Poco più di un anno fa l'Unione capitanata da Romano Prodi vinceva (si fa per dire) le elezioni e dava inizio ad un percorso che nelle intenzioni del Professore e dei leaders del centrosinistra avrebbe dovuto riportare l'Italia sulla strada dello sviluppo e della «felicità» dopo il lustro di governo berlusconiano, ma che in realtà, visto con gli occhi di oggi, si è rivelato una vera via crucis tanto per lo schieramento unionista quanto - purtroppo - per il Paese. Fare un elenco delle azioni sciagurate messe in atto dal centrosinistra da un anno a questa parte sarebbe oggettivamente defatigante, e risparmiamo a noi stessi e ai nostri lettori la pena di mettere in fila tutte le malefatte di Prodi e compagni dall'aprile scorso ad oggi - malefatte di cui Ragionpolitica ha dato puntualmente conto con articoli e analisi che potete trovare e consultare facilmente nel nostro archivio.
Soffermiamoci dunque su due fatti recenti, che documentano in maniera chiara il fallimento dell'armata anti-berlusconiana entrata a Palazzo con lo scopo di fare il «bene dell'Italia» e ridotta oggi a poltrire sugli scranni del potere col solo scopo di tirare a campare dopo 12 mesi di liti, debacle, una crisi di governo, proteste popolari di ogni genere e chi più ne ha ne metta... Restiamo allora all'attualità e segnaliamo due capitoli paradigmatici dello stile (anche qui, si fa per dire) di governo unionista alla guida del Paese.
Il primo fatto è la pessima gestione del caso Mastrogiacomo, che ha fatto colare a picco la credibilità dell'Italia nel consesso internazionale, già messa a dura prova dall'oscillante politica estera del ministro D'Alema, prigioniero dei diktat dell'estrema sinistra, e da episodi come quello riguardante l'allargamento della base Usa di Vicenza. Con la gestione del sequestro Mastrogiacomo, però, Prodi e i suoi hanno veramente toccato il fondo. Sono riusciti, nell'ordine, a ricattare il governo afghano minacciando il ritiro delle nostre truppe di stanza a Kabul e a Herat; a mettere in un angolo i nostri servizi segreti, che pure in passato avevano dato ottima prova di sé nei casi di rapimento di nostri connazionali; ad affidare tutta la pratica a Gino Strada, salvo poi scaricarlo nel momento in cui ha presentato il conto chiedendo di far scarcerare il suo emissario arrestato dai servizi di sicurezza di Kabul; a far rilasciare cinque (o forse più) comandanti talebani, che sicuramente torneranno al più presto ad organizzare agguati e attentati contro la popolazione locale e contro i soldati occidentali, tra cui anche i nostri; a creare imbarazzo e sconcerto nelle altre cancellerie occidentali, Usa in primis, poco propense a fare regali ai tagliagole; ancora, a fornire ai taliban un'ottima arma di lotta per ottenere il rilascio dei loro guerriglieri catturati; infine, a far imbestialire gli afghani per il disinteresse mostrato nei confronti della sorte dell'interprete di Mastrogiacomo, trattenuto dopo la liberazione del reporter di Repubblica e barbaramente sgozzato nel giorno di Pasqua.
Come si vede, ce n'è abbastanza per capire che un governo «serio», come Prodi ripete a ogni pie' sospinto essere il suo, avrebbe fatto il contrario di quanto messo in opera da quello capitanato dal Professore. Soprattutto, un esecutivo «serio» non avrebbe svenduto la dignità del Paese che guida solo per rimanere in sella a tutti i costi, cosa che non sarebbe avvenuta se Mastrogiacomo, giornalista di uno dei maggiori «azionisti» del governo, avesse fatto la stessa fine del suo autista e del suo interprete. Siamo tutti felici per il fatto che il reporter sia tornato a casa sano e salvo, ma l'immagine che l'esecutivo Prodi ha dato del nostro Paese e la brutta figura rimediata in campo internazionale si addicono più a una Repubblica delle banane che a una democrazia moderna e occidentale.
Secondo fatto di attualità che testimonia come l'Unione e il governo da essa sostenuto siano politicamente al capolinea è la lettera inviata ieri dal presidente del Consiglio al Corriere della Sera in merito al cosiddetto «tesoretto» (l'extra-gettito dovuto alla buona politica di Tremonti e ai calcoli sbagliati del suo successore, Tommaso Padoa-Schioppa) e ai modi in cui utilizzarlo. Qui il Professore raggiunge veramente il culmine dell'ipocrisia e promette, testualmente, di utilizzare due terzi del suddetto «tesoretto» per sostenere le famiglie disagiate, i pensionati e i disoccupati. Il 66% dell'extra-gettito andrà «a favore di chi - scrive Prodi - affronta con maggior difficoltà il cammino della propria esistenza. Troppe sono le persone che non riescono ad arrivare alla fine del mese e troppe sono le famiglie che non riescono a costruire un futuro per i propri figli. E a loro va il primo e più corposo pensiero».
Ma come? Non erano proprio il Professore e i suoi sostenitori, in campagna elettorale, a promettere che con l'Unione al governo le famiglie stremate - a detta loro - dalle politiche berlusconiane avrebbero trovato immediato sollievo e sarebbero arrivate più agevolmente alla fine delle quattro settimane mensili? Ora invece scopriamo, per implicita ammissione dello stesso Prodi, che in un anno le cose non sono cambiate, che le magnifiche sorti e progressive trionfalmente annunciate dal centrosinistra sono ancora di là da venire. Infatti, come candidamente afferma il presidente del Consiglio, «non abbiamo esitato a prendere misure impopolari, consapevoli che questo è il dovere di ogni buon governo». Il fatto è che, come documenta l'esistenza stessa del «tesoretto», di queste «misure impopolari» (quelle contenute nella Finanziaria 2007) non c'era alcun bisogno: i conti dello Stato non erano al collasso e i sacrifici richiesti a tutti gli italiani - meno abbienti compresi - erano giustificati solo da motivi ideologici che risiedevano in mente Unionis, non in rebus.
Per questo la lettera di Prodi al Corriere della Sera, vergata per promettere ancora una volta mari e monti agli italiani, sortisce invece l'effetto contrario e mostra che anche sul fronte della politica economica il naufragio dell'armata prodiana è totale. Ormai è chiaro che il presidente del Consiglio e i suoi alleati non sanno più dove sbattere la testa, e proprio loro che accusavano Berlusconi di essere un piazzista della politica si riducono a far pubblicare sul maggiore quotidiano nazionale una missiva di vuota e inconcludente propaganda elettorale in vista delle prossime consultazioni amministrative. Cercano di mettere una pezza al verticale crollo di consensi e di credibilità, ma ormai le falle della nave unionista sono tali e tante che solo un marziano - e forse neppure lui - potrebbe credere alle demagogiche promesse prodiane e trangugiare la fuffa propinata dal Professore al popolo italiano, che gli ha già voltato le spalle.
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3 commenti:
E' difficile coprire una buca scavata in 5 anni con una ruspa, avendo a disposizione un anno solo e una piccola vanghetta.....
Specie se all'economia c'è un esperto
che sbaglia del 50% le previsioni
sul fabbisogno
Sul fabbisogno del Nano? prima c'era 3 monti, e ha sbagliato poko visto che è il uomo capo (di governo) è anche l'uomo piu ricco d'italia... non senti anche te puzza di conlflitto di interessi?
gli interessi confliggono quando chi riveste un ruolo, ha interessi personali che derivano dai benefici che, rivestendo quel determinato ruolo istituzionale , si riescono a deviare dal cammino retto
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