martedì 10 febbraio 2015

I bigotti delle unioni civili. Davide Giacalone


Sono contrario alle leggi sulle unioni civili. Idea bigotta, destinata a limitare i diritti individuali e a far entrare il giudice anche nelle camere da letto non matrimonializzate. A sinistra domina il solito conformismo falso-progressista. A destra c’è la gara al mostrarsi aperti e moderni, privi di condizionamenti ecclesiastici. Peccato che l’idea delle coppie istituzionalizzate sia il trionfo dell’opposto, per entrambe le ipocrisie.
Chi si vuole sposare si sposi, chi non vuole farlo lo eviti. Auguri. Se nascono figli la legge li tutela al pari di tutti gli altri, ed è giusto che sia così. Il matrimonio come sacramento è questione che riguarda i fedeli, non la legge. Il matrimonio come destino ineluttabile, invece, è una cretinata. Ci sono solo due gruppi di persone che, anche volendolo, non si possono sposare: i già sposati e gli omosessuali. Hanno problemi diversi, ma la soluzione ragionevole vale per tutti.

Chi è già sposato può essere separato, in attesa di divorzio, o, magari, neanche separato. Affari suoi (e del coniuge). Non esiste più il reato di adulterio e neanche quello di abbandono del tetto coniugale. Faccia quel che crede. Ma perché dovrei scrivere in un registro questo evento? Se ce lo scrivo, se prendo burocraticamente atto della nuova coppia (che già è un linguaggio zuccheroso e irritante), mi si pone un problema: sono tenuti alla monogamia? Perché già hanno in piedi un matrimonio e non sarebbe sensato supporre di obbligarli ad essere fedeli nell’unione civile. Sono affari loro. Ma se li registro ho istituzionalizzato la poligamia. E la poligamia è, per storia e realtà, maschile (ovvio che anche le signore fanno quel che pare loro, ma la poligamia è maschile). Il progresso, pertanto, sarebbe un regresso.

Chi è omosessuale non può sposarsi perché la legge regola il matrimonio in vista della filiazione, che poi avvenga o meno. Siccome non c’è un solo motivo al mondo per impedire che due persone dello stesso sesso vivano come in un matrimonio, sebbene la filiazione non sia fra le prospettive cui da soli possano accedere, devo risolvere il problema. La soluzione, però, non è nel regolare la coppia, ma nel liberare l’individuo. Convivo, lascio l’eredità, mi faccio assistere, delego per cose verso terzi chi mi pare. La legge non lo consente sempre, quindi va cambiata (nell’eredità, ad esempio, cancellando l’indisponibile e lasciando tutto alla volontà di ciascuno). Ma perché mai devo infilarci il sesso?

Se convivo con un amico, o un’amica (perché non due, tre, dieci), decido di nominarlo erede, gli chiedo di assistermi in ospedale, e così via, devo anche accoppiarmici per forza? E se registro l’unione civile, perché nel Pese dei bigotti anziché ampliare i miei diritti individuali hanno regolato quelli delle coppie non matrimonializzate, poi tocca al giudice (magari chiamato da altri congiunti adirati) stabilire se la copula sigillò la coppia? Sarebbe il tribunale della Sacra Rota! Tenete le toghe e tonache lontano dalle braghette, per carità.

Il matrimonio è certo l’esercizio di un diritto, ma anche la contrazione di un dovere. Posto che ciascuno ha già il diritto di vivere con chi gli pare, penso che i doveri reciproci se li possano regolare da soli, come se fossero adulti e liberi, mentre la legge deve solo rimuovere gli ostacoli alla piena disponibilità di sé e dei propri beni.

Ultimo tema: con la coppia, però, c’è anche la pensione di reversibilità. Sono contrario. Tale istituto nasce a tutela del coniuge che regge la casa e la prole mentre l’altro lavora, è già anacronistico e non ha senso estenderlo fra adulti autosufficienti. Non solo è un costo enorme, ma innesca subito il proliferare delle false unioni civili, autentiche truffe pensionistiche. Ne abbiamo già abbastanza.

Tutta questa materia è dominata da un tale luogocomunismo privo di riflessione da supporre che siano bigotti i contrari, mentre lo sono i favorevoli. La cosa che fa fatica a entrare in tante teste è che la libertà riguarda gli individui. Può essere limitata solo laddove si coglie un danno per altri, o collettivo. In caso contrario, e le coppie di fatto non rappresentano un pericolo per nessuno, come neanche le comuni più assortite, il regolare equivale a limitare. No, grazie, preferisco la libertà coniugata con la responsabilità, piuttosto che quella che frigna per vedersi bollata la già esistente legalità.

(LSBlog)

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