La
risposta negativa è assolutamente ovvia.
Ma la domanda non è provocatoria
poiché è proprio sulla incredibile negazione di questo assunto che il Tribunale
di Milano prima e la Corte di Appello poi, recependo in maniera acritica
l’assurda tesi della Procura di Milano, con pervicacia accusatoria che connota
da sempre l’agire a Milano nei confronti del Presidente Berlusconi, ha aperto e
trascinato per anni un inverosimile procedimento fondato sul nulla.
Tale
processo, convenzionalmente denominato “diritti Mediaset”, è basato su una
ipotesi accusatoria così assurda e risibile che in presenza di giudici non
totalmente appiattiti sull’accusa e davvero “super partes”, sarebbe finito
ancor prima di iniziare, con grande risparmio di tempo per i magistrati e di
denaro per i contribuenti.
Basti
pensare che una sola delle molte inutili consulenze contabili ordinate dalla
Procura è costata ai cittadini quasi tre milioni di euro.
Non
è azzardato ipotizzare che tra consulenze, rogatorie ed atti processuali questa
vicenda sia già costata allo Stato una ventina di milioni di euro.
Veniamo ai fatti.
Il
gruppo televisivo fondato da Silvio Berlusconi era ed è uno dei principali
acquirenti di diritti televisivi al mondo.
Una
piccola parte, di questi diritti (da 30
a 50 milioni di dollari, sul totale di quasi 1 miliardo di dollari acquistati
annualmente) veniva acquistata ogni anno da tale Frank Agrama, un imprenditore
americano che operava ed opera nel settore diritti da oltre 40 anni.
Agrama,
grazie ai suoi rapporti di amicizia con il Presidente della Paramount, Bruce
Gordon, godeva di una sorta di esclusiva per la vendita dei prodotti Paramount
sui mercati europei ed otteneva dalla stessa Paramount prezzi e condizioni
particolarmente favorevoli.
Secondo
alcune testimonianze, Frank Agrama e Bruce Gordon erano soci.
Agrama
acquistava ogni anno da Paramount l’intera produzione dei film e delle fiction
e poi li vendeva, singolarmente o a pacchetti, ai vari operatori europei
assumendo su di sé il rischio dell’acquisto globale della produzione Paramount.
Fininvest
prima e Mediaset poi, per acquisire i prodotti Paramount, tra i migliori sul
mercato americano, dovevano quindi, necessariamente, trattare sempre e solo con
Agrama.
A
conferma di questo un nuovo amministratore di Mediaset cercò di aggirare questa
situazione trattando direttamente con Paramount. Il risultato fu che,
quell’anno Paramount cedette tutti i suoi prodotti alla RAI anziché a Mediaset.
I
magistrati milanesi non si arrendono a questa realtà e ipotizzano addirittura
che la causa dell’esclusiva di Agrama sarebbe stato il fatto che Silvio
Berlusconi sarebbe socio occulto di Agrama e che avrebbe diviso con lui gli
utili delle vendite Paramount.
Risulta invece incontestabilmente
dagli atti che:
A) Silvio Berlusconi ebbe a
conoscere il signor Agrama (due o tre incontri soltanto) agli albori della TV
commerciale negli anni ’80 non avendo avuto successivamente alcun rapporto con
lui.
B) Dai conti correnti di Agrama
sequestrati dai PM milanesi si evince incontestabilmente che tutti i guadagni
provenienti dall’attività commerciale di Agrama sono rimasti nella sua
esclusiva disponibilità e che mai somma alcuna è stata trasferita a Silvio
Berlusconi.
C) Nel corso degli anni, Agrama
ebbe a versare ad alcuni dirigenti di Mediaset ingenti somme di denaro in
“nero” (in un caso addirittura 4 milioni e mezzo di euro) per far sì che l’azienda acquistasse l’intera produzione annuale di Paramount.
