venerdì 31 marzo 2006

giovedì 30 marzo 2006

Il conflitto di interessi in America. Christian Rocca

http://www.ilfoglio.it/uploads/camillo/conflittoUsa.html

Sorpresa per Fassino: la legge sul conflitto di interessi in America non esiste

Appello ragionato agli elettori di sinistra. Francesco Natale

Prologo
«Far pagare più tasse ai ricchi e meno tasse a chi lavora». Questo è quanto ha affermato in un breve intervento al TG di Rai Uno l'Onorevole Rizzo dei Comunisti Italiani. Curiosa contrapposizione di termini, «ricco» e «lavoratore», che delinea con estrema chiarezza quale sia la chiave di lettura della realtà propria di una mente ancora oggi fortemente ideologizzata e quali siano i presupposti politici per la realizzazione del programma dell'Unione: chi è «ricco» non lavora, ma vive come un parassita alle spalle di chi «lavora», il quale, per logica deduzione, non può essere «ricco». A prescindere dall'aderenza al reale di una tale affermazione, possiamo dire senza tema di smentite che è ritornato in auge il principio vetero-comunista in base al quale la «ricchezza» è una colpa e la «povertà» una virtù, anziché una disgrazia. Due sono gli interrogativi suscitati dalla preoccupante professione di etica francescana dell'Onorevole Rizzo: il primo riguarda la concreta individuazione della soglia di «ricchezza», il secondo riguarda l'elettorato di centrosinistra. Quanto si identifica quest'ultimo con l'approccio fiscale dell'Onorevole Rizzo, importante esponente dell'Unione?
Contraddizione in termini
Nonostante l'elusività che caratterizza tutti i leaders dell'Unione quando si affronta l'argomento tassazione, è ormai acclarato che la nuova soglia di «ricchezza» si colloca dai 250.000 Euro di patrimonio in su, ove per patrimonio non si intende esclusivamente la disponibilità di liquido sul conto corrente, bensì il complesso dei beni effettivamente disponibili (case, titoli, attività commerciali etc. etc.). Lo hanno detto di malavoglia Prodi, Fassino, Rutelli, Boselli. Lo hanno sostenuto con maggior soddisfazione, coerenza e chiarezza Diliberto e Bertinotti. Per questi «ricchi» sarà reintrodotta l'odiosa tassa di successione (o, più correttamente, tassa sulla morte) e non ci sarà nessuna agevolazione fiscale. Anzi, le cesoie del fisco sfronderanno brutalmente reddito, patrimonio, risparmio.
Ora, preso atto che tutte le famiglie Italiane proprietarie dell'immobile ove hanno residenza (oltre l'85%), che hanno uno stipendio medio complessivo superiore ai 2000 Euro o, peggio, una piccola attività commerciale in proprio superano abbondantemente detta soglia di «ricchezza», e che in questa categoria rientra la grande maggioranza delle famiglie italiane, dobbiamo dedurne che, per i leaders dell'Unione, la stragrande maggioranza degli Italiani è composta da ricchi e benestanti. Ma allora, a rigor di logica, l'impoverimento generale del Paese ad opera del Governo Berlusconi è una leggenda metropolitana, un'argomentazione bassamente propagandistica e meramente ideologica. Ne prendiamo atto e ci chiediamo: è possibile considerare come politica propria di una sinistra che si dice social-democratica (con le significative e preoccupanti eccezioni del caso...), la fiscalizzazione selvaggia del ceto medio?
Un nuovo nemico di classe
La fiscalizzazione selvaggia ai danni del ceto medio si coniuga con allarmante coerenza al feticcio della lotta all'evasione fiscale. I vertici dell'Unione sono tutti concordi riguardo alla possibilità di ricavare immani risorse dalla lotta all'evasione fiscale. Anziché adottare un approccio realmente riformista (e quindi realmente di sinistra), in base al quale la riduzione delle imposte risulta strumento propedeutico alla diminuzione dell'evasione fiscale (pagare meno, pagare tutti), la sedicente sinistra è infatuata del pugno di ferro contro chiunque faccia parte di quello che viene spregiativamente definito «popolo delle partite IVA» o «popolo dei registratori di cassa».
Questi sono il nuovo nemico di classe, responsabili del presunto sfacelo dei conti pubblici non meno del Cavaliere, parassiti che vivono alle spalle dei lavoratori dipendenti: ladri per definizione. Ergo: quel poco che resterà ai nuovi «ricchi» (sempre in base alla succitata definizione unionista) dopo l'assalto delle cesoie dei futuri gabellieri, dovrà essere sottoposto ad una impietosa raffica di accertamenti fiscali. E voi, commercianti, piccoli imprenditori e liberi professionisti che vi accingete a sostenere l'Unione, siete così afflitti dalla Sindrome di Stoccolma tanto da ringraziare anticipatamente col vostro voto i vostri futuri carnefici?
Preoccupanti omologazioni linguistiche
Oggi non esiste più un trasparente rapporto dialettico tra il sindacato e il vertice di confindustria: parlano entrambi la stessa lingua. Uno scenario assolutamente impensabile fino a qualche anno fa. Viene spontaneo chiedersi: chi è rimasto a tutelare i diritti del lavoratore dipendente? Montezemolo? Della Valle? Epifani? La realtà, che ha la testa dura e poco spazio lascia ai sofismi sul «rilancio dell'economia», ci dice che la suddetta omologazione linguistica risponde a esigenze contigue di carattere prettamente politico. E' interesse del vertice di Confindustria (sconfessato dalla base, a onor del vero) che si riaprano i rubinetti dei cosiddetti «finanziamenti a pioggia», ovvero la possibilità per le grandi imprese di privatizzare i profitti e socializzare le perdite: i buchi neri dei bilanci degli ex colossi industriali li torneremo a pagare noi contribuenti. Ecco a cosa servirà l'aumento della pressione fiscale annunciato a mezza voce dal Professor Prodi: non a ridistribuire equamente le risorse, bensì a favorire chi già favorito è.
Allo stesso modo, il sindacato mira alla conservazione dei propri privilegi connessi al suo status di anomalia giuridica: non essendo stata applicata la Costituzione per quanto riguardava la registrazione delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative queste non sono soggette alle restrizioni imposte dalla legge sul finanziamento pubblico ai partiti, pur risultando infinitamente più ricche di qualsiasi partito politico. E voi, lavoratori dipendenti che vi accingete a supportare Romano Prodi, ci tenete così tanto a vedere le vostre tasse (un terzo del vostro stipendio) rifluire nelle tasche già ben farcite dei signori Montezemolo, Della Valle, Profumo, Bazoli, Abete, o in quelle di qualche dirigente sindacale che, a parte ricordarsi di voi quando si trattava di usarvi come carne da cannone per riempire le piazze, non vi ha mai rappresentato in vita sua?
Robin Hood al contrario
Ricordiamo qualche dato inerente alla politica fiscale che subimmo ai tempi del governo Prodi: aliquota IRPEF ridotta per i grandi patrimoni dal 53% al 46%, aumentata punitivamente per i ceti deboli dal 10% al 19% (il doppio). A fronte delle legittime proteste suscitate da tale accanimento fiscale verso i meno abbienti il Ministro Visco rispose, con la piccata supponenza che sempre lo ha contraddistinto, che «non era colpa sua se la maggioranza dei contribuenti apparteneva alla fasce di reddito più basse». Con quale sfacciato coraggio Prodi accusa oggi Berlusconi di avere favorito i ceti abbienti a scapito delle fasce deboli, acclarato che il governo di centrodestra ha agito in direzione radicalmente contraria rispetto al governo del Professore per quanto riguarda la politica fiscale? Dopo aver già provato sulla nostra pelle i «benefici effetti» del primo cuneo fiscale del Professore, vogliamo davvero subire il secondo? E ancora: quanto può dirsi di sinistra una riforma fiscale che ha premiato chi già aveva tanto a scapito di chi aveva molto meno?
Conclusione... e paradosso
L'espressione del voto è un qualcosa che non risponde esclusivamente a freddi meccanismi razionali e analitici. In essa riveste parte fondamentale la componente istintiva. E'ovvio ed è giusto così. Quindi questo appello non si rivolge a quanti, giustamente e legittimamente, fanno propri i valori della sinistra massimalista o a quanti sono preda di frenesia iconoclastica nei confronti di Silvio Berlusconi: è un loro diritto, e le dotte disquisizioni volte a dequalificarne la «virtù politica» e ad individuare cesure morali tra «virtuosi informati» e «beceri ignoranti» le lasciamo fare a Umberto Eco, sempre generoso nell'individuare ad ogni costo due Italie, la sua e quella degli altri tapini che non capiscono. A noi il pluralismo piace e ne riconosciamo l'imprescindibile valore nell'ambito di una democrazia compiuta.
Questo appello si rivolge piuttosto ai moderati, agli indecisi, a quanti si riconoscono in una tradizione di sinistra «storica», liberale e riformista, grandemente sconfessata dall'attuale sinistra unionista. A questi rivolgo un invito: staccate per un istante la spina dal torrido clima proprio degli ultimi giorni di campagna elettorale. Meditate su quanto avete letto poco sopra. Verificatene la mendacia o la veridicità. Quindi chiedetevi questo: nell'ultimo decennio qual è stato in Italia il leader politico che meglio ha rappresentato e concretizzato le istanze politiche proprie di una sinistra vera, ovvero dalla parte della gente e non a esclusiva tutela dei poteri forti? La risposta potrebbe sorprendervi.

