venerdì 20 febbraio 2015

Il peccato non è reato. La vittoria di Strauss-Kahn e la giustizia sulle cene eleganti. Nicoletta Tiliarcos


Il Foglio - Il 2 febbraio scorso, all’apertura del processo a Lille contro Dominique Strauss-Kahn, accusato con altre tredici persone di “sfruttamento aggravato della prostituzione”, il presidente della corte aveva premesso che compito del tribunale “non è quello di essere il guardiano della morale ma del diritto e della sua buona applicazione”. E ieri il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto per l’ex direttore del Fondo monetario internazionale il “rilascio puro e semplice”, perché nelle “serate libertine” all’Hotel Carlton di Lille (e a Vienna, Madrid, Parigi e Washington) non si sarebbe consumato altro che sesso di gruppo liberamente scelto da tutti i partecipanti. Tutti, comprese le giovani prostitute delle quali DSK ha ribadito di non aver mai nemmeno sospettato la professione, perché erano semplicemente “portate da amici” e lui non si sognava di pagare nessuna.

Il procuratore, che in fase istruttoria aveva già chiesto senza successo l’archiviazione, ha sostenuto che “non siamo di fronte a una rete mafiosa, ma a un gruppo di amici che cercava soddisfazione per degli ego, delle ambizioni e semplicemente dei piaceri sessuali… hanno perso tutto – ha detto riferendosi alla pubblica messa alla gogna sui media – e chiedo al tribunale di tenerne conto nella decisione”. A questo punto, dopo che già lunedì due delle tre parti civili avevano rinunciato all’azione giudiziaria, e dopo che nessuna delle (ormai ex) prostitute che pure avevano accusato DSK di “rapporti brutali” e di “comportamenti animaleschi” ha potuto accusarlo di violenza, per DSK si profila l’ennesima assoluzione: “Non ho visto né nelle informazioni giudiziarie né durante le udienze le prove della colpevolezza di Dominique Strauss-Kahn”, ha concluso il procuratore. DSK può aver avuto comportamenti odiosi e perfino riprovevoli – il peggiore lo ha ricordato sul Foglio del 12 febbraio Alessandro Giuli: aver detto che le prostitute “gli fanno orrore” (povera anima santa, all’improvviso contagiata dal bacchettonismo dei suoi stessi accusatori).

Eppure peccati e reati continuano a non essere sinonimi, dalle parti di Lille, e il rappresentante della pubblica accusa al processo ha dimostrato di esserne consapevole. Di tutt’altra tempra certi suoi colleghi italiani. La procura milanese ha ordinato la perquisizione delle abitazioni di una ventina delle ragazze passate alla storia come “Olgettine”. Le ospiti delle “cene eleganti” nella dimora dell’ex premier Berlusconi sono tuttora accusate di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza: si ostinano a non confessare di aver ricevuto denaro dal Cav. in cambio del silenzio. Ma non sfugge, ai procuratori, il tenore di vita “elevato” di alcune di loro. E vuoi che non ci sia lo zampino di chi cerca di coprire mercimoni e “festini a luci rosse” spacciati per decenti convivi? Assolto dall’accusa di prostituzione minorile e di concussione nel “caso Ruby”, il Cav. è comunque colpevole del reato di “cena elegante”.

(LSBlog)

 

venerdì 13 febbraio 2015

Berlusconi: dal 9 marzo sarò in campo anch'io.

Forzasilvio.it

Caro Mauro,
oggi ho proposto ai gruppi parlamentari questa riflessione. La convidivido con te e con tutti gli amici di forzsilvio,it
Ci troviamo qui oggi per sancire insieme un cambio di linea. Diciamo subito che non siamo stati noi a voler abbandonare un percorso, quello delle riforme condivise.
E' stato il Partito Democratico a cambiare le carte in tavola e noi non possiamo far altro che prenderne atto, con rammarico.
Avevamo creduto in un profondo cambiamento dei rapporti politici in questo Paese, di cui le riforme erano solo un aspetto, importante, ma non unico.

