Dopo vent’anni la discussione su Mani pulite e Tangentopoli è stata di una povertà sconcertante, perché del tutto ripetitiva rispetto alle polemiche del passato.
A nostro avviso di Tangentopoli oggi si deve parlare in termini storici e non puramente giuridici o etici.
Allora non si può nascondere l’assoluta evidenza: Tangentopoli era un «sistema» ed era parte del «sistema-Italia», non una sommatoria di corruzioni individuali. Il decollo della vita politica democratica in Italia, dal 1944 in poi, si è svolto in condizioni di assoluta drammaticità: prima la guerra civile fra fascisti e antifascisti, quindi la divisione del mondo in due blocchi che poteva sfociare anche in una nuova guerra mondiale. In Italia c’era il Partito comunista più forte dell’Occidente che dalle sue origini poteva giovarsi di enormi finanziamenti sovietici ai quali si aggiungevano quelli provenienti dalle società di import/export con l’Est, quelli derivanti dalle cooperative, quelli della rendita petroliera, quelli «straordinari» derivanti da imprese private in cambio di un sostegno negli appalti e in altre iniziative economiche (su quest’ultima voce esistono gli atti di una riunione presso la direzione Pci nel 1974 di cui hanno parlato Crainz e Galli della Loggia).
Per rispondere ai finanziamenti del Pci, alle origini la Dc fu finanziata dalla Cia e dalla Confindustria, poi dal sistema delle partecipazioni statali, dall’Iri e dall’Eni dove Enrico Mattei - d’intesa con Albertino Marcora - addirittura fondò una corrente, quella della sinistra di Base. A sua volta, fino a Craxi, il Psi venne finanziato dai suoi principali alleati a seconda delle fasi politiche fondamentali cioè dal Pci nella fase frontista e poi dalla Dc attraverso il sistema delle partecipazioni statali durante il centrosinistra.
Fu Craxi che si impegnò, con tutti i rischi conseguenti, a dotare il Psi di un finanziamento autonomo con imprenditori privati e con settori delle partecipazioni statali (da un lato Eni, dall’altro l’Efim). Mentre Dc e Psi erano divisi in correnti per cui il finanziamento dei vari gruppi industriali finanziari poi riguardava sia i partiti, sia le loro correnti, il Pci si fondava sul centralismo democratico, prendeva i soldi come partito e aveva effettuato una qualche differenziazione di ruoli fra chi si occupava del finanziamento, come Greganti e come Zorzoli, e chi svolgeva l’attività politica. Piaccia o meno, la realtà è stata quella qui descritta in modo crudo; all’estero come in Italia l’attività politica richiedeva e richiede cifre molto rilevanti: manifesti, manifestazioni, migliaia di quadri a tempo pieno sul territorio, sedi, giornali, ecc.
Dagli anni ’80 in poi il calo della tensione politica ha prodotto anche operazioni rivolte all’arricchimento personale. In Italia c’era poi una triplice anomalia: uno scontro politico frontale per l’esistenza del più forte Partito comunista d’Occidente, un capitalismo privato strettamente implicato allo Stato, delle forze politiche molto strutturate e molto presenti in tutti i gangli della società, e molto costose. A mettere in crisi il sistema di Tangentopoli sono stati due elementi. Da un lato il crollo del comunismo nel 1989, dall’altro l’adesione dell’Italia a Maastricht, ad opera del governo Andreotti-De Michelis nel febbraio 1992.
Orbene a quel punto il sistema di Tangentopoli, è diventato antieconomico per le imprese. Infatti, fino ad allora i grandi gruppi industriali-finanziari-editoriali italiani, in primo luogo la Fiat, non sapevano neanche dove stavano di casa il mercato e la libera concorrenza. Invece con Maastricht furono costretti a fare i conti con la concorrenza internazionale e il sistema basato sulle tangenti è risultato anti-economico.
Ora quale è stata la «perversione» insita in Mani Pulite? La risposta è semplice. Tutti i partiti e tutti i gruppi economici erano coinvolti in Tangentopoli. Allora o il sistema veniva superato in modo concordato (ad esempio con la fine del finanziamento irregolare e con una amnistia), oppure la magistratura, come gli «angeli sterminatori» di Brummel, avrebbe dovuto colpire tutto e tutti, compreso il Pci-Pds.
Ora già l’amnistia del 1989 aveva sanato i reati commessi fino ad allora, compreso il finanziamento sovietico per il quale il Pci non è mai stato perseguito. Mani pulite ha concentrato i suoi colpi su quello che è accaduto dopo e lo ha fatto in modo assolutamente unilaterale sia dal punto di vista delle imprese, sia dal punto di vista dei partiti: ha colpito in modo totale il Psi, il Psdi, il Pli , il Pri e l’area di centrodestra della Dc, invece ha salvato sia la sinistra democristiana, sia il Pci nel suo complesso. Ciò è stato riconosciuto anche da Carlo De Benedetti: «In quell’operazione certamente il Pci è stato protetto perché sia Borrelli che D’Ambrosio volevano distruggere il sistema di potere, non tutti i partiti, non la politica» (in Marco De Milano, Eutanasia di un potere, pagina 291, Laterza).
Basti pensare che è provato – lo ricorda Di Pietro stesso - che Gardini si recò in via delle Botteghe Oscure, avendo un appuntamento con Occhetto e D’Alema e portando con sé circa un miliardo. Per questo egli e Cusani furono anche condannati per corruzione, ma non fu possibile accertare chi, del Pci-Pds, fu il «corrotto».
Di conseguenza Mani Pulite si è risolta in una sorta di «guerra civile» nella quale i tradizionali partiti democratici e anticomunisti sono stati distrutti e in Italia, nel 1994, stava per avvenire il paradosso storico che proprio il partito post-comunista fosse li per lì per prendere il potere. L’operazione fu impedita dalla discesa in campo di Berlusconi. Non a caso, da allora, egli è diventato il bersaglio di tutte le procure d’Italia, del gruppo Repubblica-L’Espresso e dei partiti di sinistra.
Va anche detto che, dopo il 1987, sia la Dc che il Psi non erano più quelli di una volta, per cui l’operazione fu favorita dalla loro involuzione. Come abbiamo visto Tangentopoli era un sistema che coinvolgeva gruppi economici, partiti, sindacati (i palazzi d’oro) e correnti di partito in quanto tali. Adesso non c’è nulla di tutto ciò: vige una parcellizzazione della corruzione che coinvolge i singoli, gli alti burocrati, i manager di singole imprese, i singoli uomini politici. È un fenomeno che coinvolge tutto e tutti (per cui il Pd non può dare nessuna lezione) ma in forme del tutto decentrate e personalizzate.
È augurabile che anche questa versione della corruzione venga sconfitta perché essa toglie efficienza al sistema ed è contraria alla democrazia perché toglie credibilità ai partiti e alle istituzioni. (il Giornale)
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