Li mangiano ancora. Filippo Facci

Succede che gli storici sappiano di Storia ma non del presente, qualche volta. Marcello Flores, già autore di «Tutta la violenza di un secolo» per Feltrinelli, ieri l'ha messa così: «Non c'è nessun episodio della storia recente in cui si sia manifestata una volontà di cannibalismo». E perdonate l'insistenza, ma sono alcune agenzie delle Nazioni Unite ad aver confermato che in Corea del Nord ultimamente si sono perpetuati cannibalismi e assassini a scopo alimentare. Il Fondo coreano di assistenza ha descritto mercati in cui la carne umana era stesa su stuoie di paglia:
la carestia, le inondazioni e la disperazione possono questo e altro. Ne ha parlato Mark Nicol su News Telegraph e con lui altri giornalisti che hanno raccolto testimonianze circa bambini venduti per fame. Si è letto di corpi trafugati la notte successiva alla sepoltura, mentre un genitore ha sostenuto che la sua famiglia è sparita per rispuntare sul bancone di un mercato. «Quando uno è molto affamato», ha raccontato un'altra testimone al Washington Post, «può diventare pazzo. Una donna della mia città ha ucciso il suo figlio di sette mesi e lo ha mangiato assieme ad un'altra donna».
Badateci: i cannibalismi della Russia di Lenin e della Cina di Mao sono ben documentati, epperò oggi qualcuno seguita a dissimularli. Tra una cinquantina d'anni forse si parlerà di quanto avviene in Corea del Nord. Oggi.

Appello ai delusi. R.Brunetta e P.Guzzanti

A Il 9 e 10 aprile a decidere delle sorti dell'Italia sarà paradossalmente chi non voterà, piuttosto che chi si recherà alle urne. L'Italia è infatti divisa tra la minoranza guidata dall'ex partito comunista, e la maggioranza che ad esso si è sempre opposto e si oppone. E mentre gli elettori della sinistra sono tutti determinati al voto, tra gli elettori di centrodestra è forte la tentazione di disertare.
B In tanti, infatti, serpeggia un sentimento di delusione. Si aspettavano una rivoluzione liberale che non si è ancora realizzata, si aspettavano che l'Italia cambiasse più e meglio di quanto non sia cambiata.
C Noi li comprendiamo, condividiamo con loro questo sentimento e vogliamo essere interpreti e garanti della loro volontà di un più deciso impegno a realizzare la rivoluzione liberale.
DNoi crediamo che in tante, troppe, occasioni la Casa delle libertà abbia peccato di ingenuità, di sudditanza nei confronti dei poteri forti, di incapacità di gestire il potere con la determinazione e la dignità che vengono dal consenso, di eccessiva ricerca del compromesso anche quando non era necessario, di estenuante litigiosità interna, di disattenzione e scarsa disponibilità ad ascoltare e a stare tra la gente, di incapacità a comunicare tutto il buono realizzato e di contrastare tutto il falso sparso sul Paese dai nostri avversari e dai media con loro compiacenti. E, cosa più grave di tutte, di aver sottovalutato i tanti segnali di allarme che venivano dalle infelici prove elettorali degli ultimi anni.
E Noi siamo convinti che, nonostante tutto questo, il governo Berlusconi sia stato il migliore dal secondo dopoguerra. Che le tante riforme fatte siano state tutte importanti, coraggiose, intelligenti, necessarie e che abbiano dato inizio alla irreversibile modernizzazione dell'Italia e alla sua trasformazione in un Paese fondato sulla libertà.
F Noi, però, sappiamo che le riforme hanno bisogno di tempo per manifestare i loro effetti, mentre gli italiani hanno dovuto scontare il prezzo di una crisi economica le cui responsabilità vengono da lontano, insieme al continuo attacco di una politica intrisa di odio nei nostri confronti, ai limiti della guerra civile, scatenata con cinismo e spesso con violenza fisica da una sinistra che non ha nulla a che fare con il laburismo e la socialdemocrazia delle democrazie occidentali.
GNoi diciamo ai delusi che quella rivoluzione è ancora a portata di mano, della stessa mano che segnerà sulla scheda la sorte dell'Italia e degli italiani.
H Noi ricordiamo ai delusi che quel popolo che ha sempre resistito attivamente all'equivoca egemonia comunista è ancora maggioritario nella società italiana, nel lavoro, nelle imprese, nelle professioni e nei cuori della gente. Ma rischia di diventare per la prima volta minoritario nelle urne, per nostra responsabilità e per loro delusione.
I Noi avvertiamo i delusi che la sconfitta della Casa delle libertà provocherebbe il crollo della speranza della gente libera che vedrebbe tramontare, chissà per quanto, l'unica occasione possibile di una rivoluzione liberale. Guai se ciò accadesse.
J Per questo rivolgiamo ai delusi un appello. E offriamo loro un impegno sull'onore per il quale chiediamo ancora cinque anni di fiducia. Lo chiediamo con l'orgoglio degli obiettivi realizzati, e con la volontà di fare di più e meglio. Noi siamo consapevoli che le grandi rivoluzioni liberali del nostro tempo, come quelle della Thatcher in Gran Bretagna e di Reagan negli Stati Uniti, si sono sempre realizzate con il secondo mandato, non con il primo. Il lavoro iniziato cinque anni fa deve essere compiuto.
K Noi ci impegniamo a batterci per un governo di persone competenti, che abbia e dimostri sempre una forte e visibile passione politica, capace di fare, ma anche di ascoltare, comprendere, rispondere e decidere.
L Noi ci impegniamo a lavorare ancor di più per Forza Italia, per farne un partito diverso dagli altri, dove si discutano ancor più apertamente idee, uomini e programmi, capace di rappresentare sempre meglio quel blocco sociale e politico che a Forza Italia ha dato in questi anni la sua fiducia, ma anche affidato una missione in parte incompiuta.
M Noi siamo con Berlusconi e a Berlusconi intendiamo garantire tutta la forza politica necessaria per resistere all'assedio soffocante della vecchia politica che spinge sempre, come è nella sua natura, a compromessi al ribasso.
N Tanto leali, quanto liberi: questa è la nostra identità e la nostra credibilità, insieme al nostro impegno a saper dire di no, a dire sempre la verità e a mostrare la verità ai cittadini, nonostante l'assordante rumore delle mistificazioni che oggi provengono da quasi ogni parte.
O Chiediamo ai delusi di non disertare le urne, consegnando l'Italia a coloro che la riporterebbero indietro. Lo chiediamo con orgoglio, con passione, con animo libero e sincero, e col sentimento di chi è con gli italiani che lavorano, che producono, che rischiano tutti i giorni, che si affacciano al futuro e lo vogliono limpido e rassicurante, ricco di libertà e di opportunità. Gli italiani liberi possono vincere ancora.

mercoledì 29 marzo 2006

Bisogna saper perdere...

Nessuno sa chi vincerà la gara del 9 e 10 aprile ed anche il mago Otelma non ha fatto dichiarazioni ufficiali. Ai mezzi di informazione è vietato, in questo periodo, pubblicare sondaggi e quelli che li fanno sono ben contenti di non doversi sbilanciare.
Quindi: vinca il migliore? No, vincerà la caolizione scelta democraticamente dagli elettori perché non è una gara di abilità o di bravura.
L'undici aprile, sarà molto difficile prima, sapremo chi ha perso. Sì, perché sarà una perdita e non un: "abbiamo tenuto al sud, ma è venuto meno il voto dei giovani", oppure "il nostro partito è il primo nelle grandi città, ma il ceto medio non ci ha seguiti".
La posta in gioco è il governo del Paese per cinque anni e rimanere in panchina brucia a chiunque.