La proposta del nuovo Segretario del Pd, Renzi, di un dialogo ampio sulle istituzioni poteva essere la strada per uscire da quella guerra civile strisciante che ha avvelenato l'Italia negli ultimi venti anni. Avevamo condiviso le parole di Renzi, quel ragionamento teso a costruire un bipolarismo, anzi, un bipartitismo maturo.
Quel ragionamento suonava così: il Governo, in una democrazia bipolare, è affare di chi vince le elezioni, che deve essere messo in grado di decidere e di rispondere delle proprie scelte davanti agli elettori, senza scarichi di responsabilità.
Le istituzioni sono invece patrimonio di tutti i cittadini, sono patrimonio di tutte le forze politiche che li rappresentano. Nessuno può considerarle cosa propria, da cambiare o utilizzare per pure finalità o vantaggi di parte.

All'interno di questo ragionamento avevamo avviato un percorso di collaborazione per cambiare lo Stato, garantire al Paese una legge elettorale efficace, scegliere insieme gli elementi di garanzia del sistema, come il Presidente della Repubblica.
Non tutto in questo percorso ci convinceva, ma il progetto complessivo che poteva portare alla nascita della nostra Terza Repubblica su basi diverse dalla Seconda, era tale e di tale importanza, da farci accettare anche alcune forzature dei nostri compagni di viaggio e alcuni sacrifici, anche dolorosi.
Purtroppo il Partito Democratico ha voluto interrompere questo percorso, e lo ha fatto mostrando il suo vero volto, dimostrando la propria incapacità di cambiare confermando di considerare lo Stato e le istituzioni come cosa propria e non patrimonio di tutti, un patrimonio da usare a proprio esclusivo vantaggio.

La scelta non condivisa di una persona degna, come il Presidente Mattarella, fa emergere una serie di fatti che non possiamo oggi non considerare:
1. Il Partito Democratico, quando gli conviene, non esita a rimangiarsi la parola data. Questo dimostra che non ha ancora conquistato quella maturità politica, quel rispetto per l'interlocutore necessari a gestire una riforma costituzionale importante che aumenta i poteri del Premier e del Governo, riducendo le garanzie legate al Parlamento, che viene dimezzato, e legate alle autonomie locali, che vengono gravemente ridimensionate. Molte democrazie anglosassoni funzionano così, ma lì il rispetto reciproco, tra partiti di maggioranza e opposizione è antico e consolidato e la moralità del rispetto dei patti è sacra quanto le regole scritte. Basti pensare che la Gran Bretagna non ha neppure una costituzione codificata, ma funziona secondo regole non scritte ma inviolabili.

2. Il metodo scelto dal Pd per eleggere il nuovo Presidente, abbandonando ogni ricerca di condivisione per l'interesse di parte di riunire le anime frastagliate di quel partito ci da' una lampante dimostrazione di come utilizzerebbe il nuovo quadro istituzionale.

3. La scelta di un arbitro condiviso era parte importante dell'applicazione della più profonda riforma costituzionale dal 1948 ad oggi.

4. Dunque non siamo noi oggi a sancire la rottura di un percorso, ma prendiamo atto con profondo rammarico del cambiamento voluto da altri. Continuare sulla stessa strada sarebbe ottuso e politicamente nefasto, non per noi, ma per gli elettori moderati che rappresentiamo e per il Paese tutto.

Voglio dire con chiarezza che avevamo creduto, avevo creduto fino in fondo al percorso di dialogo fin qui intrapreso insieme. Troppi danni erano stati procurati al Paese da quella guerra civile strisciante, da quella visione politica che vede l'avversario come un nemico, per non provare fino in fondo a cambiare le cose.

Oggi non è il momento delle recriminazioni e dei processi sommari. La linea politica seguita fin qui era la mia linea politica. Meditata, ponderata, valutata, in tutti i suoi aspetti. So bene quanto ci sia costata, quanto, a volte, sia costata personalmente a ciascuno di voi.Vi ringrazio per quanto insieme abbiamo fatto fino ad oggi. E il fatto che il Partito Democratico non sia stato capace di portare fino in fondo questo cammino nulla toglie alla nobiltà del nostro sforzo.
Chi ci ha creduto fino in fondo come me, merita stima e rispetto.
Chi ha criticato questo cammino, sottolineandone le debolezze, se lo ha fatto in buona fede, come credo, oggi ha la possibilità di contribuire costruttivamente alla elaborazione di una nuova linea, senza recriminazioni, senza inutili e ingiusti regolamenti di conti, che troppo hanno indebolito Forza Italia.
Oggi si apre una fase nuova a cui tutti devono partecipare: chi si sottrae abdica alle proprie responsabilità e alimenta i sospetti di strumentalità della proprie critiche. Mi auguro che ciò davvero non avvenga.

