martedì 30 maggio 2006

Salvarsi dal veltronismo. Magna Carta

http://www.magna-carta.it/editoriali/2006_5_22_65421,82.asp

Come e perché V.V. ha potuto vincere le elezioni

La finzione del rigore. Bruno Costi

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=92969

Sostenibilità e disavanzo non erano messe in discussione due mesi fa dall'Unione europea...

E se gli astenuti avessero ragione?

Cominciamo dicendo che le amministrative fanno sempre storia a sé.
Inutile adesso recriminare se non c'è stato il successo delle politiche: è andato tutto come previsto.
Ogni realtà locale è caratterizzata da relazioni personali, da conoscenze, da interessi e da intrecci che trovano la massima espressione nelle amministrazioni governate dalla sinistra.
Un dato di fatto evidente ed incontrovertibile è che i voti per la sinistra non siano aumentati.
Un altro dato di fatto è che molti elettori del centrodestra hanno disertato i seggi.
Perché?
A mio avviso perché la CdL in molti centri non si è presentata unita, perché certi candidati non erano graditi, perché spesso manca il radicamento sul territorio e perché l'elettore di centrodestra pensa, decide e sceglie con la propria testa.
Se l'elezione del Presidente del Consiglio mobilita la stragrande maggioranza degli aventi diritto per la valenza politica della consultazione, così non è per le amministrative dove spessissimo le liste civiche e locali attraversano trasversalmente l'elettorato.
Non c'è, dunque, da stupirsi se ancora una volta il popolo del centrodestra lancia segnali alla propria parte politica mettendola in guardia da derive, fughe e distinguo: non capiamo e non approviamo che la CdL si presenti divisa al voto!
E' curioso che si parli di partito unico per poi schierarsi con due o tre candidati della stessa coalizione: il centrodestra deve darsi una regolata e rimandare la rivincita al referendum.

lunedì 29 maggio 2006

Al buco, al buco

«Quello che appare adesso è che gli strumenti di controllo del disavanzo predisposto per il 2006 creano una situazione di grave tensione, quale il rischio di chiusura di cantieri in settori importanti come ferrovie e Anas». Lo ha detto all'agenzia Ansa il ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa, lasciando il vertice a Palazzo Chigi con il premier Romano Prodi ed i ministri Amato, Bersani, i due vicepremier D'Alema e Rutelli ed il sottosegretario alla presidenza del consiglio Enrico Letta. «Una situazione preoccupante - ha spiegato il ministro - e per questo ho chiesto una riunione per rappresentare le mie prime valutazioni sulla situazione dei conti pubblici». Anche se, ha evidenziato Padoa Schioppa, «la due diligence non è ancora compiuta, le situazioni si vanno chiarendo e la realtà è più grave di quanto ci potesse apparire in un primo momento». Nei giorni scorsi - ha ricordato il ministro - avevo detto che le due grandezze chiave, il rapporto deficit-pil ed il saldo primario nel 2005, erano a livelli peggiori del '92. Quello che appare adesso è che gli strumenti di controllo del disavanzo predisposti per il 2006 creano situazioni di grave tensione, quale il rischio di chiusura di cantieri in settori importanti come le ferrovie e l' Anas».( Corriere della sera )
Un quasi Consiglio dei Ministri di domenica, dichiarazioni "forti" preoccupanti e preoccupate.
Si minaccia la chiusura di cantieri, però vedremo, dobbiamo ancora verificare, ma i conti sono fuori controllo, forse; nei prossimi giorni saremo più precisi...
Il tutto a seggi aperti!
Questo Governo è già cadavere se deve ricorrere a mezzucci squallidi per portare a casa dei voti. Purtroppo non sapremo mai se il "buco" esiste o se è frutto di propaganda, perché in Italia non esistono "esperti" svincolati dalla politica, ma è certo che questo tira e molla del Governo non è una buona partenza.

venerdì 26 maggio 2006

Il potere liquido. Dario Di Vico

Girando per Roma si finisce per avere la netta sensazione che le elezioni non si siano mai tenute. Come se il 9 aprile non ci fosse stato un vero verdetto su chi debba avere l’onere di guidare l’Italia nella seconda parte di questo decennio. Tutto è in alto mare, la politica stenta a riguadagnare le sue prerogative e mai come adesso il potere appare liquido. È vero che gli organigrammi sono stati completati, che sono stati scelti per i posti di massima responsabilità uomini dotati di robusta esperienza pubblica e di buon alfabeto politico, ma lo scettro quello no, quello sembra essere rimasto per aria e tutti coloro che pure si sono candidati a tenerlo saldamente nelle loro mani paiono ancora in attesa.
Il deficit di politica lo si rintraccia nella mancanza di una vera agenda di priorità, lo si ritrova nell’imperversare delle lobby di tutti i tipi e nella tutt’altro che modica quantità di veleni che continuano ad essere iniettati nel corpo della pubblica opinione. L’impressione è confermata dallo svolgimento dell’assemblea confindustriale di ieri. Luca di Montezemolo ha fatto tesoro dell’esperienza dei primi due anni di presidenza e ha saputo rappresentare non solo le ragioni dell’impresa, ma anche la pancia degli imprenditori. Non a caso i passaggi di gran lunga più applauditi del suo discorso sono stati quelli in cui ha detto «cose di destra ». Quando ha fatto capire al nuovo governo che non farà sconti, quando lo ha invitato a non cambiare «le cose buone fatte da altri» e quando ha denunciato a gran voce l’invasione del professionismo politico, diventato «di gran lunga la prima azienda del Paese».
Di fronte all’incalzare di Montezemolo la risposta della politica è stata debole. Romano Prodi e Pierluigi Bersani avrebbero potuto tranquillamente distribuirsi i ruoli e invece hanno adottato lo stesso canovaccio.A tratti sono apparsi didascalici, hanno dato sicuramente prova — da emiliani doc—di conoscere i problemi dell’impresa, di amare l’industria, ma il pubblico in grisaglia si attendeva altro. E così ha trattato con gelida cortesia un presidente del Consiglio appena insediato e ha invece tributato un’ovazione da stadio a Gianni Letta. Gli imprenditori aspettavano la politica, se non quella delle svolte storiche almeno quella sapiente capace di individuare obiettivi e strumenti della sua azione. Quando si lavora in scarsità di consenso, di risorse e di tempo si dovrebbe procedere adottando il criterio logico della selezione,
Prodi e Bersani hanno scelto invece quello dell’accumulo dei temi e delle indicazioni. Gli imprenditori si sarebbero aspettati dal nuovo potere un’agenda più stringente, le priorità dei 100 giorni o del primo anno, insomma un’indicazione coerente e la relativa tempistica. Così non è stato e sarebbe uno sbaglio pensare a un mero errore tattico. È il risultato del programmismo, aver concordato un programma dell’Unione troppo largo, un menu che accontenta tutti i gusti ma che tradisce l’indulgenza del cuoco. Nelle prime file della sala dell’auditorium di Roma ieri c’era tutto il potere italiano, vecchio e nuovo.
C’erano ministri e sottosegretari di Rifondazione accanto a capitani d’industria passati per mille battaglie, c’erano i manager più stimati e i vecchi governanti appena sbalzati dalla poltrona, ma la sensazione era che ciascuno cercasse non solo metaforicamente il suo posto, non sapesse bene dove sedersi, consapevole che nessuno ha veramente vinto e nessuno ha veramente perso. Forse mai come in questo momento il potere in Italia è stato così liquido.

Il tormentone della povertà. Filippo Facci

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=91979

Non è vero che manca il latte nella quarta settimana

giovedì 25 maggio 2006

Che errore la nomina di Borrelli. Davide Giacalone

http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=113&id_art=2318&aa=2006

A volte ritornano...

