giovedì 20 febbraio 2014

Disonestà fiscale. Davide Giacalone


Dai bonifici che si ricevono dall’estero ai pannelli solari da accatastare, il satanismo fiscale parte dal principio che siamo tutti dei disonesti, salvo che non si sia in grado di dimostrare il contrario. Sembra cattiveria, invece è stupidità frammista a incapacità, in una miscela che fa dello Stato il primo disonesto.

Se lavoro per un cliente che ha sede all’estero e quello mi paga mediante bonifico è ovvio che devo pagarci le tasse, come è ragionevole supporre (a meno che non si sia degli sprovveduti incoscienti) che il trasferimento sia avvenuto a seguito di fattura, per sua natura fiscalizzata. Ma ora, in virtù della legge 97 del 2013, il fisco dice che l’intermediario finanziario (la banca) deve agire da sostituto d’imposta e prelevare il 20%, a titolo di acconto (come sulle normali fatture Italia su Italia, in cui è il soggetto pagatore a far da sostituto d’imposta). A quel punto la banca preleva il 20% su tutto, anche sui bonifici con cui gli emigranti sostengono le famiglie, o sull’omaggio di un nipote alla nonna. Siccome si tratta di trasferimenti non sottoponibili a prelievo fiscale, ove si voglia evitarlo si deve fornire la documentazione che attesti di non essere degli evasori. E già questo è abominevole.

Ma non basta, perché nell’autocertificare che non sei un evasore devi anche produrre non solo i riferimenti alle leggi sulle quali basi la pretesa d’essere una persona onesta, ma anche allegarne copia. E se la banca avrà dei dubbi procederà ugualmente al prelievo, salvo il diritto del cittadino di chiederne la restituzione. A quel punto, però, non solo dovrà perdere del tempo, nel mentre il suo denaro resta in mani altrui, non solo nessuno gli riconoscerà il danno e gli interessi, ma dovrà pregare di non avere sbagliato a collezionare le leggi, per presentarle allo Stato che le emette, giacché, in quel caso, potrebbero anche dargli torto. Quindi, per non pagare il non dovuto si dovrà pagare il commercialista e l’avvocato, in un delirio cartaceo che ridicolizza tutte le agende digitali dell’universo.

Ma, si dirà, tutto questo serve a scovare gli evasori. Ne scoveranno solo la parodia. Intanto perché fatemi conoscere gli evasori che incassano i soldi mediante bonifico. Poi perché, se si vuole sfuggire ai controlli, esistono sistemi meno loffi (il fisco provi a pedinare gli immigrati in Italia, che spediscono a casa più di quel che formalmente guadagnano, mediante società per il trasferimento di denaro o usando carte ricaricabili). Infine perché incentivare le rimesse degli emigranti sarebbe un interesse, non un male da combattere. Morale: presunzione d’evasione, persecuzione fiscale, aggravio di burocrazia, gettito aggiuntivo basso, e in gran parte dovuto a rapina.

Dopo avere votato la legge, in un Parlamento che se le fa scrivere e non le legge, l’Agenzia delle entrate e il ministero dell’economia si sono accorti della superba corbelleria, talché, ieri, hanno emanato una circolare e sospeso l’attuazione fino al primo di luglio. La legge resta in vigore, ma congelata. Da dove prenda legittimità una simile decisione è misterioso. Ma non basta, perché per giustificare la vergognosa, e a sua volta illegale, marcia indietro hanno fatto riferimento agli accordi internazionali già esistenti, relativi alla lotta all’evasione fiscale. Peccato fossero esistenti anche ad agosto, sicché all’oltraggio s’aggiunge il mendacio.

Ora andiamo sul tetto, da dove verrebbe voglia di buttare giù chi si fa venire idee di questo tipo. Hanno fatto di tutto per convincervi a metterci i pannelli fotovoltaici, che sono costati e costano (esageratamente) a tutti i contribuenti e a tutti i pagatori di bollette. Ora che li avete messi vi dicono: dovete accatastarli e pagarci l’Imu. Come se fosse stata una vostra idea speculativa, da profittatori di regime. Però, a ben vedere, l’obbligo esisteva già, ma non per le famiglie, per gli impianti produttivi. Cosa cambia, allora? Cambia che, come per i bonifici, si parte dall’idea che si sia tutti imbroglioni, tutti evasori e tutti produttori abusivi d’energia elettrica. Ove, invece, abbiate solo messo un pannello per lo scaldabagno, quindi sotto i 3 kW, e se la rendita dell’immobile non aumenta più del 15%, allora continuate a non dovere fare niente. Solo che per dimostrarlo dovete produrre la solita montagna di documentazione, sperando di non sbagliare e che sia letta. Per tutti gli altri, ugualmente incentivati, cresce la tassazione, che assume le vesti di un vero e proprio imbroglio: ti induco a fare quel che poi passerò a maggiormente tassare. Intanto abbiamo favorito l’acquisto di pannelli fatti in Cina. Geniale.

