Oggi sul Corriere c'è un fenomenale articolo di Gianna Fregonara che racconta l'episodio grazie al quale Arturo Parisi "scoprì" le primarie americane. Seguite per bene: "Il successo di domenica non è stato improvvisato. Ha una storia lunga tredici anni e un protagonista assoluto: Arturo Parisi". Bene.
Il politologo "nel luglio 1992 si presentò a New York per assistere alle Primarie dei democratici". Eh? A luglio del 1992 le primarie democratiche erano già finite da mesi: dove diavolo andò il politologo? Continua il Corriere: "Parisi arrivò al Madison Square Garden per studiare il caso, ma nell'evento più blindato della politica americana, rimase senza badge e dunque fu gentilmente respinto all'ingresso". A parte la scena da Totò in trasferta all'estero, c'è un problema: quelle non erano le Primarie, che peraltro non sono affatto blindate, ma era la Convention nazionale del partito che si tiene a primarie concluse da tempo e a giochi fatti. Eppure continua il Corriere: "Parisi insistette e avventurosamente si procurò un biglietto di ingresso: si intufolò tra le delegazioni, ascoltò i discorsi, raccolse materiale, calcolò i tempi e i voti". Ma di che parlano? Da quando c'è un biglietto d'ingresso per le primarie. A che serve? E le delegazioni? Delegazioni di che? Era la Convention, appunto. Ancora: "E domenica sera ha potuto dire senza mentire che le primarie all'italiana quanto a partecipazione sono andate anche meglio di quelle americane". Be', se è per questo, quanto a partecipazione, anche le elezioni vere in Italia vanno meglio che in America. Ma la frase non ha alcun senso, soprattutto per un politologo che ha scoperto le primarie seppure solo tredici anni fa (e nel luogo sbagliato): c'è che in America le primarie non si tengono nello stesso giorno, ma nel corso di parecchie settimane o mesi. Negli Stati più grandi spesso si arriva a votare con i candidati già ritiratisi a causa delle sconfitte precedenti, quindi è abbastanza inutile votare (d'accordo, ammetto, è esattamente come nelle finte primarie dell'Ulivo). Straordinaria anche la notizia secondo cui, rosi dall'invidia, ora "tedeschi, francesi, spagnoli e, azzardano, persino i cinesi" arriveranno in Italia a studiare "il fenomeno primarie". I cinesi, sì i cinesi di Cina, dove la dittatura del partito unico comunista sarà rimasta molto male a scoprire che nel mondo c'è qualcuno più abile di loro a organizzare elezioni ininfluenti e con un solo concorrente.
18 ottobre
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