti statali Prodi e compagni concedevano aumenti di 19 mila lire al mese ed i sindacati non fiatavano; Berlusconi ha offerto 200 mila al mese nel 2003 ed i sindacati hanno strillato che erano inaccettabili, addirittura un insulto ai lavoratori, rifiutandosi per due anni di chiudere la vertenza. Che è stata poi chiusa nella scorsa primavera, se ben ricordo, con l’aumento dei famosissimi 101 o 105 euro al mese che i sindacati, per le pressioni degli stessi lavoratori ma soprattutto per il timore di precipitare nel grottesco, hanno dovuto accettare.

Adesso si sono mobilitati tutti, i sindacalisti d’Italia, ed hanno mobilitato i lavoratori per difendere quella preziosissima esclusiva sulla torta. Come farebbero, poverini, a tirare avanti senza quei proventi? Possono mai dire al prof. Prodi, i sindacalisti Epifani, Pezzotta e Angeletti, di pagarseli lui i pullman, le navi, i treni, per riempire le piazze di Roma, Milano o Palermo quando fa i comizi e ordina le “adunate oceaniche” contro Berlusconi?

Gaetano Saglimbeni
Il Professore, il cilindro e il coniglio

Guglielmo Castagnetti


Romano Prodi non aveva ancora spento l’entusiasmo per il grande successo delle primarie e già il “perfido” Bruno Vespa lo richiamava alla realtà quotidiana della politica e dei suoi contenuti. Alle domande sul programma e sui crescenti costi dell’energia, il leader dell’Unione, ispirato, con gli occhi sbarrati e ostentando un solare compiaciuto sorriso, ha emesso la sentenza: la grande idea è il risparmio energetico. Spontaneamente la mente mi è andata allo spot di Bonolis e Laurenti con il Mago Merlino e l’invenzione de “a patata lessa”. Prodi, non potendo neppure pronunciare la parola nucleare, pena la scomunica dei Verdi, dei disobbedienti e della variegata compagnia no-global; non potendosi avventurare sulla strada dell’idrogeno o di altre rivoluzionarie ipotesi per non impaurire l’Enel e le grandi aziende monopolistiche dell’energia, se ne è uscito con la soluzione “nastri isolanti e stucchi alle finestre”. E voilà, il gioco è fatto: la serietà e l’affidabilità del programma di governo dell’Ulivo sono salvi.

Banche e banchieri di colore rosso. Arturo Diaconale

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=237&id=4758&aa=2005

La sinistra delle Banche e dei banchieri.

Il candidato giardiniere. Paolo Guzzanti

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=37128&START=0

Prodi va capito, decifrato o ignorato?

mercoledì 19 ottobre 2005

I foruncoli che tormentavano il sedere di Karl Marx. Massimo Teodori

http://www.massimoteodori.it/articoli/PRIMA-ottobre%202005.rtf

Marco Travaglio fa bene alla sinistra?

Zapa Beccaris e i miti della sinistra. Magna Carta

http://www.magna-carta.it/editoriali/2005_10_19_42951,57.asp

Zapatero e gli immigrati presi a fucilate.

Il venditore di sospiri. Maurizio Belpietro

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=36670&START=0

Il programma di Prodi.

Perdonali, non sanno di che cosa parlano. Christian Rocca

Oggi sul Corriere c'è un fenomenale articolo di Gianna Fregonara che racconta l'episodio grazie al quale Arturo Parisi "scoprì" le primarie americane. Seguite per bene: "Il successo di domenica non è stato improvvisato. Ha una storia lunga tredici anni e un protagonista assoluto: Arturo Parisi". Bene.
Il politologo "nel luglio 1992 si presentò a New York per assistere alle Primarie dei democratici". Eh? A luglio del 1992 le primarie democratiche erano già finite da mesi: dove diavolo andò il politologo? Continua il Corriere: "Parisi arrivò al Madison Square Garden per studiare il caso, ma nell'evento più blindato della politica americana, rimase senza badge e dunque fu gentilmente respinto all'ingresso". A parte la scena da Totò in trasferta all'estero, c'è un problema: quelle non erano le Primarie, che peraltro non sono affatto blindate, ma era la Convention nazionale del partito che si tiene a primarie concluse da tempo e a giochi fatti. Eppure continua il Corriere: "Parisi insistette e avventurosamente si procurò un biglietto di ingresso: si intufolò tra le delegazioni, ascoltò i discorsi, raccolse materiale, calcolò i tempi e i voti". Ma di che parlano? Da quando c'è un biglietto d'ingresso per le primarie. A che serve? E le delegazioni? Delegazioni di che? Era la Convention, appunto. Ancora: "E domenica sera ha potuto dire senza mentire che le primarie all'italiana quanto a partecipazione sono andate anche meglio di quelle americane". Be', se è per questo, quanto a partecipazione, anche le elezioni vere in Italia vanno meglio che in America. Ma la frase non ha alcun senso, soprattutto per un politologo che ha scoperto le primarie seppure solo tredici anni fa (e nel luogo sbagliato): c'è che in America le primarie non si tengono nello stesso giorno, ma nel corso di parecchie settimane o mesi. Negli Stati più grandi spesso si arriva a votare con i candidati già ritiratisi a causa delle sconfitte precedenti, quindi è abbastanza inutile votare (d'accordo, ammetto, è esattamente come nelle finte primarie dell'Ulivo). Straordinaria anche la notizia secondo cui, rosi dall'invidia, ora "tedeschi, francesi, spagnoli e, azzardano, persino i cinesi" arriveranno in Italia a studiare "il fenomeno primarie". I cinesi, sì i cinesi di Cina, dove la dittatura del partito unico comunista sarà rimasta molto male a scoprire che nel mondo c'è qualcuno più abile di loro a organizzare elezioni ininfluenti e con un solo concorrente.
18 ottobre

