martedì 30 dicembre 2008

Meno precari = più disoccupati. Davide Giacalone

Benedetto XVI è preoccupato per l’aumento dei lavoratori precari, io per la loro diminuzione. Ha ragione, naturalmente, nel chiedere che il lavoro sia sempre dignitoso, ma è un errore credere che si possa ottenerlo irrigidendo il mercato, perché in quel modo lo si farà solo diminuire (aumentando quello in nero, che dignitoso non è). Né sarei certo che la precarietà mina la famiglia e la prolificità, perché fra i più stabili e prolifici ci sono gli immigrati, che sono anche i più precari.
La crisi avanza, il 2009 sarà duro. Prima dei licenziamenti arriveranno i mancati rinnovi dei contratti a termine. I precari diminuiranno, e sarà un gran male. Chi crede che si possa evitarlo trasformando i contratti dal termine determinato all’indeterminato, crede nelle favole, confonde la causa con l’effetto. Se quella rigidità ci fosse stata fin dall’inizio, del resto, quei posti di lavoro oggi non si perderebbero, ma solo perché non sarebbero mai nati e quei giovani sarebbero rimasti disoccupati. La buona ricetta, la più solidale, pertanto, non consiste nel contrarre, bensì nell’allargare l’elasticità, consentendo alle aziende di cancellare costi non sopportabili, ma anche di scommettere sulla ripresa, assumendo senza contrarre debiti per il futuro. A quei lavoratori, che trovo deviante definire “precari”, vanno assicurate due cose: a. fondi pubblici che sussidino la disoccupazione temporanea e non il mantenimento di lavori improduttivi (la settimana cortissima è contro il loro interesse); b. trattamenti fiscali e previdenziali non penalizzanti. Quando, ad esempio, si è finanziata la cancellazione dello “scalone”, mettendola in conto agli atipici, si è commessa una grave ingiustizia. Protestammo in pochi.
Se non procediamo in questa direzione freghiamo e marginalizziamo i giovani. Consideriamo normale, del resto, che se ne stiano in giro fino alle sette del mattino, a sballare, piuttosto che a studiare per competere e primeggiare. Se non crepano in un burrone (con trecento genitori in fila, che temono siano i propri figli!!), si cercherà di procurare loro una raccomandazione, della curia o della politica, per avere il posto fisso, naturalmente nella pubblica amministrazione, fuori dal mercato. Il che difetta non solo di dignità, ma anche di ragionevolezza e convenienza.

lunedì 29 dicembre 2008

Gli "unti", a sinistra. Davide Giacalone

La sinistra ha scoperto la sovranità popolare. Esulta, oh popolo! Siccome le feste non ci rendono buoni, e non si fanno sconti ad una sinistra immersa nel pantano del giustizialismo, diremo le cose in modo diverso ed urticante: la sinistra ha scoperto che Berlusconi aveva ragione. Così, qui ci si prende lo sfizio di spiegare perché c’è del marcio, in certe ragioni.
D’Alfonso, (ex?) sindaco di Pescara, eletto dalla sinistra e difeso da Veltroni, sostiene di dover rispondere solo agli elettori. Berlusconi disse che rispondeva solo ai suoi pari, i cittadini, perché l’eletto è “unto dal popolo”. Concetti identici, ma quando lo disse il secondo gli amici del primo volevano impalarlo. Concetti giusti, naturalmente, perché solo il popolo ha il potere e la legittimità per giudicare quelli che hanno governato, od il valore dei programmi di quanti desiderano farlo. Solo il popolo consegna la delega a governare, solo il popolo la toglie. Con un’eccezione, però: il controllo di legalità. Se l’eletto delinque non si deve attendere la riapertura delle urne, ma si può precederla con l’apertura della galera. Gli eletti, pertanto, non devono essere intoccabili, non sono sopra la legge.
Compito delicatissimo, quello di amministrare giustizia, perché può intersecare la sovranità popolare, così come può recidere la libertà personale. Funzione andata in malora, perché la giustizia in bancarotta neanche più somiglia al nome che porta. Nel generale troiaio si confonde l’accusa, mossa da un magistrato, con la colpevolezza, mai pronunciata da un giudice. E mentre la cultura delle regole va a farsi benedire, le bande contrapposte si muovono per i rispettivi amici, confondendo garantismo con innocentismo. Se si costringe alle dimissioni il governatore dell’Abruzzo e poi a votare il successore è un quarto dell’elettorato, il tutto senza che si sia intaccata l’innocenza dell’indagato, vuol dire che s’è ammalata tanto la democrazia quanto lo Stato di diritto.
Per questo, da tempo, urliamo l’urgenza della riforma, profonda e strutturale. Invece arrivano leggine a difesa di pochi e trucchetti balordi. Si sentono vittime, ora, a sinistra. La colpa è loro. Lo capisce Violante, ma fuori tempo massimo, senza vergogna e senza il coraggio di fare il conto dei torti sui quali si arrampicarono.

martedì 23 dicembre 2008

La maledizione doppiopesista. Pierluigi Battista

La maledizione del doppiopesismo, ancora una volta. Quella malattia politica e culturale che spezza ogni unità di giudizio, fomenta l'indignazione a corrente alternata, alimenta il pregiudizio che tra di «noi» si possa regalare per grazia ricevuta un trattamento più indulgente e autogratificante di quello abitualmente riservato all'avversario. È questa sindrome del doppio standard che si manifesta ancora una volta nelle parole di Renato Soru, una delle figure più innovative, moderne e post-ideologiche della famiglia democratica. Parole da cui si evince che anche il conflitto di interessi è sottoposto alla logica del doppio standard: intollerabile se ne sono responsabili gli altri; una trascurabile inezia se ad esserne prigioniero è uno dei «nostri».

Soru si è dimesso da governatore della Sardegna. Ieri ha sciolto la riserva e ha deciso di ricandidarsi per le prossime elezioni regionali sarde confermando che un apposito blind trust rimedierà al conflitto di interessi espressamente indicato da una legge regionale della Sardegna come motivo di incompatibilità tra la proprietà di un'azienda e la carica di presidente della Regione. Ma è qui che nascono i problemi. Perché la sinistra ha da sempre fieramente indicato nel conflitto d'interessi dell'avversario Silvio Berlusconi la più colossale anomalia del sistema italiano, bollando come una risibile panacea la legge che sul tema è stata emanata nella precedente legislatura del centrodestra e considerando anche il blind trust come una misura largamente insufficiente, monca, facilmente aggirabile. E invece, quando Alberto Statera su Repubblica ha chiesto di rispondere a chi «ironizza dicendo che Racugno a Tiscali è come "Fedelu Confalonieri" a Mediaset e suo fratello all'Unità è come "Paolu Berlusconi" al Giornale », Soru ha liquidato sprezzantemente come «sciocchezze» quelle domande sacrosante eppure trattate come spregevoli insinuazioni.

Non sono «sciocchezze », sono il normale sospetto cresciuto nell'atmosfera del conflitto di interessi. Se poi si risponde come Soru, e cioè rivendicando al professor Racugno (intervistato oggi da Alberto Pinna per il Corriere) una «specchiata onestà e moralità», è fatale che si commettano insieme almeno due deprecabili errori. Con il primo si getta gratuitamente un'ombra sulla «specchiata moralità» degli avversari, che invece possono vantare titoli di «moralità» non inferiori a quelli giustamente attribuiti a Racugno. Con il secondo si persevera nella pretesa di una pregiudiziale «superiorità morale» di cui ci si sente investiti come per un diritto acquisito. Ma questo secondo errore continua ad essere una fonte di guai da cui il mondo del Partito democratico farà bene a liberarsi al più presto. È la malattia doppiopesista che oramai viene accolta con sempre maggiore freddezza e incredulità dall'opinione pubblica italiana. È la stessa malattia che traspare dall'insofferenza con cui, dentro e attorno al Partito democratico, ci si lamenta in questi giorni per il legittimo interesse con cui vengono seguite le inchieste che stanno minando numerose giunte di centrosinistra. È la malattia che scambia per «sciocchezze » tutte le domande sulla coerenza di chi si sente per principio sottratto all’esame spietato dell'opinione pubblica. Domande che esigono una risposta, prima che sia troppo tardi. (Corriere della Sera)

lunedì 22 dicembre 2008

La triste fine dei "diversamente morali". Milton

Loro sono quelli che non prendono lezioni di morale da nessuno dopo averne date a iosa per anni, quelli che la valigetta del compagno G conteneva spiccioli contanti per comprare una (sic!) casa (in nero?), mentre quella dell’Enimont si volatilizzò nell’ascensore, nel tragitto dal piano terra ai piani alti di Botteghe Oscure. E quei mammalucchi del Pool di Milano c’hanno pure creduto.

