E’ saltato per aria il cuore del blocco sociale della sinistra: questa è la vera novità del voto di domenica scorsa. La somma delle notizie locali tende in queste ore a nascondere il senso complessivo di quanto è successo nelle urne, ma se si dà uno sguardo d’insieme e si sommano la sconfitta di Piacenza, col sorpasso del Pd in Umbria e Marche, con il ballottaggio a cui è costretto Delbono in una Bologna in cui pure il centro destra non si è risparmiato uno strafalcione, con Firenze in bilico e con l’impietoso consuntivo complessivo delle province (quasi tutte perse o in bilico per il Pd, nessuna conquistata, un pugno mantenute) il quadro è chiaro.
Non è più vero che per il Pd prioritaria è la “questione settentrionale” (quella meridionale è ormai strapersa), per la drammatica ragione che è finito anche il mito della “buona amministrazione” e che dal 7 giugno 2009 non si può più parlare di “regioni rosse”, come patrimonio politico intangibile per la sinistra. Ogni città del centro Italia è diventata oggi “contendibile”, non vige più il monopolio, è finita la cinquantennale “posizione di rendita”. Tutto questo sarebbe già un disastro per la sinistra italiana, se non fosse accompagnato da un disastro ancora maggiore: la palese e assoluta perdita di lucidità. Come nota saggiamente un preoccupatissimo Paolo Franchi su Corriere di oggi, il Pd non solo non ha nessuna proposta, nessuna analisi, nessun programma e tantomeno nessun “sogno” da proporre alla sua propria base elettorale (e ancor meno agli italiani), ma –e questo ha del pazzesco- non cerca neanche lontanamente di ovviare a queste mancanze.
In questo sconfortante quadro, accade così che prenda dimensioni patologiche il vizietto che da Occhetto in poi ha ottenebrato le menti della dirigenza progressista: credere alla propria propaganda. Come è noto in politica –questo è il suo bello- si può dire e sostenere tutto e il contrario di tutto, si può prescindere dalla realtà per fare le campagne elettorali, si può dipingere l’avversario come un diavolo, si può dire e stradire. Con un vincolo –ferreo- non credere alle falsità che si dicono. Invece, Franceschini e la dirigenza del Pd solo di questo vivono. Profittano della stupida subalternità culturale del mondo dei media italiani (e quindi, a ricaduta, di quelli esteri) e sostengono che hanno vinto perché hanno perso 7 punti percentuali. Ovviamente possono farlo, a patto però poi di mettersi a piangere e di strapparsi i capelli non appena nessuno li vede. Ma non è così: siccome hanno “intortato il pupo” dei media lunedì scorso, sono ora convinti sul serio di avere vinto, non si pongono nessun problema strutturale, continuano come se niente fosse a tessere i loro complotti e le loro tresche abituali.
In sintesi: hanno perso ogni residuo rapporto con la realtà. E questo è un disastro, per loro, ma anche per il paese.
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5 commenti:
SONO GIORNI E GIORNI CHE NON RIESCO A LEGGERE NESSUN NUOVO COMMENTO.
MAURO, IL BLOG E' FERMO?
NON RIESCO A CAPIRE.
Semplicemente troll di tutti i tipi si sono presi una pausa, alcuni forse si stanno ancora leccando le ferite dopo le elezioni. Ma torneranno presto, vedrai, non appena si stabilisce una discussione pacata ed intelligente arriveranno di nuovo ad inanellare perle su perle
I commennti sono il frutto di quello che viene pubblicato: non tutti i giorni ci sono articoli da postare e non tutti i giorni ho il tempo di cercarli sul web.
Anche perché cerco il pezzo originale, fuori dal coro, non troppo lungo e che rispecchia meglio le nostre idee.
Molto probabilmente, come dice minnanon, qualcuno ha avuto altro da fare.
E' certo che la stragrande maggioranza dei nostri lettori non lascia traccia, mentre quelli che non la pensano come noi si premurano di farcelo sapere.
A presto
di Peter Gomez
(Giornalista)
da Voglioscendere
I piduisti amici del boss mafioso Vittorio Mangano e di altri noti criminali ce l’hanno fatta.
Tra ieri e oggi, nel silenzio complice di buona parte della stampa italiana, è stata abolita la libertà di parola.
D’ora in poi, salvo ripensamenti del Senato, sarà impossibile raccontare sulla base di atti giudiziari i fatti e i misfatti delle classi dirigenti.
Chi lo farà rischierà di finire in prigione da 6 mesi a tre anni, di essere sospeso dall’ordine dei giornalisti e, soprattutto, dal suo giornale, visto che gli editori andranno incontro a multe salatissime, fino a un massimo di 465.000 euro.
Il plurimputato e pluriprescritto Silvio Berlusconi per raggiungere il risultato è stato costretto a ricorrere al voto di fiducia.
Le nuove norme contenute nel disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sono infatti talmente indecenti da risultare indigeste persino a un pezzo importante della sua maggioranza.
Da una parte, s’interviene sul diritto-dovere d’informare con disposizioni grossolane e illiberali stabilendo, per esempio, che le lettere di rettifica vadano pubblicate integralmente (anche dai blog) senza possibilità di replica.
Insomma, se un domani Tizio scriverà a un giornale per negare di essere stato arrestato, la sua missiva dovrà finire in pagina, in ogni caso e senza commenti, pur se inviata dal carcere di San Vittore.
Dall’altra, per la gioia di delinquenti di ogni risma e colore, si rendono di fatto impossibili le intercettazioni.
Gli ascolti saranno infatti autorizzati, con una procedura farraginosa e lentissima, solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza».
Cioè quando ormai si è sicuri che l’intercettato è colpevole.
E in ogni caso non potranno durare più di due mesi.
Inoltre le microspie potranno essere piazzate solo nei luoghi in cui si è certi che vengano commessi dei reati: detto in altre parole, è finita l’epoca in cui le cimici nascoste nelle auto e nei salotti dei mafiosi ci raccontavano i rapporti tra Cosa Nostra e la politica.
Che Berlusconi e un parlamento formato da nominati e non da eletti dal popolo, in cui sono presenti 19 pregiudicati e una novantina tra indagati e miracolati dalla prescrizione e dall’amnistia, approvi sia pure tra qualche mal di pancia leggi del genere non sorprende.
A sorprendere sono invece le reazioni (fin qui pressoché assenti) di quasi tutti i direttori dei quotidiani e dei comitati di redazione dei telegiornali (dai direttori dei tg, infatti, non ci si può aspettare più nulla).
Quello che sta accadendo in parlamento dovrebbe essere la prima notizia del giorno.
E invece a tenere banco è la visita di Gheddafi e le polemiche intorno alla sua figura di dittatore.
Così a furia di parlare di Libia nessuno si accorge di come il vero suk sia ormai qui, a Roma, tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi.
E di come, tra poco, nessuno potrà più raccontarlo.
come volevasi dimostrare
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