mercoledì 26 novembre 2014

La sinistra politica? Segui i soldi e vedrai! Giorgio Alfieri


Fondazione comunista Longo, fondazione comunista Berlinguer, fondazione comunista Natta, fondazione comunista Chiaromomte, fondazione comunista Quercioli, fondazione comunista Vittorio Foa, fondazione comunista il Tricolore, fondazione comunista Bella ciao, fondazione comunista La Quercia, fondazione comunista Rinascita, fondazione Duemila, sono solo alcuni tra i numerosi enti cosiddetti no profit o morali formalmente senza scopo di lucro ma lucrosissimi proliferati grazie alla leggina Prodi del 2006 e dentro cui, affidati a fedelissimi comunisti, c’è il patrimonio immenso della sinistra politica italiana, cioè soldi, immobili, terreni, fondi, società, opere d’arte eccetera per una somma complessiva di ben mezzo miliardo di euro.

Il vecchio criterio stantio di dove stanno i soldi ha sempre una sua indubbia efficacia. Segui i soldi (e saprai decifrare la situazione). Le domande da porsi, sempre, e chi paga? Chi tiene i cordoni della borsa? Lì c’è il potere e chi lo comanda e gestisce. Qui si tratta di beni che dal partito comunista italiano sono transitati ai Ds e al partito democratico attuale. Sono un’enormità. Li “amministra”, nel senso che è detto loro da qualcuno di tirarli fuori alla bisogna il compagno Ugo Sposetti, l’attuale moglie di Massimo D’Alema Linda Giuva e Massimo D’Alema stesso che produce infatti un ottimo vino da ultimo dopo avere veleggiato per i mari pugliesi e non.

Trasparenza? Zero. Arbitrio e discrezionalità? Totale. La gran parte di queste fondazioni fanno capo ad un’associazione nazionale intitolata a Enrico Berlinguer e presieduta da Sposetti stesso, si tratta di una specie di holding che coordina ma a cui non risale nessun obbligo di rendicontazione o tenuta di bilancio alcuno, niente, non si sa niente circa la consistenza patrimoniale complessiva. Ogni ente fa quello che gli pare, cioè fa quello che vuole chi lo gestisce, sempre di sinistra però. Non c’è sito internet o bilancio pubblicato, nessun censimento, elenco o lista degli edifici o dei loro indirizzi, o dei canoni di affitto, niente, non si sa niente.

Le regioni che dovrebbero vigilare su tali enti “non profit” non pubblicano alcun bilancio delle fondazioni. Non si sa alcunchè delle loro attività non profittevoli formalmente ma nella sostanza profittevoli per molti altri versi (politici), nessun cenno o traccia sulle iniziative con cui esse “valorizzano il patrimonio culturale” del partito comunista italiano, poi pds poi ds, oggi partito democratico. C’è solo un’iniziativa, quella della “note rossa” durante cui è stato proiettato il filmetto di Walter Veltroni dal titolo Quando c’era Berlinguer e qualche serata di presentazione delle fondamentali produzioni letterarie di Massimo D’Alema, tra una regata e l’altra e prima degli ottimi vini, ca va sans dire. Il vero business di queste fondazioni è la gestione degli immobili atta a tenere alto il tesorone della sinistra politica italiana.

Fanno capo al tesorone sinistrorso edifici all over Italy, cioè in ogni dove in Italia, masserie e case in campagna, le famose case del popolo (requisite al popolo di sinistra che, come si è visto da ultimo, alle elezioni regionali in Emilia romagna, non va più a votare), centinaia di opere d’arte, quadri di artisti targati sinistra quali Guttuso poi divenuto parlamentare pci e noto perchè scopò con la modella alla fame Marta elevatasi poi a contessa della sinistra nobiliare Marzotto, Mario Schifano, Renato Birolli, Ernesto Treccani, Piero Dorazio, Giò Pomodoro eccetera. Negli anni 90 il patrimonio artistico valeva cinque milioni di attuali euro, oggi raddoppiato. L’attore Gianmaria Volontè comprò uno Schifano e lo regalò alla sezione dell’allora partito comunista italiano di Roma, a Trastevere.