Il tutto avviene nel mentre si blatera di semplificazione e diminuzione della pressione fiscale, in realtà organizzando degli autentici sabba dell’allegato e dello slealmente dovuto. Chi ha organizzazione e supporti professionali ne sentirà solo il fastidio, mentre i poveri diavoli che mandano a casa i soldi sudati (e già tassati), o che pensavano di risparmiare facendo i solari, si troveranno nel loro ambiente di riferimento: all’inferno.

Pubblicato da Libero

venerdì 14 febbraio 2014

Fine del ventennio Antiberlusconiano. Salvatore Tramontano


Il Pd prende tutto. Benvenuti nel partito-Stato. In quella variante di moda del poker chiamata Texas hold'em l'azzardo, con rilancio di Renzi, si chiamerebbe all in. E non c'è dubbio che ci voglia coraggio. Fatto sta che la mossa è ai limiti della democrazia. Con una semplice direzione di partito il segretario fiorentino apre la crisi di governo, manda a casa il premier, decide da solo chi farà parte della nuova maggioranza, indica come e dove cambiare la Costituzione, sceglie i ministri e blinda la legislatura fino al 2018. Tutto questo senza neppure mettere piede in Parlamento e con lo scrupolo di facciata di non poter andare al voto: «Sarebbe stato opportuno, ma non ci sono le condizioni». Stop.
La fortuna di Renzi è che tutti erano ossessionati dal marcare Berlusconi. Pensate cosa sarebbe accaduto se una mossa del genere l'avesse fatta il Cavaliere: padrone dell'Italia, dittatore, autocrate, uno che tratta il Paese come se fosse un'azienda personale. Avremmo visto in piazza i nuovi resistenti, intellettuali piangenti avrebbero annunciato che l'ultima speranza era trasferirsi in massa all'estero (il modo migliore per far saltare gli accordi di Schengen). Gli autorevoli quotidiani e magazine tedeschi, inglesi, francesi, liberal a stelle e strisce avrebbero parlato di colpo di Stato. Ma Renzi non è Berlusconi. È un ex ragazzino che ha spiazzato tutti. La sua forza è che nessuno lo considerava credibile. Non solo. Gli va riconosciuto che non ha paura di bruciarsi. A questo treno di riforme ci crede davvero, e non si fa tanti scrupoli a rispettare la prassi di una politica che da tempo si incarta su se stessa. Renzi ha avuto lo spazio per agire e la sfrontatezza di non preoccuparsi delle conseguenze di quello che fa. Se c'è qualcosa da rompere, rompe. Lo sta facendo anche con il suo partito. Lo ha buttato per terra e fracassato. La direzione di ieri non è stata solo l'azzardo di un uomo, ma lo psicodramma di un partito, di una classe dirigente, di un popolo profondamente conservatore, se non addirittura reazionario. Renzi ha rottamato la sinistra che voleva rottamare Forza Italia. Ha messo fine al ventennio. Antiberlusconiano. Il Pd non ha la forza di combattere Renzi. Non lo ama, ma sa che senza di lui non solo deve rassegnarsi alla sconfitta, ma probabilmente non ha neppure un'idea su dove andare. Il Pd ossessionato dal Cavaliere non aveva più una politica. Renzi gli ha detto che si può andare oltre. Il rischio che si bruci resta altissimo, ma perlomeno ha dimostrato che si può non avere paura del futuro. Come Berlusconi.

(il Giornale)

 

giovedì 13 febbraio 2014

Processo al Parlamento. Davide Giacalone


C’è un nesso fra il processo in corso a Napoli e l’instabilità politica che si trascina da anni, in queste ore capace di dilaniare il Partito democratico e sfarinare l’ennesimo governo. Un nesso che non si vede solo a patto di coprirsi gli occhi con il fanatismo. A Napoli si procede penalmente, con la pretesa di punire la compravendita di senatori. La sola ipotesi che un reato simile possa essere contestato dovrebbe suscitare lo scandalo istituzionale e giuridico. Così come, del resto, il fatto che degli eletti cambino schieramento per convenienze personali è giusto crei scandalo politico e morale.