Che dire poi dei rubli della casa madre russa, un flusso continuo, ininterrotto fino alla caduta del muro di Berlino, a disposizione naturalmente delle lotte sociali del proletariato, dei quali non è mai stato possibile parlare (ricordate la “ sbianchettatura” di D’Alema).

Quelli che il mondo della cooperazione non si tocca, con i suoi vantaggi fiscali e le sue aderenze sinergiche con il Partito, quelli che se vivi a Siena e magari voti per il centro-destra, ti senti come Bin Laden ospite nelle sale del Pentagono, quelli che in Emilia, Toscana e Umbria senza tessera e “Unità” in tasca, non hai speranza di avere neanchè il sussidio di disoccupazione.

Loro sono quelli (ahime in compagnia di qualche ex-innamorato del capppio, ora garantista nel centro-destra) che applaudivano i magistrati durante Mani Pulite, che santificarono quella rivoluzione giudiziaria che iniziò quando componenti del Pool di Milano, in prima serata tivvù, minacciarono le dimissioni se la legge Biondi non fosse stata ritirata. La vergogna della democrazia italiana, affamati di protagonismo che volevano rivoltare l’Italia come un calzino: l’epoca dei suicidi in carcere, della gogna e degli aguzzini trasformati in scribacchini. Un avviso di garanzia, equivaleva alla morte morale (e a volte fisica): quanti di quegli avvisi di garanzia si sono tramutati in condanne definitive? E’ ora che qualcuno lo dica, e, almeno, se ne vergogni.

Chi, solo, si salvò, miracolosamente, da questa eversione giudiziaria? Chi, se non loro. Loro, quelli che risero delle monetine lanciate contro il rivale di sempre, sbertucciato e linciato fino alla morte in esilio, dopo avergli addirittura negato le cure mediche in Italia. Sempre loro, quelli che sono usi ad applaudire il rientro della Baraldini o Toni Negri e a fare appelli per la scarcerazione di Sofri.

Loro sono quelli che, siccome sono riformisti, si sono alleati con Di Pietro e hanno lasciato a casa i socialisti. Hanno preferito una specie di eversore fascistoide, che si crede di aver il monopolio della morale, uno squalo autoreferenziale che prima li ha usati, da quando lo elessero al Mugello, ed ora se li divora, con l’aiuto delle solite procure.

Loro sono questo, loro sono i diversamente morali. (l'Occidentale)

domenica 21 dicembre 2008

La moschea cocchiera. Massimo Introvigne

Nuove moschee in Italia sì o no? Tornano gli equivoci. Dicendo che in Italia vi sono oltre 300 moschee, tecnicamente si sbaglia. Non si tratta di moschee (masjid o jami), ma di “sale di preghiera” (musalla). Da noi le moschee si contano su una mano. Politici di sinistra, studiosi buonisti e anche qualche ecclesiastico cattolico bene intenzionato affermano che i musulmani hanno diritto a luoghi di culto propri. Cioè di sale di preghiera, di cui i musulmani italiani fruiscono con relativa abbondanza. La moschea, invece, non è un semplice luogo di culto.

Come ha scritto il gesuita Khalil Samir su La Civiltà Cattolica, «la moschea, in quanto centro socio-politico-culturale musulmano, non può entrare nella categoria dei “luoghi di culto”, non essendo esclusivamente un luogo di preghiera ». È infatti un centro dove la comunità si raduna per questioni culturali, sociali e politiche, oltre che religiose. Vi si trova normalmente, oltre a una scuola islamica, un tribunale coranico che – come è noto – non tratta solo questioni di fede. Tutta l’azione dell’islam politico parte dalla moschea, e ogni nuova costruzione è percepita come “conquista” e “cedimento” dell’Occidente, tanto più che secondo il diritto musulmano il territorio dove essa sorge acquisisce extraterritorialità facendosi islamico per sempre.

La discussione dovrebbe quindi allargarsi a una politica dell’islam, la quale dovrebbe anzitutto identificare chi vuole usare le moschee come spazi per diffondere ideologie ultrafondamentaliste incompatibili con le nostre tradizioni e con la Costituzione, per non parlare di chi – e non manca – usa le moschee come depositi di armi e centri di reclutamento per il jihad. A costoro gli spazi dovrebbero essere ristretti. Per gli altri – disponibili a riconoscere i valori e la Costituzione della società che li ospita – andrebbe esaminato se la moschea risponda a un bisogno reale o solo simbolico, magari ispirato da “cattivi maestri”. Valutando i casi singoli. Oggi è infatti meglio sbagliare per eccesso di prudenza. (il Domenicale)

Mani pulite 2, no grazie. Ernesto Galli Della Loggia

Nessuno sa bene in questo momento che cosa nascerà dalle inchieste avviate a carico di esponenti di amministrazioni locali di centrosinistra da Firenze a Napoli, da Pescara a Potenza. Ma fin d'ora la politica, la stampa, l'opinione pubblica, una cosa possono, anzi devono, promettere a se stesse: che in ogni caso non sarà come fu all'epoca di Mani Pulite. In ogni caso cercheremo tutti di non ripetere gli errori commessi allora.

È una promessa necessaria perché invece la tentazione di ripetere (più o meno) quel copione fa continuamente capolino. Da tutte le parti e in tutti i sensi. Per esempio, in molte osservazioni sulle indagini della magistratura che Bruno Miserendino ha raccolto per l'Unità di mercoledì scorso tra i dirigenti del Pd, del tipo: «È come se le Procure avessero fiutato il vento», è «Come se qualcuno avesse dato il via», «Non penseremo davvero che dietro tutto questo non ci sia una regia politica?». Ovvero nella diffusa voluttà di nemesi, all'insegna del «Chi la fa l'aspetti», che spira in altri ambienti. Cerchiamo allora di fissare poche regole di base con le quali affrontare la situazione che potrebbe crearsi nell'immediato futuro se le inchieste dovessero allargarsi.

Prima regola: un'accusa è solo un’accusa, non una colpa provata. Rimane esclusivamente un'accusa e nulla di più anche quando essa è ripetuta, e magari sceneggiata, in uno studio televisivo: ciò che peraltro costituisce una barbarica (sì, barbarica) condizione di sfavore ai danni di una parte.

Seconda regola: mantenere fermo che gli atti illegali commessi da esponenti politici devono sì cadere senza remore sotto la più rigorosa sanzione della legge, e cioè essere individualmente perseguiti e puniti, ma che questi atti, nel caso in cui indicano l'esistenza di un fenomeno di massa, costituiscono altresì un problema eminentemente politico che va risolto politicamente, partendo dai problemi concreti. Vale a dire non limitandosi a chiedere e a distribuire condanne penali ma introducendo regole adeguate. Ad esempio un provvedimento intelligente come «l'anagrafe degli eletti» proposta da tempo dai Radicali ma che nessuno fin qui si è filato.

Terza regola: considerare i magistrati, in specie i pm, come benemeriti della cosa pubblica quando compiono il proprio dovere con rispetto scrupoloso delle procedure e senza guardare in faccia nessuno. Evitare però che solo per questo essi assurgano al rango di eroici arcangeli del bene e a supremi rappresentanti della moralità civica, vedendosi sommersi di interviste, invocazioni, fax, e per giunta omaggiati con l'offerta della carica di ministri, parlamentari, sindaci, e quant'altro. Ricordarsi che istruendo dei processi essi fanno solo il loro dovere e nulla di più.