Il patrimonio rosso si è arricchito di tessere dei poveri lavoratori asserviti e oggi a ragione arrabbiati furiosi, si è arricchito ancor più con le feste dell’Unità che sono lo strazio sonoro di ogni abitante di città, i lasciti e i sacrifici della gente onesta che oggi viene presa doppiamente in giro da Renzi tanto quanto da Landini, Prodi, D’Alema e compagni tutti (ma cosa piange la Turco? E’ lei che fa piangere da cinquant’anni a questa parte). Gli immobili oggi pd risalgono in parte ad impossessamenti operati durante la resistenza, altri acquistati con l’oro di Mosca, con i finanziamenti dall’Unione sovietica e con le tangenti sugli scambi commerciali con i Paesi dell’est durante la guerra fredda.

Il partito comunista italiano, con tale ingente patrimonio, si è così strutturato ben bene pagandosi e pagando il partito e i compagni; nel 2007 Piero Fassino, Massimo D’Alema e Ugo Sposetti si rifiutarono di “passarlo” all’attuale partito democratico, ma bisogna anche dire che nel frattempo, ben depredato, il patrimonio è diminuito (i debiti del pci poi ds ammontavano a 200 milioni di euro), si è quindi in parte venduto per fare cassa, si pensi ai casi di botteghe oscure (appunto, oscure) o del palazzo delle frattocchie. In realtà le fondazioni sono state istituite e fondate appunto, per fare margine alla crescente progressiva dilapidazione del patrimonio medesimo, per diffidenza verso la Margherita di Francesco Rutelli e dell’ amico sconfessato Luigi Lusi, e per “proteggerlo” dalle banche della sinistra stessa, Unicredit ed Efibanca in testa, che hanno cominciato, nonostante fossero “amiche” (ma le amicizie saltano con i soldi di mezzo), a contestare le donazioni degli immobili dai ds alle fondazioni, volendone un pezzo, o più pezzi per sé.

La fondazione Duemila (20 milioni di euro di disponibilità) è stata istituita nel 2006 prima della fusione ds/Margherita, a giro il parlamento a maggioranza ds/Rifondazione ha consentito ai partiti di costituire fondazioni politico-culturali (sic) per gestire anche patrimoni immobiliari che godono di un vantaggio fiscale perché in caso di vendita non pagano la tassa di registro. Capito? Gli italiani vengono mazzolati a forza di tasse anche astruse come quella della Rai ma la sinistra politica non è gravata da tassa alcuna! Costruendo quel sistema, le fondazioni inoltre non hanno scopo di lucro ma le immobiliari da loro controllate sì, eccome se ce l’hanno! E in tutt’Italia le fondazioni politiche di sinistra agiscono così.

I responsabili ovviamente designati senza alcuna selezione popolare ma unicamente a piacimento sono compagni/amici blindati nominati a vita (un affarone!) e qindi il partito del tutto in comune, della collettivizzazione, al dunque, cioè sui soldi, sulle cose serie, non è collettivo e comunista per niente, ma, alla maniera di Giorgio Napolitano, decidono in pochi , sempre gli stessi perché ha privatizzato i propri beni affidandoli a beni amministrati da persone che non devono rendere conto a nessuno, tantomeno al popolo che ha costruito e alimentato quello stesso patrimonio. Devono rispondere solo a chi li ha nominati e prepararsi, nel caso vengano scoperti o colti in flagrante come è successo a Luigi Lusi, a inghiottire la qualunque perché non c’è regola che tenga, i soldi innanzitutto. Anche perché in caso contrario, il castello viene tutto giù, e buonanotte ai suonatori. Di chi sono tutti questi soldi e questo immane patrimonio? Degli italiani, del popolo.