E’ vero che esistono esempi, nella storia e nelle diverse democrazie, di cambi di casacca con nobili intenti e risultati positivi. Ma è più facile e frequente che si tratti di opportunisti, trasformisti e avanzi di politicantismo. Nel caso specifico, quando un drappello di pretesi “responsabili” soccorse il governo di centro destra, appena reduce da una scissione della propria maggioranza, qui scrivemmo che si trattava di un errore. Sia pure con l’attenuante che il presidente della Repubblica rifiutava di aprire la più logica e pulita via d’uscita: le elezioni anticipate. Ma questo è il ragionamento politico. Prevale, ora, quello istituzionale e giuridico.

Il solo fatto di potere contestare il trasloco interessato di parlamentari, quindi il solo fatto che l’autorità giudiziaria possa entrare nel vivo della vita parlamentare e valutare la legalità dei voti espressi, è sufficiente a dichiarare morta la democrazia parlamentare. Ove mai le presidenze delle Camere, così come tutti i gruppi parlamentari, a cominciare da quelli non direttamente coinvolti, avessero una sia pur pallida idea della dignità politica e della libertà parlamentare, ci si sarebbe dovuti attendere una sollevazione. Invece il silenzio s’accompagna al compiacimento. Vado oltre: fra i poteri costituzionalmente elencati del presidente della Repubblica, non a caso collocato a capo degli ordini da considerarsi subordinati al potere legislativo ed esecutivo, c’è quello di sorvegliare la permanenza dell’equilibrio fra i poteri, sicché sarebbe stato opportuno sentire l’alto monito del Colle. Invece si sentì solo relativamente a una propria testimonianza, cosa che lo indusse anche a consultare la Corte costituzionale. Per gli altri poteri, evidentemente, non si ha eguale sensibilità.

La Costituzione prevede esplicitamente l’assenza di ogni vincolo di mandato, quindi ammette, senza equivoci, che ciascun parlamentare non solo non ha legami indissolubili con il proprio elettorato (che, del resto, non conosce), ma neanche con il proprio gruppo parlamentare o partito. E’ la Costituzione a prevedere che i governi prendano la fiducia nelle due Aule, dovendosi raccogliere il voto di ciascun parlamentare, non la sommatoria degli iscritti ai vari partiti. E’ la Costituzione, pertanto, a tutelare la libertà di ciascun eletto, che, di volta in volta, può votare o negare la fiducia. Ciò non toglie che se un eletto con l’opposizione poi si converte al convento governativo, chi lo ha sostenuto, candidato o eletto ha il metaforico diritto di sputargli in un occhio. Ma se la faccenda si sposta in tribunale a perdere la libertà non è l’imputato, ma il Parlamento. Se i partiti che elessero i trasformisti (quindi i responsabili del prodotto) si costituiscono parte civile, il processo diventa politico e alla politica. Addio Stato di diritto.

Dal Parlamento inglese a quello statunitense è assolutamente normale che le leggi di spesa, in primis il bilancio statale, aprano una stagione di trattative e baratti. I parlamentari onorabili scambieranno il voto a favore su una cosa con il favore altrui verso gli interessi che rappresentano. Quelli disonorevoli negozieranno favori personali. Ma è normale, oltre che infinitamente migliore degli scontri fra truppe ideologizzate. Poi ne rispondono agli elettori, con una stampa che racconta tutto (sempre). L’idea che possano risponderne in tribunale farebbe inorridire qualsiasi difensore della democrazia. E se, come pare, ci sono stati passaggi segreti di denari, magari all’estero? Allora non si risponde del voto espresso, ma di reati che vanno dall’evasione fiscale ai fondi neri, a reati valutari. Non serve il “movente”, bastando dimostrare il fatto.

Il legame con la scena politica è solare: il problema non è che (non) governi Letta o che ci provi Renzi, ma che, nella situazione data, chiunque lo fa senza una maggioranza elettorale. Il che comporta, anche solo per approvare sistemi elettorali maggioritari, la condivisione della storia e di alcuni valori democratici, a cominciare dal rispetto dell’opposizione. Che va a farsi benedire se s’insiste nella pretesa di mandarne carcerato il capo. E mentre su vicende imprenditoriali o sessuali, sebbene con non poca ipocrisia, si può far finta di sostenere che sono affari personali, su una faccenda come questa è impossibile. Talché l’Italia resta ingovernabile finché ciascuno può gridare al “colpo di Stato” ogni volta che l’altro prevale. Lo capiscono tutti. Tranne i fanatici. Che da troppo occupano la scena.