Infine resistere alla tentazione di adoperare a getto continuo e a sproposito termini come «società civile», «casta», «questione morale»: sono gratificanti perché fanno sentire dalla parte giusta, è vero, ma quasi sempre sono fuorvianti. Al tempo stesso ricordarsi che nelle aule di giustizia si comminano condanne penali e si decretano assoluzioni. Ma quelle aule — ormai dovremmo saperlo — non sono mai state il posto adatto per sottoporre la politica ad alcun lavacro purificatore. (Corriere della Sera)

venerdì 19 dicembre 2008

L'autocritica del Pd? "Restiamo i migliori". Massimo De Manzoni

Roma - In questi giorni nei quali, per il tipico elettore di sinistra italiano, il mondo va alla rovescia, «l’Unità» è un bel balcone da cui affacciarsi per contemplare l’apocalisse delle anime belle. Nella rubrica delle lettere, nel sito internet, nel blog del direttore del giornale che negli ultimi anni ha più solleticato gli istinti forcaioli e antiberlusconiani del popolo eletto, dilaga la rabbia: «Ma come, ma non eravamo moralmente superiori? E allora, che cos’è questo schifo?». Concita De Gregorio, la direttora di provata fede veltroniana, si commuove di fronte a tanto sconcerto e quotidianamente, per tirare su il morale della truppa, si esibisce in uno spericolato numero di alta acrobazia: sì, cadono le giunte, ma gli altri sono peggio; d’accordo, ci arrestano, ma rimaniamo i meglio fichi del bigoncio; ok, le intercettazioni, ma noi siamo sani e mò sistemiamo tutto.
Ieri Concita ha superato se stessa. Sotto il tendone del suo circo girotondino che ogni giorno conta un nuovo strappo, si è aggrappata al trapezio Italo Bocchino (finalmente uno di destra nel mirino dei pm dopo settimane di inquisiti pd doc) e si è lanciata: «Solo due righe per marcare la differenza di reattività fra un elettorato ed un altro. Non ho visto sindaci di destra incatenarsi davanti a giornali di destra. Non ho letto autocritiche nei quotidiani che fiancheggiano il governo paragonabili agli atti d’accusa dei giornali che si dicono a sinistra. Diverse sensibilità, per così dire. Va bene: si può ripartire da qui».

Un esercizio di altissima scuola, riconoscetelo. Arte pura, di fronte alla quale la logica deve cedere il passo. Quando una volteggia così, senza rete, che cosa volete star lì a spiegarle che magari dovrebbe lasciare ai quotidiani il tempo di uscire in edicola prima di stabilire che cosa abbiano o non abbiano scritto. E vale la pena puntualizzare che un deputato che incappa nel mirino dei magistrati può essere un problema giudiziario, mentre mezze giunte regionali, provinciali o comunali sotto inchiesta da Crotone a Trento, da Napoli a Pescara, da Potenza a Perugia sono un problema politico? O star lì a cavillare che il sindaco di Firenze si è incatenato sotto la sede della «Repubblica» perché la sua amministrazione è nel pieno di una bufera e non si vede perché dovrebbe fare altrettanto, chessò, il sindaco di Milano, che non ha pendenze di questo tipo. O ricordarle che «il Giornale» è stato garantista anche con il «loro» Del Turco, subito scaricato dall’«Unità», allora ancora pronta ad accettare per oro colato qualsiasi cosa uscisse da una Procura della Repubblica. Dettagli. «Siamo diversi», proclama la direttora, «si può ripartire da qui».

Sì, ripartire per andare dove? Ma è naturale: nel solito eden autoreferenziale che non ha alcuna attinenza con la realtà ma che piace moltissimo ai nostri razzisti etici. Quelli che si riempiono la bocca di Berlinguer, il quale scagliava la «questione morale» addosso agli avversari politici mentre con la mano nascosta dietro la schiena intascava soldi dall’Unione Sovietica. Quelli che frequentano posti dove circola solo «gente per bene» secondo un mantra che da anni ripetono tutti i dirigenti di sinistra, dal Fassino che voleva una banca al Veltroni che avrebbe voluto un partito: «Siamo gente per bene». Addirittura: «Siamo un partito di gente per bene». Come no: cadono giunte, finiscono in galera assessori, ma loro non sono uguali a tutte le comunità umane, dove c’è il buono ma anche il cattivo, dove bene e male si mescolano spesso nello stesso individuo. No, loro sono «un partito di gente per bene». Loro sono «migliori». Loro sono «più colti e votati dalla gente che legge» (copyright D’Alema).

E il dramma è che ci credono, si sono autoconvinti. Al punto che il quotidiano comunista «il manifesto» può concepire una campagna pubblicitaria che recita: «Se “il Giornale” costa un euro, quanto volete pagare per “il manifesto”?». E la risposta è 50 (cinquanta!) euro. Capite? Oggi venderanno le loro 20 paginette a 50 euro, persuasi che li valgano tutti: se quel fogliaccio che avete tra le mani in questo momento costa un euro...

E va tutto bene, naturalmente. L’unica cosa che non si capisce è perché continuino a chiedersi il motivo per cui non li comprano e non li votano. La risposta è così facile: siete troppo fichi, troppo per bene, troppo superiori, troppo diversi da noi umani. Siete alieni. O forse mitomani. (il Giornale)

giovedì 18 dicembre 2008

Una scarpa dirige il Manifesto. l'Occidentale

Caro Direttore,
il quotidiano Il Manifesto è in edicola con un numero speciale, per il quale chiede a lettori e sostenitori il “prezzo capitalista” di 50 euro. Ebbene, il giornale di Gabriele Polo non avrà dal sottoscritto il contributo straordinario. E non per banale avversione politica: personalmente faccio seriamente il tifo perché quel giornale possa continuare ad essere ciò che è, una espressione importante della sinistra italiana ed un interlocutore democratico per tutti.

Il Manifesto non avrà i miei soldi perché ha nominato direttore onorario Montazer al Zaidi (il “tiratore di scarpe” a Bush). Facendolo, ha scelto di fomentare l’odio e l’ostilità. Si può condividere o avversare la politica estera americana e – in particolare - quella di Bush - ma la redazione di un giornale non può osannare un gesto tanto rabbioso (oltre che volgare, perché a farlo è giornalista nel corso di una conferenza-stampa, vale a dire mentre lavora) come espressione di democrazia.

D’altronde, come ha ricordato qualche giorno fa Fabrizio Rondolino, la scarpa tirata a Bush è la più grande vittoria di Bush: avrebbe al Zaidi o un altro contestatore potuto tirare scarpe sotto Saddam? Polo e la redazione del suo quotidiano hanno pensato a questo piccolo particolare?

Piercamillo Falasca
Riformatori Liberali

Sinistra da cambiare. Davide Giacalone

Veltroni dice del Pd: “questo non è il mio partito”. Più precisamente: fra poco non ne sarà più il segretario, e sarà ricordato come l’ultimo comunista che tentò di salvare una storia di bugie e malafede. Elettori e militanti gli voltano le spalle, e mentre i gruppi dirigenti finiscono in galera egli invoca un rinnovamento ed una pulizia di cui non può essere capace, perché lo sporco ce lo hanno in testa.
Sembrò che le cose potessero andare diversamente, quando parlò del Pd come di un partito che voleva essere maggioritario senza alleati, quando volle sottrarsi alla criminalizzazione dell’avversario. Di contenuti non ne aveva e la sua stessa segreteria era nata con primarie farsa, che inscenarono il trionfo del centralismo democratico, cioè del dirigismo antidemocratico. Ma la partita poteva essere giocata. L’ha persa, malamente, perché Veltroni, e con lui i compagni senza più ideali, è stato risucchiato dal passato, compreso quello presente, che incarna. Loro non lo capiscono, perché difettano di cultura democratica e coscienza civile, ma non si può essere stati comunisti, e non si può, come fa D’Alema, vantarsi d’essere stati dalla parte della morte, della miseria e della dittatura. Non si può superare quel marchio d’infamia senza avere l’onestà di riconoscere che ha inquinato la nostra vita collettiva, anche con il fiume di soldi, sporchi di sangue, che loro, personalmente, hanno intascato.
Non lo capiscono, perché pensano d’essere furbi, ma quando si è in quelle condizioni non si può sbandierare il giustizialismo, non ci si può alleare con Di Pietro, non si può consentire il trasformismo alla Violante, giacché la storia si vendica, i morti t’agguantano ed il più sudicio dei partiti italiani non può dar lezioni di morale. Così, ora, si trovano ad essere falsi ed anche ammanettati. E gli unici a tener ferma la posizione siamo noi garantisti, sempre e comunque.Questa gente, questa cultura merita la fine che sta facendo. Il guaio è che la forza del denaro e l’uso criminale della sopraffazione ha consegnato loro il dominio della sinistra italiana. Da Togliatti a Berlinguer, hanno lavorato contro la sinistra democratica, riuscendo a cancellarla. La nostra vita collettiva sarà migliore, quando avremo una sinistra che con questo passato non ha nulla a che spartire.

lunedì 15 dicembre 2008

Falso in bilancio. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Il falso in bilancio è un reato, contemplato in Italia agli articoli 2621 e 2622 (e, in passato, anche il 2623, poi abrogato) del codice civile (Libro quinto, Titolo XI, Capo I).
Consiste nelle cosiddette "false comunicazioni sociali" ovvero una rendicontazione non veritiera e corretta dei fatti aziendali accaduti e che dovrebbero essere espressi nel bilancio.
Spesso i dati monetari, ovvero le determinazioni quantitative d'azienda non sono sufficienti di per sé a qualificare l'andamento aziendale, necessitando di nota integrativa (parte integrante il Bilancio d'esercizio) ed il rendiconto finanziario.