martedì 18 ottobre 2005

Le primarie dei vecchi e delle divisioni. Arturo Diaconale

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=235&id=4723&aa=2005

Il popolo dei trinariciuti accorso alle primarie.

C'era una volta il Regime dei Paradossi. E purtroppo c'è ancora. il Domenicale

http://www.ildomenicale.it/articolo.asp?id_articolo=438

Rai, censura e paradossi.

La società islamica tra Stato e mercato. Carlo Lottieri

http://www.brunoleoni.com/nextpage.aspx?codice=0000000931

L'Islam visto anche dalla parte dei musulmani.

Osservatorio Romano. Christian Rocca

http://www.ilfoglio.it/uploads/camillo/osservatorioromano.html

Sergio Romano e la guerra in Iraq.

lunedì 17 ottobre 2005

L'abbaglio democratico. Renzo Foa

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=36227

Considerazioni sulle elezioni primarie del centrosinistra.

In realtà Prodi è di madrelingua comunista. Riccardo Meynardi

http://www.ragionpolitica.it/testo.3993.html

Prodi parla molto, ma non dice nulla.

Quale storia per gli italiani? Stefano Doroni

http://www.ragionpolitica.it/testo.3985.html

E' ora di raccontare la storia non solo dalla parte dei vincitori.

La vittoria possibile. Gianni Baget Bozzo

http://www.ragionpolitica.it/testo.3999.html

Con la nuova legge elettorale il centrodestra riprende il cammino verso la vittoria.

venerdì 14 ottobre 2005

Donne, la battaglia va combattuta all'interno dei partiti. Tiziana Maiolo

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=35524&START=0

Ancora a proposito delle quote rosa nelle elezioni.

Quella spietata caccia ai "vinti". Pasquale Squitieri

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=35525

Il nuovo libro di Pansa e la vecchia polemica antifascista.

Deficit olimpici. Paolo Granzotto

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=35482&START=0

I buchi di bilancio delle Olimpiadi invernali di Torino.

giovedì 13 ottobre 2005

Buon compleanno, Mrs. Thatcher. Giancarlo Pagliarini

http://www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=48806,1,1

La carriera politica della Lady di ferro.

Ce ne vorrebbe un'altra. Alberto Mingardi

http://www.brunoleoni.com/nextpage.aspx?codice=0000000919

Auguri di buon compleanno a lady Thatcher.

Una lezione per l'Unità. Fondazione Magna Carta

http://www.magna-carta.it/editoriali/2005_10_13_40718,74.asp

Marcello Pera e l'Islam moderato.

Il grottesco rifiuto di Veronesi. Gianluigi Da Rold

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=231&id=4638&aa=2005

Veronesi ha rifiutato o è stato rifiutato?

E' Berlusconi l'asse portante del sistema. Pietro Di Muccio

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=231&id=4637&aa=2005

Comunisti, Berlusconi e la Terza Repubblica.

Il lavoro e la campagna elettorale. Giuseppe Pennisi

http://www.clubeconomia.it/articoli/articolo.php?id=377#alto

Precariato, flessibilità, ed aumento dell'occupazione.

Socialismo più cristianesimo per battere Bush. Maurizio Molinari

http://www.mauriziomolinari.org/it/article_view.asp?IDarticles=131

Il vero volto del leader venezuelano Hugo Chavez.

Il recinto. Paolo Guzzanti

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=35242&START=0

Considerazioni sulla quota "rosa" riservata alle donne nelle liste elettorali.

L'Europa degli americani. Massimo Teodori

http://www.massimoteodori.it/articoli/584-Europa%20degli%20americani%20(Salvadori).rtf

Considerazioni e storia del rapporto tra America ed Europa.

mercoledì 12 ottobre 2005

La riforma messa alla gogna. Geronimo

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=35011

Considerazioni sul proporzionale.

La sinistra malata di "maccartismo". Arturo Gismondi

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=35046

La Babele della sinistra e la discriminazione.