Pubblicato da Libero

venerdì 7 febbraio 2014

Ghigliottina e antifascismo. Diego Fusaro


Nei giorni scorsi, la Camera ha approvato in via definitiva la conversione in legge del decreto su “Imu” e quote “Bankitalia” nell’ultimo giorno disponibile prima della decadenza, tra le proteste dei grillini. Laura Boldrini ha aperto la votazione, dopo avere troncato, tramite una decisione senza precedenti: ha applicato la cosiddetta procedura parlamentare della “ghigliottina”, il dibattito che proseguiva da due giorni per l'ostruzionismo del “Movimento 5 stelle”. I deputati di “Sel” dopo il voto finale sul dl Imu-Bankitalia hanno intonato “Bella Ciao”.

Quest’ultimo è stato l’aspetto più patetico di una vicenda di per sé già oltremodo patetica. L’antifascismomaniacale in assenza conclamata di fascismo resta uno degli aspetti più vergognosi di una sinistra che deve mantenere permanentemente vivo il mito del nemico fascista per non dire nulla contro il capitalismo: si intona “bella ciao” e intanto – con il vile appoggio di Sel – si svuota la sovranità e ci si sottomette sempre più marcatamente ai vincoli europei, che sono più a destra di Attila, re degli Unni.

L’antifascismo permette oggi alla sinistra di non prendere posizione contro la teocrazia emanativa del mercato, con tutte le esiziali contraddizioni che essa fisiologicamente secerne (dalla reificazione al classismo più indecente, dalle aggressioni imperialistiche alle nuove forme di sfruttamento e di schiavitù salariata). L’antifascismo in assenza di fascismo è oggi il mezzo che permette alla sinistra di diventare il luogo di legittimazione della violenza capitalistica: per Nichi Vendola e i suoi compagni, la violenza è sempre e solo quella dell’olio di ricino e del manganello, mai quella dei vincoli europei, dei Fiscal Compact, dei contratti di lavoro che rendono a tempo determinato la vita stessa.

Come l’antifascismo in assenza integrale di fascismo, così l’antiberlusconismo ha svolto il ruolo di fondazione e di mantenimento dell’identità di una sinistra ormai conciliata con l’ordine neoliberale. Ingiustizia, miseria e storture d’ogni sorta hanno, così, cessato di essere intese per fisiologici prodotti dell’ordo capitalistico e hanno preso a essere concepite come conseguenze dell’agire irresponsabile di un singolo individuo. La patetica scena è memorabile: mentre l’Italia viene svenduta, SEL e PD intonano “bella ciao”. La situazione è tragica, ma non seria.
 
(Lo Spiffero)
 
 