Ciò nonostante è ancora troppo facile e conveniente alterare i contenuti "quantitativi" di un bilancio trasmettendo false informazioni agli stakeholder.

Il governo Berlusconi, con una riforma del 2002, ha inserito alcuni limiti di punibilità: al di sotto di una certa soglia, il reato viene derubricato a illecito amministrativo.

È punito:

a) Con l'arresto fino a due anni, ma la punibilità è esclusa se non altera in maniera sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o se le falsità determinano una variazione del risultato economico non superiore al 5% o una variazione del patrimonio non superiore all'1%. In quest'ultimo caso, scatta una sanzione amministrativa e l'interdizione dai pubblici uffici da sei mesi a tre anni.

b) Con la reclusione da 6 mesi a 3 anni se il fatto è commesso in danno dei soci o dei creditori (è necessaria la querela della parte offesa). Per le società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II del testo unico del 24 febbraio 1998 (ovvero le società quotate), la sanzione prevista va da uno a quattro anni, ed è perseguibile d'ufficio. La punibilità è esclusa se non altera in maniera sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o se le falsità determinano una variazione del risultato economico non superiore al 5% o una variazione del patrimonio non superiore all'1%. In quest'ultimo caso, scatta una sanzione amministrativa e l'interdizione dai pubblici uffici da sei mesi a tre anni.

c) Con la reclusione da due a sei anni, se il falso in bilancio cagiona grave nocumento ai risparmiatori. Per grave si intende il caso in cui abbia colpito lo 0,1 per mille della popolazione, basandosi sull'ultimo censimento ISTAT, ovvero se il valore dei titoli si è ridotto in misura superiore allo 0,1 per mille del PIL.

domenica 14 dicembre 2008

Meglio una riforma alla Berlusconi che nessuna riforma. Antonio Polito

Con i chiari di luna della giustizia visti tra Salerno e Catanzaro, con l'opposizione incastrata nella stessa trappola giustizialista che per anni ha esaltato, e con un grande fratello che a Catanzaro avrebbe accumulato centinaia di migliaia di intercettazioni in un archivio misterioso, gli sarebbe bastato alzare un dito ed invitare al tavolo l'opposizione per diventare lo storico artefice di una «riforma condivisa» della giustizia così come lo invitavano a fare il presidente Napolitano e il presidente Fini.
Tutto questo è giusto. E anzi, le cose stanno perfin peggio. Perché penso che Berlusconi non si comporti così per mero gusto cesarista, ma perché ha una maggioranza che, pur essendo numericamente forte, è politicamente fragile sul tema giustizia. Nè la Lega, né una buona fetta di An hanno alcuna voglia di seguirlo sulla strada del corpo a corpo coi giudici (la Lega governa troppe città e province per non aver timore dei giudici). Lui è dunque costretto ad alzare la posta per farsi seguire, e non è neanche sicuro che alla fine ci riesca.
Ma detto questo, che è politique d'abord, quello che non capisco è perchè si rimproveri a Berlusconi - come hanno fatto ieri Corriere e Repubblica - il ricorso allo strumento della legge costituzionale. Mi pare, anzi, che solo la via della revisione costituzionale offra le più elevate garanzie alla minoranza, perché prevede due letture parlamentari, maggioranze qualificate, e il ricorso al referendum popolare nel caso che quelle maggioranze non si raggiungano.Insomma: abbiamo tutti rimproverato al premier di aver fatto ricorso, tra il 2001 e il 2006, all'abominevole uso delle leggi ad personam. In quel caso, invece di riformare la giustizia, il premier pensò a riformare i processi che riguardavano lui e i suoi amici. Fu giustamente criticato, e penso anche sanzionato dal voto popolare, perché tra quei ventimila elettori che gli mancarono per vincere, c'era sicuramente gente che avrebbe preferito che si fosse dedicato di più al paese e meno a se stesso.
Quando poi Berlusconi ci ha provato con la via delle leggi ordinarie, come in questa legislatura con la legge sulle intercettazioni, ugualmente è stato rimproverato di voler intervenire a colpi di maggioranza su un aspetto delicato e importante delle indagini. E in effetti con la legge ordinaria è più facile imporsi a colpi di maggioranza, basta un voto in più.
Dunque leggi ad personam, no. Leggi ordinarie, no. E ora anche leggi costituzionali no. Il sospetto che tra i critici di Berlusconi, che si appellano ai sacri princìpi della democrazia, si annidino tutti coloro che semplicemente non vogliono alcuna legge di riforma della giustizia è dunque forte, e perfettamente giustificato in un paese in cui chi tocca la giustizia di solito muore (da ultimo Mastella).
Io penso che sia molto peggio non riformare la giustizia, nelle condizioni in cui è oggi, che riformarla per via costituzionale. Non conosciamo ancora i progetti e i disegni di legge che Berlusconi presenterà. Né conosciamo la sua reale determinazione, ché altre volte ha annunciato sfracelli è poi è addivenuto a più miti consigli (chi tocca la giustizia muore). Ma se Berlusconi stavolta farà sul serio, avrà secondo noi fatto il suo dovere. L'opposizione avrà tutto il tempo e lo spazio in parlamento per battersi con le sue idee, e alla fine della fiera il popolo sovrano avrà il modo di esprimersi a sua volta con un referendum. Non c'è procedura più democratica prevista nel nostro ordinamento (è successo così anche per la devolution).
Si dice: ma se il Cavaliere agisce per via costituzionale vuol dire che vuol toccare l'equilibrio tra i poteri. È vero. Di questo si tratta. Ogni volta che si tocca la giustizia si tocca l'equilibrio dei poteri, non è che cambiando le regole del processo a Previti non si toccasse l'equilibrio dei poteri. Tanto vale farlo in modo trasparente, riequilibrando per l'appunto i poteri. Si dice: ma se agisce per via costituzionale vuol dire che vuole toccare il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. È vero. Ma ci pare di ricordare (citiamo un articolo firmato dal segretario del Pd sul Riformista) che anche Veltroni lo proponeva in campagna elettorale. E giustamente, perché il problema si annida lì, nel fatto che dietro l'obbligatorietà si cela l'inevitabile discrezionalità, perché ogni procura è libera di decidere se perseguire più gli scippatori o gli amministratori, più le rapine o più gli abusi d'ufficio.
A meno che non si voglia sostenere che le cose possano continuare così, come sono oggi. Non è solo lo spettacolo della guerra tra Salerno e Catanzaro a farci dire che no, così non si può andare avanti. Anzi, in quel caso bisogna dire che il Csm, sotto la spinta di Napolitano, ha agito tempestivamente e bene, spegnendo subito l'incendio. Il problema è perché scoppiano gli incendi. Secondo me scoppiano perché in Italia ci sono due diverse opinioni su che cos'è il lavoro dei magistrati. C'è chi pensa che debbano reprimere e punire i reati, e dunque agire quando apprendono una «notitia criminis». Io sono di questa scuola, ma devo avvisarvi che il nostro codice non definisce nemmeno che cosa sia una notizia di reato. Poi ci sono quelli che pensano e dicono che i magistrati devono invece svolgere un «controllo di legalità». Il che vuol dire che, se non hanno notizie di reati, devono andare a cercarsele, setacciando, magari col sistema delle intercettazioni a strascico, un ambiente, un settore, un'azienda, una giunta, un partito, finchè non trovano il reato. A parte il fatto che questa è, secondo me, un'aberrazione da stato di polizia o da stato etico, dovete sapere che il nostro codice non dice nemmeno che cosa sia questo «controllo di legalità» così sbandierato, né come si debba svolgere.Il risultato di questa confusione è uno strapotere, questo sì abnorme, del giudiziario. Basato sul caos e l'incertezza delle norme, dei ruoli, dei controlli. Strapotere che talvolta colpisce poveri cristi di cui neppure veniamo a sapere, e talvolta colpisce degli altri poteri di cui tutti veniamo a sapere e che, essendo poteri, sanno difendersi dentro e fuori dal processo.
E infatti la realtà della vita italiana da quindici anni a questa parte è una lotta continua tra poteri: a mio parere una delle cause più gravi della crisi e della paralisi italiana. Se a questa lotta continua si vuole davvero mettere fine, lo si può fare solo attraverso la legislazione, funzione che la Costituzione affida al parlamento, e che può svolgersi anche attraverso revisioni costituzionali, secondo la previsione dell'art. 138 della Carta.
Dopo essersi lamentati dello scarso galateo istituzionale di Berlusconi, dunque, e dopo averlo invitato a toni più rispettosi dell'opposizione, e dopo avergli segnalato che una riforma così importante si fa meglio in un clima più disteso e sereno che nella solita guerra civile all'italiana, bisogna poi aggiungere una cosa: meglio una riforma alla maniera di Berlusconi che nessuna riforma. Chi non la pensa così, dovrebbe avere l'onestà intellettuale di dichiarare che invece, per lui, è meglio nessuna riforma della giustizia. (il Riformista)

