venerdì 24 gennaio 2014

La grande retata dei pm anti Cav.


Piovono avvisi sul patto del Nazareno. Altro che atto dovuto.

Per quanto il capo della procura milanese, Edmondo Bruti Liberati, cerchi di minimizzare, l’indagine o meglio la retata della magistratura contro Silvio Berlusconi, i suoi difensori e i testimoni del suo processo per corruzione di minorenne, è di una gravità straordinaria. I giudici dei processi precedenti, per giustificare la loro scelta di condannare gli imputati senza prove e ignorando le testimonianze a discarico, in base al principio o meglio al pregiudizio secondo cui “Berlusconi è sempre colpevole, a prescindere dalle prove”, nelle sentenze hanno sostenuto che chi non corroborava le accuse lo faceva perché corrotto dalla difesa. Se si applicasse un principio di questo genere in generale, sarebbe persino inutile celebrare i processi. I testimoni sarebbero talmente intimiditi da essere costretti a collaborare con l’accusa se non vogliono incorrere in terribili guai e persino gli avvocati difensori si muoverebbero con la cautela di chi deve badare, prima che agli interessi dell’assistito, a evitare di finire nella trappola delle procure onnipotenti.

All’argomento abusato secondo cui si tratta di un “atto dovuto”, in seguito all’indicazione di un’ipotesi di reato nella motivazione delle sentenze, si potrebbe obiettare che la procura non è un flipper che risponde agli impulsi senza la possibilità di sceverare, distinguendo quelli fondati da quelli che esprimono un accanimento giudiziario piuttosto evidente. In ogni caso, anche la scelta dei tempi per annunciare le nuove indagini sembra rispondere a esigenze di tipo politico che non hanno niente a che vedere con quelle giudiziarie. Il tentativo di mettere fuori gioco definitivamente Berlusconi, prima con le sentenze e poi con l’affrettata procedura che ne ha stabilito la decadenza dal seggio parlamentare, non era riuscito appieno. Al contrario, partecipando con senso di responsabilità e inventiva al processo riformatore, Berlusconi ha confermato di esercitare un ruolo di primo piano (che peraltro gli è stato riconosciuto dal leader del partito antagonista al suo, che ha parlato di sintonia e di riconoscenza).

Questa conferma di una funzione centrale, che peraltro è stata attribuita a Berlusconi dall’elettorato, evidentemente disturba il disegno dello strapotere giudiziario, il che spiega questa specie di contrappunto che contrasta con iniziative giudiziarie di dubbia consistenza ogni passo significativo dell’evoluzione dei rapporti politici. La distruzione per via giudiziaria di una presenza politica significativa, a lungo maggioritaria e comunque competitiva, rappresenta uno scardinamento della fisiologia democratica, un fenomeno di degradazione della vita pubblica che dovrebbe essere combattuto da tutti, indipendentemente dall’immediato interesse di bottega.

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