Non guarda in faccia (a) nessuno. Filippo Facci

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=35015

Di Pietro e i suoi tanti (ex) amici.

martedì 11 ottobre 2005

La favola di Bastiat della "vetrina rotta". Henry Hazlitt

http://www.liberanimus.org/art.favola.htm

Una storiella per capire una regola dell'economia.

Lezione tedesca. Davide Giacalone

http://www.davidegiacalone.it/index.php/politica/lezione_tedesca

Il dopo voto in Germania e la governabilità.

Il peso dell'euro. Carlo Pelanda

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=34748&START=0

Euro, dollaro e svalutazioni competitive.

L'Australia dichiara gli scioperi fuorilegge. Gabriele Villa

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=34754&START=0

Loro sono avanti anni luce...

lunedì 10 ottobre 2005

Riciclaggio?Che spreco! Giorgio Bianco

http://www.ragionpolitica.it/testo.3951.html

Riflessioni su riciclaggio, discariche e termovalorizzatori.

Doppiopesismo alla Zapatero. Stefano Magni

http://www.ragionpolitica.it/testo.3965.html

C'è muro e muro, profughi e palestinesi.

Riflettendo sulle pensioni. Carlo Cerofolini

http://www.ragionpolitica.it/testo.3952.html

Privilegi&sprechi: ancora una volta spuntano i sindacati.

Contro la sinistra.In preparazione al 2006. Raffaele Iannuzzi

http://www.ideazione.com/quotidiano/3.economia/2005/2005-10-06_buzzacchera.htm

Appunti per una campagna elettorale vincente.

Dubbi legittimi sullo sciopero. Tiziano Buzzacchera

http://www.ideazione.com/quotidiano/3.economia/2005/2005-10-06_buzzacchera.htm

Lo sciopero è un diritto?

Le due repubbliche del lavoro. Vittorio Macioce

http://www.ideazione.com/quotidiano/6.altro/2005/2005-09-22_rivista_macioce.htm

Cambia il lavoro,aumentano le opportunità ma anche i rischi.

Che Guevara non studiò a Parigi. Vincenzo Merlo

http://www.ragionpolitica.it/testo.3246.html

Tanto per aprire gli occhi a chi sventola la bandiera del Che.

Il business intoccabile dei sindacati. Mario Talamona

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=34540

Finalmente qualcuno rompe un tabù...

mercoledì 5 ottobre 2005

Comunicato del Cdr e Disgustoso sarà lei. il Riformista

http://www.ilriformista.it/documenti/testofree.aspx?id_doc=48595

Cofferati,l'ultrà della "legge Biagi". Stefano Filippi

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=33340&START=0

Carceri cubane,la censura corre sul web. Stefano Magni

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=224&id=4465&aa=2005

Antiterrorismo,i no global sono surreali. Davide Giacalone

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=224&id=4449&aa=2005

La rivolta dei sindaci irresponsabili. Arturo Diaconale

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=224&id=4448&aa=2005

Ciampi e la Costituzione. Davide Giacalone

Leggi da Davidegiacalone.it

Una cura choc per la Ue. Giulio Tremonti

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=33321

Il proporzionale smaschera Prodi. Gianni Baget Bozzo

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=33366&START=0

Revival di piazza. Mario Cervi

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=33323&START=0

Il complesso dei migliori. Renzo Foa

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=33320&START=0

La Cassazione dà torto alla Forleo. la Stampa

http://www.radicali.it/view.php?id=42592

lunedì 3 ottobre 2005

Ecocatastrofismo. Antonio Martino

http://www.brunoleoni.com/nextpage.aspx?codice=0000000895

Taradash:Parte il progetto laico-radicale nella Cdl. Barbara Alessandrini

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=221&id=4415&aa=2005

Gheddafi e il pelo di Prodi. Arturo Diaconale

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=221&id=4409&aa=2005

Quell'amore sospetto per le regole del mercato. Nicola Porro

http://www.ideazione.com/quotidiano/6.altro/2005/2005-09-22_rivista_porro.htm

Marcello Pera:"I liberali non abbiano paura della tradizione". Giovanni Orsina

http://www.ideazione.com/quotidiano/6.altro/2005/2005-09-22_rivista_orsina.htm

Onorevoli clandestini. Vittorio Sgarbi

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=32872

La concorrenza fa bene.Anche fra i farmacisti. Tiziano Buzzacchera

http://www.ragionpolitica.it/testo.3923.html

In Italia è pericoloso essere riformisti. Francesco Pasquali

http://www.ragionpolitica.it/testo.3945.html

All'Islam favori,livore per la Chiesa. Stefano Doroni

http://www.ragionpolitica.it/testo.3935.html

Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori di Luca Ricolfi. Francesco Natale

http://www.ragionpolitica.it/testo.3936.html

La rivolta degli scienziati-travet. Stefano Zecchi

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=32661