sabato 13 dicembre 2008

Scuola: c'è bisogno di un pensiero prevalente. L'uovo di giornata

Si corra ai ripari. Al più presto. Il presidente Berlusconi si lamenta della disinformazione prodotta dai giornali e dalle televisioni in questi mesi sulla riforma della scuola del Ministro Gelmini. Certo, chi poteva c’ha sguazzato, straparlando di attacco alla scuola pubblica, di macelleria sociale e altre bischerate ormai talmente abusate da suscitare nausea al solo accenno. Però la maggioranza non ha davvero gestito al meglio la questione. E’ lo stesso premier a suggerire la causa di questa confusione: piccoli (?) errori di comunicazione. Come si fa a non convocare una conferenza stampa dopo l’incontro con i sindacati, lasciando alla Trimurti tutta la scena, facendo passare il messaggio: “il governo cambia idea, perché l’abbiamo convinto noi”… E via con le dichiarazioni di giubilo delle opposizioni che han cantato vittoria per la resipiscenza del Ministro.

Anche oggi le dichiarazioni di Berlusconi e di altri esponenti della maggioranza discordano in modo esemplare. Più che il maestro unico ci vorrebbe un pensiero coerente. Uno dice: “non abbiamo mai parlato di maestro unico, ma di maestro prevalente”, l’altro dichiara: “d’ora in poi non ci saranno più compresenze, ma solo un modello: l’insegnante unico”. Qual è la versione corretta? Nel decreto, convertito in legge, si parla di “maestro unico”. Ma il ministro e il premier in una conferenza stampa di qualche settimana fa hanno parlato di “maestro prevalente”. Berlusconi diceva “maestro prevalente” e il ministro “maestro unico prevalente”. Definizione adottata proprio dal parere della Commissione Cultura della Camera. E allora, perché non chiamarlo così senza ulteriori tentennamenti? Niente da fare. Invece di continuare a fornire strumenti alla vituperata “disinformazione”, non sarebbe meglio mettersi d’accordo prima di parlare? (l'Occidentale)

mercoledì 10 dicembre 2008

A picco, verso le europee. Davide Giacalone

I sondaggi commissionati dall’editoria di sinistra (Repubblica) segnalano l’imminente catastrofe delle elezioni europee. Il Pdl guadagnerebbe qualche cosa, rispetto alle politiche, il Pd perderebbe un altro 5,2%, la sinistra estrema sarebbe al palo, mentre l’unico che festeggia è Di Pietro, che cresce del 3,4 e giunge al 7,8%. Le intenzioni di voto, che vanno prese con le pinze e non tengono conto degli umori nella prossima primavera, non danno l’esatta misura del sinistro dissolvimento, che ha caratteristiche peggiori.
L’annientamento della sinistra estrema è il frutto dell’inconcludenza salottiera di questi comunisti-snob, ma anche del lavoro condotto da Veltroni. Quest’ultimo ha assicurato che non nasceranno più governi tenuti assieme, come con Prodi e D’Alema, dalla sola avversità a Berlusconi. E’ un giusto indirizzo, che comporta la perdita del valore dei voti alla sinistra antagonista. Il guaio di Veltroni è che ha smesso di dipendere da Bertinotti per cominciare a dipendere da Di Pietro, posto che il primo è raffinato e di sinistra, il secondo zotico e di destra.
L’elettorato che interpreta il giustizialismo quale arma contro il berlusconismo, pertanto, va giustamente a votare il proprio paladino, con il risultato che la sinistra perde voti.
E se lo merita. Perché quando leggiamo che Violante ritiene esagerato il potere dei magistrati, lui che ci ha marciato fin qui, non si sa se rispondergli o suggerirgli un riparo dalla vergogna. Quando vediamo Domenici, sindaco di Firenze, che s’incatena fuori dalla sede di Repubblica e dell’Espresso, lamentando il fioccare d’inchieste giornalistiche che adombrano comportamenti criminali, salvo non riuscire ad avere ragione di quelle che lui ritiene diffamazioni, perché la giustizia è latitante, sarei tentato di manifestargli tutta la solidarietà, se non fosse che questa gente ha la colpa di avere usato quegli stessi strumenti, quegli stessi fogli, per applicare il giustizialismo agli altri. Una colpa che cade sullo stesso Domenici, cresciuto a sinistra senza aver manifestato lo schifo per quel linguaggio e quei metodi.
La sinistra, allora, perde e perderà perché non ha credibilità politica ed è priva di tessuto morale. Non che altrove abbondino, ma è a sinistra che il grande vuoto è stato occultato dalla grande bugia.

venerdì 5 dicembre 2008

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godono della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L'Assemblea Generale
proclama

la presente Dichiarazione Universale dei Diritti Dell'Uomo come ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2

1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.

Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù. La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumane o degradanti.

Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un'eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibiltà di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonchè della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11

1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua difesa.
2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, nè a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese.

Articolo 14

1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15

1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, nè del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16

1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17

1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20

1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21

1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22

Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonchè alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24

Ogni individuo ha il diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25

1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26

1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria.L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27

1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29

1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

mercoledì 3 dicembre 2008

Ecco tutto il piano anti-crisi: famiglie, immobili e imprese.

Ammortizzatori sociali.Vengono potenziati ed estesi gli strumenti a tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione.

Banche: fino al 2009 lo Stato potrà sottoscrivere i bond per rafforzare il patrimonio di vigilanza. Il ministero dell'Economia potrà sottoscrivere fino a tutto il 2009 i bond che le banche quotate emetteranno per rafforzare il loro patrimonio di vigilanza. Si tratta di bond convertibili su richiesta della banca che avrà anche la facoltà di rimborso o riscatto, previo via libera della Banca d'Italia. «La logica che vogliamo seguire - ha spiegato Tremonti - non è quella di sostenere le banche, ma le imprese, evitando restrizione del credito».