Il sistema Sofri-Bignardi. Mario Adinolfi





Se c'è un tabù che non può essere toccato in Italia è il sistema di potere Adriano Sofri-Daria Bignardi-Luca Sofri. Dite male di chi volete, in Italia la maldicenza è sport nazionale, ma non azzardatevi a toccare quel triangolo. Ve ne verrà solo male. Il comico intervento di Enrico Letta emesso nella forma solenne del comunicato stampa di Palazzo Chigi per difendere i tre da una battuta che ci stava tutta del M5S (se a Di Battista fai tre domande inutili e petulanti sul padre "fascista", ti si potrà ricordare il suocero mandante dell'assassinio di un servitore dello Stato 34enne con due figli piccoli?) attiene a questo capitolo: quel triangolo di potere non si tocca,
Adesso arrivano in forze Giuliano Ferrara, Gad Lerner, il conduttore di XFactor Extra e Ante, Macchianera e tutti quelli che sperano di farsi accreditare da una bella intervista "barbarica", esponente tipo: Selvaggia Lucarelli. Tutti quelli che hanno fatto a gara per far dimenticare e tutti quelli che non hanno mai saputo.
Non hanno mai saputo che il sistema di potere è talmente ben congegnato che colui che Adriano Sofri mandò a sparare a Luigi Calabresi, a freddo da vigliacco alla schiena, si chiama Ovidio Bompressi e in Italia la grazia al povero disgraziato che sta morendo in carcere non la danno mai (ultimo caso, Vincenzo Di Sarno, a Poggioreale, googlatevi la storia e vedetevi la risposta del Quirinale) ma a Bompressi sì. Napolitano graziò Bompressi a tempo di record, otto anni fa, perché era "malato incurabile". Inutile dirvi che è ancora tranquillamente tra noi. Libero.
L'altro assassino di Luigi Calabresi si chiama Giorgio Pietrostefani, mandante dell'omicidio come Sofri. Avete presente il metodo Raffaele Sollecito? Lo condannano in secondo grado e subito gli tolgono il passaporto e se fa una gita di mezza giornata in Austria si mobilitano polizia, carabinieri e tutti i giornali. Giorgio Pietrostefani annunciò che non si sarebbe fatto prendere e il 24 gennaio 2000, giorno in cui venne condannato in secondo grado, applicò la promessa andandosene latitante in Francia. Qualche giornale ha mai gridato alla scandalo? Ma no, so' ragazzi...
I sistemi di potere funzionano così: ci si protegge e ci si fa propaganda. Se si viene toccati, altri sistemi di potere scattano in difesa. Cari ragazzi di M5S, voi ne fate di stupidaggini da inesperti, ma la più grave di tutte è toccare il sacro triangolo Sofri-Bignardi-Sofri jr. Ora Floris inviterà quest'ultimo a Ballarò, Aldo Grasso scriverà un nuovo articolo su quanto è brava la Daria quando intervista Barbara D'Urso e tutti gli arbitri dell'eleganza altrui scriveranno che il vostro addetto stampa ha le labbra rifatte al silicone. Poi un po' di birignao, un po' di lernerismi e di ferrarismi, il piatto completo sarà servito.
L'orrore di cui sono stati capaci quegli infami è tabù. Il loro sistema di connivenze anche. Imparate la lezione e non dimenticatela.


(Mario Adinolfi blog)

 

Cara figlia mia, non vergognarti di un papà fascista. Marcello Veneziani


Ritrovo una lettera che scrissi a mia figlia tredicenne, la dedico a Daria Bignardi che ha chiesto al grillino Di Battista se si vergogna di suo padre «fascista».

«Cara Federica, sei tornata da scuola sconcertata perché la professoressa d'italiano ti ha chiamato in disparte e ti ha detto: hanno scoperto che sei la figlia di..., ne hanno parlato in consiglio d'istituto. Te la faranno pagare. Qui sono tutti dell'altra parrocchia. E l'anno prossimo che vai al liceo, mi raccomando, se ti chiedono se sei figlia di... nega, dì che è un caso di omonimia. Ti possono fare del male. Non dire ai professori né ai compagni di scuola chi è tuo padre... Cara Federica, non so se la tua professoressa abbia esagerato, soffra di mania di persecuzione oppure no. A me sembra impossibile che succedano oggi queste cose. Mi sembra impossibile che in una società liberale e indifferente, cinica e buonista, aperta a ogni diversità, che non crede praticamente in niente, ci sia qualcuno che crede ancora all'esistenza del diavolo di destra. Un male per giunta genetico, razziale, ereditario, se ricade su di te, ignara tredicenne, solo perché sei mia figlia.

Mi hai raccontato che un gruppo di tuoi compagni di scuola ti ha accolto una volta con canti e slogan antifascisti. E mi hai raccontato di un amico che è venuto a trovarti a casa e si è meravigliato di trovare così tanti libri in casa di un “fascista”, e per giunta molti libri su Che Guevara. Non conosceva gli altri autori, ma ce ne sono tanti di tanti diversi orientamenti. Ma a loro avevano raccontato che i fascisti leggono solo le massime di Hitler e in casa non hanno libri, solo manganelli. Per fortuna non hanno scoperto che tuo fratello è nato lo stesso giorno di Mussolini, un segno evidente di neo-fascismo ereditario.

No, Federica, non credere alla tua professoressa e nemmeno ai tuoi compagni. Non devi nascondere di essere mia figlia. Non devi vergognarti di tuo padre. Non solo perché non ci si vergogna mai dei propri padri, dei loro limiti, dei loro errori e della loro povertà. Ma anche perché non hai nulla di cui vergognarti. Devi sapere, Federica, che sarebbe stato assai tanto più facile per tuo padre professare altre idee. Avrebbe avuto la vita più facile se avesse scelto la via opposta. All'università, nei giornali, sui libri, nella vita.