Il problema che, dai che ti ridai, la cassaforte sta scoppiando in mano a chi la detiene perché, se da una parte i partiti della sinistra si pagano con il finanziamento pubblico (che deve finire) e in pratica il partito paga e fa vivere con i suoi soldi tutto il tessuto della sinistra politica ormai tuttavia a fatica, dall’altra parte, subentrato Renzuccio bello che nessuno vuole mettere a parte del patrimonio, si assiste alla crescita esponenziale dei crediti insoluti, degli sfratti e dei dissesti dei bilanci eccetera. In sostanza il partito della sinistra non fa mangiare, o anche solo partecipare all’abbuffata lo stesso partito della sinistra: Ds contro Margherita, Pd contro Renzuccio bello e compagni, e così via. Si tenga presente che gli immobili rossi sono affittati ad associazioni, coop, circoli arci, sindacati e centri sociali, ma anche a privati e che si raggiungono così canoni d’affitto lucrosi.

C’è poi il 5 per mille che, in una smania di esosa fame, è stato fatto inserire in quanto le fondazioni sarebbero enti di volontariato, in realtà il sistema indiretto di finanziamento al partito. Pare però i militanti di sinistra non si stiano rivelando molto generosi in tal senso. Cosa fare di tutto questo sistema politico di sinistra viziato? L’unica è ricondurre tutto al mercato, quello vero. Ha il vantaggio non secondario di fare ricostruire le amicizie sui binari più veri e sinceri della onestà e della sincerità, e quello di riportare i rapporti tutti, economici, politici, sociali, ad un ordine trasparente, e di autenticità oggi necessaria. Se non lo si farà, se la sinistra politica non lo farà, non tarderà a farlo e a pensarci ugualmente il mercato, spazzando via, partito e soggetti, con vergogna e ignominia, con tutta probabilità anche con qualcosa di più.

(LSBlog)

lunedì 24 novembre 2014

Peccato


Avremmo potuto battere la sinistra e non ci abbiamo creduto.

Si era capito sin da subito che in Emilia Romagna serpeggiava il malumore tra i nipoti di Stalin: le primarie per Bonaccini non erano state una passeggiata ed uno sconoscito sindaco di Imola gli aveva dato dal filo da torcere, dopo che Richetti si era "spintaneamente" ritirato.
I nipoti dell'uomo d'acciaio non hanno digerito il fatto che il segretario del loro glorioso partito sia un democristiano, che il sindacato sia stato messo alle corde e che Renzi sia pappa e ciccia con l'odiato Caimano.

A parte il fatto che il pasticcio dei rimborsi ai consiglieri regionali e la condanna di Errani non sono quisquiglie, i trinariciuti si sono sempre mossi a comando e gli intrecci di potere ed interessi economici nella regione ex(?)rossa sono talmente radicati, che non si sarebbe potuto pensare ad una valanga di astensioni quale è stata quella di ieri.

Però i segnali c'erano e valeva la pena di provarci.

Ma gli elettori di centrodestra non ci hanno creduto: e si sarebbe potuto vincere!
Cribbio, direbbe Silvio.

Quel che mi rammarica è che non ci hanno creduto le teste pensanti del centrodestra a cominciare da Forza Italia.

Era sufficiente convincere gli elettori a non disertare le urne scegliendo di mettere la croce su Lega, Forza Italia o Fratelli d'Italia a seconda della loro esposizione a destra, al solo scopo di cambiare aria in una regione dove da cinquant'anni comandano sempre gli stessi: non serviva un programma, perché di programmi non se ne sono visti o sentiti in campagna elettorale.
Sarebbe bastata la parola d'ordine: andiamo tutti a votare, perché questa volta ci sono le condizioni per battere la sinistra.

Peccato!

venerdì 21 novembre 2014

Fantasma elettorale. Davide Giacalone


Per sapere che è in corso una campagna elettorale, in Emilia Romagna, devi comprare i giornali. Leggendoli scopri che si parla di tutto, a partire dai riflessi nazionali del voto, ma non di Emilia Romagna. Se giri per le strade non trovi traccia di politica. E sì che questa è la sanguigna terra di Brescello, di Peppone e Don Camillo. Che fine hanno fatto? Non credete a quelli che vi dicono esserci disinteresse e qualunquismo, è che sia la politica che i cittadini sono stati espulsi dalla competizione, ridotta ad affarismo e parolismo.