Se dovesse perdere la Casa delle libertà, sono certo che il Cav. non si strapperà i capelli ( ne ha pochi e ci tiene in modo particolare ) ma comincerà un'operazione di analisi dei motivi della sconfitta e una salutare autocritica quasi certamente con qualche scambio di responsabilità. Probabilmente il progetto del partito unico verrà rivisto alla luce dei risultati e non è detto che possa subire modifiche o sospensioni. Si studieranno tempi e modi della campagna elettorale e si passerà al setaccio la legislatura trascorsa per capire ed eventualmente trovare errori e valutazioni errate. Non so quanto potrebbe durare un Governo Prodi, ma in ogni caso il centrodestra sono certo che farà la sua brava opposizione e si preparerà per il 2011.

Se dovesse perdere l'Unione la colpa sarà di Berlusconi e degli elettori rimbecilliti dalle televisioni in mano al Presidente del Consiglio. Sarà una dura requisitoria contro avversari che non si sono lasciati sconfiggere ed elettori che non hanno capito niente: la superiorità della sinistra è così evidente che le elezioni sarebbero superflue. Poi comincerebbero le purghe e Prodi sarebbe il
primo ad essere emarginato. L'opposizione sarà durissima senza guardare gli interessi della nazione ed il centrosinistra farà di tutto per far saltare il governo Berlusconi. L'offensiva giudiziaria diventerà vera guerra ed i giudici getteranno la maschera.

Abbiamo avuto governi di centrosinistra e governi di centrodestra: i primi aspirano al potere in quanto tale, i secondi usano il potere per governare. I primi chiedono uno Stato più forte per comandare meglio, i secondi uno Stato più leggero per dare potere ai cittadini. I primi, in cambio, offrono tasse e sacrifici, i secondi sviluppo e più soldi in tasca.
Io so per chi votare perché ho la mia concezione dello Stato ma rispetterò il responso delle urne e la scelta democratica della maggioranza perché vincerà chi avrà più voti e chi ha più voti deve governare.

Gli economisti di sinistra ammettono: aliquote più alte su tutti i titoli di Stato. Gian Battista Bozzo

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=77797&START=0

Le dichiarazioni di due professoresse di economia dell'Università di Bologna molto vicine a Prodi

Gli strani silenzi dei banchieri. Nicola Porro

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=77788&START=1620&XPREC=0

Perché la lobby dei banchieri non si pronuncia sulla tassazione delle rendite finanziarie?

La formula della crescita. Carlo Pelanda

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=77786&START=0

Dati, analisi e considerazioni per il rilancio del nostro Paese

martedì 28 marzo 2006

Il 2006 è l'anno della ripresa. Giuliano Ferrara

Gli ultimi dati dicono che l’Italia riparte. Il prossimo governo se ne vanterà

Gli indicatori dell’economia italiana stanno volgendo al bello. Da vari segnali ciò che si desume non è un semplice recupero dopo un anno di stagnazione. O un mero traino dal resto dell’economia europea, di cui Bruxelles segnala la ripresa. Infatti, nei primi mesi del 2006 le nostre imprese registrano una crescita del fatturato dell’8,4 per cento, spinte soprattutto dal mercato estero. Per l’export interno ed esterno all’Europa l’incremento è addirittura il 14,5 per cento, rispetto agli stessi mesi dell’anno scorso. Per l’industria dei mezzi di trasporto il balzo in avanti dell’export è il 19 per cento, mentre per pelli e calzature, che si temeva fossero duramente colpite dalla concorrenza cinese sui mercati europei, è del 17 per cento. Queste percentuali non esprimono certo un mero effetto traino rispetto alla ripresa europea, che è pur sempre inferiore al 3 per cento in termini reali ed è forse valutabile in un 5 per cento in termini di fatturato, al lordo dell’aumento del tasso di inflazione. D’altra parte le analisi di Mediobanca sui bilanci delle grandi e medie imprese del 2005 hanno messo in luce una buona crescita dei profitti, che trova conferma nell’aumento del gettito dell’Ires, l’imposta sulle società. L’incremento sostanzioso di gettito dell’Irap, che riguarda anche piccole imprese e autonomi, fa presumere che anche i loro bilanci siano stati buoni. Se a ciò si aggiungono i dati sull’aumento dell’occupazione e del consumo di energia nelle attività industriali e terziarie, segnale di incremento tecnologico, si ricava la sensazione che la nostra economia produttiva si stia riorganizzando e stia rispondendo positivamente alla pressione competitiva esercitata dall’euro alto e dalla concorrenza dei paesi emergenti nelle fasce inferiori dei mercati in cui la nostra industria è specializzata. Tutto ciò avviene nell’ultimo anno d’una legislatura caratterizzata da una politica di tasse basse (la pressione fiscale è scesa al 39,9 per cento), da grandi opere pubbliche, da riduzione delle incombenze burocratiche e da nuovi rapporti con Stati Uniti e Russia, che cominciano a dar frutti. Di ciò si glorierà il governo futuro, che potrebbe essere quello dell’opposizione che ha disprezzato queste politiche.

Perché il diffondere un clima di pessimismo dovrebbe far salire l'inflazione? Anonimo

Riporto integralmente le considerazioni fatte da un commentatore anonimo di un mio post alla domanda di cui sopra

Ci provo: partiamo dalla considerazione del fatto che tutti i cittadini dei paesi dell'area Euro hanno percepito un aumento del livello dei prezzi nettamente superiore a quello registrato dalle statistiche ufficiali. Ciò ha determinato un considerevole divario fra i valori della cosiddetta inflazione "percepita" e quelli dell'inflazione misurata. Il permanere di tale situazione è stato molto diversificato nei vari paesi.In Italia il fenomeno si è attenuato solo verso la fine del 2004, anche se ancora oggi molti esponenti politici assegnano all'introduzione dell euro molte delle colpe dell'accentuata dinamica dei prezzi registrati negli ultimi anni, anche se valutazioni più che attendibili indichino che l'effetto change over sui prezzi al consumo sia stato nel complesso modesto. Una discreta responsabilità per il permanere in Italia di una sostanziale differenza fra l'inflazione "percepita" e l'inflazione "misurata" è da attribuire alla mancanza di un informazione chiara e trasparente sulla reale natura del processo inflazionistico. Più che ad un'assenza di informazioni si è andati incontro a ad un problema di distorsione delle informazioni. Le situazioni di allarmismo sull'inflazione determinatesi fra l'opinione pubblica sono da imputare a campagne di disinformazione che, come è stato provato da più parti, hanno contribuito ad alimentare l'inflazione stessa. Infatti se si lascia intendere che la "vera" inflazione ha raggiunto livelli del 30% diventa difficile pensare che anche coloro che fino a prima hanno evitato di farlo, si sentano autorizzati di rivedere i prezzi "solo" del 10-15%.E non basta.Gli stessi si sentiranno comunque legittimati in futuro a rivedere ancora in rialzo i propri listini. RIsultato: il solo effetto annuncio (anche se basato su informazioni parziali o errate), ha comunque finito per legittimare incrementi speculativi dei prezzi. Se la risposta non dovesse aver chiarito ti invitop a leggere Del Giovane e Sabatini(2004) e Boeri(2004)che hanno analizzato a fondo il problema. Per ricollegarmi a ciò che dicevo nel primo articolo riguardo alcuni esponenti della sinistra che avrebbero alimentato questo clima pessimista cito alcune frasi:Prodi: "il potere d'acquisto continua a diminuire" (29/10/2005)Rutelli: "il potere d'acquisto delle famiglie è in pesante arretramento, le imprese sono sfiduciate..." (29/04/05)Pecoraro Scanio: "Berlusconi ha danneggiato il paese, tanto che oggi gli italiani stanno peggio. Il potere d'acquisto è drammaticamente calato, i prezzi sono andati alle stelle"(5/02/05)Rosy Bindi: "prova del disastro sociale a cui hanno portato le dissennate politiche del governo, è proprio il fatto che la destra non ha tutelato il potere d'acquisto delle famiglie" (6/10/05)Questo è un esempio di campagna di disinformazione. PEr il benessere dei cittadini ciò che conta è l'aumento o la diminuzione della loro capacità di spesa, e quindi la relazione tra dinamica dei prezzi e dinamica dei valori nominali dei redditi e della ricchezza.Per rispondere a questa domanda basta consultare i dati istat. Questi affermano che nel quadriennio 2001/2004 a fronte di un aumento del pil reale( calcolato a prezzi costanti) del 1.9% il reddito disponibile è aumentato del 2.5%, mentre l'aumentare complessivo delle retribuzioni lorde è aumentato del 4.6%.Un incremento continuo che riflette la bassa crescita del perido, ma non la diminuzione.I dati relativi all'incremento del costo della vita,(indice NIC), indicano che nel corso del quadriennio 2001/2004 non vi è stata alcuna diminuzione delle retribuzioni medie in termini reali, cioè non è diminuito il potere d'acquisto. Includendo nel calcolo i dati provvisori sul 2005 si può dire che neanche qui abbiamo una diminuzione.Bisogna poi considerare che il gorverno di centrodestra ha lavorato in un periodo di congiuntura economica sfavorevole.

