domenica 13 gennaio 2013

Mafiando e occultando. Davide Giacalone

Ci sono cose che più le nascondi e più si vedono. L’11 gennaio, leggendo i giornali, lampeggiava l’occultamento di quanto era avvenuto a Palermo. Qui un mafioso, un disonorato, un assassino, uno la cui parola vale quel che vale, ovvero meno del niente che è lui, ha detto: la trattativa fra Stato e mafia c’è stata e la sinistra comunista lo sapeva. Il punto è questo: se avesse detto che la trattativa ci fu e che Mangano, lo stalliere di Arcore, ne era al corrente, ci avrebbero aperto le prime pagine. Invece ha detto che lo sapevano i comunisti. E la notizia è sparita. Dissolta nel nulla. Con tanti mafiologhi a parlare d’altro, comprese lettere anonime che sembrano scritte apposta per distrarre, tanto sono vuote e insignificanti.

Lo so: tante teste vuote non saranno neanche capaci di leggere questo articolo, perché avranno già concluso che l’ennesimo servo di Berlusconi sta difendendo il suo padrone da quel che la storia ha già dimostrato. Imbecilli, meriterebbero tutti la condanna per concorso esterno.

Questa volta la faccio breve, anche se si tratta di storia lunghissima. L’unica scuola che riconosco è quella di Giovanni Falcone: i pentiti non sono credibili, se non portano o si trovano riscontri e prove. Vale sempre e per tutti, non a seconda di chi accusano. Quando un noto pm di Palermo, ora leader politico con simbolo familiare, pendeva dalle labbra del giovin Ciancimino noi lo prendevamo in giro e dimostravamo che raccontava balle. Avevamo ragione noi.

Come è noto Falcone non fece carriera, non gli furono affidate responsabilità nazionali nella lotta alla mafia e fu isolato e sconfitto. Da chi? Da Luciano Violante ed Elena Paciotti. Di sinistra, non so se comunisti (oramai son tutti pentiti), ma entrambe magistrati ed entrambe eletti nelle liste del fu partito comunista. Alla procura di Palermo si trovava Piero Giammanco, amico dei democristiani e che la sinistra aveva appoggiato per quella nomina, preferendolo a Falcone. Giammanco si preoccupò di complicare il lavoro anche di Paolo Borsellino, fin quando una bomba lo cancellò.

Sulle bombe del 1993 ho scritto e riscritto. Abbiamo dimostrato, dapprima irrisi e solitari, che la catena che porta alla sospensione del 41 bis, quindi ad un piacere fatto ai mafiosi, parte da monsignor Curioni, capo dei cappellani carcerari e molto influente emissario del Vaticano, passa per Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica, che fa fuori Niccolò Amato, capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, e fa mettere al suo posto Alberto Capriotti, segnalato da Curioni, imponendolo ad un tremulo e inutile professor Conso, tanto bravo e buono quanto illuso d’avere deciso lui di sospendere il carcere duro ai mafiosi. Ebbene, se quella è la contropartita della trattativa, fu pagata dal governo di Carlo Azelio Ciampi, sostenuto dalla sinistra. Mi dispiace per Beppe Pisanu, ma la sua tesi non regge: o fra questi fatti c’è un nesso, e allora la trattativa coinvolse quei vertici politici, oppure non c’è, nel qual caso non c’è neanche la “tacita intesa”. Che la pratica mafiosa potesse essere liquidata con il silenzio assenso è idea troppo ridicola per essere presa in considerazione.

Siccome il pubblico ministero che rappresenta l’accusa, a Palermo, argomentava che per “sinistra”, così come da dichiarazioni rese da Brusca, deve intendersi quella democristiana, incarnata dagli imputati Nicola Mancino e Calogero Mannino, il Brusca medesimo, quello che svelò il “papello”, chiede la parola, per dichiarazioni spontanee, e afferma: 1. non sono stato io a dirlo per primo, ma Totò Riina; 2. non parliamo di sinistra democristiana, ma dei comunisti. Cioè quelli che, in quegli anni, avversavano Falcone e Borsellino, nonché appoggiavano il governo che concesse la fine del carcere duro. Quindi, gli imputati di Palermo o sono troppi o sono troppo pochi.

Cosa ne deduco? Io nulla, perché senza riscontri le parole di Brusca sono escrementi. Ma quando i giornaloni con la coscienza sensibile, quelli che hanno opinionisti davvero seri e preparati, cogitabondi cultori dell’interesse collettivo, si danno tanta cura per ammucciare le cose che accadono, ecco, ne deduco che qualcuno dovrebbe vergognarsi.
Pubblicato da Libero

6 commenti:

Anonimo ha detto...

A me continuano a schifare i giornalisti che vengono pagati da giornali a loro volta dai contributi pubblici per l'editoria... Llibero per favore ci dici quando restituirai il maltolto anche a tuoi fedlissimi non-lettori?
Giacalone quanto ti "abbiamo" pagato per questo articolo

Anonimo ha detto...

caro anonimo del 13-gennaio, giacalone a già preso tangenti quando militava nel PRI.Lui ha confessato che era il collettore di tangenti. Se leggi la sua stori non ti fai più tante domande. Prima di tangentopoli quasi lo nominavano presidente della RAI senza avere nessun merito. Con quale coraggio si confronta con i suoi figli? Nel momento che, non scriverà più sui giornali del caimano, pagati anche da noi, farà la fame.

Anonimo ha detto...

Cari anonimi
pare strano pero' che Giacalone sia stato assolto da tutti i processi tranne uno in cui tutti gli altri imputati sono stati assolti tranne lui che ha avuto la prescriziaone cui ha chiesto di rinunciare ma non gli hanno accordato questo diritto.
Di giornali in Italia che non prendono contributi uno è Pubblico e si sa che fine ha fatto dopo tre mesi, e l'altro è il Fatto che ne prende comunque di indiretti (contributi per coprire le spese di spedizione agli abbonati) e che a leggere i dati di diffusione sta per fallire, pur essendo un giornale di tre pagine che esteticamente sembra stampato col ciclostile in una bocciofila. E che comunque ha già richiesto di avere il contributo, a quanto mi risulta. Fate voi. Ah, e Libero non è di proprietà del caimano. E Giacalone non farà la fame perché è anche editorialista di radio 102.5.
Luigi.

Anonimo ha detto...

Caro Luigi informati.Giacalone: "Cosi' portavo i soldi al Pri" Una ricca consulenza con la Fininvest. Societa' con Mammi' e "pressioni" da parte di Visentini - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - MILANO . "E un piccolo ma sentito omaggio". Con sapiente noncuranza, la busta marroncina venne poggiata sul tavolo. Davide Giacalone la guardo' "con imbarazzo", ma subito si senti' rassicurato dal sorriso tranquillo del suo interlocutore, "abilissimo nel rompere il ghiaccio". Ancora due chiacchiere, "parlando di tutt' altro", una stretta di mano, e via. Comincia cosi' , in un ufficio romano alla fine dell' 87, la relazione pericolosa a base di tangenti tra Giuseppe Parrella, direttore dell' azienda di Stato per i servizi telefonici e gran collettore di mazzette, e Giacalone, allora appena ventottenne, da poco entrato nello staff del ministro delle Poste Oscar Mammi' : un ragazzo destinato a diventare il golden boy delle tv con un contratto di collaborazione da quasi mezzo miliardo in due anni per la Fininvest di Silvio Berlusconi. E Giacalone, interrogato in carcere dal Pm Paolo Ielo, a raccontare il suo primo incontro con Parrella. E a mettere a verbale molte altre cose.
corriere della sera 27-maggio 93. Prescrizione non vuol dire innocente anzi colpevole, sono scaduti i termini.

Anonimo ha detto...

Caro anonimo, informati tu.
Le chiacchiere dei giornali stanno a zero perché poi Gicalone è stato assolto in un processo e prescritto in un altro, in cui tutti gli altri imputati sono stati assolti. Lui ha chiesto di rinunciare alla prescrizione e il tribunale non l'ha ritenuto necessario.

Buona lettura

"Roma: dopo otto anni, verdetto favorevole ai 59 imputati. I legali: una perizia ha dimostrato la loro innocenza Frequenze tv, prosciolti Letta e Galliani La decisione del giudice sulle presunte tangenti: cade l' accusa per Fininvest, Telemontecarlo e Videomusic ROMA - Tutti prosciolti dopo otto anni. Si chiude con un «non luogo a procedere» l' inchiesta sull' assegnazione delle frequenze televisive avviata nel 1993 dalla magistratura romana. Ne escono indenni Gianni Letta e Adriano Galliani per la Fininvest, i dirigenti di Telemontecarlo, Videomusic e di altre emittenti locali, accusati di aver versato tangenti al collaboratore del ministero delle Poste Davide Giacalone e ad altri funzionari «affinché propri tecnici controllassero la stesura del piano di assegnazione delle frequenze»."

Accuse di versamento di tangenti anche ai dirigenti di Tmc e Videomusic. Ieri il gip Fabrizio Gentili ha deciso il proscioglimento di tutti e nei confronti di Giacalone ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di corruzione.

"Davide Giacalone - ha dichiarato il ministro Brunetta - è stato oggetto, nel 1993, di due inchieste penali, subendo anche provvedimenti cautelari. Non ha mai riconosciuto od ammesso nessuno dei reati a lui contestati. Con riferimento al primo filone di indagini (tangenti Ministero Poste), nessuna delle accuse inizialmente mosse, per i reati di corruzione e concussione, si è poi concretizzata nella richiesta di rinvio a giudizio. Per quel che riguarda il secondo filone di indagini (tangenti frequenze Tv), il dott. Giacalone è stato assolto, perché il fatto non sussiste, già al termine dell'udienza preliminare. Sentenza poi confermata e divenuta definitiva. Per queste vicende giudiziarie ha due volte chiesto e ottenuto dallo Stato il risarcimento ai sensi della legge n. 89 del 2001, c.d. "Legge Pinto".
Appare, quindi, singolare che gli interpellanti citino una pagina di Repubblica del 1993, dimenticando di verificare che nessuna delle accuse di corruzione e concussione, nei confronti di Giacalone, è stata mai neanche portata avanti dalla magistratura inquirente e che, pertanto, "favori" o altri illeciti non lo hanno mai riguardato. Ed è ancor più singolare che ancora si parli di vantaggi per questa o quella emittente televisiva, quando l'inchiesta penale ha accertato l'assoluta regolarità del lavoro svolto da Giacalone il quale, per tali accuse, è stato assolto, nel merito, perché il fatto non sussiste.
Quanto ai reati prescritti nel 2001, si precisa che non si tratta di quelli contestati nel 1993 e sopra richiamati, dato che Giacalone non è più stato accusato né di essere stato corrotto, né di avere concusso. La prescrizione a cui fanno riferimento gli interroganti riguarda, invece, una ipotesi minore, relativa alla concorrenza nel reato, successivamente formulata dalla Procura, che in tal modo sconfessava, peraltro, l'intero impianto accusatorio iniziale. Avverso la prescrizione, Giacalone fece ricorso, ma la Cassazione, saggiamente, volle chiudere senza ulteriori perdite di tempo un procedimento già lungo, nel corso del quale le accuse mosse (anche dal sostituto procuratore Antonio Di Pietro) erano tutte cadute.
In riferimento alla sentenza della Corte dei Conti, Giacalone è stato assolto in primo grado. La successiva sentenza, sfavorevole, è stata pronunciata sulla base di presupposti che la stessa Corte ha poi dovuto riconoscere essere del tutto errati. La sentenza è stata, infatti, revocata per errore di fatto: dunque una assoluzione piena all'esito del processo. Anche per questo Giacalone ha ottenuto un risarcimento per avere subito un'ingiustizia, ai sensi della legge n. 89 del 2001.

Anonimo ha detto...

AH, e prescritto non vuol dire "colpevole" ma sono scaduti i termini. Vuol dire solo "il giudice non è riuscito nel tempo a sua disposizione a stabilire se l'imputato è colpevole o innocente".
Luigi