Se stessimo parlando di cose serie, proponendo agli elettori qualche cosa che abbia a che vedere con il futuro, i vibratori troverebbero posto solo nelle battute marginali. Invece sono lì (giacché fra le spese rimborsate ai consiglieri regionali, in questo caso Pd, a dimostrazione che oltre a fessi sono anche miserabili), ad eccitare solitari i dibattiti. Che manco si fanno. Già, perché non solo sono vuote le piazze, non solo mancano i manifesti, risultando in gran parte vuoti anche i tradizionali tabelloni, ma neanche le televisioni locali si mostrano interessate. Robetta. Normale amministrazione. Occhio: non succede a caso. Questo effetto-sonno è voluto.

Se stessimo parlando di cose serie, infatti, parleremmo delle 500 società partecipate dalla Regione, assieme a un nugolo di enti locali. Matteo Renzi disse che le 8000 municipalizzate sarebbero dovute diventare 1000. Sarebbero ancora troppe, ma, comunque, perché il Pd, in Emilia Romagna, non propone di ridurle a 62 (500 diviso 8)? Perché quelle sono rimaste l’unica ragione per votare Pd. Il tessuto del consenso s’è stracciato, come dimostra il deserto elettorale, rimane solo quello della cointeressenza. Finché regge, vincono. Un esempio? Davanti alla stazione di Fidenza si sarebbero dovute realizzare due torri, per appartamenti. Una l’hanno abbandonata, l’altra è finita, ma semi deserta. Operazione a cura del sistema cooperative, in questo caso Unieco. Operazione fallimentare e fallita. Qual è l’unico appiglio di salvataggio? Il fatto che nella torre prendano uffici il comune, le altre cooperative, il sindacato. Soldi buttati per salvare compagni falliti. Ci hanno fatto anche un parcheggio per le biciclette, costato un milione di euro (cosa denunciata da Francesca Gambarini). Una rivisitazione neorealista, affinché i ladri non si concentrino sulle biciclette.

Questo mostro da socialismo insaccato produce appalti, posti, prebende, cointeressenze. Fa da collante a ciò che s’è sfasciato. Ma impoverisce tutti. Prendete le Terme di Salsomaggiore: già solo il palazzo merita il viaggio ed è attrazione turistica, ma, gestite dagli enti locali, falliscono anche quelle. Hanno fatto vasche per ospitare meno di dieci persone. Lo hanno scambiato per il bagno di casa loro. Dice Matteo Richetti, esponente del Pd e sfidante affondato prima delle primarie: la gente non sa perché andare a votare. Correggo: lo sanno solo quelli che ci andranno, i meno, i cointeressati.

A destra ci si interessa del possibile sorpasso di Forza Italia, a opera della Lega. Ma, scusate, è già avvenuto. Guarderemo dentro le urne, ma se in una regione così combinata chi dovrebbe rappresentare l’alternativa non ha da proporre un modello diverso, se non martella notte e dì per lo smantellamento di quelle 500 pepite di clientelismo e inciucismo, ha già perso. Anzi: s’è perso. La Lega agita problemi veri usando parole non sempre risolutive. Farà la strada che merita. Sono gli altri ad essere andati fuori strada. Il che, però, lascia orfano l’elettorato ragionevolmente convinto che il presente si debba cambiarlo senza perdere il senso del tempo e dei tempi. Restano orfani i risparmiatori che hanno messo da parte quel che serve a vivere con sicurezza e non intendono esporlo alle avventure monetarie dei propagandisti. Di vecchio e nuovo conio.

Andranno a votare in pochi perché gli altri non sono desiderati, prima ancora che interessati. Perché se andassero a votare in tanti si dovrebbero per forza fare i conti con la realtà. Mentre i militi del voto assicurano a forze spompate e idee approssimate di potere vivere ancora un poco nella realtà surreale di una politica che discuterà di percentuali, quando l’unico numero che conterà sarà quello assoluto. Dei votanti e dei voti. E perderanno tutti.