Da ieri i nostri gruppi parlamentari hanno intrapreso una nuova linea. Noi non abbiamo mai fatto un'opposizione distruttiva.
Dal 1994 siamo convinti della necessità di riformare il nostro Paese.
Quindi, al di là delle spacconate talvolta indigeribili del Pd in queste ore, non abbiamo interrotto il nostro lavoro costruttivo. Lo abbiamo già detto, lo ripeto oggi: venuto a cadere quel patto profondo per cambiare insieme l'Italia, continueremo comunque ad appoggiare ciò che delle riforme ci piace e che riteniamo utile per il Paese.

Ma non accetteremo più di votare per tutte quelle parti che avevamo accettato solo per amore di un disegno più ampio e più importante. Valuteremo cosa approvare e cosa cercare di cambiare e alla fine del percorso, valutato come il nostro contributo sarà stato recepito dalla maggioranza, decideremo come comportarci al voto finale. E così faremo anche sulla legge elettorale.Credo sia opportuno anche ricordare a questo Governo tutti i provvedimenti lasciati indietro per approvare queste riforme: è stata una corsa forsennata che ha paralizzato il Parlamento e lasciato indietro molti dei provvedimenti che certamente sono più urgenti per le famiglie e per le imprese: oggi il 25% degli italiani vive con meno di 10 mila euro all’anno, le imprese continuano a chiudere e a delocalizzarsi mentre il decreto sul lavoro e le deleghe fiscali languono nel limbo. I pensionati e gli artigiani non hanno avuto alcun segnale.

Non voglio approfondire i temi economici oggi, lo faremo presto, ma certamente dobbiamo sforzarci per riportare l'attività parlamentare su quelle decisioni che questo Governo sembra incapace di prendere, mentre l'Italia resta in stagnazione e all'orizzonte non c'è alcuna ripresa.
Oggi dunque torniamo ad esercitare a pieno titolo il nostro ruolo di opposizione a 360 gradi.
Lo faremo senza sconti e senza quella benevolenza che questo Governo ha dimostrato di non meritare. Lo faremo col senso di responsabilità che ci è proprio.
Per far questo dobbiamo lavorare in Parlamento, dove chiedo che tutti si impegnino al massimo e con costante presenza ed invito Paolo e Renato a convocare all’inizio di ogni settimana i gruppi parlamentari per decidere insieme la linea da tenere sui singoli provvedimenti e coordinare i relativi interventi. Dobbiamo però anche lavorare sul territorio dove il nostro partito ha bisogno di un nuovo slancio, di una rinascita in vista delle ormai prossime elezioni regionali.

A tal proposito vorrei chiarire, dopo aver letto tante inesattezze, la mia posizione sulle prossime alleanze alle regionali. Chi scrive, dice di temere che si possano consegnare la chiavi del centro destra alla Lega di Salvini non conosce la nostra storia, la mia storia, e neppure i principi basilari della politica.

La Lega è un nostro importante alleato. Lo è da venti anni, spero possa esserlo anche oggi. Dobbiamo lavorare con generosità per ricostruire un centro destra alternativo alla sinistra perché uniti si vince, divisi si perde. Per farlo dobbiamo trovare una strada comune con i molti amici che compongono il centro destra e che oggi, talvolta, sono su posizioni diverse. Nessuno può imporre diktat, ma tutti debbono dare il proprio contributo. E una coalizione di centro destra non può ruotare che intorno ad un partito centrale come Forza Italia. Alcune cose oggi ci dividono, ma sono molte di più quelle che ci uniscono.
Anzi credo che tra le forze di centro destra vi siano meno divisioni che tra le sole correnti del Pd. Noi stiamo lavorando con generosità per ottenere quel che gli elettori di centro destra chiedono e meritano: la vittoria dei moderati e il governo del Paese.

Abbiamo talvolta rinunciato a ciò che pure ci aspettavamo pur di agevolare questo percorso: abbiamo per esempio consentito alla Lega di correre con un proprio candidato in Emila. Ma nessuno può interpretare la nostra generosità costruttiva come una arrendevolezza.
Abbiamo le nostre convinzioni e le difenderemo fino in fondo come difenderemo fino in fondo le nostre radici che si fondano nel popolarismo europeo.