Le commedie riescono col buco. il Foglio

Pure nel 2001 si battagliò sui conti pubblici ma c’era stata una finanziaria elettorale

La commedia del buco del bilancio, che il governo di Romano Prodi ha messo su, è una copia brutta di quella che nel 2001 fu presentata al pubblico dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Infatti, allora, Tremonti, avvalendosi della certificazione della Banca di Italia, comunicò che vi era in quel momento un deficit di cassa del Tesoro che superava di parecchio il disavanzo emergente nel bilancio ufficiale globale, calcolato secondo i criteri contabili correnti. Vi era, insomma, una parte “nascosta”, consistente di oneri accumulati, che non figuravano in tale bilancio. E che, in parte, dipendevano dai soliti debiti pregressi di altri enti (specialmente Unità sanitarie e imprese pubbliche) che il Tesoro aveva accettato di caricarsi, fuori bilancio; e in parte derivavano da oneri addizionali dalla manovra elettorale.
Che ciò sia accaduto allora anche in conseguenza di finanza elettorale lo ha riconosciuto due giorni fa Massimo D’Alema in una sede non sospetta come Ballarò. Ma, questa volta, il buco viene denunciato non in relazione al periodo decorso, ma rispetto all’intero anno 2006, a sette mesi dal termine. E nessuno può certificare ciò che non è ancora accaduto, neppure – suggeriscono alcuni osservatori – la commissione di verificatori presieduta dall’ex direttore dell’analisi economica del Tesoro Riccardo Faini (a cui il Sole 24 Ore suggerisce per fugare dubbi di reticenze e di sospetti di chiamare in commissione un uomo Eurostat). Il presunto buco, questa volta non dipende da una manovra di finanza elettorale. I problemi nascono dal fatto che la crescita zero dell’economia nel 2005 ha reso più difficile la quadratura dei conti pubblici, in quell’anno, con ripercussioni sul 2006, dato che una parte delle entrate riguardano imponibili dell’anno prima. In questi mesi c’è stato un boom delle entrate e la stima di un deficit del 3,8 per cento per il 2006, fatta dal precedente governo, pertanto appare credibile.
Ma ci sono ancora sette mesi prima di chiudere il 2006. E l’attuale governo ha la responsabilità di governare la spesa sia nel bilancio ufficiale che nei conti di tesoreria cui affluiscono deficit d’altri soggetti che esso può decidere o meno d’accogliere. Il buco che Prodi potrebbe trovarsi a colmare, potrebbe perciò dipendere dalle sue stesse spese.

mercoledì 24 maggio 2006

Nostalgie

Lo ammetto, ora che vedo il nuovo governo nella "ruota" del Consiglio dei ministri, provo nostalgia per il governo Berlusconi.
Tutto sommato, nel loro abbigliamento delle grandi occasioni, anche questi nuovi ministri fanno la loro decorosa figura, a parte Prodi e qualcun altro decisamente patetici. Mi ero abituato bene e, vedendoli per cinque anni filati, mi ero anche affezzionato a certe facce: conseguenza della stabilità di governo. La sensazione è che ci siano degli "usurpatori" al governo. Non è vero, lo so, ma non posso fare a meno di percepire qualcosa di stonato, anche perché Berlusconi ha fatto parecchi cambiamenti e persino dal punto di vista "scenografico" le conferenze stampa non saranno più quelle del Prodi1.

Ascoltando le sedute della Camera mi corre un brivido lungo la schiena.
Chissà se ci avete fatto caso, ma Bertinotti si rivolge ai deputati non più con l'appellativo di onorevole, bensì con il più prosaico "deputato". Niente da obiettare, spesso i nostri governanti sono molto poco onorevoli, però a me viene in mente la rivoluzione francese, gli stati generali e il giuramento della pallacorda.

Un' ultima riflessione. Avete notato la differente accoglienza della gente per strada al passaggio di Berlusconi e di Prodi? La televisione nelle ultime settimane ci ha propinato i due Presidenti in ogni occasione: mentre Prodi viene "assalito" prevalentemente da giornalisti e fotografi e da qualche passante che gli stringe la mano, Berlusconi viene letteralmente soffocato da gente che vuole toccarlo, baciarlo, parlargli.
Significa qualcosa?

martedì 23 maggio 2006

Visco: interverremo sulle tasse di successione e le rendite finanziarie. RaiNews24

La tassazione sulle rendite finanziarie e la tassa di successione, previste nel programma dell'Unione, "si faranno tutte e due". Lo ha assicurato il viceministro all'Economia, Vincenzo Visco, parlando in Transatlantico. "Chi prima, chi dopo, verranno fatte entrambe", ha detto Visco, aggiungendo: "Vedremo poi lo strumento tecnico" con cui attuarle.
Visco ha ribadito che il livello del deficit 2006 sopra il 4,5% "non è una notizia" e che "quello e' l'ordine di grandezza. Numeri nuovi non ce ne sono". Il vice ministro ha sottolineato che l'eredità lasciata dalla Cdl è "pesantissima, ovunque è un disastro. E si capisce il motivo dell'accelerazione politica da parte della destra. Si vuole distogliere dalla realtà l'opinione pubblica, a cui è stato raccontato un mondo che non esisteva".
Proseguendo nel suo ragionamento, Visco ha spiegato che il governo deve agire "perché dobbiamo sfruttare i modesti segnali di ripresa. Non sara' facilissimo ma lo dobbiamo fare. L'Italia deve cambiare registro, deve recuperare senso etico di comportamenti e onesta' intellettuale nella comunicazione".
"Lo sviluppo è la priorità - ha proseguito Visco - ma senza il risanamenti dei conti non si può fare". Parlando del rilancio economico, il vice ministro dell'Economia ha spiegato che "gran parte della spesa non serve per lo sviluppo. Si tratta di sprechi, che non hanno impatto sull'economia - ha sottolineato -. E' necessario quindi e innanzitutto razionalizzare la spesa". Secondo Visco, negli anni del governo Berlusconi "è partita la spesa e un po' aumentata l'evasione fiscale". Per questo "bisogna tornare al 2001, buco compreso, avanzo primario compreso. Se avessimo quell'avanzo primario - afferma infatti - avremmo il bilancio in pareggio. Bastava mantenere l'eredità. Saremmo in Paradiso, invece che in Purgatorio. Ma, comunque, non siamo all'Inferno".

lunedì 22 maggio 2006

Iena ridens

Mi auguro che i nostri senatori a vita abbiano concordato di votare il Prodi2 per evitare di farlo morire prima della nascita: altrimenti non sarebbe una bella cosa che due ex-Presidenti( lasciamo perdere Oscar Luigi ) ed il candidato Presidente del centrodestra prendessero posizione o non si astenessero. La sinistra può strepitare fin che vuole, ma un minimo di correttezza ed opportunità politica avrebbero consigliato un'equa distribuzione delle preferenze ed eventualmente un'astensione. Hanno gridato allo scandalo per il mancato voto della CdL a Napolitano in nome della scelta condivisa e poi non fanno una piega se sette senatori su 7 e non eletti determinano la nascita di un Governo. A parti invertite sarebbe successo un finimondo mediatico. Spero che il centrosinistra abbia preso atto dei rischi che correrà quotidianamente e non credo che prenderà provvedimenti ( quali poi? il dialogo? la grande coalizione?) confidando nella fortuna che Prodi ha sempre avuto. Questa volta la fortuna deve essere ben attrezzata per supportare il nuovo Governo e mi auguro che sprofondi sotto il peso della sete di potere, delle contraddizioni e dell'estremismo.
Dobbiamo resistere, resistere, resistere a questo amalgama di affamati, all'inconsistenza politica e umana di un "utile idiota" al servizio di comunisti di nome, di fatto e di mentalità.
Mi stupisco che i soliti difensori a oltranza della sinistra si facciano andar bene un personaggio come Prodi che letteralmente non esiste, non ha un'idea sua, svicola le domande, pensa solo a vendicare i presunti torti subiti e vuole solo fare i propri interessi.
Se Prodi fosse il leader del centrodestra non lo voterei.
E adesso, cari compagni, basta con gli insulti a Berlusconi perché non è più il Presidente: non può più fare i suoi interessi, non può più mandare allo sfascio il Paese, non può più tartassare i poveri per dare ai ricchi e, soprattutto, non può più essere il bersaglio preferito di coloro che dicevano di non avere nulla contro la persona ma di non condivederne la politica.
Sappiate che alla iena ridens non risparmieremo nulla, sarà osservato al microscopio, tenuto d'occhio 24 ore su 24, ogni sua parola sarà vivisezionata e tutti i suoi provvedimenti analizzati: vi faremo fare indigestione delle stupidaggini, delle scorrettezze e dei disastri del vostro Governo.