Oggi a te chiedono di buttarla sull'omonimia; ieri a lui, e non solo a lui, chiedevano di firmare gli articoli con lo pseudonimo. Eppure tuo padre non ha mai ucciso, picchiato e minacciato nessuno. Non ha mai impedito a nessuno di esprimere le sue idee. Non ha mai derubato, corrotto e truffato nessuno, semmai ne è stato vittima. Non ha mai discriminato e rifiutato il dialogo con nessuno. Non ha nemmeno solo teorizzato di eliminare gli avversari né ha mai sottoscritto manifesti di cui debba vergognarsi. Non ha cambiato casacca, e nutre le stesse idee che aveva da ragazzo. Non è rimasto imbalsamato ma non è pentito di nulla, non ha dovuto rimangiarsi nulla e si professa “di destra”, per quel che può valere, oggi come allora.

Tuo padre ha creduto in idee che tu potrai liberamente accogliere o rifiutare, ma che hai il dovere di rispettare: perché sono idee e non mazzate, sono pensieri scontati sulla propria pelle e non su quella altrui. Un giorno capirai che l'amore aspro per la libertà, anche trasgressiva, era più dalla parte di tuo padre, “il fascista”, che dei suoi censori. Che gli negavano la libertà d'opinione nel nome della stessa. Alcuni lo fanno ancora adesso. No, Federica, non dire che è un caso di omonimia. Non ti chiedo di essere orgogliosa di tuo padre, ma di non nascondere le tue origini. Oltretutto un po' mi somigli, anche se la cosa ti fa inorridire. Non ci si deve vergognare dei propri padri».

P.s. Smettetela di tirare in ballo per ogni fesseria e per ogni torto subìto fascismi, dittature, colpi di stato. Non confondete miserabili farse con tragiche grandezze e meschine intolleranze con l'avvento di regimi dispotici. Abbiate rispetto per la storia, per chi la fece e per chi la patì. E la Bignardi si ricordi, essere figli di fascisti non è una scelta, mentre diventare nuore di Sofri sì. E poi, al di là di quel che dite, essere fascisti non è un crimine, uccidere un commissario di polizia invece sì.

(il Giornale)

giovedì 6 febbraio 2014

Ecco perché i dati Ue sull’Italia corrotta sono solo una bufala. Renato Brunetta

 
Usando un linguaggio più familiare al giornalismo e comprensibile ai lettori: è una solenne bufala. E non ci stupisce che ci si tuffi ghiottamente, leccandosi i baffi per la leccornia, Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. E chi chiama a farsi dar ragione? Pier Camillo Davigo.

A forza di gridare che noi di Forza Italia e del Popolo della Libertà eravamo la rovina dell'Italia, e che avevamo trasformato il nostro Paese nel regno di Bengodi per ladri impuniti, tant'è vero che vinceva Berlusconi, ci ritroviamo infilati nella spazzatura. Questa menzogna di perfetto conio ideologico ha finito per manipolare gli strumenti di misurazione dei ricercatori, attecchendo in teste ben predisposte a trasferire l'Italia in discarica per il beneficio dei loro sponsor del Nord Europa.

Prima di tutto merita ripetere, ad evitare equivoci, ciò che ho dimostrato nei fatti con la mia legge di riforma della Pubblica amministrazione e con il disegno di legge anticorruzione del marzo 2010: la corruzione è un reato, particolarmente odioso, che va combattuto senza «se» e senza «ma», bandendo però isterie collettive le quali fanno solo male a chi - forze di polizia e tanti magistrati che fanno il loro lavoro con equilibrio - deve mettere in galera i delinquenti.

Quanto il documento della Commissione sia fazioso ed evanescente sotto il profilo scientifico lo dimostra la semplice lettura di due paragrafi successivi, tra pagina 3 e pagina 4, precisamente «sondaggi sulla percezione» e «esperienze di corruzione»: dato reale in Italia pari alla metà della media europea (2% contro il 4%), dato percepito più elevato di 1/3 (42% contro 26%) della media europea. A forza di strillare che tutti i problemi stanno solo in una parte politica - ovviamente moralmente inferiore, corrotta nel suo dna - la gente finisce con il crederlo.