Vogliamo aiutare la Lega a vincere in Veneto, ma non lo faremo mai a discapito della Campania, tanto per fare un esempio.
Non accetteremo diktat sugli alleati, ma come sempre siamo pronti ad ascoltare tutti. Siamo pronti ad appoggiare i candidati migliori, ma non ci faremo imporre i nomi dei candidati da nessuno.

E soprattutto pretendiamo che i patti vengano rispettati e che tutti ritirino i propri candidati non condivisi, soprattutto da Regioni dove già c'era un accordo.
Sono convinto che su queste basi di pari dignità e di obiettivi condivisi, potremo presto tornare a guidare questo Paese per il bene di tutti.

Dal 9 Marzo sarò in campo anch’io, sono sicuro che sarete tutti in campo con me.

Silvio Berlusconi


martedì 10 febbraio 2015

I bigotti delle unioni civili. Davide Giacalone


Sono contrario alle leggi sulle unioni civili. Idea bigotta, destinata a limitare i diritti individuali e a far entrare il giudice anche nelle camere da letto non matrimonializzate. A sinistra domina il solito conformismo falso-progressista. A destra c’è la gara al mostrarsi aperti e moderni, privi di condizionamenti ecclesiastici. Peccato che l’idea delle coppie istituzionalizzate sia il trionfo dell’opposto, per entrambe le ipocrisie.
Chi si vuole sposare si sposi, chi non vuole farlo lo eviti. Auguri. Se nascono figli la legge li tutela al pari di tutti gli altri, ed è giusto che sia così. Il matrimonio come sacramento è questione che riguarda i fedeli, non la legge. Il matrimonio come destino ineluttabile, invece, è una cretinata. Ci sono solo due gruppi di persone che, anche volendolo, non si possono sposare: i già sposati e gli omosessuali. Hanno problemi diversi, ma la soluzione ragionevole vale per tutti.

Chi è già sposato può essere separato, in attesa di divorzio, o, magari, neanche separato. Affari suoi (e del coniuge). Non esiste più il reato di adulterio e neanche quello di abbandono del tetto coniugale. Faccia quel che crede. Ma perché dovrei scrivere in un registro questo evento? Se ce lo scrivo, se prendo burocraticamente atto della nuova coppia (che già è un linguaggio zuccheroso e irritante), mi si pone un problema: sono tenuti alla monogamia? Perché già hanno in piedi un matrimonio e non sarebbe sensato supporre di obbligarli ad essere fedeli nell’unione civile. Sono affari loro. Ma se li registro ho istituzionalizzato la poligamia. E la poligamia è, per storia e realtà, maschile (ovvio che anche le signore fanno quel che pare loro, ma la poligamia è maschile). Il progresso, pertanto, sarebbe un regresso.

Chi è omosessuale non può sposarsi perché la legge regola il matrimonio in vista della filiazione, che poi avvenga o meno. Siccome non c’è un solo motivo al mondo per impedire che due persone dello stesso sesso vivano come in un matrimonio, sebbene la filiazione non sia fra le prospettive cui da soli possano accedere, devo risolvere il problema. La soluzione, però, non è nel regolare la coppia, ma nel liberare l’individuo. Convivo, lascio l’eredità, mi faccio assistere, delego per cose verso terzi chi mi pare. La legge non lo consente sempre, quindi va cambiata (nell’eredità, ad esempio, cancellando l’indisponibile e lasciando tutto alla volontà di ciascuno). Ma perché mai devo infilarci il sesso?

Se convivo con un amico, o un’amica (perché non due, tre, dieci), decido di nominarlo erede, gli chiedo di assistermi in ospedale, e così via, devo anche accoppiarmici per forza? E se registro l’unione civile, perché nel Pese dei bigotti anziché ampliare i miei diritti individuali hanno regolato quelli delle coppie non matrimonializzate, poi tocca al giudice (magari chiamato da altri congiunti adirati) stabilire se la copula sigillò la coppia? Sarebbe il tribunale della Sacra Rota! Tenete le toghe e tonache lontano dalle braghette, per carità.

Il matrimonio è certo l’esercizio di un diritto, ma anche la contrazione di un dovere. Posto che ciascuno ha già il diritto di vivere con chi gli pare, penso che i doveri reciproci se li possano regolare da soli, come se fossero adulti e liberi, mentre la legge deve solo rimuovere gli ostacoli alla piena disponibilità di sé e dei propri beni.

