Condividiamo quindi l'amara conclusione di Ricolfi: «Oggi, chi avrebbe voluto cambiare decisamente rotta, lasciandosi alle spalle la vecchia classe politica, imboccando risolutamente la strada delle riforme liberali - meno spesa, meno tasse, meno Stato - è disperatamente solo. E, quel che più dispiace, è solo non perché siamo in pochi, ma perché siamo in tanti ma senza rappresentanza».Come nella prima Repubblica, gli elettori torneranno a contare poco o nulla, «perché i giochi si faranno dopo, in Parlamento, come ai tempi di Craxi, Forlani e Andreotti». In breve, per chi non crede più in Berlusconi e non intende consegnarsi all'improbabile agenda Grillo, «la scelta è fra Pci e Dc. Anzi non c'è vera scelta, perché Bersani e Monti governeranno insieme». Come ho già scritto nel post di venerdì scorso, Monti «ha scelto un'operazione neo-democristiana di rito moroteo, di "compromesso storico" con gli eredi del Pci. I quali non vedono l'ora di coronare il loro sogno, che era quello di sostituirsi ai socialisti e ai partiti laici della Prima Repubblica nella condivisione/spartizione del potere con la Dc. Oggi ne hanno finalmente l'occasione, addirittura potendo trattare da forza egemone con una piccola Dc». Critiche all'agenda del professore, in particolare sul riferimento ad una nuova tassa patrimoniale, continuano ad arrivare anche dal duo Alesina/Giavazzi: «La campagna elettorale sembra concentrarsi su quale sia il modo migliore per tassare gli italiani. Invece si dovrebbe discutere di come riformare lo Stato, in modo che esso non pesi per la metà del Pil. (...) l'agenda che Mario Monti propone agli italiani avrebbe dovuto indicare un obiettivo per la riduzione del rapporto fra spesa pubblica e Pil da attuarsi nell'arco della prossima legislatura». (Il legno storto) |
mercoledì 2 gennaio 2013
2013: bentornati nella Prima Repubblica. Federico Punzi
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