Sono ampiamente noti, d'altronde, alcuni fatti, che la Commissione ignora con estrema disinvoltura e che la grancassa mediatica dell'antiberlusconismo ha sopraffatto, fino a convincere tutti che il Paese è diviso in ladri da una parte, teologi e giudici dall'altra:

A I 60 miliardi quale costo della corruzione sono una menzogna riproposta dal gennaio 2008, quando durante un convegno un anziano signore appassionato della materia applicò con una semplificazione una percentuale presentata in uno studio della Banca Mondiale del 2004 (il rapporto Kauffman, allora capo ufficio studi dell'Istituto) all'Italia: da qui il 3% del Pil mondiale quale costo stimato della corruzione diventa il 3% del Pil italiano quale costo della corruzione, cioè 60 miliardi. (Tra l'altro oggi il nostro Pil è sceso a poco più di 1.600 miliardi, e dunque siamo a 48-49 miliardi, bastava un bambino di quarta elementare...). Da quel giorno, una lunga serie di seguaci dell'antiberlusconismo hanno fatto volteggiare questa cifra, giungendo ad ipotizzare che il malloppo era addirittura ben superiore. Tanto si giocava ad alzare il dato, della cui enormità si incolpava ovviamente il governo Berlusconi, tanto maggiore era lo spazio sui quotidiani. E l'accecamento era tale che anche quando il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon a Vienna, nel settembre 2011, ricordò che la corruzione nel mondo è stimabile in 700 miliardi di euro, a nessuno venne da ridere nel pensare che in Italia vi fosse localizzato l'8,5% della corruzione mondiale. E lo scandalo Siemens in Germania? E lo scandalo Rio Tinto tra Cina e Australia con bustarelle (si fa per dire) miliardarie? Silenzio assoluto.

B Il professor Lambsdorf dell'Università di Passau, l'inventore dell'Indice di percezione della corruzione di Transparency international, nel 2009 scrive che l'Indice non è più rappresentativo e che per questo lascia Transparency al suo destino. Un minimo di deontologia avrebbe dovuto suggerire una scelta di serietà, e imposto di ritirare ciò che non funzionava.

C Si ignora nella relazione una pubblicazione dell'Ocse del 2010 mette in guardia rispetto all'utilizzazione di questo indice di Transparency international.

D L'Italia, proprio durante il governo Berlusconi, fu sottoposta a due valutazioni del Greco (Gruppo di Stati contro la corruzione) e dell'Ocse, classificandosi per numero di raccomandazioni finali molto meglio di Paesi che vengono abitualmente considerati molto più etici, corretti, non corrotti dell'Italia.

Potrei proseguire a lungo, ma mi fermo con un ultimo esempio del danno fatto al Paese dall'antiberlusconismo militante: la relazione della Commissione cita un lontano report del Center for the study of democracy pubblicato nel 2010, che riprende, anzi ricalca, una relazione del 2007 presentata dall'Alto Commissariato per la lotta alla corruzione in tema di infiltrazione mafiosa nella pubblica amministrazione. Qui riprendo le parole di un uomo serio, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione, Sim Kallas, che aveva la delega sulla materia: «... Non sempre un elevato numero di reati segnalati è un dato negativo perché potrebbe significare che in quel Paese i controlli funzionano efficacemente». Non a caso nelle dittature la corruzione è un reato inesistente, salta fuori - vedi Corea del Nord - giusto per il comodo del dittatore onde eliminare i nemici politici.

La sfiducia verso l'Italia da parte di investitori esteri nasce in questo modo. E noi abbocchiamo, con voluttà, per farci del male, convinti - a sinistra - che questo li aiuti a vincere le elezioni. Irresponsabilmente inducendo gli italiani a vedere tutto nero, in una spirale mortifera. Nasce perché qualcuno per anni ha utilizzato l'antiberlusconismo come strumento di lotta politica parlando male del nostro Paese in ogni dove, utilizzando la stampa straniera per fare vedere tutto ciò che vi era di negativo, considerando i milioni di elettori che avevano votato Silvio Berlusconi come degli inetti, incapaci di intendere e di volere, o dei favoreggiatori di corrotti e ladri.

Dimenticando, ad esempio, di raccontare che l'Italia, per la prima volta, proprio durante l'ultimo governo Berlusconi, è stata scelta insieme alla Francia per realizzare in Croazia un progetto Twinning da 900mila euro per aiutare questo Paese nella prevenzione della corruzione per gli appalti di infrastrutture; e ancora è stata premiata per un progetto - Clean and green market - finanziato dalla Banca Mondiale per 600mila dollari.

Nessuno dice di nascondere, magari come fanno altri, le cose che non vanno, ma forse è giunta l'ora - e questo dovrebbe essere un altro capitolo della «sintonia profonda» tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi - di smetterla di sporcare l'Italia per il gusto di far contenti chi vuole emarginarci, farci fallire e comprare le nostre imprese per un boccone di pane.