Dov'è Biagi? E Serra? E Vauro? E Floris? Chi fustiga l'Unione lottizzatrice? Carlo Panella

E' assordante il silenzio dei moralizzatori dé noantri sulla scandalosa prima legge che il nuovo Parlamento deve adottare sulla ripartizione dei ministeri. In nome solo ed esclusivamente della lottizzazione, senza alcuna altra ragione, Romano Prodi infatti ha distrutto la logica della ''riforma Bassanini'', ha scorporato in tre il ministero del welfare, in due quello della pubblica Istruzione, quello delle Attvità produttive, quello dei Trasporti.
Il manuale Cencelli dell'Unione di Prodi ha così prodotto un triplo vulnus: ha offerto al paese la scena di un neo presidente della repubblica umiliato nel dover accettare che ministri giurino per dicasteri che non esistono (non è escluso che i loro giuramenti vadano ripetuti); ha costretto ad una riorganizzazione di ministeri che comporta lo spostamento di migliaia di dipendenti, di decine di sedi direzionali, la duplicazione e più di cariche direttive (capi di gabinetti, direttori, ecc...) e che infine obbligherà i colleghi europei a incontrare nei Consigli due, tre ministri italiani per discutere di dossier che loro amministrano da soli. Il principio ispiratore della riforma Bassanini, infatti, fu proprio quello di adeguare le nostre strutture ministeriali a quelle dei paesi del'Ue, in modo che i titolari dei nostri dicasteri fossero mesi in grado di partecipare ai vari Consigli, in maniera omogenea ai loro colleghi. Ora tutto è distrutto solo e unicamente in nome della spartizione e moltiplicazione delle poltrone.Un inizio pessimo, volgare, il trionfo del piccolo cabotaggio, del dispendio di denaro, dell'irrazionalità politica e amministrativa. Ma alla volgarità di questa contro-riformetta, corrisponde una più grande volgarità: il voltar la testa dall'altro lato da parte dei tanti soloni che per anni hanno -come peraltro era pieno loro diritto- fustigato i ministri del centro-destra. Da sinistra, sulla sinistra, non c'è satira, non c'è critica, non c'è moralizzazione. Ed è drammatico

giovedì 18 maggio 2006

Quota 500

Non sono i sottosegretari e i sottoministri del Prodidue né le ore di durata (magari) del succitato.
Nulla a che vedere con il Governo, l'opposizione, i numeri e i conteggi ( se la CdL vincesse al riesame delle schede con 500 voti?!) che caratterizzeranno questa XV legislatura.
Cinquecento sono i post di questo blog.
Primissima riflessione: quante persone sarebbero in grado di "tradurre" la frase qui sopra?
Non dimentichiamo che siamo ancora una minoranza e certi termini risultano incomprensibili ai non addetti: dovremmo essere capaci e bravi nel diffondere la conoscenza di internet e dei blog in particolare superando la naturale diffidenza di chi non conosce l'inglese. Scrivere un commento ad un post dovrà diventare usuale come spedire un sms con il vantaggio di potersi esprimere meglio e conoscere opinioni diverse.
Altra riflessione ( e qui scendo nel personale ): ho aperto questo blog perché sentivo la necessità di leggere e far leggere articoli e autori fuori dal coro dei denigratori di Berlusconi e del suo Governo. Otto mesi fa, quando ho scritto il mio primo post, ero convinto di far parte di una minoranza destinata all'emarginazione e oramai fuori dal tempo: il voto del 9 e 10 aprile ci ha fatti rinascere, ha sbugiardato i media, ha fatto vacillare la sinistra e ha dato ragione a chi ( me compreso) credeva nella possibilità di vittoria del centrodestra. Possibilità di vittoria che si andava materializzando giorno per giorno: bastava crederci. Credo che in parte il mondo dei blog abbia contribuito a diffondere, se non altro, la speranza di vittoria. Una cosa è certa: le prossime elezioni ed il prossimo Governo dovranno tenere conto della nostra esistenza come medium.
La spirito di allora non è mutato ed oggi più che mai mi pongo come tutti i colleghi di B4CdL al servizio dell'opposizione per aggregare ed essere punto di riferimento del mondo di centrodestra, pungolo e stimolo dei nostri parlamentari. Voci, le nostre, che riportano le istanze della gente, polso della situazione, anima critica e propositiva della base e spinta per le azioni da compiere.
Abbiamo solo bisogno del sostegno dei simpatizzanti, del loro passa-parola per farci conoscere, dei loro commenti, di sentirli vicini nel nostro quotidiano contrasto con la sinistra per avere la forza e l'autorità di richiamare all'ordine i nostri rappresentanti in Parlamento.
Fate sentire la vostra voce, sosteneteci e non lasciateci soli ad oltrepassare quota cinquecento ... mila voti.

L' unione vince

Adesso pedalare!
Mi riferisco alla CdL che ha bisogno di essere forza di opposizione, di essere coesa e di non frignare più.
La sinistra, finora, ci ha dato una bella lezione di ipocrita unità: non hanno ceduto un millimetro per cinque anni 5, hanno difeso a spada tratta un Prodi che avevano cacciato a pedate, hanno fatto delle arrampicate di sesto grado sugli specchi, ma non ci hanno dato la soddisfazione di litigare. Da oggi il Governo potrebbe saltare in qualsiasi momento, perché una volta al potere gli appetiti si scatenano e i partiti rivendicano la loro parte di trippa.
Quindi cara Casa, gambe in spalla e grande unione. Se qualche ex democristiano non ha ancora capito che siamo in regime di bipolarismo sarà il caso di metterlo al corrente con le buone o con le cattive, se sarà necessaria un'opposizione dura, andrà fatta a costo di "perdere la faccia" con il resto del mondo ( vedi Iraq ), se si tratterà di difendere un referendum si defenderà e così via per tutto il resto: non vogliamo distinguo, discontinuità, dissonanze e dissapori.
Le controversie si risolvono in Casa, uno solo è il leader dell'opposizione che parla per tutti dopo aver stabilito la linea di condotta: sono ammesse eccezioni solo per esasperare una posizione antigovernativa.
Il popolo del centrodestra è disposto ad andare fino in fondo, ma la CdL deve essere granitica nell'unione e condurre un'opposizione costruttiva per quella metà di italiani che non è più rappresentata.

mercoledì 17 maggio 2006

lunedì 15 maggio 2006

L'atomo italiano. Davide Giacalone

L’Italia dell’eccellenza affondata dall’Italia dei demagoghi. Una notizia di cronaca dovrebbe provocare dolore, della carne e dell’anima, invece passa inosservata, relegata a cuoriosità: è stata rimossa l’enorme turbina che giaceva nel cuore della centrale Enrico Fermi, a Trino Vercellese. Leggete oltre, ed arrabbiatevi, per cortesia.
La centrale nucleare di Trino era ferma dal 1987, quella è la sua data di morte. Ma è più interessante la data di nascita: novembre del 1964. In quell’anno entrava in funzione, in Italia, la prima centrale europea per la produzione d’energia con combustibile nucleare. Eravamo i primi, il Paese era all’avanguardia, ed intitolava il merito al suo scienziato simbolo della ricerca nucleare, anche questa sul podio più alto. Abbiamo distrutto tutto.
Nel 1964 la Francia era alle nostre spalle, dipendente dal petrolio ed impegnata a spendere soldi nel nucleare militare. Oggi comperiamo energia elettrica dai francesi, e loro la producono, proprio dietro le nostre frontiere, con le centrali nucleari. Siamo compartecipi dei rischi, ma paghiamo anziché guadagnare. Ci spetta l’oscar degli scemi.
E veniamo ai rischi. I sofisticati sistemi di sicurezza della “vecchia” centrale Fermi hanno avvertito di un pericolo concreto, reale, terribile, una volta sola. Venti anni fa suonarono gli allarmi perché era possibile vi fosse una fuga di radioattività. Ma non era così, stava solo piovendo e la pioggia portava la radioattività sprigionata a Cernobyl (non dietro l’angolo, in Francia, no, nella lontana Unione Sovietica). Anche per i sistemi di sicurezza eravamo all’avanguardia, e la collaborazione con la Westinghouse ci metteva nelle condizioni di avere un potenziale mercato mondiale, di profittare dei vantaggi dell’essere più bravi e pionieri.
Su quel successo italiano si abbatté il vento velenoso della demagogia verde, tutti si scoprirono ecologisti, qualcuno anche grazie ai soldi dei petrolieri. Nel 1987 si tennero tre referendum da rincitrulliti, nessuno contro l’energia nucleare, ma uno contro il fatto che l’Enel partecipasse ad accordi internazionali, un altro contro il potere del Cipe di stabilire le localizzazioni, ed il terzo contro le agevolazioni ai comuni che ospitavano centrali. E chiudemmo la partita, grazie ad un elettorato imbesuito dalla paura radioattiva ed un mondo politico che se la faceva sotto a mettersi contro vento. Sol per questo quel mondo meritava d’essere punito e sfiduciato, invece fu abbattuto da altro. Non pagò per le proprie responsabilità politiche, ma mostrò, davanti all’attacco giudiziario, la stessa lucidità e lo stesso coraggio mostrati davanti alla demagogia ecologista. E cadde.
Adesso smontiamo la centrale, ne mettiamo dei pezzi in un museo, e portiamo i bimbi a visitare l’Italia che sarebbe potuta essere e che non fu.