lunedì 27 marzo 2006

venerdì 24 marzo 2006

Trappolone per il ceto medio. Nicola Porro

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=76291

A proposito di tassazione delle rendite e imposte di successione

L'apocalisse elettorale. Pierluigi Battista

Sembrava che, nelle coscienze di tutti, si fosse dissolto lo spettro di una competizione elettorale vissuta come una guerra civile simulata. Sembrava. Ma l’atmosfera intossicata che si respira a quindici giorni dal voto dimostra quanto sia ancora tenace in Italia la distorsione apocalittica della lotta politica. Si poteva sperare che l’alternanza democratica tra schieramenti contrapposti fosse finalmente stata interiorizzata come evento normale, fisiologico, non traumatico. Purtroppo non è così. Prevale l’allarme, l’isteria, il clima da scontro finale e catastrofico che terrorizza chi è destinato a perdere (guai ai vinti): mentre chi perde, in una democrazia matura, dovrebbe solo creare le condizioni per potersi riscattare alle elezioni successive, come avviene in tutto l’Occidente democratico.
Invece gli Usa diramano una nota (di paternità non proprio certa) in cui si dà l’allerta per eventuali violenze che potrebbero devastare e insanguinare l’Italia alla vigilia del voto. Così si alimenta obliquamente un «clima d’angoscia» collettiva, ha osservato Romano Prodi. Ma l’angoscia è già una presenza palpabile e incombente in questa sgangherata campagna elettorale. Il presidente del Consiglio rovescia un topos solitamente diretto contro la sua persona, e proclama lo stato di «emergenza democratica ». Si disegna lo scenario disastroso e dal sapore sudamericano di capitali in fuga preventiva dall’Italia nelle mani del centrosinistra (forse) trionfante. Si alimenta un clima da ultima spiaggia della democrazia. Si deformano fino alla caricatura le tesi degli avversari in materia sociale ed economica. Si evoca il fantasma del grande complotto, l’incubo di una catena di poteri che agisce nell’ombra per vessare in modo definitivo la metà dell’Italia soccombente alle elezioni.
Prodi sostiene che c’è una «strategia» e che lo scopo di questa strategia è di incendiare nel parossismo allarmistico la transizione a un nuova maggioranza politica. Tuttavia, se si tratta di una «strategia», stupisce che nel centrosinistra alberghi la tentazione tanto potente (ed evidentemente non condivisa dal candidato premier) di cadere nelle reti strategiche dell’avversario. Non sembra ad esempio cosa avveduta minimizzare sugli assalti della piazza estremista alle manifestazioni di Forza Italia. O sorvolare sulle parole estreme di un leader come Diliberto, che accusa gli avversari di avere le mani «grondanti di sangue». O non arginare la mistica della «mobilitazione antifascista» con cui i gruppi a sinistra della sinistra giustificano una prassi della violenza come non si vedeva da anni. O minacciare rappresaglie severe ai danni dello sconfitto, da colpire con vendicativi provvedimenti ad personam.O addirittura rischiare la delegittimazione di un atto solenne del capo dello Stato, sprofondando nella polemica postuma contro il «mercenario» Quattrocchi. O dipingere il «caimano» come il responsabile di un trama golpista, diretta a impedire con la violenza aperta la prevalenza dei «veri» democratici.
Adesso bisogna dimostrare che la guerra civile (sia pure a bassa intensità) non è la maledizione che imprigiona l’Italia in un destino che sembrava esorcizzato per sempre. Dimostrare, soprattutto, che l’esperienza dell’alternanza democratica di questi dieci anni e oltre non è stata vana ma ha inciso nella mentalità collettiva con una forza maggiore dei richiami della foresta. E che la normalità democratica non sia più, finalmente, una chimera irraggiungibile.

giovedì 23 marzo 2006

mercoledì 22 marzo 2006

Due strategie a confronto. Gianni Baget Bozzo

Due strategie sono a confronto nelle elezioni politiche italiane. Una strategia è quella che punta sul movimento autonomo della società e sul suo adattarsi alle regole della globalizzazione, che comporta una grande flessibilità rispetto all'organizzazione dello stato sociale; comporta una politica fiscale e una politica del lavoro in grado di sollecitare l'iniziativa degli imprenditori per produrre ricchezza. Questa strategia è stata impersonata da Berlusconi: certamente la sua esperienza di imprenditore ha avuto peso nella formazione di questa concezione. La legge Biagi e la politica fiscale che ha teso a non gravare la mano sulle imposte, anche nel caso dei redditi più elevati, erano infine i provvedimenti più rispondenti alla dinamica spontanea della società. E' stato, quello di Berlusconi, un modello di politica liberale, anche se è mancato spesso il linguaggio per spiegare pienamente i suoi fondamenti dottrinali. Questa politica ha privilegiato il risparmiatore, il cittadino e il contribuente, nella convinzione che essi fossero le categorie maggiormente capaci di produrre lo sviluppo economico del Paese.
La politica che Prodi propone è invece ancora il patto dei produttori, l'intesa tra sindacati e grande industria che fu il cuore della politica del Pci e fece le fortune della Fiat, riserva naturale di una grande massa operaia. Oggi Prodi propone la forte riduzione delle imposte sul lavoro, di origine previdenziale, per gravare la mano sul cittadino, sul risparmiatore e sul contribuente. Ciò aumenta sicuramente il profitto degli industriali e il potere dei sindacati. Ma, contestualmente alla modifica radicale della legge Biagi, confonde la flessibilità con il precariato, perché vuole ridurre all'accordo tra sindacati e industriali il governo del mercato del lavoro. Da una società liberale si passerebbe a una società corporativa, che era il modello di società italiana prima della globalizzazione. Sarebbe una restaurazione selvaggia, tesa a trasformare attraverso il gravame fiscale i cittadini in sudditi - il modello classico della cultura comunista.
Due strategie a confronto: una fondata sulla libertà, l'altra fondata sulla sudditanza. Se a ciò si aggiunge il fatto dell'alleanza della sinistra con la magistratura, si comprende come il potere fiscale e il potere giudiziario, divenuti dominanti, minerebbero le condizioni sociali della libertà in tutte le sfere della vita.

Luisa Todini forever

Ieri sera a Ballarò è andata in scena la solita propaganda di sinistra con la "partecipazione straordinaria" di Diego Della Valle.
L'ultima arma letale della sinistra contro Berlusconi ha dimostrato tutti i suoi limiti e ben presto, ne sono certo, verrà lasciato solo. Figuratevi che persino Floris, che lo ha fatto parlare in continuazione, lo ha interrotto in un paio di occasioni. Lo "scarparo"- come viene difinito il proprietario della Tod's da Anna Falchi - ha espresso tutte le sue capacità che si riducono a poche idee, ben confuse ed esposte peggio.
Pecoraro Scanio, sempre presente in televisione nonostante rappresenti due elettori su cento, è talmente prevedibile che potrebbe parlare in playback , Fassino, teso come una corda di violino e pallido da far paura, non riusciva ad essere credibile, Sacconi sempre preciso e documentato insieme a Landolfi ha difeso i colori del centrodestra, perché a Ballarò si gioca fuori casa e quasi senza tifosi al seguito.
La rivelazione della serata, però, è stata Luisa Todini.
La bella e giovane signora è amministratore delegato dell'omonima impresa che opera nell'ambito delle costruzioni a livello internazionale. Floris non le ha concesso molto, proprio perché brava ed efficace, ma la signora è riuscita con pochissimi e brevi interventi a spiazzare, senza possibilità di replica interessata, i signori della sinistra. Ha detto che la sua impresa ha fatto molte assunzioni prevalentemete a tempo indeterminato, che il Governo ha cantierato le opere che dice, che Berlusconi non è andato a Vicenza per dividere, ma ha portato passione e dato una spinta agli industriali e che l'Italia non è allo sfascio e l'economia è in ripresa.
Se le liste elettorali non fossero già fatte la signora Luisa Todini meriterebbe di essere inserita a pieno titolo: Silvio vogliamo sempre lei d'ora in poi a Ballarò.

martedì 21 marzo 2006

L'occasione persa e il programma per un futuro diverso. Arturo Diaconale

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=61&id=1274&aa=2006

Il "ruggito" di Berlusconi forse non è arrivato tardi, ma se fosse arrivato prima...