Bonus famiglia: tetto fino a 35mila euro se c'è un disabile. È stato potenziato nell'importo e nella platea dei beneficiari il bonus che raggiungerà pensionati e famiglie con figli a carico. Si tratta di un bonus da un minimo di 200 a un massimo di mille euro, che sarà distribuito in base al reddito. Ad averne diritto saranno i nuclei di lavoratori dipendenti con figli e i pensionati con un reddito annuo fino a 22mila euro (e non più 20mila euro). Per le famiglie con portatori di handicap il tetto sale fino a 35mila euro. Il «bonus straordinario per famiglie, lavoratori, pensionati e non autosufficienti» riguarderà poco meno di 8 milioni di soggetti. Il costo complessivo dell'operazione si aggira intorno a di 2,4 miliardi di euro. Il bonus è cumulabile con la social card. Entrando nel dettaglio verrà erogato dai sostituti d'imposta a gennaio-febbraio attraverso una detrazione. Il beneficio sarà di 200 euro per i soggetti unici componenti di un nucleo familiare se il reddito non è superiore a 15 mila euro, di 300 euro se la famiglia è composta da due persone con un reddito di 17 mila euro l'anno, di 450 se la famiglia è composta da tre persone, sempre con un reddito di 17 mila euro all'anno. Il bonus sarà invece di 500 euro per le famiglie di quattro componenti con un reddito di 20 mila euro, di 600 euro se i componenti la famiglia sono cinque, sempre con un reddito annuo di 20 mila euro. Avranno mille euro le famiglie di cinque o più componenti con un reddito di 22 mila euro. Se nella famiglia c'è un portatore di handicap il tetto di reddito sale a 35 mila euro. Esclusi dal beneficio i lavoratori autonomi, i titolari di partita Iva e chi ha redditi fondiari superiori a 2.500 euro. La richiesta va presentata entro il 31gennaio con autocertificazione mediante modulo dell'Agenzia delle Entrate.

Cambia la legge Opa: meno vincoli su passivity rule.Vincoli meno stringenti per le società soggette a Opa. Cambiano i sistemi di autorizzazioni assembleare per eventuali misure di difesa. Nel nuovo testo scompare infatti il limite del 30% previsto per l'autorizzazione da parte dei soci. Non si prevede più che l'approvazione delle misure idonee a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta debba essere approvata da una assemblea straordinaria.

Deduzione dall'Ires della quota di Irap che insiste sul costo del lavoro e degli interessi.A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 è ammesso in deduzione un importo pari al 10% dell'imposta regionale sulle attività produttive , forfetariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati o delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti.

Detassazione per ricercatori e professori che rientrano in Italia e credito d'imposta per le ricerche in Italia su incarico dall'estero. Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero. Estensione del credito d'imposta alle ricerche fatte in Italia su incarico di committenti esteri.

Detassazione dei microprogetti di arredo urbano.Per realizzare opere di interesse locale operati da gruppi di cittadini organizzati, detassazione dei microprogetti di arredo urbano.

Investimenti in infrastrutture. Aumentano i fondi per la legge Obiettivo: per realizzare le opere strategiche di preminente interesse nazionale il decreto anti crisi stanzia infatti un contributo quindicennale di 120 milioni di euro l'anno a partire dal 2010.
Istituito per il 2009 un fondo per gli investimenti di 960 milioni di euro. Ci sono anche risorse per 480 milioni di euro, per ciascuno nel triennio 2009-2011 «per assicurare i necessari servizi ferroviari di trasporto pubblico». L'erogazione delle risorse è subordinata alla stipula dei nuovi contratti di servizio. Il finanziamento (1.440 milioni di euro per il 2009 e 480 per ciascuno degli anni 2010 e 2011) arriva dal Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate.Gli investimenti dovranno riguardare per il 15% il Nord e l'85% il Sud.

Iva sui servizi televisivi. La porno-tax viene estesa anche alla trasmissione di programmi tv a luci rosse. Chi produce e commercializza materiale pornografico dovrà pagare un'addizionale Irpef, come prevedeva la Finanziaria per il 2006. Il prelievo fiscale non riguarderà, invece, chi produce o commercializza materiale di incitamento alla violenza, come indicava la norma originaria. La stangata scatterà già a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento. Un decreto del presidente del Consiglio, emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, definirà i dettagli.

Grandi progetti e ferrovie. Individuate norme straordinarie per la velocizzazione delle procedure esecutive di progetti che fanno capo al quadro strategico nazionale. Da Fas soldi alle ferrovie. Nel 2009 ci saranno 960 milioni di euro per gli investimenti e 480 milioni per il trasporto pubblico.

Novità per mutui vecchi e nuovi. Misura di garanzia per chi ha un mutuo immobiliare a tasso variabile. L'importo delle rate dei mutui a tasso variabile a carico del mutuatario si calcolano con riferimento al maggiore tra il 4% senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione e il tasso contrattuale alla data si sottoscrizione del contratto. In caso contrario lo Stato interviene e si accolla la parte extra. Questo criterio di calcolo non si applica se le condizioni contrattuali determinano una rata di importo inferiore. La novità si applica ai mutui per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione della prima casa sottoscritti da persone fisiche fino al 31 ottobre 2008 e ai mutui rinegoziati entro la stessa data in applicazione della legge 126/2008. Previsti rimborsi in sede fiscale per i costi extra sostenuti dalle banche. Per i nuovi mutui sottoscritti, invece, il tasso di base su cui si calcola lo spread può essere quello stabilito dalla Banca Centrale Europea.

Posta elettronica per imprese e Pubblica amministrazione. Le imprese costituite in forma societaria sono tenute a indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese (quelle iscritte hanno 3 anni di tempo per farlo). I professionisti iscritti ad albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato devono comunicare agli ordini o ai collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Ordini e collegi pubblicheranno un elenco consultabile in via telematica i dati identificativi degli iscritti con indirizzo di posta elettronica certificata. Le amministrazioni pubbliche istituiranno un indirizzo di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede a pubblicare un elenco consultabile in via telematica. La consultazione dei singoli indirizzi avviene liberamente e senza oneri. Il decreto prevede che «le copie su supporto informatico di qualsiasi tipologia di documenti analogici originali, formati in origine su supporto cartaceo o su altro supporto non informatico, sostituiscono ad ogni effetto gli originali da cui sono tratte» purchè la loro conformità all'originale sia assicurata da chi lo detiene mediante firma digitale.

Prorogata la detassazione dei premi Sì alla proroga della detassazione del salario di produttività, vale a dire premi e incentivi, per redditi fino a 35mila euro l'anno (dai 30mila attuali). Raddoppia anche la parte di redditto su cui applicare gli sgravi, che passa da 3mila euro l'anno a 6mila euro. Non è stata, invece, prorogata la detassazione sugli straordinari. La tassazione agevolata dei premi è stata estesa anche ai lavoratori pubblici del comparto sicurezza (la platea di questi ultimi beneficiari è di circa 500 mila persone).

Riduzione di 3 punti all'acconto Ires e Irap per i soggetti Ires. Nel pacchetto di misure per le imprese arriva una misura temporanea: il taglio per il periodo d'imposta in corso, di tre punti all'acconto Ires e Irap dovuto. Chi ha già provveduto al pagamento dell'acconto ha diritto a un credito d'imposta corrispondente alla riduzione.

Riduzione dei costi amministrativi a carico delle imprese. Vengono ridotti i costi amministrativi sostenuti dalle imprese.

Riassegnazione risorse.In considerazione della crisi economica e ferma la distribuzione territoriale c'è una riassegnazione delle risorse per formazione e occupazione per interventi infrastrutturali, con priorità alla messa in sicurezza delle scuole, all'edilizia scolastica e carceraria, alle opere di risanamento ambientale, anche di natura infrastrutturale, alla bonifica di siti, alle infrastrutture museali e archeologiche e all'innovazione tecnologica.

Revisione "congiunturale" degli studi di settore. Gli studi di settore saranno rivisti tenendo conto della crisi economica e dei mercati «con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali». Per far questo si ricorrerà a un decreto dell'Economia. Si procederà a un'integrazione degli studi tenendo conto anche dei dati della contabilità nazionale, degli elementi acquisibili presso istituti ed enti specializzati nell'analisi economica e delle segnalazioni degli osservatori regionali dell'Agenzia delle Entrate. Si tratterà, dunque, di una «revisione congiunturale» e «speciale» degli studi di settore.

Rimborsi ultradecennali. Via libera a 6 miliardi di rimborsi Iva ultradecennali per far funzionare la macchina dell'economia.

Sconti sulle tariffe.Le tariffe non possono salire, ha spiegato Tremonti, ma ci sono strumenti per farle scendere. Dal primo gennaio 2009 le famiglie economicamente svantaggiate, che hanno diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per l'energia elettrica, avranno diritto anche allo sconto sulla bolletta del gas. La compensazione della spesa sarà riconosciuta in forma differenziata per zone climatiche e in base al numero dei componenti del nucleo familiare fino a uno sconto massimo del 15 per cento. Per il primo semestre del 2009 le variazioni tariffarie autostradali non saranno applicate. Entro il 30 giugno 2009 sarà approvato un decreto del Governo che prevede un piano organico di azioni (presentato dal ministero delle Infrastrutture entro il 29 febbraio) per accelerare i piani di investimento dell'intero comparto autostradale.