La destra non era al Lingotto. Per fortuna, caro Scurati. Angelo L.Crespi

Innanzitutto una piccola promessa: da oggi il Domenicale eviterà di parlare di cultura di Destra e di Sinistra. Userà questi due termini solo in chiave storica o politica, essendo per ora accettati dagli studiosi e compresi dal pubblico. La cultura ovviamente non è di destra né di sinistra. È buona o cattiva. Spesso incompresa. Non è un caso che il passato governo di centrodestra in campo culturale abbia sovente premiato uomini di sinistra. Prima di adempiere la pur difficile promessa, un’ultima precisazione. Lo stimolo ce lo fornisce La Stampa che in un trafiletto si chiede come mai la cultura di destra non sia stata rappresentata se non in casi isolati alla Fiera del Libro di Torino. Dimenticanza, snobismo, deficienza? Interpellato, lo scrittore Antonio Scurati, che pur stimiamo, ripete una sua tesi: l’egemonia della cultura berlusconiana esiste e prosegue, ma non esercita il suo potere al Lingotto, bensì in televisione. Detta così sembrerebbe un'inversione un po’ furbesca dell’analisi storica più ricorrente negli ultimi cinquant’anni sia a destra (soffrendoci) sia a sinistra (beandosi): cioè che in Italia persiste un’egemonia culturale prima del Pci e poi latamente della sinistra, i cui modi ed espressioni abbiamo più volte indagato. Tra l’altro, detto per inciso, siamo abbastanza contenti che nessuno di destra sia stato invitato o sia andato al Lingotto, uno di quei cimiteri della cultura radical chic da evitare senza troppi sensi di colpa.Prendiamo però per buona la tesi di Scurati: ma chi se la sentirebbe di sostenere che le reti Rai e Mediaset producono cultura di destra?Davvero secondo Scurati la tivù di oggi sostiene quei valori – dicono – un po’ bigotti, conservatori, clericali, su famiglia, scienza, economia che il governo Berlusconi ha difeso? Davvero le trasmissioni con più audience, i reality, le isole dei famosi, la varie De Filippi, le Iene, gli zelig, i cantanti, i veejai – peraltro tutti sé dicenti di sinistra – mediano valori di destra? Cioè impegno, famiglia monogama ed eterosessuale, forte preoccupazione per le nuove tecniche della scienza (clonazione, eutanasia...), riscoperta della religione? Davvero Scurati vuol farci credere che quando le Iene montano un servizio sulla prostituzione quasi con intenti pedagogici (cioè come si può essere assunti in un bordello e come si può usufruire dei servizi, quanto costano, dove si trovano...) stiano sostenendo la politica di Berlusconi, Fini e e Casini?

L'Enel e la sfida dell'Est. Giovanni Calabresi

http://www.ragionpolitica.it/testo.5669.html

Anche noi italiani avremo il nucleare, ma fuori dai nostri confini

Piedi di piombo e ... mani pulite

Non sono un appassionato di calcio e tutto il mio tifo va alla politica.
Lo scandalo delle partite "aggiustate" mi tocca relativamente perché non ho mai creduto che in quel mondo, dove gli interessi sono miliardari, tutti fossero puliti e onesti.
Mi stupisce e rammarica il fatto che solo adesso si dica che tutti sapevano e che bisognava adeguarsi per non rimanere in fondo alla classifica.
Mi indigna sapere che certe famiglie e certi personaggi riveriti e incensati da sempre siano gli artefici e i complici di questa brutta storia.
Mi fa piacere apprendere che la squadra di Berlusconi non ha partecipato alle squallide manovre dei burattinai del calcio e che molti moralizzatori avevano scheletri negli armadi.
I tifosi hanno tutta la mia solidarietà e mi auguro che le giustizie ( penale e sportiva ) svolgano bene e presto il loro compito.
Ma attenzione!
Avendo già vissuto il giustizialismo di "Mani pulite", cerchiamo di affrontare questa emergenza senza pregiudizi e senza fare di ogni erba un fascio. Non è escluso che qualche P.M. possa essere alla ricerca di visibilità e che la foga giustizialista dell'opinione pubblica faccia tintinnare troppe manette: dobbiamo vigilare affinché vera giustizia sia fatta e non si approfitti del momento per scardinare e impossessarsi di organismi e strutture terremotate.
Procediamo con i piedi di piombo e con la dovuta serenità di giudizio.

venerdì 12 maggio 2006

La spada di Brenno

Ultimamente Giacinto, detto Marco, ha infilato una serie di insuccessi che non gli fanno onore.
Saranno gli anni, ne ha appena compiuti 76, ma la lucidità politica e la capacità di "fiutare" il vento non sono più quelle di una volta.
Pannella ha, però, una grande opportunità da cogliere al volo nelle prossime settimane: fare un "ribaltone".
Cosa ha ottenuto schierandosi a sinistra con Prodi? In quale considerazione sono tenuti i radicali della Rosa nel pugno? Che speranze ci sono di far passare le loro proposte? In che modo partecipano alle decisioni del futuro governo? Avranno voce in capitolo?
Temo che i voti della Rnp alla Camera avranno un peso insignificante, mentre al Senato sarebbero determinanti se ci fossero senatori radical-socialisti. Determinantissimi sono stati i voti degli elettori, ma adesso Capezzone e compagni non servono più.
Se una volta tanto i radicali ragionassero in termini di potere e poltrone, potrebbero mettere la loro spada di Brenno del "ribaltone" sul piatto della bilancia: se non ci accontentate usciamo dalla maggioranza e passiamo al centrodestra con cui, detto per inciso, ci sono molte più affinità.
Mi auguro che queste riflessioni vengano fatte dai diretti interessati e che aspettino di vedere la distribuzione degli incarichi ministeriali per prendere delle decisioni.
Se decidessero di passare al centrodestra avrebbero ponti d'oro e Napolitano sarebbe costretto a prendere, per la prima volta in vita sua, una decisione e affidare l'incarico di Governo ad un esponente del centrodestra.
Fantapolitica? Non credo proprio: i presupposti ci sono tutti a cominciare dal voto popolare che ha sancito, siamo generosi, un pareggio.

giovedì 11 maggio 2006

Per Pannella voto irregolare. Davide Giacalone

Il risultato elettorale non è valido, un’oligarchia ha violato la legge e si è mossa con istinto fascista, occorre restaurare la regolarità e ricomporre il Senato con quanti sono stati veramente eletti. E’ Berlusconi che ha dato fuori di matto?
No, è Pannella che non si è risparmiato e per ben tre volte ha fatto irruzione nei lavori parlamentari, letteralmente gridando le sue ragioni. Mha, sarà la solita pannellata, e Marco è uomo talmente esagerato che talora si commette l’errore di fare spallucce ed andare oltre. Invece ha ragione.
Mi ha insospettito il fatto che chi, come me, segue con appassionata attenzione le cose della politica sapeva tutto della pannellata, ma non aveva potuto leggerne sui giornali le ragioni. Cosa, questa volta, gli faceva girar le lune? Il problema ruota attorno all’assegnazione dei seggi al Senato: la Rosa nel Pugno non ne ha avuti, mentre Pannella sostiene che ne avrebbe avuto diritto a quattro. Siccome non mi fido, sono andato con santa pazienza a prendere la legge, così scoprendo che, sebbene più per un vuoto, un buco, che non per esplicita previsione, comunque Pannella ha ragione. Non so se i senatori che gli spettano siano quattro, so che gli spetta essere conteggiato, mentre, fin qui, i suoi voti sono stati semplicemente cancellati. Anzi, no, sono stati utilizzati per fare il conto di quelli presi dall’Unione, che al Senato sono comunque meno della Casa delle Libertà.
Così, mentre Pannella strilla e si fa buttare fuori, mentre il mercato dell’informazione ci vende il folklore e ci tace la sostanza, quel che lascia basiti è il silenzio della politica. Già, perché la faccenda è seria. I radicali si trovano dentro un’alleanza (avendo traslocato ed avendo messo su casa con Boselli, che a sinistra c’è sempre stato) è significativo, però, che non trovino, fra i nuovi alleati, qualcuno disposto a dar loro una mano. E non la troveranno, per due ragioni: la prima è che i loro senatori dovrebbero essere tolti a qualche alleato; la seconda è che al Senato già non c’è maggioranza, figurasi poi a dare dei seggi a gente malfidata come i radicali, capaci di mettere su un casino per questioni di principio. Per le stesse ragioni, però, si dovrebbe manifestare una qual certa solidarietà nel fronte opposto, per altre due bune ragioni: la prima è che al Senato già non c’è maggioranza, ed avere anche dei senatori radicali sarebbe un sollazzo; la seconda è basata sulla mera gratitudine, dacché Pannella, protestando, pianta anche nella sinistra la bandierina del voto irregolare.
Lo dico per amore del diritto e dell’arte, dato che lo stesso Pannella ha appena compiuto la meno comprensibile delle scelte, appoggiando la candidatura Napolitano, spero con risultati diversi di quando propose Oscar Luigi Scalfaro, il peggiore della storia repubblicana.