Ultimo tema: con la coppia, però, c’è anche la pensione di reversibilità. Sono contrario. Tale istituto nasce a tutela del coniuge che regge la casa e la prole mentre l’altro lavora, è già anacronistico e non ha senso estenderlo fra adulti autosufficienti. Non solo è un costo enorme, ma innesca subito il proliferare delle false unioni civili, autentiche truffe pensionistiche. Ne abbiamo già abbastanza.

Tutta questa materia è dominata da un tale luogocomunismo privo di riflessione da supporre che siano bigotti i contrari, mentre lo sono i favorevoli. La cosa che fa fatica a entrare in tante teste è che la libertà riguarda gli individui. Può essere limitata solo laddove si coglie un danno per altri, o collettivo. In caso contrario, e le coppie di fatto non rappresentano un pericolo per nessuno, come neanche le comuni più assortite, il regolare equivale a limitare. No, grazie, preferisco la libertà coniugata con la responsabilità, piuttosto che quella che frigna per vedersi bollata la già esistente legalità.

(LSBlog)

lunedì 2 febbraio 2015

Arcore anno zero. Fabio Raja

 
 

Sergio Mattarella è stato eletto dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana. Con questa designazione la mia vita come per altri sessanta milioni d' Italiani non cambierà di un'acca. Così sarebbe successo chiunque fosse stato eletto al suo posto.
Per lui, invece, muterà, eccome se cambierà. E tutto l'ambaradan che ruota attorno alla sua carica istituzionale, come del resto è accaduto per tutti i suoi predecessori, costerà agli stremati contribuenti qualche centinaio di milioni ogni anno.
 
Mattarella è un reperto archeologico di un'altra era geologica ma d'altro canto il candidato del Cavaliere, Giuliano Amato ne era coevo.
 
Avremo tempo e modo di giudicare nei fatti il nuovo inquilino del Quirinale. Temo che dovremo aspettarci delle sorprese e Matteo Renzi più di tutti. Accade spesso che persone riservate, taciturne, schive sino alla timidezza si rivelino una volta raggiunta una carica di potere, inflessibili, granitiche e determinate al limite del dispotismo. Tanto più che per età, storia e formazione culturale il nuovo Presidente è mille anni luce lontano da Matteo Renzi e mal sopporterà il fatto d'essergli in qualche modo debitore. Così invece di nutrire sentimenti di gratitudine verso il Premier potrebbe sviluppare una certa ostilità nei suoi confronti.
 
Cosa significhi questa elezione per la vecchia nomenclatura del PD è ancora tutto da verificare. Una cosa è certa, che l'esultanza e i sorrisi di Pierluigi Bersani non depongono a favore della sua perspicacia. Cosa di cui già dubitavamo fortemente. Al contrario certificano la sua incapacità politica se, con un Parlamento formato esattamente come lo era nel 2013, allora le cose andarono in modo disastroso e oggi sono andate lisce come l'olio.
 
Suppongo che la cosa che interessi più all'uomo di Bettola, come alla congrega dei suoi compagni comunisti, fosse quella di far saltare il patto con Berlusconi e riacquistare potere negoziale nei confronti del Premier e centralità all'interno del PD.
Non sarà così. Renzi ha mostrato di essere cinico sino al sadismo, sleale e opportunista pronto a tradire l'alleato un secondo dopo stretto un'intesa. Ma questi sono fatti loro.
 
Una cosa ci interessa più di tutte: chi e come potrà ricostruire il centrodestra, la casa dei liberali, di milioni di italiani che per vent'anni si sono attaccati alla speranza che Berlusconi pretendeva rappresentare?
 
In quello spazio politico oggi ci sono solo macerie, un Leader finito, logorato da vent'anni di battaglie politiche e giudiziarie, umiliato e sconfortato. Senza eredi. Un partito, anzi due col Ncd, spappolati, privi di personalità di peso, anch'essi infarciti di resti del periodo giurassico e giovani tanto ambiziosi quanto presuntuosi e scialbi.
 
Lo schiaffo patito ad opera di Renzi forse è un bene che potrebbe far precipitare le cose verso un esito da anni prevedibile, e ormai inevitabile. Il collasso totale del centrodestra Berlusconiano. Perché la cosa migliore non è ricostruire il partito, ma ripartire da zero.
 
(LSBlog)