Il peccato originale della riunificazione tedesca
Vittorio Mathieu
La Germania ha un Cancelliere dimezzato o, se preferite, un Cancelliere e mezzo. Non è una buona situazione. La “grossa coalizione” si risolve troppo facilmente in un inciucio, perché all’opposizione rimangono poche forze. E, allora, quel controllo reciproco che è il frutto più prezioso della democrazia va perduto.
Di chi la colpa? Non sembri presunzione attribuirla a Helmut Kohl. Non poteva non fare la riunificazione, ma doveva farla meglio. Così come è venuta ha indispettito tanto la Germania Est quanto la Germania Ovest. Le ragioni sono più di una, ma ne indicherò una soltanto: la finzione del cambio alla pari tra marco dell’Est e marco dell’Ovest. Finzione, perché limitazioni inevitabili furono poste al cambio effettivo, altrimenti chi avesse tesaurizzato (non era impossibile) grandi somme o crediti in marchi orientali avrebbe realizzato un enorme arricchimento illecito.
Lo scopo era non umiliare i nuovi cittadini dello Stato democratico: non fu raggiunto. Anzi, i tedeschi dell’Est persero il lavoro e la voglia di lavorare. I capitalisti dell’Ovest si impadronirono qualche volta di aziende a buon mercato, che però non riuscivano a far funzionare. La cautela contro decisioni del genere, in questioni di valuta, dovrebbe essere sistematica, a prescindere dalle singole circostanze. Quando si fissa un cambio arbitrario - o anche, per il momento, ragionevole – tra due monete, la più debole finisce col colare a picco e spesso trascina in parte anche la più forte (il caso del peso argentino e del dollaro è emblematico, ma anche quello dell’euro con la lira).
Se la moneta non è la stessa, o non si fonda su una base esterna (ad esempio aurea), il cambio o è libero, cioè affidato al mercato, o non è. Per contro le autorità monetarie presumono spesso di stabilire i cambi a loro arbitrio. Più competente era un cambiavalute della Costa d’Avorio, attivo fin verso l’ultima guerra mondiale, che era ancora in grado di cambiare i talleri di Maria Teresa. Parodiando un celebre titolo di De Musset potremmo dire: "on ne badine pas avec l’argent".
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