Dallo stato di eccezione allo stato di necessità: la sfida del presente. Raffaele Iannuzzi

Dobbiamo avere chiara la posta in gioco che è, insieme, la sfida politica all'ordine del giorno: il berlusconismo come fenomeno politico. Perché, oggi, non è scontato che il berlusconismo, vale a dire la capacità della politica di rispondere alle sfide della globalizzazione, non venga derubricata a parentesi politica nazionale. E domani potrebbe essere ridotto addirittura ad errore di percorso. Croce definì il fascismo, sbagliando, una parentesi. Ovviamente stiamo parlando di altro, cioè del più rilevante fenomeno politico dal tempo del craxismo (e, in un certo qual senso, derivante da quest'ultimo), il berlusconismo, ma la logica dei tempi brevi, la logica ad tempus, frutto di una mentalità ad un tempo impolitica e tecnocratica, potrebbe ritornare. E così Forza Italia sarebbe ridotta anch'essa, ovvio, a parentesi. Con un popolo di destra, liberalpopolare d'istinto, intuitivamente e visceralmente anticomunista, azzerato nella possibilità di rappresentanza degli interessi e delle idee.
Il problema è serio e l'Udc si sta attrezzando a smarcarsi proprio per elevare questo problema ad emergenza politica del centrodestra. Perché non riflettere seriamente sul fatto che noi di Forza Italia di questa Udc all'opposizione, dominanti come sono le smanie tecnocratiche folliniane, non abbiamo bisogno? Non illudiamoci che fare l'opposizione oggi sia come farla nel 1996, perché non è così. E l'assenza del governo peserà e non poco in un partito come il nostro che, di fatto, non è ancora un partito, ma, paradossalmente, non potrà che aprire le porte al pellegrinaggio degli ex-ministri e dei funzzionari di governo, una volta fuori dalla stanza dei bottoni.
A questo punto, che fare? In primo luogo, comprendere esattamente la realtà per quel che è: siamo in pieno stato di necessità. Attraverso lo stato di eccezione, dunque, siamo giunti infine allo stato di necessità. E allora la politica diventa il punto-cardine della ripresa del partito. Ma questo non basterà, perché la politica non potrà farla soltanto Berlusconi, elevando la sua leadership a catalizzatore unico delle mille forze presenti in Forza Italia. Ma per fare la politica seriamente e durevolmente ci vuole un partito vero. Siamo ancora oggi al punto di partenza.
Siamo al punto di partenza, ma con un elemento ulteriore: il berlusconismo non potrà che tradursi, attraverso una cultura politica condivisa e una struttura organizzativa autentica, in un progetto liberalpopolare, capace di alimentare nuove forze sociali e nuovi soggetti. Così potremo fare seriamente l'opposizione e verificare, a partire dalla prossima finanziaria, la tenuta di strada di questa forza politica. Direi che, a questo livello, ragionare di partito unico del centrodestra è velleitario e, per noi, pericoloso. Senza Forza Italia come partito forte, al tavolo delle trattative ci andrà soltanto un Berlusconi che ha vinto come leader di partito, ma che viene osteggiato in quanto leader dell'opposizione. La peggiore delle situazioni possibili. Tornare alla politica connettendo le idee, un progetto di popolo e per il nostro popolo e infine un vero partito è necessario, vitale più che mai, oggi. Lo stato di necessità dopo lo stato di eccezione (ancora non esaurito, con la Camera a un comunista e il Quirinale a un ex-comunista). La partita si deve riaprire dallo stato di necessità e con la coscienza della necessità in corso. Una necessità politica. Per non finire come parentesi politica italiana, bollati come populismo degenere. Sarebbe persa non la politica, ma la storia.

mercoledì 10 maggio 2006

Giorgio Napolitano, un vile. Davide Giacalone

Ripropongo questa recensione al libro di Napolitano già postata su questo blog

La viltà è il desiderio, sempre e comunque, di sfuggire al pericolo. La viltà è il desiderio di non portare mai il peso delle proprie azioni. Giorgio Napolitano è un vile, talmente pieno di sé da consegnare alle stampe un’autobiografia (“Dal Pci al socialismo europeo”, Laterza) che lo documenta. Scrivo questo senza nessuna soddisfazione, anzi, con molto rammarico, perché Napolitano è un uomo cui guardammo con interesse, sperando in un possibile, e sempre necessario, dialogo a sinistra. Non immaginavo quanto profonda fosse la malattia morale indotta, nel comunismo italiano, dalla lunga pratica della doppia verità.
La raccolta delle proprie memorie, quando si raggiunge una certa età (l’autore ha superato gli ottanta anni, ed è anche stato nominato senatore a vita), può essere un atto di generosità. Lo sforzo di rileggere gli eventi e le passioni alla luce di una maturazione giunta a compimento. La voglia di cogliere la verità dei fatti, al di là delle interpretazioni di comodo. Ma per vergare pagine di questo tipo occorre un coraggio ed un’onesta che a Napolitano mancano. Il lettore, in un certo senso, viene messo sull’avviso proprio alla prima pagina, dove si trova scritta una strana frase: “Parlo della storia –tra il 1944 e il 1991- della sinistra italiana e del suo maggiore partito, collocato nel movimento comunista internazionale e poi distaccatosene attraverso un tormentato sforzo di ricerca e di revisione”. E’ strana perché il lettore ha come l’impressione che sia esistita una storia di rottura fra il comunismo italiano e quello sovietico, o internazionale, mentre, invece, i comunisti italiani tennero un congresso a Roma, nel marzo del 1989, dove ancora rivendicarono con orgoglio di essere il “grande Partito Comunista Italiano”, e cambiarono nome, non cambiando altro che il nome, un anno dopo, con il congresso di Bologna. Fu la storia a trascinarli, non certo loro a precederla, avendone compreso il percorso. Ciò significa che le vicende raccontate da Napolitano riguardano, per quarantasei quarantasettesimi il Pci, mica quella circonvoluta roba che si legge nella prima pagina.
Andando avanti, pagina dopo pagina, vicenda dopo vicenda, ci si rende conto che Napolitano è un maestro di dissimulazione ed omissione, del dire e non dire, senza mai affondare il coltello della critica, dell’analisi originale, di un dietro le quinte che non riguardi inutili episodi tratti dalle vacanze capresi di Togliatti. E la viltà raggiunge la sua monumentale consistenza quando si arriva al tema dei finanziamenti sovietici al Pci. Una storia interessante, tutta da scrivere, e che Napolitano deve conoscere assi bene, perché fu giovane influente inviato in missione a Mosca, perché fu responsabile organizzativo del Pci, ne fu vice segretario, fu responsabile economico e fu responsabile della sua politica estera. Una testimonianza interessante, la sua.
Ma tutto si riduce ad una pagina, una pagina, la 173. Una pagina su 331. Ed in quell’unica pagina mente. Mente perché, con il tono delle grandi rivelazioni, scrive che i comunisti italiani furono finanziati da quelli sovietici, poi, però, si nasconde dietro le parole di Gianni Cervetti (“L’Oro di Mosca”, Baldini & Castoldi, pubblicato nel 1993) per affermare che quei finanziamenti furono interrotti, per volontà di Berlinguer, Chiaromonte e Cervetti, nel 1978. Il che è falso. Totalmente falso.
E’ falso perché lo ha documentato Vladimir Bukovskij (un dissidente che se ne stava nei Gulag, mentre Napolitano ed i suoi compagni riscuotevano i soldi sporchi di sangue, elargiti dalla medesima mano che edificava i campi di concentramento), che ha raccolto documenti importanti e non smentiti (“Gli archivi segreti di Mosca”, Spirali), ed alcuni di questi riguardano la Interexpo, società guidata dal “compagno L. Remigio”, per il tramite della quale, nel 1983 il Pci chiede a Mosca “ulteriori finanziamenti”. Prego osservare la data, 1983, ed il non secondario “ulteriori”. E li ebbero, giacché quelli sono gli anni in cui i comunisti italiani sono impegnati a colpire la sinistra democratica italiana, rea di avere consentito alla giusta scelta di schierare i missili nucleari occidentali, contro gli SS20 sovietici. Sono gli anni in cui vestono una delle loro giubbe “pacifiste”. La pace di Gulag, solo appena più operosa di quella dei cimiteri.
E’ falso perché lo ha documentato Giuseppe Averardi (“Le carte del Pci”, Piero Laicata Editore), utilizando appunti e note di Eugenio Reale e descrivendo il meccanismo di finanziamento illecito che utilizzava una fitta rete di società d’intermediazione (come la Interexpo, appunto), che non intermediavano un bel nulla ma riscuotevano tangenti per i comunisti italiani.
E’ falso perché il magistrato russo Sergej Aristov parla di finanziamenti giunti fino al 1991, così come risulta da un documento datato 17 gennaio 1898, classificato come rigorosamente segreto e destinato a Vladimir Chruscev, uno dei capi del Kgb, un documento intitolato: “Aiuti finanziari supplementari per il Pci”. Prego notare la data, 1989, ed il suggestivo “supplementari”. Di tutto questo ha mai sentito parlare, l’onorevole Napolitano? Lo sa che Aristov aveva chiesto l’assistenza e la collaborazione di Giovanni Falcone, e che questo era l’incontro in programma al suo rientro a Roma, se non lo avessero ammazzato a Capaci? Ha mai letto niente, di tutto questo, l’onorevole Napolitano? Riesce ad immaginare cosa si sarebbe scritto e fatto se al rientro a Roma Falcone avesse dovuto incontrare Aristov per scandagliare le amicizie di Andreotti o i conti di Craxi?
Certo, so che queste cose non si leggono spesso, talché io stesso, scrivendole, mi conquisterò il compatimento di chi m’immagina giapponese renitente all’armistizio, in guerra contro comunisti immaginari che esistono solo nella mia malata fantasia ed in quella corrotta da Arcore. Capita, difatti, che la grande forza dei preti senza più un dio, dei comunisti senza più comunismo, ancora si esercita sul mercato italiano delle idee e delle conoscenze, complice una destra di analfabeti d’andata e ritorno. Ma Napolitano è uomo di cultura, di buone letture, è escluso che ai suoi occhi non siano mai comparse queste notizie, e, allora, perché non commentarle, perché non smentirle, perché tenere tutto in una ridicolissima e rivelatrice pagina? Per viltà. Perché il passato che questi uomini hanno alle spalle fa così orrore, copre ancora le grida delle vittime, da non consentire loro di guardarlo in faccia senza perdere la capacità di guardarsi in faccia. Quindi meglio affidarsi ad un linguaggio che avrei definito democristiano, se non fosse che non conosco un solo democristiano che abbia da tacere tanto sul passato proprio e dei propri compagni di partito.
Altri uomini, altri comunisti, come Giovanni Pellegrino, hanno avuto la forza ed il coraggio di rimestare criticamente nella nostra storia recente, non si sono autorisparmiati, pur compiendo lo sforzo di collocare i propri comportamenti nel clima e nel contesto in cui i fatti si svolsero. Il capitolo dei finanziamenti sovietici ai comunisti italiani è uno di quelli senza il quale non si è in grado di capire nulla, né del dibattito politico nella sinistra, né della storia italiana del dopoguerra. Ma, evidentemente, al contrario di quel che Pellegrino ha fatto per gli anni del giustizialismo, queste altre sono cose di cui è ancora difficile e pericoloso rivelare dimensioni reali e complicità taciute. Alcuni canali di scolo dei dollari russi ancora non si sono prosciugati. O, comunque, non è compito che abbia assolto la debole penna di Grigio Napolitano.

