venerdì 13 febbraio 2015

Berlusconi: dal 9 marzo sarò in campo anch'io.

Forzasilvio.it

Caro Mauro,
oggi ho proposto ai gruppi parlamentari questa riflessione. La convidivido con te e con tutti gli amici di forzsilvio,it
Ci troviamo qui oggi per sancire insieme un cambio di linea. Diciamo subito che non siamo stati noi a voler abbandonare un percorso, quello delle riforme condivise.
E' stato il Partito Democratico a cambiare le carte in tavola e noi non possiamo far altro che prenderne atto, con rammarico.
Avevamo creduto in un profondo cambiamento dei rapporti politici in questo Paese, di cui le riforme erano solo un aspetto, importante, ma non unico.

La proposta del nuovo Segretario del Pd, Renzi, di un dialogo ampio sulle istituzioni poteva essere la strada per uscire da quella guerra civile strisciante che ha avvelenato l'Italia negli ultimi venti anni. Avevamo condiviso le parole di Renzi, quel ragionamento teso a costruire un bipolarismo, anzi, un bipartitismo maturo.
Quel ragionamento suonava così: il Governo, in una democrazia bipolare, è affare di chi vince le elezioni, che deve essere messo in grado di decidere e di rispondere delle proprie scelte davanti agli elettori, senza scarichi di responsabilità.
Le istituzioni sono invece patrimonio di tutti i cittadini, sono patrimonio di tutte le forze politiche che li rappresentano. Nessuno può considerarle cosa propria, da cambiare o utilizzare per pure finalità o vantaggi di parte.

All'interno di questo ragionamento avevamo avviato un percorso di collaborazione per cambiare lo Stato, garantire al Paese una legge elettorale efficace, scegliere insieme gli elementi di garanzia del sistema, come il Presidente della Repubblica.
Non tutto in questo percorso ci convinceva, ma il progetto complessivo che poteva portare alla nascita della nostra Terza Repubblica su basi diverse dalla Seconda, era tale e di tale importanza, da farci accettare anche alcune forzature dei nostri compagni di viaggio e alcuni sacrifici, anche dolorosi.
Purtroppo il Partito Democratico ha voluto interrompere questo percorso, e lo ha fatto mostrando il suo vero volto, dimostrando la propria incapacità di cambiare confermando di considerare lo Stato e le istituzioni come cosa propria e non patrimonio di tutti, un patrimonio da usare a proprio esclusivo vantaggio.

La scelta non condivisa di una persona degna, come il Presidente Mattarella, fa emergere una serie di fatti che non possiamo oggi non considerare:
1. Il Partito Democratico, quando gli conviene, non esita a rimangiarsi la parola data. Questo dimostra che non ha ancora conquistato quella maturità politica, quel rispetto per l'interlocutore necessari a gestire una riforma costituzionale importante che aumenta i poteri del Premier e del Governo, riducendo le garanzie legate al Parlamento, che viene dimezzato, e legate alle autonomie locali, che vengono gravemente ridimensionate. Molte democrazie anglosassoni funzionano così, ma lì il rispetto reciproco, tra partiti di maggioranza e opposizione è antico e consolidato e la moralità del rispetto dei patti è sacra quanto le regole scritte. Basti pensare che la Gran Bretagna non ha neppure una costituzione codificata, ma funziona secondo regole non scritte ma inviolabili.

2. Il metodo scelto dal Pd per eleggere il nuovo Presidente, abbandonando ogni ricerca di condivisione per l'interesse di parte di riunire le anime frastagliate di quel partito ci da' una lampante dimostrazione di come utilizzerebbe il nuovo quadro istituzionale.

3. La scelta di un arbitro condiviso era parte importante dell'applicazione della più profonda riforma costituzionale dal 1948 ad oggi.

4. Dunque non siamo noi oggi a sancire la rottura di un percorso, ma prendiamo atto con profondo rammarico del cambiamento voluto da altri. Continuare sulla stessa strada sarebbe ottuso e politicamente nefasto, non per noi, ma per gli elettori moderati che rappresentiamo e per il Paese tutto.