D) Tutti i testimoni ascoltati
hanno categoricamente escluso che Silvio Berlusconi si fosse mai occupato
dell’acquisto di diritti televisivi.
E) Tutti i testimoni hanno
confermato che dal gennaio 1994, data della discesa in campo nella politica,
Silvio Berlusconi dopo essersi dimesso da ogni carica, si è totalmente distinto
ed allontanato dalle aziende da lui fondate.
E’
evidente quindi che Silvio Berlusconi, che era proprietario al 100% di Mediaset
e che anche dopo la quotazione in borsa ne era il principale azionista e il
principale beneficiario degli utili, mai avrebbe avuto interesse ad acquistare
prodotti Paramount in eccedenza rispetto alle esigenze di Mediaset per poi
dividere una piccola parte dell’utile con Agrama e mai avrebbe acconsentito al
pagamento di tangenti in “nero” a propri dirigenti per agevolare Agrama.
Gli
sarebbe stato sufficiente una semplice telefonata ai suoi sottoposti per
ottenere l’acquisto dei diritti esitati da Agrama senza che questi dovesse
pagare alcuna tangente, secondo l’accusa per il 50% di pertinenza di
Berlusconi.
Sorge
evidente una domanda: quale imprenditore avrebbe continuato a mantenere come
responsabili dell’Ufficio acquisti, (un ufficio che trattava i prezzi e
acquisiva annualmente venti volte il pacchetto dei diritti Paramount e cioè
“diritti” per quasi un miliardo di dollari all’anno,) dei dirigenti corrotti
che pensavano al loro interesse e non a quello dell’azienda, che anzi avrebbero
potuto procurare ingenti danni patrimoniali all’azienda?
La
risposta è assolutamente scontata: nessun imprenditore con la testa sulle
spalle, avrebbe mai tollerato per più di un minuto la permanenza in azienda di
tali personaggi.
Ancora:
il Collegio del Tribunale di Milano, era presieduto dal dott. D’Avossa, giudice
già ricusato poiché in altro processo riguardante proprio il Gruppo Fininvest
si era espresso affermando che era fatto notorio che in tale gruppo si utilizzassero
fondi “neri” ed aveva perciò condannato i dirigenti imputati, che poi furono
invece assolti in Appello e in Cassazione per insussistenza dei fatti.
Ancora:
la Presidente della Corte d’Appello che ha incredibilmente confermato la
sentenza di condanna del Tribunale aveva manifestato pubblicamente la sua
disapprovazione nei confronti del Governo Berlusconi.
Ancora:
i fatti ipotizzati dall’accusa sarebbero accaduti nella prima metà degli anni
‘90 e quindi sono risalenti nel tempo di oltre 20 anni.
La Magistratura,
anziché prendere atto dell’intervenuta prescrizione ha invece, con tesi
assolutamente pretestuosa, sostenuto che la compravendita dei diritti aveva
continuato a produrre i suoi effetti in tutti gli esercizi di bilancio in cui
gli stessi diritti avevano trovato
utilizzazione, ancorché fossero stati integralmente pagati all’epoca dei
contratti primigenii risalenti agli anni ’90 ed interamente ammortizzati nei
bilanci aziendali.
Questi i
teoremi accusatori che sono stati protratti all’infinito solo per poter arrivare
a condannare il nemico ideologico e politico Silvio Berlusconi.
Ma
ciò che rende ancor più assurda tutta questa vicenda è rappresentato dal fatto
che i magistrati milanesi, contro ogni logica, non hanno tenuto conto di due
precise sentenze della Corte di Cassazione, che con decisioni passate in
giudicato hanno statuito l’insussistenza di quei fatti e comunque l’estraneità
di Silvio Berlusconi alla gestione di Mediaset proprio negli anni in questione.
In
qualunque altra sede giudiziaria, dunque, a fronte di decisioni consimili si
sarebbe doverosamente ed immediatamente pervenuti ad una sentenza più che
assolutoria. Ma eravamo a Milano.
9 luglio 2013
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