In un libro choc le infamie del comunismo. Massimo Introvigne

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=88004

I comunisti non mangiavano solo i bambini, ma anche gli adulti

martedì 9 maggio 2006

Buona la quarta?

QUIRINALE: BERLUSCONI, SCHEDA BIANCA A TERZA E QUARTA VOTAZIONE
Roma, 9 mag. (Adnkronos) - Abbiamo ''una linearita' assoluta'', confermando ''quello che diciamo e che ho detto ieri sera. Adesso continueremo a votare scheda bianca alla terza. E alla quarta votazione, la stessa cosa''. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lasciando Montecitorio, aggiungendo che il centrodestra partecipera' comunque alla votazione: ''parteciperemo con scheda bianca'', ha concluso. Ore 14.53

Il lancio dell'agenzia Adnkronos è chiaro: la CdL non vota un comunista.
Berlusconi ha detto chiaro e tondo che il suo elettorato non capirebbe un voto ad un candidato comunista o ex comunista. Il tanto invocato e abusato metodo Ciampi per eleggere un candidato condiviso non può funzionare quando la rosa ha un petalo solo: e poi non è proprio obbligatorio che venga eletto con la maggioranza qualificata.
La maggioranza dovrebbe, secondo una logica di correttezza politica, essere meno ferma sulla scelta di un Ds o, meglio ancora, potrebbe convergere su di una scelta condivisa del centrodestra.
Domani alla quarta votazione, visto che la sinistra ha i numeri, potrebbe provare ad eleggere il proprio concorrente.
Io spero sempre di vedere il terzo sardo alla Presidenza della Repubblica.

Quei Br a caccia di semilibertà. Salvatore Scarpino

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Le Brigate Rosse sono ancora pericolose e non vanno sottovalutate

lunedì 8 maggio 2006

Sette errori fatali degli alleati di Berlusconi. Marco Palmisano

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Superficialità, pressapochismo e miopia, ma soprattutto poca fiducia nella vittoria

Appello per l'istituzione della Giornata nazionale delle vittime dell'ingiustizia

Mauro Mellini, già deputato radicale e membro del Consiglio Superiore della Magistratura, ha promosso a nome dei Riformatori Liberali-Radicali un appello per l'istituzione del 18 maggio (ricorrenza della morte di Enzo Tortora) quale giornata nazionale delle vittime dell''ingiustizia. Questo appello sarà lanciato sul piano nazionale il prossimo 18 maggio e sarà accompagnato da una serie di iniziative parlamentari volte al perseguimento di un obiettivo difficile che vogliamo però porre all'attenzione e alla riflessione dei parlamentari, delle forze politiche e dell'opinione pubblica.Per dare forza alla nostra iniziativa ti prego quindi di leggere il testo dell'appello e di comunicarci- se lo ritieni- la tua adesione a info@riformatoriliberali.org.Ti ringrazio e ti saluto cordialmente.
Benedetto Della Vedova

Testo dell'appello

GIORNATA NAZIONALE DELLE VITTIME DELL'INGIUSTIZIA

Nel diciottesimo anniversario della morte di Enzo Tortora - vittima d''ingiustizia palese e pervicace, frutto di calunnie sfacciate e di imperdonabili prevaricazioni - lo ricordiamo per la fermezza con la quale affrontò una vicenda assurda e con la quale rese testimonianza di fede nella giustizia vera. Fu esempio di civile impegno, perché ad altri fosse risparmiato il danno, il dolore dell''ingiustizia e dell''indifferenza di fronte ad essa della società e delle istituzioni.La vicenda di Enzo Tortora fu ed è esemplare. Non averne tratto gli insegnamenti ed i presagi che se ne potevano e dovevano trarre, pesa ancora oggi sulla vita del nostro paese. Ricordare tutto ciò è doveroso ed utile per tutti ed è da augurarsi sia sempre nel pensiero dei migliori cittadini.Per questo proponiamo che il 18 maggio, anniversario della morte di Enzo Tortora, la cui salute fisica fu minata da quella sciagurata vicenda che non domò il suo spirito, sia proclamato giornata nazionale delle vittima dell''ingiustizia.
Una giornata in cui il pensiero vada a coloro che, per errore di uomini o per imperfezione e stravolgimento di istituzioni e di leggi, per devianze dalle finalità che la giustizia deve perseguire, sono sacrificati e soffrono, lottando perché sia riconosciuto il loro buon diritto o, invece, vinti e dimenticati, subiscono pene ed umiliazioni che non hanno meritato. Confidiamo che molti altri cittadini che amano la giustizia si uniscano a noi, sottoscrivendo questo appello e che le istituzioni di autorità pubbliche vogliano accoglierlo, perché a tutti sia indicato un momento di riflessione e di assunzione di responsabilità.