(il Giornale)

 

martedì 4 febbraio 2014

Bankitalia/banche. Rapportro scandaloso. Mario Lettieri(*) e Paolo Raimondi(**)



Sono troppi i dubbi e gli interrogativi sul recente decreto legge relativo alla rivalutazione del capitale della Banca d’Italia per lasciarli “scivolare” nel dimenticatoio delle decisioni politiche ed economiche più controverse. L’aver poi abbinato scelte strategiche, l’assetto della banca centrale e le dismissioni di immobili del patrimonio pubblico, alla necessità di alcune coperture di bilancio, anche in relazione alla questione Imu, costituisce una brutta macchia nell’attività del Governo e dello stesso Parlamento, che non ha tenuto conto delle vistose disomogeneità delle materie incluse nel decreto.

In tempo non sospetto abbiamo sostenuto l’opportunità di acquisire l’intera proprietà della banca centrale da parte dello Stato. Invece si è ricorso ad un trucco per far passare la rivalutazione del suo capitale regalando 7,5 miliardi di euro alle banche private e ad altri pochi azionisti. È inaccettabile. Per giustificare tale operazione si è detto che il valore del capitale azionario della banca centrale era immutato dal 1936 ed era pari a soli 176mila euro. Una incongruenza da rettificare. Ma perché sorvolare sul fatto che le quote di proprietà erano originariamente affidate a banche di interesse pubblico? Non si è tenuto conto che esse nel frattempo sono diventate banche private.

Attualmente Intesa San Paolo con il 42,4% e Unicredit con il 22,1% controllano quasi due terzi delle azioni della Banca d’Italia! Soggetti non bancari, come le Assicurazioni Generali, l’Inps e altri, detengono 15,5% delle quote. Il resto è in mano a banche private ciascuna con meno del 5% delle azioni. Come si può evincere, le due maggiori banche private italiane fanno la parte del leone e ottengono quasi 5 miliardi di euro di appannaggio. È un vero e proprio regalo che non ha giustificazione alcuna.

Si ricordi che nel corso degli anni non solo gli azionisti privati della banca centrale non sono stati costretti a cedere le loro quote al Tesoro, ma hanno incassato notevoli dividendi, senza rischio alcuno, per l’attività svolta dall’istituto di via Nazionale. Nel solo 2012 ne sono stati distribuiti per 70 milioni di euro. Le motivazioni ufficiali di tale decisione sono risibili quanto incredibili. Si sostiene che la rivalutazione delle quote serva ad aumentare la patrimonializzazione delle banche anche in vista degli stress test richiesti dalla Bce e dal nuovo regolamento di Basilea III. Anzi questo è proprio l’“obiettivo”: si intende aiutare le banche private. Al riguardo si afferma che, dopo lo scoppio della crisi del 2008, mentre la Germania ha speso 64 miliardi di euro per salvare, ricapitalizzando, le sue banche, la Francia ne ha spesi 25, il Regno Unito 82 e la Spagna 60, l’Italia ne avrebbe spesi solo 6.

Perciò, dicono, la scelta in questione rafforzerebbe il patrimonio del sistema bancario senza spendere un euro dei contribuenti e senza mettere mano al bilancio pubblico. Che geni! Le banche ringraziano. Si ricordi che i crediti deteriorati dell’intero sistema bancario italiano ammonterebbero a circa 250 miliardi di euro. I cantori della rivalutazione sostengono futuri effetti positivi per il credito alle imprese. Pura illusione. L’esperienza della politica dei soldi facili e a tasso zero lanciata in passato dalla Bce non ha prodotto alcun risultato virtuoso nel mondo delle imprese e degli investimenti.

Ma è di questo che la nostra banca centrale aveva bisogno? Se “il patrimonio della Banca d’Italia è un patrimonio della collettività”, perché dare tutte le sue azioni di controllo in mano alle banche private? La risposta è vecchia e falsa. Si sostiene che le banche private darebbero garanzie di trasparenza e di indipendenza agli istituti di emissione. Non è così. Del resto quali garanzie si può avere da banche private che nel mondo, come dimostrano le vicende degli ultimi 5-6 anni, sembrano dominate da una corruzione dilagante?

(l'Opinione)


(*) Sottosegretario all’Economia del Governo Prodi
(**) Economista