Scompare il tetto del 15% per l'investimento delle imprese nelle banche. Nel provvedimento è stata inserita una norma che attua i contenuti della direttiva Ue 2007/44, ed elimina il tetto del 15% per l'investimento delle imprese nelle banche. L'autorizzazione deve essere comunque rilasciata dalla Banca d'Italia che dovrà «accertare la competenza professionale generale nella gestione di partecipazioni o considerata l'influenza sulla gestione che la partecipazione da acquisire consente di esercitare, la competenza professionale specifica nel settore finanziario. Lo scorso luglio il Cicr aveva rimosso il primo muro nella separazione tra banca e imprese, fissando un limite del 15% del patrimonio di vigilanza della banca o gruppo bancario partecipante e il 60% del patrimonio (sempre della banca o del gruppo che possiede la partecipazione), che invece rappresenta il tetto complessivo per la somma delle partecipazioni.

Sconti sui farmaci equivalenti.Da gennaio arrivano alcuni sconti sui cosiddetti farmaci equivalenti, con un taglio del 7%, in attesa che sia l'Agenzia del farmaco a rideterminare i prezzi entro il 31 marzo 2009. Scende anche il tetto per la spesa farmaceutica territoriale.

Versamento dell'Iva solo all'incasso della fattura.Nel provvedimento arriva la cosiddetta Iva per cassa per le imprese. In pratica l'obbligo di versamento dell'imposta sul valore aggiunto slitta dal momento dell'emissione della fattura a quello dell'incasso. Su questa misura si attende però il via libera di Bruxelles.

Via a un osservatorio economico: vigilerà sui soldi perstati dalle banche. Il Governo varerà un osservatorio economico in tutte le prefetture per verificare che i soldi dati in prestito dalle banche vadano al sistema economico. «Doteremo le prefetture di un osservatorio economico - ha detto Tremonti - composto da imprenditori e associazioni in modo tale che si verifichi, anche lì come già accade in Francia, che i soldi vadano all'economia. Se non vanno all'economia si blocca tutto». (Sudnews.it)

Sky, Ue: "Italia rischiava procedura"

Bruxelles, 3 dic. (Adnkronos/Aki/Ign) - ''A questo punto il caso è chiuso''. Così la portavoce del commissario Ue al fisco ha messo la parola fine al contenzioso sull'allineamento dell'Iva per i servizi di pay tv. ''In assenza dell'allineamento dell'aliquota Iva la Commissione - ha aggiunto la portavoce - avrebbe aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia''.

''Nel momento in cui un governo ammette che vi è un problema e ci informa di avervi riposto rimedio con decisioni adeguate allora il caso è chiuso'', ha sottolineato la portavoce da Bruxelles. Il riferimento è alla norma contenuta nel dl anticrisi varato dal governo che porta dall'attuale 10% al 20% l'Iva sui servizi satellitari e dunque di Sky che ha di fatto il 90% di questo mercato.

La portavoce ha ricordato i passaggi più importanti del caso: ''Nel 2007 Bruxelles ha inviato una lettera all'Italia per lamentare il tasso diverso di Iva, in alcuni casi al 10%, in altri al 20% quindi questa aliquota andava allineata, in modo da renderla uguale per tutti. Quindi il governo doveva decidere se tutti al 10% o al 20%, perché sul tasso è il Paese che decide e non noi''.

Roma aveva riconosciuto, ha proseguito, che ''tale differenziazione dell'aliquota non era in linea con le norme Ue e si era impegnata ad allinearlo''. A chi gli chiedeva chi avesse presentato il reclamo all'Ue in seguito al quale è stato aperto il dossier a Bruxelles, la portavoce non ha voluto rispondere: ''Non possiamo dire chi ha presentato il ricorso''. Fonti Ue concordanti riferiscono che l'esposto è stato presentato da Mediaset.

Sul caso Sky è tornato anche Silvio Berlusconi dopo l'attacco di ieri a giornali e Pd. E oggi non ha lesinato un nuovo affondo a entrambi, a margine di una visita al Polo tecnologico delle Poste italiane all'Eur. "Il modo con cui la sinistra e la stampa mi attaccano - ha sottolineato il Cavaliere - rappresenta bene il comportamento di questi signori. Hanno fatto una figuraccia enorme. Credo che gli italiani potranno trarre un giudizio definitivo su questi signori".

"E' un provvedimento che non conoscevo assolutamente e invece attaccano me. Non c'è nessun conflitto di interessi" è tornato a ribadire il premier, respingendo al mittente le critiche dell'opposizione. "Penso soltanto che sia stato giusto quello che ho fatto e ho manifestato su questo argomento. E invece ho visto che mi si attacca con titoli del tipo 'Berlusconi contro Sky', quando io non ero al corrente di nulla, ed era una cosa che apparteneva al lavoro del ministro delle Finanze, in più dovuta per una precisa disposizione della Ue. Come la sinistra e i giornali mi hanno attaccato - insiste - rappresenta bene il comportamento di questi signori contro di me e il governo".

Secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico, Paolo Romani, che ha la delega per le Comunicazioni, l'ipotesi di abbassare l'Iva sia per la pay tv che per la pay per view al 10%, invece che portare l'imposta al 20%, ''è assolutamente impraticabile, verrebbero a mancare circa 220 milioni di euro''. Romani ha così risposto a chi gli chiedeva di indiscrezioni circa presunte soluzioni che l'esecutivo starebbe studiando per risolvere la querelle nata dopo il varo del provvedimento.

martedì 2 dicembre 2008

Repubblica è un giornale ridicolo. Christian Rocca

L’home page di Repubblica.it, ma anche il giornale cartaceo, si aprono con la frase tra virgolette di Bush: "Sull’Iraq ho sbagliato – L’Iraq è stato un errore" (nella versione cartacea, perlomeno, le virgolette sono scomparse, ma si aggiunge che Bush si sarebbe "pentito"). Bush non ha mai detto niente di tutto questo, basta ascoltare l’intervista alla Abc o leggere i giornali americani. Se l’è inventato Repubblica, un giornale ridicolo. (il Foglio)