sabato 6 maggio 2006

L'ultimo prigioniero. Giuliano Ferrara

Previti in galera dopo un processo ingiusto e una schifosa mostrificazione

Non mi sono mai posto il problema dell’innocenza di Cesare Previti, perché il suo non era e non è, come il mio e come molti altri, un mestiere innocente. I miei dubbi li ho esposti per tempo e con lealtà su un giornale, questo, che è politicamente amico di Previti e del suo storico committente, Silvio Berlusconi. Avevo scritto che stavolta il processo ci stava, bisognava affrontarlo e vincerlo, se possibile, che non bastava dire un “no” politico. Ne è passato del tempo da allora. E se il processo fosse stato giusto, mi terrei i miei dubbi generici e a Previti che va in carcere esprimerei la solidarietà di un uomo a un altro uomo, e pazienza per i famosi miti giacobini. E’ andata altrimenti: il processo è stato lungo, cavilloso, tortuoso ma ingiusto.
Bisogna protestare. Giuseppe D’Avanzo, su Repubblica, dunque su un giornale il cui editore ha un diretto interesse processuale in questa vicenda per via del lodo Mondadori, un interesse sistematicamente occultato ai lettori, moraleggia su una sentenza finale che secondo lui ripristina l’eguaglianza di fronte alla legge dei potenti e dei senza potere. Metterla così ti fa sentire onesto. Ma la mia personale onestà, sulla quale non sono io a decidere bensì l’opinione di chi legge, di fronte a questo modo di mettere le cose muore di freddo. Il trattamento riservato a Previti non va paragonato con quello tragico riservato a chi abbia rubato un melone. Va confrontato con il trattamento riservato ad altri potenti, che tutti conosciamo e che anche D’Avanzo conosce. Potenti che se la sono cavata egregiamente di fronte ad accuse simili, anzi spesso identiche, perché non si sono esposti, non ne avevano bisogno, avevano chi sui giornali, nelle conventicole, nell’establishment dei poteri cosiddetti neutri o forti si esponeva per loro, e troncava e sopiva e copriva per loro quel che c’era da troncare, sopire e coprire.
E’ un elenco sterminato, e dovesse proseguire il linciaggio del mostro, sono pronto a riscriverlo, questo elenco pubblico di coloro che hanno evitato gogna e carcere solo perché sono veri potenti o potenti veri. Non è una promessa, è una minaccia. Siamo stati appena assolti in un processo per diffamazione intentatoci dalla teste d’accusa del processo Previti, che avevamo criticato per la sua inattendibilità con il garbo e la fermezza di chi non voleva fare ostruzione alla giustizia, ma all’ingiustizia. Eppure da lì si riparte. L’accusa fu costruita in modo sospetto, in termini di procedura giudiziaria. Il fumus c’era, ma presto il fumo della persecuzione militante, della devastazione a cannonate di un bersaglio politico, che era insieme Previti e Berlusconi e la magistratura moderata del porto delle nebbie, ha coperto ogni altro fumo di reato, e ha soprattutto diradato come per incanto le nebbie giallognole che sostavano sul capo dei pm d’assalto milanesi, capaci di trasformare la giustizia in arma politica e la politica in mero episodio secondario del giustizialismo al potere.
Pessimi anche la gestione del lungo dibattimento e il dispositivo finale della sentenza in Cassazione. Con la scusa che Previti si difendeva dal processo, ciò che è legittimo e legale quando un imputato non creda nell’imparzialità di chi giudica e nella lealtà di chi investiga, il sistema della giustizia ingiusta si è anch’esso difeso dal giusto processo e dai diritti della difesa, e ha sistematicamente negato le garanzie giuridiche fondamentali fino alla fine, fino al diniego di un rinvio per consentire un decisivo verdetto della Corte costituzionale, atteso tra venti giorni, su un conflitto tra poteri dello stato. Il fatto che l’imputato sia un parlamentare e si avvalga delle prerogative di parlamentare per tutelarsi non influisce sul nostro giudizio. Anzi, in questi casi bisogna avere l’occhio ancora più fino, perché un parlamentare è un tizio presunto potente eletto dai tizi senza potere per rappresentarli, e altri potenti meno presunti hanno interesse a scardinarlo dalla posizione che occupa, se lui o il suo capo siano considerati ingombranti. E non facciamo le timorate, non ci iscriviamo al club degli onesti che ragionano come Repubblica, perché il colpo a Cesare Previti è stato inferto sulla scia di altri e numerosi colpi di giustizia politicizzata che hanno avuto di mira tutti i passaggi fondamentali della battaglia politico-elettorale in Italia.
L’inchiesta cominciò simbolicamente prima della prima vittoria dell’Ulivo, che favorì sfacciatamente nel 1996, e il percorso termina altrettanto simbolicamente subito dopo la seconda vittoria dell’Ulivo, dieci anni dopo. La traiettoria della mostrificazione giudiziaria di Cesare Previti è stata impregnata di odio culturale e di demagogia incivile, e quando odio e demagogia entrano nei tribunali sotto la luce delle telecamere e delle cronache compiacenti non c’è più giustizia, c’è cattiva politica e insulto alla libertà.

venerdì 5 maggio 2006

I portavoce della verità

I blogger, in questo periodo, si domandano quale possa essere la loro funzione all'indomani delle elezioni.
Il risultato elettorale ha dimostrato che la vittoria si conquista con una manciata di voti e che gli indecisi sono determinanti. Sono gli avvenimenti delle ultime ore quelli che spostano l'elettorato.
La rimonta della Casa delle Libertà si è materializzata quando l'opinione pubblica è stata messa al corrente del lavoro svolto dal Governo uscente: Berlusconi stesso ha riconosciuto che la comunicazione era stata carente.
L'informazione è potere!
Mi auguro e ci auguriamo che, stando all'opposizione, la CdL trovi il tempo di far sapere come si muove, a cosa si oppone, come governerebbe e, soprattutto, comunicasse con tutti i mezzi, ben sapendo di dover fare i conti con "media" di parte.
Di parte, ma da quella che noi riteniamo giusta, sono i blogger che aderiscono alla BLOGS FOR CdL. Una rete di convinti sostenitori del centrodestra, con tutte le sfumature e le differenze del caso, che hanno creduto nel progetto alternativo alla sinistra che Berlusconi ha teorizzato.
E' difficile quantificare il peso dei nostri blog sulle scelte degli elettori, ma un paio di cose sono certe:
a) la rete è destinata a raggiungere un numero sempre maggiore di "navigatori",
b) la credibilità dei blog aumenterà, facendo concorrenza agli altri "media".

L'invito che rivolgo ai signori politici è di non sottovalutare la nostra forza, di collaborare con noi e di aiutaci a mettere in rete quelle notizie che altrove non compaiono per reticenza o disinformazione.
Personalmente preferisco i fatti alle opinioni perché hanno una loro forza e sarei lieto di poter supportare le mie opinioni con tanti fatti.
Soprattutto chiediamo la verità per quanto scomoda o controproducente, senza interpretazioni o manipolazioni: sappiamo che è difficile, ma la nostra bandiera deve essere l'obiettività.

Ai posteri l'ardua sentenza

Oggi è il 5 maggio e la poesia del Manzoni in morte di Napoleone ritorna alla mente.
"Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all'ultima ora dell'uom fatale..."
"Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza"

Previti è colpevole: lo sentenzia la Cassazione.
Chi vivrà, vedrà. Ai posteri l'ardua sentenza.

giovedì 4 maggio 2006

Oddio, la ripresa arriva troppo presto. Giuliano Ferrara

Prodi non governa ancora e l’economia già cresce. Come si permette?