La disfatta delle prime file. Paolo Del Debbio

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=75527

I molti applausi per Berlusconi e i pochi per Prodi al convegno della Confindustria a Vicenza

La cultura del piagnisteo. Giuliano Ferrara

L’offensiva ideologica sul precariato e la fine della “suggestione liberale”

Nessuno ha voglia, tantomeno noi, di dare lezioncine in nome del mercato. Si può essere liberisti senza illusioni, liberisti del buonsenso, liberisti provvisori, sebbene lo spazio ideologico perimetrato dagli ideologi di sinistra preveda soltanto liberisti sfrenati, sebbene sia in crisi per tanti motivi la “suggestione liberale” di cui parlava Pierluigi Battista giorni fa nel Corriere. Ma questa polemica sul precariato sociale, fondata su numeri a loro volta precari e su ragionamenti di un’impressionante esilità logica, ha tutta l’aria di una grande trappola culturale scattata in Italia e altrove in Europa, basti guardare a quel che succede in Francia, come reazione cieca ai nuovi sviluppi dell’economia e del lavoro nel mondo.
I fatti sono questi e solo questi: dove c’è maggiore protezione, nel senso della stabilità contrattuale e della rigidità nelle tipologie di lavoro, c’è meno lavoro, e in particolare meno lavoro per i giovani. In America si licenzia, e lì c’è più lavoro, più crescita, meno tasse, un reddito più significativo, maggiore propensione agli investimenti e ai consumi, maggiore mobilità sociale, più eccitanti speranze di vita responsabile e libera, più ricerca, più istruzione e migliore, più innovazione. Dove il posto a vita è un miraggio per pochissimi, si vivono vite meglio ancorate al lavoro, il tasso di incremento della popolazione è maggiore, il futuro è più sicuro. Squilibri e disuguaglianze, piaghe sociali purulente non mancano anche lì, ma la capacità di accoglienza delle moltitudini e di convivenza in un paese che realizza nella libertà d’impresa la sua coesione sociale, e non la persegue nell’irregimentazione del mercato, è assolutamente incomparabile con la nostra, con quella europea.
L’Economist ha dei dubbi sulla forma contrattuale assunta in Francia dalla riforma del codice del lavoro, come si possono avere dubbi su alcuni aspetti della legge Biagi (obiezioni che Prodi ha genericamente riproposto all’assemblea di Confindustria), ma la conclusione è questa: “La vera vergogna francese, e la causa più chiara delle sommosse d’autunno nelle banlieues, è la disoccupazione di massa” in un paese che al contrario della liberista e thatcheriana o blairiana Inghilterra ha un lavoratore su dieci fuori del mercato, uno su quattro escluso tra i giovani, e uno su due negli ambiti sociali più svantaggiati: “Questa è la vera insicurezza”, scrive il settimanale britannico con ragione. In Italia dopo la riforma del mercato del lavoro la disoccupazione è calata molto al di sotto della media francese (tre punti), e questo è un vantaggio evidente, che solo la cultura socialmente corretta del piagnisteo può cancellare, dovesse in aprile andare al governo.

Andrea's version. il Foglio

Scegliete due belle teste, fate loro uno shampoo, prendete un libro di Biagi, svuotatelo, riempite di mazzette quanto basta, avvisate Romiti, bagnate con uno spruzzo di Cinzano. Avrete intanto predisposto a parte in una grossa ciotola: due foularini di seta e cachemire, due giacchette blu di cachemire, quattro scarpine con i pallini, due braccialettini da polso che fanno tanto selvaggio, due fazzolettini da prima comunione di cui almeno uno a tre punte, un giornalone italo-anglosassone, due paia di guanti da guida sportiva, due golfini di cachemire, due cappottini di cachemire, due mutande di cachemire e comunque, di cachemire, più ce n’è meglio è. Prendete ora le due teste stando bene attenti a non spettinarle, ravvivatene la chioma, apritele con delicatezza. Se dentro non c’è niente, non c’è niente. Se qualcosa trovate, estraete con delicatezza e ponete il contenuto in un bicchierino. Da rosolio basterà. Prendere ora la vagonata di cachemire predisposta nel ciotolone, cardarla il giusto, cotonarla a neve e farcire. Buttate pure il bicchierino e fate accomodare gli ospiti nel tinello buono. Il vostro Diego Luca Cordero Della Montezemolo di Valle è pronto.

Il custode del blocco di potere. Gianluigi Da Rold

http://www.essereliberi.it/modello_articolo.php?id_artic=520&recordinizio=0#top

La vicenda del Corriere vista da chi ne conosce bene la storia

lunedì 20 marzo 2006

Facciamo noi l'unione

A venti giorni dal voto i motori sono già caldi e non ci resta che partire.
Noi blogger abbiamo la forza della rete dalla nostra, con le migliaia di contatti che il web ci consente, con la visibilità dei nostri siti e con l'entusiamo di chi comunica agli altri le proprie idee e aspirazioni.
Come ogni blogger che si rispetti navigo molto in rete e cerco compagni, pardon, amici di ventura e siti di ispirazione e notizie. A parte tutti quelli che fanno parte di B4CdL e che sono elencati qui a fianco, vorrei segnalare ai visitatori di questo mio blog i siti che possono fare parte di una grande rete collegata e interattiva dove il passa-parola moltiplichi in modo esponenziale le visite.
Lo sforzo è solo per venti giorni perché il nostro scopo è arrivare a vincere le elezioni.
Dunque cominciamo dall'informazione:
www.ilgiornale.it www.ilfoglio.it www.opinione.it www.ragionpolitica.it www.ilpungolo.com www.ildomenicale.it www.ideazione.com www.legnostorto.it
istituti di ricerca e culturali:
www.magna-carta.it www.brunoleoni.it
aggregatori:
www.tocque-ville.it www.lisistrata.com
siti personali di giornalisti e studiosi:
www.benedettodellavedova.com www.davidegiacalone.it www.gaetanosaglimbenitaormina.it www.renatobrunetta.it www.massimoteodori.it
siti vicini a Berlusconi e alla Casa delle Libertà:
www.ilcircologiovani.blogspot.com www.motoreazzurro.it www.silvioberlusconifansclub.org www.retedellelibertà.it www.versoilvoto.it www.essereliberi.it .
Aggiungo un paio di blog che mi pare non compaiano nella lista a fianco:
www.forzaitaliablog.blogspot.com www.insiemeforzaitalia.ilcannocchiale.it

Sarò lieto di farvi conoscere altri blog e siti amici se mi userete la cortesia di segnalarmeli.

Perché Berlusconi ha vinto politicamente il suo duello con Prodi. Raffaele Iannuzzi

http://www.ragionpolitica.it/testo.5145.html

Ancora commenti e riflessioni sul faccia a faccia televisivo

venerdì 17 marzo 2006

Chi dice che ha vinto Prodi è in malafede

E' vero il Cavaliere non era in forma.
Le regole del confronto lo ingessavano e lo costringevano alla sintesi e alla scelta delle priorità.
L'aspettativa aveva caricato di tensione non solo i protagonisti, ma anche conduttore e giornalisti.
Lo studio televisivo era troppo bianco e asettico da sembrare un frigorifero e la partenza del faccia a faccia è stata lenta, stentata e noiosa.
Non che il resto del confronto sia stato particolarmente avvincente, ma qualche guizzo di interesse c'è stato.
Prodi annaspava, girava intorno agli argomenti, diceva banalità scontate e sembrava uno studente impreparato sotto esame.
Berlusconi ad ogni domanda avrebbe potuto rispondere per ore e per altrettante avrebbe voluto replicare a Prodi: dovendo andare al sodo ha snocciolato cifre e dati che forse non fanno sognare ma guardano in faccia alla realtà.
Prodi sbirciava il timer con ansia in evidente affanno non vedendo l'ora che il tempo a sua disposizione scadesse, e infatti non ha mai sforato. Berlusconi, che ha quasi sempre oltrepassto il limite, pur non guardando il timer sentiva il fiato sul collo del trascorrere del tempo e dava la sensazione dello studente che temeva di non poter dimostrare di essere preparato.
L'aria fritta di Prodi ha prodotto una leggera brezza in un paio di occasioni.
La prima quando, parlando dell'euro, ha detto che i prezzi sono aumentati più a Bolzano che a Innsbruck: non sono in grado di contestare questa affermazione, ma sarebbe buona cosa che l'aspirante premier citasse le fonti.
Per quanto riguarda la seconda" brezza" la fonte è la Gazzetta Ufficiale.
Prodi ha avuto il coraggio di smentire Berlusconi rivendicando l'abolizione della leva militare.
La legge n. 331 del 14 novembre 2000 votata del centrosinistra così recita all'articolo 3:
"Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari che si esprimono entro sessanta giorni dalla data di assegnazione del relativo schema, corredato dai pareri previsti dalla legge, un decreto legislativo per disciplinare la graduale sostituzione, entro sette anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa".
Nel fumoso e dilatorio politichese che caratterizza il centrosinistra si dice che il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo che abolisca la leva entro il 2007/2008.
La sinistra FORSE avrebbe abolito la naja, certamente con molti "se" e molti "ma".
La legge che ha veramente abolito la leva obbligatoria è del Governo Berlusconi: si tratta della numero 226 del 23 agosto 2004.