Pubblicato da Libero

venerdì 14 novembre 2014

De Benedetti: "Sono fortunato". Marina Berlusconi lo stana: "Salvato grazie ai nostri soldi". Franco Grilli

 

"Matteo Renzi mi ricorda il Fanfani degli anni '50. Non ho mai visto tanta energia in un politico".
Carlo De Benedetti adesso benedice il premier. Dopo averlo criticato in passato, definendolo "furbo" ed etichettando gli 80 euro del bonus Irpef come "spot elettorale", adesso l'Ingegnere lo reputa un "fuoriclasse".
Intervistato dal Corriere della sera in occasione dei suoi 80 anni, il presidente del Gruppo L'Espresso spiega: "Renzi è un fuoriclasse, è molto intelligente. Poi c'è l'empatia. Dicono che Renzi ricordi Craxi, per decisionismo e abilità politica; Craxi però era antipatico. E poi Renzi è una spugna. Di economia non sa molto; ma in un attimo assorbe tutto. È veloce e spregiudicato".
Sul patto del Nazareno, poi dice: "Il premier ha fatto benissimo a stringerlo. E Berlusconi per sopravvivere non poteva fare altro. È innamorato di Renzi e disgustato dal suo partito". Sull'elezione del presidente della Repubblica: "Renzi non lascerà che sia eletto qualcuno che distragga l'attenzione da lui. Ma il Presidente dovrà essere un politico dal grande profilo istituzionale, che conosca a fondo il funzionamento delle Camere".
Ripercorrendo poi la sua vita, De Benedetti afferma: "Compio ottant'anni, sono un uomo fortunato e sono vissuto in un'epoca straordinaria: dalla fabbrica - nel 1958 mio padre fermò il lavoro alla Gilardini per festeggiare Tunìn, il primo operaio arrivato con l'auto anziché in bici - all'economia digitale. Mi sono ammazzato di lavoro, poi a sessant'anni mi è successa una cosa che non credevo possibile: mi sono innamorato, e mi sono risposato. Grazie a mia moglie Silvia ho scoperto un'altra vita. Abbiamo girato il mondo in barca, ho coltivato interessi in campi che già prediligevo: arte, collezioni, musei...".
Le dichiarazioni dell'editore di Repubblica non sono piaciute a Marina Berlusconi. "Tra le tante cose che Carlo De Benedetti dice, con una presunzione e sfrontatezza che non finiscono mai di stupire, nell'odierno tentativo di autocelebrazione sul Corriere della Sera, ce n’è una su cui non si può non essere d’accordo: sì, lui è davvero "un uomo fortunato". Senza quei 500 milioni di euro che una sentenza assurda ci ha costretto a versargli per il Lodo Mondadori, senza quella fortuna piovuta dal cielo su un gruppo con una situazione debitoria decisamente complessa, oggi per De Benedetti ci sarebbe davvero ben poco da festeggiare. Nel leggere l’intervista, fa impressione l’elenco di fallimenti e clamorosi errori che De Benedetti cerca con evidente imbarazzo di giustificare. Nonostante tutto ciò, si permette di pontificare perfino su un business nel quale ha sempre cercato di entrare accumulando un insuccesso dietro l’altro, quello della televisione generalista. Le sue fosche profezie però ci confortano. Sul futuro della tv generalista, un settore nel quale siamo da leader e nel quale resteremo, non abbiamo mai avuto il minimo dubbio. Le sentenze funeree di De Benedetti, famoso per non averne mai azzeccata una, suonano come l’ennesima conferma di quanto fondate siano le nostre certezze", ha dichiarato il presidente di Fininvest.

(il Giornale)
 

martedì 11 novembre 2014

La sapienza giuridica del M5S. Gianni Pardo


Andrea Colletti, deputato del M5S, ha presentato alla Procura della Repubblica di Roma una denuncia per "accertare esistenza e contenuto del Patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi". "Ho chiesto - ha dichiarato Colletti - di verificare se il Patto sia stato effettivamente preordinato a pilotare illegittimamente le riforme in atto nel Paese e a decidere chi nominare come futuro inquilino del Colle".
Antiche nozioni di diritto penale fanno raccogliere una messe di perplessità. Come è noto, l'azione penale non può avere inizio senza la notitia criminis: "È stato ucciso un tale"; "mi hanno rubato la bicicletta"; "quel testamento olografo è falso". Ma, appunto, l'uccisione, il furto, il falso devono esserci. Non si può chiedere al magistrato di accertare se per caso il proprio vicino " abbia ucciso qualcuno", "abbia rubato qualcosa", o " abbia falsificato qualche documento".

