martedì 16 febbraio 2016

Pil e contropil. Davide Giacalone


A forza di annunciare e lisciare il pil irreale è arrivato il contropil brutale. Correggendo i dati con il calendario, la crescita del 2015 s’inchioda allo 0.6%. Hai voglia a dire che non ci si deve attaccare agli zerovirgola, quel dato dice che non è nemmeno vero che siamo usciti dalla recessione. E’ vero, infatti, dal punto di vista formale, ed è un bene, naturalmente, ma tolto l’effetto espansivo della politica monetaria, praticata dalla Banca centrale europea, resta un misero 0.1%. La crescita, inoltre, è andata costantemente rallentando nel 2015, sicché questo si riflette sull’anno in corso, avvertendo che i dati posti a fondamento dei conti pubblici devono essere rivisti. Non serve a nulla buttarla in caciara, gonfiare le gote e sperare di far credere ai beoti che la colpa è sempre di qualcun altro. I dati urlano che si deve cambiare strada.

Quello 0.1% di crescita l’abbiamo arpionato nell’anno in cui la spesa pubblica è cresciuta, anche mettendo soldi nelle buste paga di molti lavoratori. Nel conto, insomma, ci sono anche gli 80 euro, come ci sono i centomila assunti nella pubblica amministrazione, la decontribuzione per i nuovi contratti di lavoro (gennaio 2015) e il jobs act (marzo 2015). I posti di lavoro creati con la decontribuzione sono costati 150mila euro a lavoratore. Già il costo di tutta questa roba, che una volta iniettato nel mercato si contabilizza nel prodotto interno lordo, supera quel superstite 0.1% non dovuto alla Bce. Quindi, anche senza sottrarre l’effetto del basso costo del petrolio e del deprezzamento dell’euro, il saldo è recessivo.

Quel che ha veramente fatto crescere il pil, invece, senza effetti botox e silicone, sono le esportazioni. Su questo fronte solo il più favorevole cambio dell’euro è stato d’aiuto, per il resto si deve tutto al lavoro di 20mila aziende, cui se ne sommano altre 60mila, esportatrici meno assidue. Se si governasse la spesa pubblica avendo in mente i bisogni di quel mondo, l’Italia andrebbe assai più forte, invece la si amministra nell’intento di cambiare il meno possibile e lucrare elettoralmente il più possibile. Non si tratta di una condotta riprovevole perché egoista, ma perché cieca. Quei dati dell’Istat sono la contabilizzazione di quel che qui non ci siamo stancati di ripetere: si sta buttando via il tempo che la Bce compra. Un anno se ne è andato, con i risultati che si vedono. Il secondo è appena cominciato, con una previsione di crescita che, al momento, non è alla portata della realtà.

Il cavallo potrebbe essere frustato, ma la dottrina in voga consiste nel frustare il ciuco morto. Al governo sono convinti che la spesa pubblica sia in grado di spingere i consumi, perché basta mettere dei soldi in più nella busta paga e il destinatario correrà a spenderli. Calcolo sbagliato, primo perché i soldi messi in busta, senza che corrisponda un pari (meglio se superiore) incremento di produttività, comportano un impoverimento del pagatore. Se si tratta dello Stato (è sempre quello, del resto), comporta un impoverimento collettivo. Secondo, perché le mamme che trovano 80 euro in più non corrono a spassarsela, come suppose il governante che mai lavorò nella vita, ma risparmiano. Mentre i bonus a cappero, vuoi per la cultura vuoi per il compleanno, aumentano la spesa aumentando anche l’idea che ci sia ancora ciccia da portare via, rendite da conquistare, liquidi da ciucciare. Inducendo a tutto, insomma, tranne che a lavorare e/o rischiare. Sono frustate al ciuco morto.

Mentre il mondo produttivo lo si lascia a soffrire, magari osservando, con il fare falso colto e il dire dell’incolto, che “il cavallo non beve”. Ovvero: il credito ci sarebbe, ma non lo prendono. Perché le banche hanno bisogno di sicurezze, che chi galoppa e suda non riesce a dare, e perché il cavallo è stato legato al ramo alto dell’albero burocratico e fiscale: all’acqua non ci arriva, sicché non bene pur soffrendo l’arsura. Togliete le briglie a quel cavallo, dategli le frustate riservate al somaro trapassato, e anche il numero del pil si muoverà in maniera meno impercettibile.

Ma chi glielo spiega ai cultori dei bonus a nulla? E’ così bello governare illudendo i diciottenni che si abbiano dei diritti a riscuotere sol perché si è nati diciotto anni prima. E i conti che non tornano? Poco male, si dirà al volgo che il rigore europeo ci sta strangolando. Che, se fosse vero, almeno mi farebbe passare la voglia di farlo io.

www.davidegiacalone.it


Nessun commento: