Fino ad ottobre, data del congresso Pd, la sinistra sarà occupata a dividersi, recriminare sul passato recente e barcamenarsi fra correnti e candidati. Nelle dichiarazioni pubbliche, intanto, diranno: il nostro è un congresso vero, preparato da una lunga e travagliata discussione politica, gli altri, quelli che i congressi o non li fanno o li scambiano per celebrazioni, prendano esempio. Se fosse vero, avrebbero ragione, ma il guaio grosso è che neanche loro parlano di politica.
La sinistra italiana, oggi, è il combinato di quel che avanza del mondo comunista e di quel che resta della sinistra democristiana, cui si somma un fritto misto di naufraghi vari. Ciò che si sforza di raggiungere è un equilibrio interno che le consenta di coalizzare il massimo possibile di forze, quindi il massimo raggiungibile di voti, in modo da battere il proprio unico punto di riferimento, il proprio ideologo per negazione: Berlusconi. Questa è la missione, i cui fondamenti “nobili” sono il fossile della già ripugnante, prepolitica ed antistorica “diversità” berlingueriana, mescolata alla pretesa di detenere un qualche diritto di rappresentanza sull’elettorato di centro. Fine, per il resto non c’è lo straccio di un’idea.
La colpa di ciò non è solo dei dirigenti attuali, ma è l’eredità di un’insufficienza storica. La sinistra italiana ha, nel suo dna, il massimalismo e l’ideologia, che oggi adatta a moralismo e luogocomunismo. Così, periodicamente, si trova a scegliere: o porta i propri parlamentari a sostegno di governi commissariali, che chiamano “tecnici”, come accadde con Ciampi e Dini, oppure li usa per governare in proprio, creando i disastri autodemolitori di Prodi, D’Alema ed Amato. La discussione congressuale, così com’è impostata, è destinata a riprodurre il passato.
Quello che alla sinistra italiana manca, quel che la condanna, è la componente, anzi no, la guida di intelligenze laiche, democratiche (quindi anticomuniste), occidentali e pragmatiche (quindi riformiste). Se a quell’anima si consentisse d’esistere, la sinistra metterebbe in mora la maggioranza reclamando modernità e giustizia sociale, chiedendo riforme del sistema istituzionale, della giustizia, della scuola, del mercato del lavoro e delle pensioni. Oggi fa il contrario, guadagnandosi il destino che merita.
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4 commenti:
Draghi & Co.
Chi sono i maghi della finanza che vorrebbero far fuori Berlusconi?
di
Milton
30 Giugno 2009
Lo statuto del Financial Stability Board recita: “Il FSB è stato istituito (nel 1999, ndr) per monitorare la vulnerabilità dei mercati, sviluppare ed implementare politiche regolamentari nell’interesse della stabilità dei mercati” Il FSB è presieduto dal 2006 da Mario Draghi, il Governatore della Banca d’Italia.
Chi, quindi, se non questo santuario dell’establishment finanziario globale avrebbe dovuto non dico prevenire, ma almeno preventivare la crisi finanziaria scoppiata nell’autunno scorso? Ebbene, non si conosce alcun paper o report o semplice monito (tipico rigurgito politically correct con venature moraliste lanciato normalmente da cariche istituzionali) uscito dalle sacre sale del FSB nel biennio precedente la crisi. Assieme a quel museo di mummie in grisaglia che è la BCE, fino al luglio 2008, definivano infatti i fondamentali dell’economia europea sostanzialmente solidi e la bolla immobiliare americana, un evento sotto controllo. Tutto ciò che sono riusciti a fare durante la crisi, è cambiar nome da Financial Stability Forum a Financial Stability Board appunto, sciorinare previsioni con l’accuratezza di una cartomante da tv locale e proporre la solita omelia sulla necessità di regole globali.
Questi sono i cosidetti organismi economici nazionali e internazionali che il Presidente Berlusconi in uno dei suoi quotidiani sussulti antidemocratici avrebbe arrogantemente apostrofato e ai quali vorrebbe mettere il silenziatore. A tale proposito Repubblica, direttamente dalla penna del suo direttore, ci dice che appunto l’establishment finanziario e politico internazionale, ne avrebbe abbastanza di Berlusconi e tiferebbe per un governo tecnico, magari guidato dal Governatore Draghi.
Non vorrei usare, però, la facile e giusta argomentazione già sostenuta dal ministro Tremonti un paio di giorni fa, per la quale anche i governi tecnici hanno bisogno dei voti in Parlamento, anche se ieri alcuni giornali parlavano di almeno 100 parlamentari del PdL “finiani” pronti a dare l’ultimatum al governo in carica.
Vediamo invece cosa questo famoso establishment finanziario nazionale ed internazionale ha combinato per il nostro Paese negli ultimi quindici anni.
Era il 1992, mentre la magistratura partiva all’attacco della Prima Repubblica, il capitalista che piace tanto alla sinistra, George Soros, indusse una svalutazione della lira del 30%, che l’esperto di finanza C.A.Ciampi non solo non riuscì ad arginare, ma, nel tentativo di farlo, prosciugò le riserve in valuta estera della Banca d’Italia: ben 48 milirdi di dollari. Erano i tempi del Governo Amato, colui che nottetempo rapinò i conti correnti di tutti gli italiani con l’ormai famigerato 6 per mille.
Stranamente pochi mesi prima di questa speculazione criminale, per l’esattezza il 2 giugno 1992, avvenne un incontro segreto a bordo del panfilo reale della regina Elisabetta II, il Britannia, al largo di Civitavecchia. A bordo vi erano esponenti del mondo bancario e finanziario e lo scopo era quello di complottare la completa privatizzazione delle partecipazioni statali e dell’industria di Stato a prezzi stracciati a seguito proprio della svalutazione della lira provocata da Soros & Co. Nel mega yacht vi salirono i rappresentanti delle banche Barings, Warburg, Barclays, ecc.; personaggi come Mario Draghi, il direttore generale del ministero del Tesoro dell’epoca, Beniamino Andreatta, George Soros e la stessa regina Elisabetta che si occupò dei saluti ufficiali (a tal proposito, preferisco di gran lunga villa Certosa al Britannia e le veline alla Regina)
Fu così che partirono le privatizzazioni in Italia (con Draghi presidente del Comitato per le Privatizzazioni dal 1993 al 2001). Una vera e propria svendita dell’industria pubblica italiana in mani straniere (Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Ferrarelle), condita con i soliti favori ai capitalisti italiani senza capitali (sempre il nostro Draghi, con la sua legge omonima, introdusse nel 1998 la normativa sull’OPA che consentì, guarda un po’, a Colaninno di acquisire, senza soldi, Telecom). Queste furono le privatizzazioni, regali all’establishment di monopoli di fatto, privatizzazioni, mai precedute da liberalizzazioni, gestite quasi in esclusivamente da Goldman Sachs, della quale Draghi fu vice-presidente nei primi anni del nuovo secolo.
Nel frattempo, sempre il duo Ciampi-Draghi (Ministro e Direttore Generale del Tesoro) portarono l’Italia nell’euro grazie all’eurotassa (mai completamente restituita) e a un accordo di comcambio lira/euro, per il quale, noi e le nostre aziende, stiamo ancor pagando le conseguenze.Questo è l’establishment che vorrebbe rovesciare il governo Berlusconi, con la grancassa del Times e dei cloni esteri di Repubblica, l’establishment abituato a salire al Quirinale senza aver mai preso un voto, ora vuole, nello stesso modo, anche Palazzo Chigi.
C’è un sola cosa da fare per impedirlo, fare esattemente quello che chi brama il governo tecnico non vuole: le riforme.
Riforme, riforme, riforme, non c’è più tempo per aspettare, a partire dal Dpef.
nell’intsse della stabilità dei mercati” IlFSB è presieduto dal 2006 da Mio Draghi, il Governatore della Ban d’Italia.
Chi, quindi, se non questo santuario dell’establishment previre, maprevntivare la crisi finanziaria scoppiata nell’autunno scorso? Ebee, n si conosce alcun paper oort o correct con venre morlte lanciato normalmete da cariche istituzionliuscito dalle sacre sale del FSB nel biennio precedente la crisi. Assieme a quel museo di mie in grisaglia che è la BCE, fo al luglio 2008, definivano ell’economia europea sostanzialmente immobiliare americana, un evento sotto controllo. Tuto ciò che sono riusciti a nancial Stability Forum aFinancial Stality ciorinare previsioni con l’acctezza dilla necessità di regole globali
Questi so i cosidetti organismi economici inteai che il Presidente Beloni ini suoi quotidiani sussulti antidemocatici avrebbe aaente apofato e ai quali vorrebbe dice che appunto l’establishment finanziario
Privatizzazioni dal 1993 al 2001). Una vera e propria svendita dell’ina pubblica italiana in mani stranie (Buitoni, Invernizzi, Locatelli, italiani senza capialia sua lege omonima, introdusse nel 1998 la normativa sull’OPA da un po’, a ). Queste furono le privatazioni, rei all’establishment di monopoli di fatto, privaioni mai precedute da
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