domenica 22 settembre 2013

Indipendenza e irresponsabilità. Gianni Pardo


Si parla da decenni della riforma della magistratura e da decenni non si riforma niente. O almeno, qualche riforma si è fatta: ma a favore dei magistrati. Prima il Tribunale era composto di tre magistrati, poi è stato composto da uno solo. Con la scusa che non cambiava niente, gli altri due magistrati non leggevano le carte e si affidavano al relatore. Bel riconoscimento di grande scrupolo. Poi, dal momento che i magistrati erano infastiditi dalle cause di poca importanza, sono stati istituiti i giudici di pace. Nelle corti d’appello e di cassazione si è ridotto il numero dei componenti ogni collegio, ma forse anche qui le carte le legge solo il relatore.

Gli italiani hanno votato massicciamente un referendum per la responsabilità civile dei magistrati, ma dal momento che la norma non piaceva agli interessati ci si è limitati a non applicarla. E se proprio quel dolo o quella colpa sono marchiani, paga lo Stato. Cioè noi.

Inutile continuare. Lo stato pietoso della giustizia in Italia è certificato sia da autorità soprannazionali, sia da classifiche internazionali, e ciò benché i nostri magistrati non siano né meno numerosi né peggio pagati dei loro colleghi stranieri. Per esempio francesi. La spiegazione di questo disastro non è difficile: esso nasce dal fraintendimento fra indipendenza e irresponsabilità.

Nell’amministrazione della giustizia l’indipendenza consiste nel non essere sottoposti a direttive diverse dalla legge. L’irresponsabilità consiste invece nel non essere chiamati a rispondere dei propri errori. La differenza è fondamentale. Caligola non poteva essere chiamato a rispondere dei crimini cui l’induceva la sua follia criminale perché non era previsto nessun controllo del suo potere, salvo il tirannicidio. De Gasperi, invece, se non era riconfermato dagli elettori, doveva andarsene a casa. Caligola era irresponsabile, De Gasperi no.

Il paragonare tra Caligola e De Gasperi non è assurdo quanto potrebbe sembrare. La differenza fra i due infatti non dipende soltanto dalle qualità personali – un pazzo criminale e un grande statista – ma dalle condizioni in cui governarono. Come ha scritto Lord Acton: “Power tends to corrupt, and absolute power corrupts absolutely”. Il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe assolutamente”. Ciò significa che il dittatore non si comporta male perché è un uomo cattivo, ma diviene pressoché inevitabilmente un uomo cattivo perché è un dittatore. Infatti la frase di Lord Acton continua così: “Great men are almost always bad men", gli uomini di potere sono quasi sempre uomini cattivi.

Il potere assoluto - o la certezza dell’impunità anche dopo aver commesso un grave arbitrio - possono rendere criminale anche un uomo normale; viceversa la coscienza della possibile sanzione può limitare i peggiori istinti di un criminale. Infatti la carcerazione non ha soltanto una funzione di prevenzione generale (togliendo il colpevole dalla circolazione per qualche tempo) ma anche di prevenzione speciale: cioè la speranza che la pena, oltre ad essere retributiva, induca il reo a non commettere altri reati.

Il fatto che i giudici italiani abbiano interpretato l’indipendenza del loro ordine come una totale irresponsabilità è all’origine della pessima qualità della nostra amministrazione della giustizia. I singoli magistrati sono spesso persone di buon livello che ottengono la toga dopo avere a lungo studiato e dopo avere superato difficili esami. Ma questi esami vertono sulle conoscenze giuridiche: non garantiscono certo l’equilibrio, l’imparzialità, la resistenza morale e al limite la sanità mentale dei candidati. Soprattutto nel momento in cui sono chiamati ad esercitare un potere privo di limiti e sanzioni.

Attualmente la situazione è di totale impunità. Nessuno controlla se un magistrato perde la salute sul lavoro (e ce n’è, di questi eroi ignorati) o se batte fiacca; se continua a coltivarsi o è sicuro della sua scienza infusa; se scrive sentenze a caso, magari senza leggere tutte le carte e non tenendo conto di alcune prove, o se si macera nel dubbio. Il magistrato dispone di un’infallibilità quotidiana di cui non dispone nemmeno il Papa. Del resto, va sul sicuro. Fa carriera per semplice anzianità e, se è deferito al Csm per gravi irregolarità, può star sicuro che quell’organo di autodisciplina (che non autodisciplina niente) lo assolverà. In queste condizioni il togato che opera male dimostra soltanto di essere umano.

Purtroppo gli italiani sono abbastanza ignoranti per credere che l’indipendenza della magistratura debba consistere nell’impossibilità di sindacare il suo comportamento. E la sinistra, per interesse politico, fa di tutto per farglielo credere. Dunque non abbiamo speranze. O forse solo quella di non essere mai oggetto dell’attenzione di un pubblico ministero. Nel dubbio, proclamatevi maoisti.

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