L'ordinamento giuridico ha già troppo da fare con i reati denunciati, per andare a cercare se per caso ne siano stati commessi altri. Salvo che nel caso di Berlusconi, questa è la regola. E comunque nella denuncia si usa il verbo "verificare", il quale contiene l'aggettivo "vero". Verificare corrisponde a dire: "A me risulta, sulla base di questi elementi. Accertatevi anche voi di questa verità". E quali sono questi elementi? Gli interessati potrebbero sempre dire che le loro sono state lecite e private discussioni di politica, oggetto poi di ricostruzioni giornalistiche largamente devianti.

Ma ammettiamo che la Procura di Roma, per vincere la noia che deriva da un prolungato ozio, si attivi per vedere se i due gaglioffi intendessero pilotare illegittimamente le riforme e la nomina del futuro inquilino del Colle. Qui il punto giuridico riguarda l'avverbio "illegittimamente". Infatti è lecito cercare di convincere i parlamentari a votare in un certo modo, sia in Parlamento (dove si parla, appunto) sia fuori. È invece illecito minacciarli di morte se non votano in un certo modo. E poiché l'onorevole Colletti precisa che il pilotaggio era da attuare "illegittimamente", se ne deduce che Renzi e Berlusconi intendevano coartare con la violenza la volontà dei parlamentari. Questo è un reato previsto dall'art. 289 del Codice Penale: "È punito con la reclusione da uno a cinque anni [omissis] chiunque commette atti violenti diretti ad impedire [omissis] alle assemblee legislative [omissis] l'esercizio delle loro funzioni".

Colletti non sembra rendersi conto della responsabilità che s'è assunto. Se si denuncia qualcuno senza avere nessun elemento concreto, per la legge ciò corrisponde a denunciare un innocente e a commettere il reato di calunnia. Andando sul concreto, da che cosa gli risulta l'intenzione dei due malfattori di usare violenza o minaccia contro i parlamentari della Repubblica? Che prove ne ha? Per caso pensa che quei due imbecilli abbiano scritto nero su bianco: "Assolderemo dei mafiosi perché vadano a sparare alle gambe dei parlamentari, se non votano secondo la linea da noi stabilita"? E se non ha queste prove, come farà ad evitare la condanna per calunnia?

Per sua sfortuna, questo reato (art. 368 del Codice Penale, reclusione da due a sei anni) non è di evento ma di pericolo. Esso si sostanzia non in un accadimento ma nella possibilità che dalla denuncia nasca un procedimento penale a carico di un innocente. E poco importa che poi questo procedimento penale effettivamente abbia inizio: basta il pericolo. Al posto di Colletti, qualcun altro comincerebbe ad avere problemi di insonnia.

C'è per giunta un particolare saporito. Il denunciante rischia la condanna anche se, putacaso, i due mentecatti ammettessero pubblicamente che intendevano mettere in atto quei propositi criminosi. Infatti il reato tentato non si ha quando si pianifica il delitto ma quando si comincia ad attuarlo. Se qualcuno versa il veleno nel caffè della moglie, e questa non lo beve, si ha tentato omicidio. Ma se il marito comincia a frequentare biblioteche per informarsi sull'efficacia dei vari veleni non si ha tentato omicidio: infatti i suoi sono soltanto "atti preparatori", non punibili. Renzi e Berlusconi dunque non sarebbero punibili neanche se effettivamente risultasse che hanno sognato di intimidire i mille parlamentari della Repubblica. Bisogna dimostrare che hanno cominciato a mettere in atto questo insano proposito. E qui Colletti potrebbe avere qualche difficoltà.

Se in materia di diritto il livello tecnico del M5S è questo, è una vera fortuna che sia all'opposizione e non al governo. Di questo passo potrebbe decidere di mettere in galera tutti quelli il cui cognome comincia per B o per R.

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