Tornando al duello, un elettore indeciso e in buona fede che avesse voluto apprendere qualcosa, di certo non si poteva accontentare di promesse fumose basate sul nulla e richiami alla felicità organizzata dallo Stato. Se vogliamo dire che Berlusconi non era particolarmente brillante e che Prodi è stato agevolato dai limiti di tempo nelle sue arrampicate sugli specchi, va bene; ma se siamo seri, politicamente parlando, martedì sera si sono affrontati un gigante ed un nano... e il nano non era Berlusconi.

martedì 14 marzo 2006

Berlusconi e Prodi: il popolo e il potere. Gianni Baget Bozzo

Un duello, si dice. Ma un confronto ossificato in regole che evitano il corpo a corpo indica piuttosto una sorta di conferenza parallela, un confronto che non è un vero faccia a faccia. Certamente la sfida è maggiore per Berlusconi, perché Prodi può contare sul vasto zoccolo duro della sinistra, che vota indipendentemente dal candidato che la rappresenta, mentre il presidente del Consiglio deve fare affidamento sull'elettorato mobile, che sceglie il volto prima che il programma. Nel caso della sinistra, l'identità è tutto, nel caso della destra è tutto la scelta. Il vero sfidante è in questo caso Berlusconi, nonostante egli ricopra una carica istituzionale, perché Prodi è il possessore dello schieramento più vasto e più radicato nel Paese. Inoltre, Prodi ha anche il favore della stampa, in grandissima maggioranza schierata a sinistra, e che quindi il giorno dopo lo proclamerà vincitore del confronto.
Combattere in queste condizioni significa per Berlusconi combattere con una linea non conformista, con un linguaggio non politicamente corretto. Curiosamente, i ruoli sono invertiti. Storicamente è la sinistra che gioca sul dissenso e la destra sul consenso, la sinistra gioca per la differenza, la destra per il sentire comune. Questa volta i ruoli sono in qualche modo rovesciati: è Berlusconi che parla in nome del cambiamento della forma di potere in Italia, è Prodi la figura della conservazione del sistema dei rapporti di potere oggi esistente. La storia di Berlusconi appare dunque segnata da una vocazione eroica a cambiare la realtà del potere; egli gioca tutto in prima persona, evoca straordinariamente la sfida del singolo dinanzi alla collettività. Berlusconi combatte in persona propria, Prodi è il delegato dei gruppi di potere. Eppure è Berlusconi che domina il confronto, perché le elezioni sono un referendum su di lui. E' lui il personaggio, Prodi è solo una comparsa. Berlusconi ha, in ogni caso, segnato la storia del Paese; Prodi, in ogni caso, non è che l'espressione delle cronache del potere.
Il regime invisibile che la cultura di sinistra ha teso sul Paese pesa sul corpo elettorale, e coloro che voteranno per Berlusconi voteranno contro questo regime nascosto ma ben sperimentato: il controllo, da parte della sinistra, del linguaggio politico. Berlusconi ha per sé il senso comune della gente comune, Prodi è l'investito del partito intellettuale. Una sfida esemplare e singolare, che fa di queste elezioni un laboratorio politico. Esse si svolgono fuori da ogni schema europeo, sono un fatto radicalmente nuovo nel rapporto tra il popolo basso e il popolo alto, tra chi vive il quotidiano nella sua modestia e chi gode del privilegio di appartenenza al ceto politico come dimensione dominante.
Una sfida tra la libertà e la conformità. Queste elezioni sono difficilmente rappresentabili col linguaggio politico perché avvengono sulla differenza tra popolo e politica: Berlusconi è il simbolo del popolo contro il linguaggio del potere.

Le cattive lezioni sui conti. Geronimo

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=73678

Geronimo polemizza con Francesco Giavazzi e fa chiarezza sull'avanzo primario dei conti pubblici

lunedì 13 marzo 2006

Berlusconi e il cane di Pavlov

Ivan Pavlov fu un fisiologo russo che poco più di cento anni fa, studiando la corteccia cerebrale, fece un esperimento rimasto nei libri di scienza. Comprendendo bene i meccanismi della digestione (per cui nel 1904 si meritò il premio Nobel ) e conoscendo gli stimoli che provocano la salivazione alla vista del pasto ( la cosiddetta acquolina ), fece un esperimento con un cane. Immediatamente prima di somministrargli il cibo, per più giorni, faceva suonare una campanella, finché non si accorse che il cane reagiva con la salivazione al semplice suono della campanella anche in assenza del pasto. Da questo esperimento nacque il termine di riflesso condizionato.
Mi pare che la sinistra nel nostro Paese abbia una forma molto accentuata di questa patologia: ogni volta che Berlusconi parla, qualsiasi cosa faccia, qualunque comportamento tenga, per la sinistra scatta il riflesso condizionato del rifiuto, della critica e dell'insulto.E' un peccato che il popolo della sinistra sia così pervicacemente ostile al Capo del Governo; se boccia tutto, ma proprio tutto, quello che ha fatto Berlusconi, diventa poco credibile. All'opposto, da quando è comparso sulla scena della politica il Cavaliere, praticamente tutto quello che propina la sinistra va bene: Prodi, Amato, D'Alema e Rutelli come Presidenti del Consiglio, leader come Diliberto e Mastella che sono agli antipodi, il figlio di Craxi e Di Pietro, per non parlare dei candidati. Qualsiasi proposta della sinistra, ogni presa di posizione, tutte le critiche vanno bene perché sono il riflesso condizionato dell'odio verso Berlusconi. Dispiace che gli elettori di Prodi siano costretti ad un voto contro e non ad una scelta per qualcuno o qualcosa: lo schieramento del centrosinistra è talmente varopinto e controverso che si rischia di votare tutto e il contrario di tutto. Ai leader della sinistra non importa se ci sarà poca chiarezza o confusione, l'importante è che scatti il riflesso pavloviano del votare qualsiasi avversario di Berlusconi.

giovedì 9 marzo 2006

Gli interessi dei "poteri forti"

Quando un giornalista assume una posizione politica, esprime un'opinione personale che non coinvolge il giornale per cui scrive, quando, invece, il direttore dichiara le proprie simpatie, determina la linea del giornale. Mieli ha determinato la linea editoriale del Corriere della sera.
Ora il suo articolo di fondo con il quale si schiera apertamente a favore del centrosinistra ha, secondo me, due implicazioni di non poco conto.
La prima: molti lettori hanno finalmente aperto gli occhi e capito che il principale quotidiano italiano indipendente non è super partes, ma allineato a sinistra. A questo punto ci sarà chi dovrà dare ragione a Berlusconi e ricredersi a proposito dello strapotere mediatico del Cavaliere e del potere di nomina e revoca dei direttori. Forse il Corriere perderà lettori anche se è più probabile un travaso da sinistra.
La seconda ( molto più importante ): Mieli non può aver agito senza il consenso della Proprietà.
La presa di posizione di un giornale che si professa indipendente non è senza conseguenze in termini di credibilità e di perdita di lettori: se il direttore ha preso la decisione di schierarsi, significa che gli interessi in ballo sono molto più rilevanti della perdita di lettori o di prestigio.
Quali sono questi interessi?
Andiamo prima a vedere chi sono i principali azionisti del Gruppo Rizzoli Corriere della sera: Capitalia, Pirelli, Banca Intesa, Assicurazioni Generali, Diego Della Valle, famiglia Agnelli, Mediobanca, Ligresti, Pesenti e Ricucci.
Perché questi cosiddetti poteri forti fanno il tifo per Prodi? Perché i banchieri si sono esposti tanto da andare a votare Prodi alle primarie? Perchè Della Valle e Montezemolo attaccano Berlusconi?
Provo a rispondere: Prodi è manovrabile e lavora per loro. Berlusconi, che viene attaccato per il conflitto di interessi, è deciso a liberalizzare il mercato del credito e delle assicurazioni, vuole introdurre vera concorrenza e non è suscettibile di ricatti.
Allora chi si muove per propri interessi finanziari e chi nell'interesse del Paese?
Chi può trarre vantaggi concreti e cospicui dalla vittoria del centrosinistra?
Chi è veramente in conflitto di interessi con la nazione?
Berlusconi fa paura perché ha un programma che mina gli oligopoli bancari e assicurativi, che non prevede rottamazioni, aiuti statali e che punta sull'efficienza e il libero mercato.
E lo realizzerà.
Con questa chiave di lettura si interpretano certe polemiche e si chiariscono atteggiamenti e prese di posizione: è la persona di Berlusconi che viene deleggittimata perché solo lui è in grado di portare a termine il programma che, per altro, non può essere criticato apertamente.

mercoledì 8 marzo 2006

La scelta del 9 aprile. Paolo Mieli

Paolo Mieli schiera il Corriere a sinistra: non avevamo dubbi...

