giovedì 29 gennaio 2009

Contro l'immigrazione clandestina non serve "la legge del Kebab". Carlo Panella

E ora tocca al Kebab: l’infinita serie di provvedimenti legati in qualche modo all’immigrazione che parlamento, comuni e istituzioni varie assumono si è arricchita di un nuovo piatto. Il provvedimento del comune di Lucca, che vieta “ristoranti di altra etnia” nell’area del centro storico, segue l’esatta impostazione di tutti i suoi predecessori: preso in sé rischia di essere demente, se fosse però inserito in un serio contesto riformatore e regolatore dell’integrazione di etnie e culture, potrebbe essere assolutamente valido. La demenza del provvedimento è evidente, là dove auspica che comunque venga inserito un qualche piatto della tradizione culinaria toscana nei menù etnici. Il solito pastrocchio da azzeccagarbugli, che banalizza e rende tragicomico un tema drammatico.

Se in Italia vi fosse una qualche traccia di una cultura urbanistica, se le nostre star mondiali dell’architettura sospendessero per un attimo l’emissione delle loro parcelle milionarie per costruire grattacieli, sarebbe chiaro il disastro che si è verificato in questi ultimi dieci anni nei centri storici del centro nord. All’inizio, appare in un quartiere, una macelleria haram, che vende carne macellata secondo la shari’a; passano pochi mesi e il macellaio affitta un seminterrato e vi apre un “centro di cultura”, in realtà, una moschea; contemporaneamente qualcuno impianta sempre nell’area di quel isolato, prima un negozio per chiamate telefoniche internazionali e infine uno sportello per l’invio di denaro - lecito e illecito - in patria.

I negozi di Kebab, intanto, sono già fioriti e strapieni. Les jeux sont faits, su queste palafitte, naturaliter, si costruisce aggregazione abitativa e sociale. E’ passato un anno dall’apertura della macelleria e quella che da mille anni era una strada di vecchi, vecchissimi residenti, è diventata un micro ghetto. Questo è avvenuto a Canneto il Lungo e in via Pré a Genova, a Porta Palazzo e a S, Silvario a Torino; a via Sarpi - con i cinesi - a Milano; in piazza Vittorio a Roma, a Parma, a Brescia, ovunque.

E’ indispensabile dunque che nel paese si sviluppi una discussione che permetta ai comuni - nella loro autonomia - di comprendere innanzitutto che la politica delle licenze commerciali è oggi fondamentale, strategica e poi di definire le linee di loro distribuzione nel contesto urbano. Se questo processo si avvierà, Lucca avrà il merito di avere spezzato il ghiaccio (ma segnalo che Alba l’ha preceduta di un anno). Se no, quel provvedimento, finirà tra le mille inutili grida che intasano i tombini delle principali piazze del nostro paese. (l'Occidentale)

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Le frasi rivolte ai lavoratori stranieri sono più o meno queste: “Sporchi immigrati. Tornate a casa vostra. Togliete lavoro a gente di qui che ne ha bisogno”. Quante volte si sentono ripetere espressioni simili, in Italia, da chi non sopporta la vista degli immigrati di un colore o di un altro. Be’, in questi giorni le stesse frasi sono state pronunciate qui in Inghilterra all’indirizzo di lavoratori italiani. Alla raffineria Lindsey Oil di Grimsby, gestita dall’azienda petrolifera francese Total, è stato assunto un gruppo di manovali italiani e portoghesi, scrive il quotidiano Daily Express di Londra, apparentemente perchè costano meno. Una legge europea lo permette. Sono ospitati da una speciale nave-albergo, con un contratto di lavoro a tempo. Ma agli operai inglesi la cosa, in piena recessione, non è andata giù: ieri hanno dichiarato sciopero e protestato piuttosto vigorosamente per la presenza degli italiani. Alcuni dei quali, o almeno presunti tali, sono ripresi in una fotografia del Daily Express mentre agitano il dito medio e fanno il gesto dell’ombrello davanti al naso degli operai inglesi. “Gli italiani lavorano male e non rispettano le norme di sicurezza”, dice un operaio inglese al quotidiano di Londra. “La nostra non è una protesta razzista, ma quei posti di lavoro spettavano a noi. E’ un’ingiustizia”.

Chiunque abbia ragione, è la prova di come i ruoli possono cambiare in fretta: in Inghilterra possiamo essere visti come i vu’cumprà che tanti di noi non sopportano in patria. Che è stato poi, quello dei poveri immigrati guardati male dai nativi, il nostro ruolo per secoli. Sarebbe bene non dimenticarcelo.

Anonimo ha detto...

...Chiunque abbia ragione, è la prova di come i ruoli possono cambiare in fretta: in Inghilterra possiamo essere visti come i vu’cumprà che tanti di noi non sopportano in patria.

Ognuno sta bene a casa proria. OK?
Anche gli Italiani cerchino lavoro in Italia, o, se fuori, dove non si creano problemi di disoccupazione ai nativi.
Rimane il fatto che i nostri non portano, tranne eccezioni, la delinquenza romena, il terrorismo islamico, l'intolleranza religiosa, le farneticanti ideologie con le quali l'ospite è il nemico da annientare. OK?
OK!

Anonimo ha detto...

con le quali >
> secondo le quali

Anonimo ha detto...

Sentendo stamattina un intervento alla radio di Walter Passerini (che parla come esperto nel campo del lavoro) sembra che gli italiani siano stati presi in quanto avevano delle competenze specifiche nel cempo dell'estrazione petrolifera (cioè sarebbero altamente specializzati), competenze (o skills per chi mastica un pò di gergo "lavoristico") che non erano state trovate tra i sudditi di sua maestà. Qualcuno sa qualcosa di più preciso al riguardo?
Qualcuno

maurom ha detto...

E' vero.
Quei nostri connazionali hanno competenze specifiche nella costruzione e manutenzione di impianti petroliferi.
Certamente non sono gli unici al mondo, ma la società per cui lavorano ha vinto una regolare gara.

Anonimo ha detto...

Rimane il fatto che i nostri non portano, tranne eccezioni, la delinquenza romena, il terrorismo islamico, l'intolleranza religiosa, le farneticanti ideologie con le quali l'ospite è il nemico da annientare. OK?
OK!


alcune piccolissime eccezioni:mafia,camorra,ndrangheta,SCU
ok?OK!

Anonimo ha detto...

Ognuno sta bene a casa proria. OK?
Anche gli Italiani cerchino lavoro in Italia, o, se fuori, dove non si creano problemi di disoccupazione ai nativi.


ma se agli italiani non piace fare lavori "umilianti" come il bracciante agricolo, la domestica, la badante ecc ecc mi spieghi la tua frase che senso ha?

thewindshadow ha detto...

se quindi si auspica una politica delle licenze commerciali che faccia ritornare gli esercizi di questo tipo in mano a italiani, allora bisognerebbe abolire anche i vari fast food e mac donald, ristoranti cinesi, giapponesi, indiani, messicani eccetera. altrimenti non c'è coerenza e quello che dovrebbe essere un tentativo di migliorare l'estetica dei centri storici passa per un atto razzista. comunque io credo che nel 2009, nell'epoca della globalizzazione, tentare di nazionalizzare i locali pubblici sia come spalare l'acqua col forcone...