Campane a morto per gli affamati. Son tornati i gufi. Filippo Facci

Hai voglia a spiegare che il pessimismo porta pessimismo, che deprimere i consumatori deprime i consumi e l’economia, che la recessione sta diventando mentale, che i pensionati e i dipendenti con questa crisi rischiano addirittura di guadagnarci perché i prezzi calano, ma stipendi e pensioni no. Niente da fare. Ci stanno timidamente riprovando: la recente infilata di titoli poveristi e declinisti dell’Unità, parte grotteschi e parte menagrami, è la modesta riproposizione della falsariga portata avanti dall’autunno 2003 alla primavera 2006, quando in coincidenza del passato governo Berlusconi una schiera di fanfare dipinse un Paese disperato con le «famiglie che comprano a rate anche il latte» (Ballarò, 22 febbraio 2005) o con «le bambine lasciate morire di stenti» (sempre Ballarò) e ciò senza contare i «due milioni di bambini poveri» inventati dall’Eurispes nel novembre 2004: un’impalcatura da suicidio, picchettata dalla nota sindrome della quarta settimana nel periodo in cui l’Ulivo commissionava alla Pan advertising il manifesto più menagramo della sua storia politica: «Arrivi a fine mese?». Intanto la Cgil scriveva che «Molti pensionati oramai non arrivano nemmeno alla terza settimana».
Erano tutte, come si dice, balle: e per saperlo bastava guardare i dati Istat o leggere quanto scrivevano economisti pure acclamati dalla sinistra come Tito Boeri o Andrea Brandolini. Forse molti non lo ricordano, ma sostenere che fossimo alla fame era un vero trend. Persino Luca di Montezemolo, nel Natale 2004, aveva tuonato contro «la fase più critica dal dopoguerra» mentre l’Economist scriveva che «molti italiani stanno riducendo le vacanze o vi stanno rinunciando, mentre altri stanno rinviando l’acquisto di una nuova auto o di un completo». Non era vero neanche questo: crescevano gli italiani che andavano in vacanza e con essi l’acquisto di auto di grande cilindrata, embrione di quella stessa divaricazione che oggi contrappone un ceto medio declassato e uno che invece sta meglio e consuma generi di lusso, un cortocircuito che separa impiegati e piccoli commercianti da grossisti e immobiliaristi, per dire. A inizio 2006 gli italiani avevano risparmiato più che in qualsiasi altro Paese d’Europa, e il rialzo del risparmio risultava persino più alto per i redditi medio-bassi: come a dire che la gente metteva i soldi in banca e non li aveva per comprare il latte alla quarta settimana. Son faccende controverse, senz’altro, ma a loro margine la matematica diventava ufficialmente un’opinione: tu potevi anche spiegare che il Paese aveva il 7 per cento di disoccupazione contro il 12 della Germania, ma i tuoi numeri non potevano nulla di fronte al trionfo del «percepito»: l’inflazione percepita, la disoccupazione percepita, il declino percepito. Il cielo è azzurro, ma io lo percepisco verde: segue servizio. C’era anche il marketing del declino. La Confcommercio strombazzava l’iniziativa «Pizza & birra a 7 euro» anche se nella carissima Milano c’erano posti che per 6 euro e 50 ti davano anche il caffè. La Coop, quella che sei tu e che in realtà sono loro, intanto se ne partiva col «pane a un euro» patrocinato dalla Cgil e ribattezzato «pane di don Milani». Il Ballarò di quella stagione non ve lo ricordate: le puntate del 2004 e 2005 sono impressionanti e la filigrana non cambia mai: povertà, ri-povertà, disoccupazione, declino, tensione sociale, ceto medio scomparso, colpe eventuali del governo, Pierluigi Bersani versione incendiario, Gianni Alemanno pompiere. E Repubblica, 13 giugno 2004: «Sempre più famiglie nell’ultima settimana sono costrette a rinunciare a pane, latte, zucchero, olio e verdura. Persino il presidente della Granarolo ammette che da un po’ di tempo le vendite di latte del suo gruppo calano nell’ultima settimana di ogni mese». Una bugia totale, tanto che i buoni conti della Granarolo smentiranno ufficialmente l’asserzione. Ma pochissimi ascoltavano, per esempio, Daniele Tirelli della Nielsen: «Nessuna statistica ha dimostrato che dopo il 27 si rinuncia al latte fresco per comprare patate. Gli italiani non soffrono di problemi alimentari, ma di aspettative molto più alte rispetto al passato. Oggi la gente vuole viaggi e consumi individualizzati. Va al discount, così si mette in pace, e poi non cede su altri beni e servizi». I titoli catastrofisti furono migliaia, e qualcuno addirittura ipotizzò che i prezzi salivano proprio perché i giornali scrivevano che salissero. Non è una battuta: lo studio «Italian Households at the Beginning of the Decade», ancora degli economisti Brandolini e Boeri, rilevò l’eccezionale copertura mediatica sulla presunta povertà e ipotizzò che potesse aver contribuito al divario tra inflazione percepita e rilevata: questo dopo aver notato che tv e giornali davano credito a stime alternative a quelle ufficiali, senza verificarne il rigore. Anche perché i titoli erano talvolta comici, come questo di Repubblica del 30 giugno 2005: «Tutti in ferie per scordare la crisi», come a dire: tutti al ristorante per scordare la fame. Intanto, ed eccoci al periodo natalizio, il Tg3 rilanciava il «Natale senza regali» nei giorni 12 e 19 e 22 e 23 e 25 e 26 dicembre 2005, campane a morto per un popolo affamato. Ora si ricomincia. Forse. (il Giornale)

lunedì 1 dicembre 2008

Che cosa è la Carta Acquisti (social card)

Chi ne ha diritto

La Carta spetta ai cittadini ultrasessantacinquenni e alle famiglie con figli di età inferiore ai 3 anni che abbiano un reddito ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) fino a 6.000 euro. Per chi ha più di 70 anni, la soglia di reddito ISEE è fino a 8.000 euro.

A cosa serve?

La Carta serve a sostenere le famiglie e le persone anziane nella spesa alimentare e per le spese di luce e gas. E’ una normale carta di pagamento elettronico, con la differenza che le spese effettuate verranno addebitate direttamente allo Stato.
La Carta potrà essere utilizzata per effettuare acquisti in tutti i negozi convenzionati che sostengono il programma "Carta Acquisti" e praticheranno ulteriori sconti.

Quanto vale?

La Carta Acquisti vale 40 euro al mese. Per le domande fatte prima del 31 dicembre, la Carta sarà inizialmente caricata con 120 euro, relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2008. Nel corso del 2009 la Carta sarà caricata ogni 2 mesi con 80 euro.

Cosa fare per averla?

Per avere la Carta acquisti occorre presentare una domanda presso gli uffici postali. A tutti i possibili beneficiari verrà inviata una lettera con la spiegazione su come ottenere la Carta.

Per informazioni numero Verde: 800.666.888 www.governo.it

Parabola rossa alla riscossa. Mario Giordano

Dalle tute blu alla pay tv, da Pelizza da Volpedo a Gol Parade, da Rosa Luxembourg a CartonNetwork: la sinistra in rotta ha trovato la sua nuova linea del Piave. E ha lanciato una guerra senza quartiere per difendere i beni primari delle classi umili davanti alla crisi: giù le mani dall’abbonamento Sky. Senza pane si può vivere, senza Ilaria D’Amico proprio no.

I fatti li conoscete. In Italia l’Iva è al 20%, ma per alcuni beni esistono agevolazioni. Nel ’95 si era deciso di estendere le agevolazioni anche alla Tv satellitare: da allora chi compra un abbonamento Sky paga l’Iva al 10%. Con il pacchetto anti-crisi dell’altro giorno l’Iva per le tv satellitari è stata riportata al 20%. E la prima osservazione che verrebbe è: era ora. Non si capisce infatti per quale motivo, in un momento in cui si tira la cinghia, le poche agevolazioni possibili si disperdano su beni non di prima necessità. Eppure è scoppiata la polemica. Sky ha protestato. E la sinistra ne ha approfittato per ritirare fuori la polemica sul conflitto d’interesse, dimenticando, fra l’altro che anche Mediaset viene punita da questa norma per quel che riguarda la tv a pagamento, il business su cui ha più investito negli ultimi anni. Ma, soprattutto, dimenticando che opporsi all’innalzamento dell’Iva sulle pay tv significa di fatto difendere gli interessi dei ricchi contro quelli dei deboli.

Strano destino per un partito che era nato con la falce e il martello e si appresta evidentemente a morire con ostriche e champagne. Sul caviale del tramonto, verrebbe da dire. Almeno, però, si mettano d’accordo con se stessi. Quest’estate, quando fu abrogata l’Ici per tutti gli italiani, la sinistra insorse dicendo che bisognava ridurla solo ai poveri, per non favorire i ricchi che non avevano bisogno di quell’aiuto. E adesso cosa è successo? Perché quei ricchi, che non avevano bisogno dell’aiuto sulla casa, che è un bene di prima necessità, ora ce l’hanno, invece, per l’abbonamento Sky, che al contrario è un bene tipicamente voluttuario? Sia chiaro: sono abbonato a Sky, guardo film e calcio, i miei figli sono fan di Disneychannel. Faccio parte dunque di quei 4 milioni di italiani che subiranno l’aggravio: 50 euro l’anno, poco più di 4 euro al mese. Ma penso che se una persona può spendere 500 euro l’anno per guardarsi film sdraiato in poltrona e diretta gol, può anche sopportare, vista la situazione, di sborsare un euro in più a settimana. Meno che pagare un caffè a due colleghi (e forse fa meno male).

Stupisce, piuttosto, che la sinistra si batta per me e per gli altri benestanti abbonati Sky, difendendo un regalo inutile, dopo aver snobbato bonus e social card a favore dei poveri: questo la dice lunga sul disfacimento culturale di chi ha perso contatto col suo mondo. Pensano davvero che nelle fabbriche e nelle periferie oggi il grande problema sia la pay tv? Al massimo lo è in qualche salotto chic, dove già preparano la battaglia: parabola rossa alla riscossa. Chi l’avrebbe detto che il postcomunismo si sarebbe risolto nel posticipo della serie A. (il Giornale)