A dispetto di quel che da tempo attestano, unanimi, i sondaggi, il risultato delle elezioni che si terranno il 9 e 10 aprile appare ancora quantomai incerto. È questo un buon motivo perché il direttore del Corriere della Sera spieghi ai lettori in modo chiaro e senza giri di parole perché il nostro giornale auspica un esito favorevole ad una delle due parti in competizione: il centrosinistra. Un auspicio, sia detto in modo altrettanto chiaro, che non impegna l’intero corpo di editorialisti e commentatori di questo quotidiano e che farà nel prossimo mese da cornice ad un modo di dare e approfondire le notizie politiche quanto più possibile obiettivo e imparziale, nel solco di una tradizione che compie proprio in questi giorni centotrent’anni di vita.

La nostra decisione di dichiarare pubblicamente una propensione di voto (cosa che abbiamo peraltro già fatto e da tempo in occasione delle elezioni politiche) è riconducibile a più di una motivazione. Innanzitutto il giudizio sull’esito deludente, anche se per colpe non tutte imputabili all’esecutivo, del quinquennio berlusconiano: il governo ha dato l’impressione di essersi dedicato più alla soluzione delle proprie controversie interne e di aver badato più alle sorti personali del presidente del Consiglio che non a quelle del Paese. In secondo luogo riterremmo nefasto, per ragioni che abbiamo già espresso più volte, che dalle urne uscisse un risultato di pareggio con il corollario di grandi coalizioni o di soluzioni consimili; e pensiamo altresì che l’alternanza a Palazzo Chigi - già sperimentata nel 1996 e nel 2001 - faccia bene al nostro sistema politico. Per terzo, siamo convinti che la coalizione costruita da Romano Prodi abbia i titoli atti a governare al meglio per i prossimi cinque anni anche per il modo con il quale in questa campagna elettorale Prodi stesso ha affrontato le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento.

Merito, questo, oltreché di Romano Prodi, di altre quattro o cinque personalità del centrosinistra. Il leader della Margherita Francesco Rutelli, che ha saputo trasformare una formazione di ex dc e gruppi vari di provenienza laica e centrista in un moderno partito liberaldemocratico nel quale la presenza cattolica è tutelata in un contesto di scelte coraggiose nel campo della politica economica e internazionale. Piero Fassino, l’uomo che più si è speso per traghettare, mantenendo unito e forte il suo partito, la tradizione postcomunista nel campo dominato dai valori di cui sopra. I radicalsocialisti Marco Pannella e Enrico Boselli che con il loro mix di laicismo temperato e istanze liberali rappresentano la novità più rilevante di questa campagna elettorale. Fausto Bertinotti, il quale per tempo ha fatto approdare i suoi alle sponde della nonviolenza e ha impegnato la propria parte politica in una nitida scelta al tempo della battaglia sulle scalate bancarie (ed editoriali) del 2005.
Noi speriamo altresì che centrosinistra e centrodestra continuino ad esistere anche dopo il 10 aprile. E ci sembra che una crescita nel centrodestra dei partiti guidati da Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini possa aiutare quel campo e l’intero sistema ad evolversi in vista di un futuro nel quale gli elettori abbiano l’opportunità di deporre la scheda senza vivere il loro gesto come imposto da nessun’altra motivazione che non sia quella di scegliere chi è più adatto, in quel dato momento storico, a governare. Che è poi la cosa più propria di una democrazia davvero normale

martedì 7 marzo 2006

Anche gli Agnelli piangono, e ( se serve) cacciano i soldi. Ferruccio Formentini

“Questi qui non sanno come va il mondo” è un’espressione un po’ equivoca. Solitamente viene usata da chi tenta di giustificare furbate, prevaricazioni, intrighi. Fassino non è cortese a mettere simili parole in bocca all’Avvocato che non può replicare. I fatti hanno dimostrato che “questi qui”, quelli della Cdl, ben sapevano invece “come va il Paese” quando c’è di mezzo la Fiat: i guadagni agli Agnelli e le perdite agli italiani. Dice ancora Fassino: “Nel 2001 Agnelli temeva l’arrivo del Polo” e con ragione, visto il colpevole degrado in cui era precipitata la prima azienda automobilistica italiana. Non per caso c’è voluto questo Governo per mutare l’andazzo: gli italiani si rimboccavano le maniche per risanare l’azienda ma per cominciare questa volta gli Agnelli “cacciavano la grana” o fallivano. E alla fine “uscirono i piccioli”.

Intervista a Benedetto Della Vedova dei RL. Dimitri Buffa

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=47&id=969&aa=2006

I radicali del centrodestra avranno più libertà e saranno meno condizionati dei radicali della Rosa nel pugno

Il caro petrolio aguzza l'ingegno. il Foglio

E rende convenienti investimenti finora inesplorati. Ecco alcuni esempi

Il rialzo del prezzo del petrolio e le tensioni politiche stanno cambiando velocemente la scena energetica mondiale. Nei giorni scorsi è stato varato il gasdotto dall’estremo Canada, in zona polare, a Chicago, col diametro pari all’altezza d’un giovinetto. Poi è stato annunciato che le multinazionali ora progettano un investimento colossale nelle sabbie petrolifere canadesi. L’estrazione dell’oro nero dalla sabbia finora non era risultato conveniente, anche se i giacimenti sono enormi, dati i costi per la depurazione con temperature elevate. Ma con il greggio sopra i 40 dollari il barile l’operazione è economica. Ora arrivano altre due notizie, sul metano e gli emirati arabi, area che nello scenario dopo Saddam è considerata sicura. Gli emiri chiedono ai petrolieri occidentali tecnologie per l’estrazione e la depurazione del gas ad alto tenore di zolfo, che sino ad ora reimmettevano nei pozzi petroliferi o lasciavano nel sottosuolo, per mancanza di redditività. Superati i 40 dollari, il quadro cambia.
Gli emiri ora vogliono trasformare il gas solforoso in energia pulita per i loro impianti energetici e di termo-refrigerazione, al posto del petrolio, che si vende così bene sui mercati internazionali. Si fa avanti anche un altro progetto, quello che prevede la trasformazione del gas in benzina ed è noto col nome di Gtl (gas to liquid), un vecchio brevetto della Germania di Hitler in tempo di guerra teso a ottenere dal carbone il gas e poi la benzina. Il piano venne ringiovanito in Sud Africa, durante l’embargo occidentale che stimolò la ricerca di una soluzione autarchica con il carbone locale. Col petrolio sopra i 40 dollari, il processo è interessante anche per l’esportazione di diesel da metano, per auto, in concorrenza con le benzine più leggere. Anche perché il Gtl inquina assai meno della benzina. La sudafricana Sasol e la Qatar petroleum stanno costruendo un primo impianto. Nel prossimo decennio s’investiranno negli emirati 40 miliardi di dollari in Gtl. I giapponesi lo prenotano per Tokyo mentre Toyota prepara motori ad alto rendimento, ecologici e brillanti. Così il caro prezzi e le tensioni politiche generano, per chi sa investire, i fattori di riequilibrio.