Voglio dire con chiarezza che avevamo creduto, avevo creduto fino in fondo al percorso di dialogo fin qui intrapreso insieme. Troppi danni erano stati procurati al Paese da quella guerra civile strisciante, da quella visione politica che vede l'avversario come un nemico, per non provare fino in fondo a cambiare le cose.

Oggi non è il momento delle recriminazioni e dei processi sommari. La linea politica seguita fin qui era la mia linea politica. Meditata, ponderata, valutata, in tutti i suoi aspetti. So bene quanto ci sia costata, quanto, a volte, sia costata personalmente a ciascuno di voi.Vi ringrazio per quanto insieme abbiamo fatto fino ad oggi. E il fatto che il Partito Democratico non sia stato capace di portare fino in fondo questo cammino nulla toglie alla nobiltà del nostro sforzo.
Chi ci ha creduto fino in fondo come me, merita stima e rispetto.
Chi ha criticato questo cammino, sottolineandone le debolezze, se lo ha fatto in buona fede, come credo, oggi ha la possibilità di contribuire costruttivamente alla elaborazione di una nuova linea, senza recriminazioni, senza inutili e ingiusti regolamenti di conti, che troppo hanno indebolito Forza Italia.
Oggi si apre una fase nuova a cui tutti devono partecipare: chi si sottrae abdica alle proprie responsabilità e alimenta i sospetti di strumentalità della proprie critiche. Mi auguro che ciò davvero non avvenga.

Da ieri i nostri gruppi parlamentari hanno intrapreso una nuova linea. Noi non abbiamo mai fatto un'opposizione distruttiva.
Dal 1994 siamo convinti della necessità di riformare il nostro Paese.
Quindi, al di là delle spacconate talvolta indigeribili del Pd in queste ore, non abbiamo interrotto il nostro lavoro costruttivo. Lo abbiamo già detto, lo ripeto oggi: venuto a cadere quel patto profondo per cambiare insieme l'Italia, continueremo comunque ad appoggiare ciò che delle riforme ci piace e che riteniamo utile per il Paese.

Ma non accetteremo più di votare per tutte quelle parti che avevamo accettato solo per amore di un disegno più ampio e più importante. Valuteremo cosa approvare e cosa cercare di cambiare e alla fine del percorso, valutato come il nostro contributo sarà stato recepito dalla maggioranza, decideremo come comportarci al voto finale. E così faremo anche sulla legge elettorale.Credo sia opportuno anche ricordare a questo Governo tutti i provvedimenti lasciati indietro per approvare queste riforme: è stata una corsa forsennata che ha paralizzato il Parlamento e lasciato indietro molti dei provvedimenti che certamente sono più urgenti per le famiglie e per le imprese: oggi il 25% degli italiani vive con meno di 10 mila euro all’anno, le imprese continuano a chiudere e a delocalizzarsi mentre il decreto sul lavoro e le deleghe fiscali languono nel limbo. I pensionati e gli artigiani non hanno avuto alcun segnale.

Non voglio approfondire i temi economici oggi, lo faremo presto, ma certamente dobbiamo sforzarci per riportare l'attività parlamentare su quelle decisioni che questo Governo sembra incapace di prendere, mentre l'Italia resta in stagnazione e all'orizzonte non c'è alcuna ripresa.
Oggi dunque torniamo ad esercitare a pieno titolo il nostro ruolo di opposizione a 360 gradi.
Lo faremo senza sconti e senza quella benevolenza che questo Governo ha dimostrato di non meritare. Lo faremo col senso di responsabilità che ci è proprio.
Per far questo dobbiamo lavorare in Parlamento, dove chiedo che tutti si impegnino al massimo e con costante presenza ed invito Paolo e Renato a convocare all’inizio di ogni settimana i gruppi parlamentari per decidere insieme la linea da tenere sui singoli provvedimenti e coordinare i relativi interventi. Dobbiamo però anche lavorare sul territorio dove il nostro partito ha bisogno di un nuovo slancio, di una rinascita in vista delle ormai prossime elezioni regionali.

