venerdì 28 dicembre 2012

Agenda vuota. Davide Giacalone

In attesa di sapere se in politica si scenda o si salga, essendo questo l’avvincente dilemma dietro cui si nascondono riflessioni e suggestioni alte o profonde (ecco un altro opposto coincidente), e neanche potendo escludere che in politica si entri o ci si butti, restando inteso che è il candidarsi l’azione più esposta a interpretazioni diverse, essendo possibile farlo senza effettivamente farlo, ecco, nel mentre si resta in tale trepidante attesa, si potrebbe anche dedicarsi a qualche cosa di serio. Come le 25 pagine firmate da Mario Monti, dedicate al programma minimalista di “cambiare l’Italia e riformare l’Europa”.

Lasciamo perdere le discordanze di genere e numero, segnalanti un copia incolla cui è adusa la letteratura accademica. E rassegniamoci a non potere proporre una disamina puntuale, il che comporterebbe riprodurre il testo e commentarlo. Mi limito a 13 punti. Con una sola premessa: a occhio, potrebbero firmarlo chiunque e potrebbero farselo scrivere tutti. Basta non essere allergici al banale. Veniamo al merito.

1. Si apre proponendo che il Parlamento europeo abbia un mandato costituente. Ottimo: sia il Parlamento a fondare gli Stati Uniti d’Europa. La questione è che taluni sono contrari, e il Parlamento medesimo ha una claudicante e vernacolare base democratica. Sicché la mera enunciazione dell’obiettivo lascia il tempo che trova. Fa tanto “europeista”, ma spiega anche perché tale europeismo è inutile.

2. All’Europa si devono chiedere politiche di “maggiore crescita”. Tale programma fa capo alle forze politiche che, in Francia si opposero a Sarkozy e in Germania si oppongono alla Merkel, farlo proprio dopo avere rivendicato il merito di avere ristipulato l’accordo con l’asse Merkel-Sarkozy è fantasioso.

3. I tedeschi, del resto, non hanno neanche tutti i torti. Osservano che la riforma del mercato del lavoro fatta dal governo tecnico italiano, quello che si supponeva (erroruccio) non dovesse cercare voti, è meno incisiva di quella fatta dal governo tedesco, che non solo i voti li cercava, come si conviene in ogni buona democrazia, ma era anche di sinistra. Segno che l’Italia rilutta assai a mettersi sulla via della competitività.

4. Chiudendo la pagina internazionale si legge che Monti annette a sé il merito di avere portato l’Italia ad avere una politica più filoeuropea e più amica degli americani. La fantasia non ha limiti, ma io ricordo un voto all’Onu che testimonia il contrario. E vedo che in India siamo rimasti da soli, ricevendo due militari prigionieri come fossero eroi. Ora che si fa?

5. Spread, è vero: 100 punti base in meno equivalgono a 20 miliardi d’interessi risparmiati. Ma il problema è: perché, in condizioni sostanzialmente immutate, prima sale, poi scende, poi risale, quindi ridiscende? Se il tasso d’interesse deriva da scelte che non sono nazionali la nostra politica è irrilevante. Ciò è capitato anche a Monti, che se mette le penne del pavone per lo spread odierno fa torto all’intelligenza sua e nostra.

6. E’ vero: la crescita è possibile solo con la finanza pubblica in ordine. Ma se tale ordine è cercato non con riforme, non con tagli, ma con aumenti fiscali, non solo non c’è crescita, ma c’è sicuro suicidio.

7. Ridurre il debito pubblico al 60% del pil, in 20 anni, è cosa giusta. Ma come? Se, ancora, la via fosse fiscale ci dissanguiamo prima. Mentre sul fronte delle dismissioni le 25 pagine sono vuote. Di un vuoto inquietante.

8. Il vuoto c’è anche in campo fiscale, perché promettere meno tasse è da comizietto domenicale, se non si spiega come (e vale per tutti), mentre supporre che la differenza possa raccogliersi presso i “grandi patrimoni” è comizietto ideologico, recessivo, aggressivo e deprimente.

9. Proclamare la “piena digitalizzazione della pubblica amministrazione” è meritorio, ma il governo Monti ha appena fatto il contrario, posponendo al 2017 la digitalizzazione dei libri di testo, nelle scuole, che si sarebbe potuta fare subito, avrebbe comportato risparmi e maggiore qualità. Tutto il capitolo istruzione parla solo di maggiori spese, niente qualità, concorrenza, mercato. Si dice, per scuola e non solo: avanti la meritocrazia, si premino i migliori. Giusto, ma non significa un accidente se non si aggiunge: i peggiori e gli inadeguati fuori. Dalle cattedre e dai banchi. La meritocrazia a senso unico è il nulla.

10. Sui rifiuti c’è scritto che vanno smaltiti in modo virtuoso, ma non come. Serve un piano nazionale, servono poteri per imporre, serve l’uso sensato dei soldi. La Tares, imposta dal governo, va in direzione opposta.

11. Su patrimonio culturale e turismo si dicono le solite menate, ma nulla di concreto. Serve apertura al mercato, chiamata dei privati, piano dei trasporti, estensione delle operatività stagionali (in Sicilia si fa il bagno a Natale!), il che comporta coerenza fiscale e diversa legge sul lavoro.

12. Capisco che anche il professore debba versare il suo obolo alla retorica anti-casta, ma quando si legge che l’indennità parlamentare non deve essere cumulabile con nessuna altra attività, prima ci si chiede cosa dovranno fare gli scrittori, ma mentre si prova a dare una risposta sorge prepotente un’altra domanda: e le pensioni (plurale) del professor Monti, già cumulate con l’indennità? E’ un terreno che non mi piace, ma lui ci si rotola.

13. Infine, prima di scrivere che “nei mesi scorsi l’Italia s’è data per la prima volta una disciplina legislativa per la lotta alla corruzione”, oltre a chiamare un addetto alle virgole, sarà il caso di dotarsi di senso del ridicolo. Perché una simile castroneria comporta l’esclusione da qualsiasi esame di diritto, di storia e di logica.

Con il che non sono affatto prevenuto nei confronti di chi sale e di chi scende, solo m’induce un certo fastidio chi pensa che tutti gli altri siano scemi.

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