lunedì 6 marzo 2006

La svalutazione della lira

Ce ne siamo accorti tutti: la lira si è svalutata del 1936,27%.
Non è una battuta perché se ci pensiamo, oggi possiamo comperare, con un euro, quello che costava 1936 lire. Ovviamente la svalutazione è solo virtuale e nella nostra mente, ma il cambiamento non è stato indolore.
Considerando che l'unità di misura dei prezzi era mille lire, si è indotti a pensare l'euro equivalente a mille lire: in questo caso la rivalutazione dell'euro è del 100%.
Abituati da sempre a ragionare in migliaia, l'impatto con la moneta unica è stato tutt'altro che facile da assimilare. I prezzi sono schizzati in alto per colpa di chi ha approfittato del cambio per arrotondare o semplicemente e criminalmente per togliere tre zeri al prezzo in lire.
Purtroppo noi consumatori ci siamo trovati impotenti e indifesi e non abbiamo reagito come sarebbe stato giusto: denunciando gli abusi o limitandoci a boicottare tutti gli esercizi pubblici che avevano sfruttato la situazione.
Rimane sempre la sana abitudine di fare il cambio con la lira come quando si andava all'estero e, se possibile, cercare di rimandare gli acquisti importanti al periodo dei saldi, scegliere i negozi più convenienti, contrattare il prezzo quando è possibile e fare attenzione alle monetine che non sono da sottovalutare. Ricordiamoci che 50 centesimi sono quasi le mille lire di un tempo: se le diamo come elemosina facciamo contenti tutti i mendicanti che incontriamo, ma non facciamo bene al portafoglio.
Sono consapevole che l'introduzione dell'euro con gli aumenti indiscriminati dei prezzi abbia costretto molte famiglie a forti risparmi e che per una certa parte di lavoratori dipendenti la fine mese sia sempre più difficile da superare. Non credo che questo Governo abbia particolari colpe perché non è possibile impedire la libera concorrenza e sappiamo bene cosa provocano i prezzi imposti ( vedi equo canone ), tuttavia mi auguro che nella prossima legislatura si possa studiare qualche correttivo e mettere in opera controlli mirati.
Noi, però, dobbiamo fare la nostra parte.
I nostri genitori e nonni hanno dato sempre il giusto valore al denaro, hanno risparmiato, fatto sacrifici e rinunce per costruire un avvenire per loro e per i loro figli.
Credo che il consumismo sfrenato non faccia bene a nessuno e qualche rinuncia oggi, per stare bene domani, non sia così disastrosa.
Insegnamo ai giovani il valore del denaro e l'importanza del risparmio: sarà un bene per tutti.

venerdì 3 marzo 2006

Oliviero l'impresentabile non può stare nell'Unione. il Riformista

Romano Prodi ha preferito tacere: «Commentare Diliberto? Meglio di no». Sergio Chiamparino si rifugia dietro una questione di stile: «E’ sempre così truce». Ma le frasi pronunciate da Oliviero Diliberto non possono passare sotto silenzio né essere ridotte a galateo politico. No, è in gioco una questione di sostanza, è in gioco la linea politica dell’unione, la sua identità e la serietà del governo che vuole andare a formare dopo il 10 aprile. Diliberto, tra l’altro, aspira a un posto di ministro. Non se lo merita. Anzi, non merita nemmeno di essere candidato. Oliviero Diliberto è un impresentabile.Che cosa ha detto il segretario del Pdci (segretario non militante di base, di uno dei partiti che fanno parte organicamente dell’Unione, è sempre bene ricordarlo)? Ha detto, riferito al discorso di Silvio Berlusconi al Congresso degli Stati Uniti: «E’ uno schifo. E’ raccapricciante. Sono andati a stringersi mani grondanti di sangue». Tutte le mani, anche quelle di Hillary Clinton, perché per Diliberto tutti gli americani grondano sangue, i politici Usa in quanto tali sono degli assassini. Che differenza c’è tra queste affermazioni e quelle dei terroristi islamici? E’ chiaro che Diliberto non fiancheggia il terrorismo, ma se un terrorista attaccasse non solo la Casa Bianca, ma il Congresso, la sede del potere legislativo, Oliviero l’impresentabile stapperebbe champagne o magari scenderebbe in piazza al grido: «giustizia è fatta» (magari inforcando i suoi adorati ray-ban)? E’ anche lui tra quelli che in cuor loro gioivano mentre le Twin towers si sgretolavano l’11 settembre 2001? E’ convinto nel profondo di se stesso che Osama bin Laden sia il vendicatore dei dannati della terra? Qui siamo ben oltre la critica a Bush, oltre la polemica contro l’intervento in Iraq, oltre l’attacco allo «spottone elettorale» di Berlusconi. Oliviero l’impresentabile dà ragione a Giulio Tremonti il quale sostiene che il 40% dell’Unione è composta di anti-americani viscerali, gente che non fa bere la Coca Cola ai propri figli non perché li renda obesi, ma perché è l’emblema dell’imperialismo. Una opposizione antropologica, pre-razionale. E uno così dovrebbe fare il parlamentare, anzi il ministro dell’Unione? Ma non scherziamo. Ieri Walter Veltroni, nel convegno di Italianieuropei, ha detto che «il rapporto con gli Stati Uniti e con l’Europa sono decisivi per l’Italia, sono aspetti fondamentali della politica estera italiana e credo che debbano essere salvaguardati con lo spirito e lo stile che si richiede in circostanze del genere». E’ chiaro a chi si riferisse anche se avrebbe fatto meglio a fare i nomi e a censurare chiaramente Diliberto. Ma Veltroni è andato anche un passettino più in là, riferendosi ai commenti del centro-sinistra al discorso di Berlusconi in Congresso. «Ieri c’erano alcune cose che mancavano nelle riflessioni successive alla giornata - ha detto - Credo che tutte le forze politiche debbano avere in questo momento senso di responsabilità e misura per non far diventare questa campagna elettorale, una compagna elettorale che metta in discussione i principi fondamentali su cui è il paese unito. Questo vale erga omnes». Dunque, se lo traduciamo bene, vale per Diliberto, ma non solo per lui. Perché in mezzo alle critiche, pur legittime, sul viaggio di Berlusconi, sull’uso politico che ne vuole fare, sull’endorsement fuori dalle regole diplomatiche che gli ha dato Bush, è mancato un importante distinguo. Una cosa è la strumentalizzazione elettorale (che va censurata) un’altra cosa è un evento che ha una portata nazionale. Al congresso non c’era Berlusconi l’amerikano, ma il capo del governo italiano e, in quanto tale, c’era l’Italia. Il presidente del Consiglio l’ha rappresentata male? Si discuta su quel che ha detto e quel che non ha detto. Così fa una seria forza di governo. Non si risponde alla propaganda elettorale con altra propaganda. Tanto meno con vergognosi insulti verso un paese alleato e un popolo amico come ha fatto Diliberto. Il caso non è chiuso, al contrario, va aperto con chiarezza e determinazione. Oliviero Diliberto non può stare in una coalizione che voglia governare un’Italia alleata e amica degli Stati Uniti.

giovedì 2 marzo 2006

L'educazione dei figli. l'Opinione

Il conte Giannino Marzotto, della dinastia tessile, regala a Forza Italia un milione per la campagna elettorale. Una delle figlie, la giovane Margherita, sente il bisogno di scrivere ai giornali per dire che lei i soldi avrebbe preferito fossero destinati a Emergency. Il padre, controtendenza a quella stranezza tutta italiana per cui i miliardari fanno finta, o magari credono, di essere di sinistra, le risponde semplicemente: ti ho dato moltissimi soldi, sei libera di dividere la tua ricchezza con chi credi, “secondo le tue generose, ma inconsistenti idee”. Inappuntabile. Sull’Unità, per coincidenza, la notizia è impaginata sopra quella di Heidi Giuliani, che sarà eletta con Rifondazione, e progetta di entrare in Senato la prima volta solo il 20 luglio, quinto anniversario della morte di suo figlio durante il G8 di Genova.

Rabbia e calcoli di bottega. Paolo Guzzanti

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=68993&START=0

La sinistra impazzisce quando Berlusconi viene applaudito dal Congresso americano

Fin che la barca va...

Condurre una barca a vela richiede competenza e preparazione.
Non è come guidare un' automobile: bisogna tenere conto del mare, dei venti e degli scogli.
Una barca a vela, di solito, si pilota in team.
Quando il mare è in burrasca e i venti contrari è fondamentale che lo skipper sia abile ed esperto ed il team affiatato e unito.
Con il mare calmo ed il vento in poppa la barca scivola sulle onde senza troppo impegno per il timoniere che si limita a tenere la situazione sotto controllo.
L' Italia può essere paragonata ad una barca a vela e lo skipper con il suo team al Governo.
Non siamo cresciuti, non siamo andati avanti in questi anni, ma eravamo in piena burrasca e rischiavamo il naufragio.
Con un altro skipper come sarebbe andata la barca Italia?
I precedenti Governi con mare calmo e vento in poppa non hanno fatto molte miglia e, nonostante ciò, la barca è stata consegnata al nuovo equipaggio piuttosto malconcia.
Credo che Berlusconi sia un ottimo skipper, che sappia portare bene la barca anche negli oceani, che il suo team sia valido e che meriti di pilotare ancora per una traversata.