A tal proposito vorrei chiarire, dopo aver letto tante inesattezze, la mia posizione sulle prossime alleanze alle regionali. Chi scrive, dice di temere che si possano consegnare la chiavi del centro destra alla Lega di Salvini non conosce la nostra storia, la mia storia, e neppure i principi basilari della politica.

La Lega è un nostro importante alleato. Lo è da venti anni, spero possa esserlo anche oggi. Dobbiamo lavorare con generosità per ricostruire un centro destra alternativo alla sinistra perché uniti si vince, divisi si perde. Per farlo dobbiamo trovare una strada comune con i molti amici che compongono il centro destra e che oggi, talvolta, sono su posizioni diverse. Nessuno può imporre diktat, ma tutti debbono dare il proprio contributo. E una coalizione di centro destra non può ruotare che intorno ad un partito centrale come Forza Italia. Alcune cose oggi ci dividono, ma sono molte di più quelle che ci uniscono.
Anzi credo che tra le forze di centro destra vi siano meno divisioni che tra le sole correnti del Pd. Noi stiamo lavorando con generosità per ottenere quel che gli elettori di centro destra chiedono e meritano: la vittoria dei moderati e il governo del Paese.

Abbiamo talvolta rinunciato a ciò che pure ci aspettavamo pur di agevolare questo percorso: abbiamo per esempio consentito alla Lega di correre con un proprio candidato in Emila. Ma nessuno può interpretare la nostra generosità costruttiva come una arrendevolezza.
Abbiamo le nostre convinzioni e le difenderemo fino in fondo come difenderemo fino in fondo le nostre radici che si fondano nel popolarismo europeo.

Vogliamo aiutare la Lega a vincere in Veneto, ma non lo faremo mai a discapito della Campania, tanto per fare un esempio.
Non accetteremo diktat sugli alleati, ma come sempre siamo pronti ad ascoltare tutti. Siamo pronti ad appoggiare i candidati migliori, ma non ci faremo imporre i nomi dei candidati da nessuno.

E soprattutto pretendiamo che i patti vengano rispettati e che tutti ritirino i propri candidati non condivisi, soprattutto da Regioni dove già c'era un accordo.
Sono convinto che su queste basi di pari dignità e di obiettivi condivisi, potremo presto tornare a guidare questo Paese per il bene di tutti.

Dal 9 Marzo sarò in campo anch’io, sono sicuro che sarete tutti in campo con me.

Silvio Berlusconi


1 commento:

Anonimo ha detto...

Ricordate la promessa che la cassa integrazione extra-lusso dei dipendenti Alitalia non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani? Non è andata così. Lo denuncia un dossier Inps: il «fondo volo» pesa sulla fiscalità generale addirittura per il 96%. E ancora oggi, sette anni dopo il «salvataggio» della «italianità» della compagnia, i cittadini mantengono tra i quasi diecimila cassintegrati 152 che prendono da dieci a ventimila euro. Più due che sfiorano i trentamila.
Per capire la gravità dell’accusa dell’Istituto presieduto da Tito Boeri, che ha deciso di mettere on-line i dati così che gli italiani possano vedere quanto certi privilegi siano insostenibili, va fatto un passo indietro. E va riletta un’Ansa dell’aprile 2006 dove, con la notizia della operatività del Fondo speciale per il trasporto aereo istituito dal governo Berlusconi nel 2004, si spiegava: questo fondo «opera presso l’Inps senza oneri per la finanza pubblica». Un impegno ribadito, nel corso degli anni, più volte.
Ma è così? Basta intendersi sulle parole. Da anni infatti questa «cassa» è alimentata da una specie di pubblico pedaggio pagato da ogni passeggero che tocca un aeroporto nazionale. All’inizio era di un euro. Poi è salito a due. E infine a tre. Soldi che pesano sui biglietti, quindi sui cittadini che volano e in definitiva, dato che chi vola per lavoro da qualche parte scarica poi le spese di viaggio, su tutti gli italiani.