L’economia italiana è in crescita sostenuta, dovuta all’aumento della produzione manifatturiera. L’indice del centro studi della Confindustria riguardante l’aprile del 2006 in confronto allo stesso mese del 2005, a parità di giorni lavorativi, registra un aumento del 4,32 per cento. Anche l’indice riguardante la dinamica fra un mese e il precedente, che individua la direzione e l’intensità dell’espansione, in aprile è fortemente positivo: l’aumento rispetto a marzo è dell’1,9 per cento, un balzo in avanti che indica che la ripresa è robusta.
Essa è sospinta dalla domanda europea e internazionale e, in minor misura, da quella domestica. E ciò mostra che la nostra economia ha ripreso a essere competitiva, sul fronte estero, oltreché in quello interno. Il pianto greco di questi anni sulla perdita di competitività del sistema Italia viene smentito dai fatti. L’economia italiana ha resistito bene alla sfida della globalizzazione, nel periodo difficile, e ora è in fase dinamica, assieme alle altre economie mature dell’area euro. Mentre ciò accade, si registrano anche dati, migliori delle previsioni, per il saldo di cassa, fra spese ed entrate statali, del primo quadrimestre. Anche in questo caso vengono smentiti i propagandisti del pessimismo. Con una aggravante.
Gli economisti che dovranno consigliare il governo Prodi avevano chiesto con insistenza i conti di cassa del primo quadrimestre, ritenendo che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti li volesse divulgare in ritardo per celare un aggravio della situazione. E avevano sorriso con ironia alla sua assicurazione che essi erano migliori del previsto. Ma ora si vede che Tremonti non mentiva. La dinamica di cassa del primo quadrimestre 2006 registra un deficit di 34 miliardi contro i 40 del primo quadrimestre del 2005. Ciò comporta una correzione verso il basso del deficit previsto per il 2006, dallo stesso Tremonti, stimato da lui prudenzialmente in un 3,8 per cento del pil. Col trend attuale, il deficit del 2006, tendenzialmente, si attesta su un 12 per cento in meno, cioè sul 3,4 per cento del pil, poco lontano dalla cifra del 3 per cento richiesta dal patto di stabilità. Starà a Prodi non sprecare questa eredità positiva. E ai commentatori il riconoscerla, cessando di stracciarsi le vesti per un declino che non c’è.

Pecoraro Scanio: presidente del sole che ride... ai funerali.

Pecoraro Scanio e Vasco Errani - come tutti sanno - sono stati fotografati ai funerali delle tre vittime di Nassiriya mentre ridevano sguaiatamente.
Di seguito i comunicati dei rispettivi partiti che si commentano da soli.
Della serie: noi siamo vittime di ignobili attacchi ingiustificati perché la CdL strumentalizza la fotografia.
Dobbiamo imparare da questi maestri della mistificazione: nessuna vergogna per la risata scurrile in chiesa, nessuna ammissione di colpa, ma attacco a chi li rimprovera.
Per le corna di Berlusconi hanno riempito giornali ed ancora adesso ne parlano...

NASSIRIYA: VERDI, DAL GIORNALE E DA LIBERO GRAVE STRUMENTALIZZAZIONE
(AGE) ROMA - "Dal Giornale e da Libero è stata messa in piedi una grave strumentalizzazione per attaccare il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio". Lo afferma in una nota l'ufficio stampa del Sole che Ride. "Si sta montando - prosegue la nota - una indegna campagna che mette in dubbio il dolore autentico e sincero dei Verdi per le vittime dell'agguato di Nassiriya. Negare l'onestà dei sentimenti del presidente dei Verdi è profondamente offensivo ed è una forma di imbarbarimento del confronto politico e dell'informazione". (AGE)Data: 03/05/06 15:33Autore: GIF

In riferimento all'attacco politico portato da vari esponenti della Casa delle Libertà al presidente della Regione Vasco Errani, presente ieri ai funerali delle vittime della strage di Nassiriya, i capigruppo dell'Unione in Regione hanno risposto con una nota congiunta."Le dichiarazioni di diversi esponenti della Casa delle Libertà riferite al presidente Errani sono strumentali", recita la nota "in quanto finalizzate a colpire la credibilità delle istituzioni e nella fattispecie di chi le rappresenta. Crediamo che utilizzare una giornata di lutto per bieche logiche di partito dimostri l'assoluta mancanza di senso dello Stato che purtroppo la Cdl ha sempre evidenziato.Il presidente Errani ha sempre mostrato un alto senso delle istituzioni e la società regionale glielo ha sempre riconosciuto. Sia presiedendo la Giunta dell'Emilia-Romagna che la Conferenza dei Presidenti delle Regioni la sua attività si è sempre ispirata ai principi costituzionali e la sua presenza ai funerali di ieri ne è un'ulteriore testimonianza. Siamo quindi indignati e offesi dal volgare attacco finalizzato a ledere la dignità del presidente Errani, che ovviamente noi respingiamo: la sua presenza alle esequie era dettata da un'autentica vicinanza alle Forze Armate e all'Arma dei Carabinieri e al dolore dei familiari per il lutto che ha colpito loro e l'Italia intera".

mercoledì 3 maggio 2006

Basta con gli in...Ciampi

Diciamolo: vi pare il caso di rieleggere un ultraottantenne?
Credete che il candidato sia proprio Carlo Azeglio?
La CdL ha fatto la mossa vincente, che ha spiazzato la sinistra, proponendo - guarda caso - l' ex Ministro del Tesoro ed ex Presidente del Consiglio della sinistra.
Si sa che Ciampi non ha alcuna intenzione di morire Capo dello Stato e si sa che la sinistra punta a Baffino, ma prima di lunedì bisogna sollevare un po' di polverone e fingere di pregare il bisnonno a non traslocare.
Personalmente ritengo il settennato trascorso piuttosto incolore e Ciampi spesso ostaggio degli apparati: certamente rispetto ad Oscar Luigi, il livornese è stato un mostro di imparzialità e di equidistanza. Ma è tempo di cambiare aria e di abbassare l'età anagrafica.
Ritengo che, secondo giustizia e logica, la prima carica dello Stato, visto che la seconda, la terza ed il premierato sono andati alla "maggioranza", possa andare all'opposizione.
Ho una mia idea ed un desiderio, ma la scaramanzia mi induce a fare solo il nome: Beppe.
Speriamo che si avveri.

Le parole vuote di una sinistra fuori dalla storia. Ruggero Guarini

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=86236

Lotta di classe e padroni nel lessico dei rigattieri della sinistra

martedì 2 maggio 2006

Comunismo e falso ecologismo. Marcello Pili

Il comunismo è uno strumento di gestione totalitaria dell’economia. Il comunismo sottrae al cittadino il diritto sul proprio reddito, gli impedisce l’iniziativa di impresa, gli dà diritto a qualche alimento se ne sa (e non ne sa) produrre, quindi il cittadino è schiavo dello Stato e delle clientele del partito comunista che è dominante sempre dopo violenze.
Tolto il comunismo totale, come strumento di dominio totale abbiamo tutte le forme di azione “socialiste” presenti nelle economie che si dicono (come l’Italia) ancora liberali ma non lo sono, e cioè almeno in tutta l’Europa Continentale prossima alla Cortina di Ferro.
Il falso ecologismo sta affiancando con falsi pretesti e sta sostituendo il divieto di fare economia del comunismo col divieto di fare economia perché “violerebbe” qualunque falso rispetto della natura. Quindi c’è il falso rispetto della natura usato come strumento per togliere i diritti agli uomini.
Esempio di questo gravissimo divieto di fare economia in Italia è il blocco delle Autostrade, che da solo provoca migliaia di morti all’anno e quindi questi falsi ecologisti sono criminali come i comunisti che anch’essi si nascondevano, e non troppo, dicendo che volevano il bene di chi uccidevano.
Il divieto di fare economia dei falsi ecologisti si estende in tutte le direzioni stabilendo con prepotenza limitazioni alla libertà del cittadino con limiti alla circolazione stradale che sono solo limitazioni della produzione e violazioni dei diritti dei cittadini.
C’è anche una vulgata di falsa economia “ecologista”, che alcuni studenti particolarmente plagiati e deboli in economia portano agli esami secondo cui il “rispetto della natura” comporta la riduzione del livello di produzione totale.
Ciò è totalmente falso ed è come dire che il rispetto dei diritti sindacali giusti debba comportare la riduzione dell'attività economica, che è falso.
Ciò è perciò falso completamente e mette in evidenza che il falso ecologismo è lo strumento del comunismo per bloccare l’economia e costituire un dominio sulla popolazione per ora e per il futuro.
Il falso ecologismo è particolarmente pericoloso per la possibilità di corruzione dell’economia e del sapere scientifico, come novella teoria della terra piatta, mentre è piatta o peggio solo la testa degli ecologisti che si nascondono con la falsa protezione della natura.
Quindi comunismo e falso ecologismo sono gli strumenti della gestione totalitaria dell’economia e le tasse altissime e i falsi vincoli ecologistici sono mezzi intermedi per questo obiettivo totalitario.
I veri ecologisti sono le guardie forestali e i vecchi contadini che sfruttavano la natura conservandola.
Ora che le terre agricole sono per metà abbandonate, esse ritornano allo stato di selve naturalmente senza l’intervento di nessuno.
I falsi ecologisti sono solo la frode del 20° secolo e della falsa modernità.