Gattini ciechi, ed irresponsabili, al governo. Per la faccenda Telecom Italia sono “sconcertati” (Bersani), “preoccupatissimi” (Gentiloni), desiderosi di “reagire” (Di Pietro), ma si sono dimenticati che la colpa è del loro presidente del Consiglio, Romano Prodi, e del loro collega agli esteri, Massimo Dalema.
Il primo, nel 1997, garantì che nessuno, mai, avrebbe controllato più del 3% della società, che sarebbe stata un public company, il secondo, nel 1999, tirò lo sciacquone sulla garanzia, favorendo la vendita a società lussemburghesi. I signori oggi sconcertati, preoccupati o reagenti se ne stettero zitti, siedono oggi al governo con i responsabili, e non si vede dunque di cosa si lamentino. Ma il problema non sono i loro miagolii inutili, il problema è Telecom, l'opacità che la avvolge, le deviazioni che ne promanano.
Daniele Capezzone dice che la politica non deve intromettersi, si deve lasciar fare al mercato e non si deve avere paura dello straniero. Aggiungo che lo straniero potrebbe essere un bene, se sarà capace di segnare una rottura gestionale, avvierà le azioni di responsabilità che i connazionali s'impauriscono a promuovere, romperà i legami con l'editoria relazionale e non ricorrerà allo spionaggio ed alla diffamazione. Lo straniero sarebbe un bene se desse una lezione al capitalismo asfittico di finanzieri alla ricerca di rendite, se spiegasse che è scandaloso un mercato azionario nel quale il più pagato degli amministratori (Carlo Buora) è il responsabile di due società che vanno malissimo. Ma, mio caro Daniele, non è questo che Tronchetti Provera ha annunciato alla stampa presentando il suo ennesimo compratore estero e per l'ennesima volta influenzando il valore delle azioni. Americani (At&T) e messicani (America Movil), oggi di turno, non sono candidati ad acquistare Telecom Italia, che andrebbe benissimo, ma a divenire soci di Tronchetti Provera in Olimpia. Che è una porcheria.
Ciò è possibile, lo dicevo e lo ripeto, per colpa di Prodi e Dalema, ma anche perché nel nostro Paese non funzionano le autorità di garanzia e controllo. La Consob non ha fatto il suo dovere e chi oggi comprasse il 18% di Telecom in Borsa rischierebbe di essere costretto ad un'Opa cui non si costrinse Olimpia, il che crea una rendita di posizione nelle mani di Pirelli e Benetton, ma mette in evidenza un difetto strutturale del nostro mercato. L'Agcom osserva silente il mercato dell'operatore mobile virtuale, dove in opacità assoluta valgono solo gli accordi fra gruppi (con le Coop che si accordano con Tim, memori degli ottimi affari di Consorte) anziché le regole del mercato e della concorrenza. La magistratura penale procede, ma con infinita lentezza. In queste condizioni l'investimento estero non sarebbe su un mercato in sviluppo (che andrebbe bene), ma sull'arretratezza istituzionale e politica (che è un male).La politica che frigna sulla “rete” mostra di non sapere nulla delle moderne telecomunicazioni, giacché, semmai, sarebbe da cogliersi l'occasione per destrutturarla, aprendo il mercato alla larga banda senza fili ed a nuovi concorrenti. Quella politica sta difendendo le tlc di venti anni fa, ed è con la testa indietro di quaranta che tifa per le banche, secondo lo schema Iri che, del resto, ha dato alla vita Prodi. Il quale Prodi è più furbo e ha dato il via libera a Tronchetti Provera, senza neanche informare i suoi agitati e preoccupati ministri.
In tutto questo non mi stupisce o scandalizza l'abilità manovriera di questo o di quello, ma l'assenza di anticorpi, l'assenza di voci forti che indichino l'imbroglio e non tacciano le responsabilità. Mi preoccupa una stampa che ancora ammira le trovate del padrone che ha fallito. Questi sono i sintomi di un Paese impoverito moralmente, incapace di etica pubblica, dove passano per stravaganti le poche schiene dritte.
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