mercoledì 26 agosto 2009

Che ridere la sinistra anti dittatori. Mario Cervi

Esiste, per gli italiani e per il governo italiano, un problema Gheddafi. Giusto affrontarlo, senza reticenze, nelle sedi politiche e nelle sedi giornalistiche. Purtroppo la polemica ha subito preso una brutta piega. In ossequio a una strategia - si fa per dire - tutta fondata sull’attacco a Berlusconi, l’opposizione gli rimprovera la grave colpa d’intrattenere relazioni cordiali con il colonnello libico.
Con un disinvolto «salto della quaglia» - per usare il linguaggio togliattiano - la sinistra italiana diventa paladina della più intransigente moralità internazionale: ossia d’una politica estera e d’una diplomazia che, trascurando esigenze di buon vicinato e rapporti economici di grande rilievo, siano improntate al rifiuto d’ogni contatto con gli «uomini forti».
Possiamo capire queste impennate puriste se vengono dai radicali, che in proposito hanno una tradizione nobile, e che sempre hanno anteposto l’ideale astratto - diciamo pure l’utopia - al doveroso pragmatismo di chi voglia reggere saggiamente le sorti d’un Paese. Ma quando la lezione sulle frequentazioni lecite e su quelle illecite arriva dai pulpiti della sinistra, diventa difficile trattenere l’ilarità, o l’indignazione.
Se la sono presa, da quelle parti, con i pochi dittatori di destra - Franco, Salazar, i colonnelli greci, Pinochet - ma con la numerosissima schiera delle dittature colorate di marxismo è stato ed è tutto un idillio. Da Stalin al tuttora vivente benché poco operante Fidel Castro, non c’è stato leader «rosso» che non sia stato gratificato di elogi sperticati. Un feroce despota come l’etiope Menghistu ebbe apprezzamenti. Durante gli anni in cui la Libia figurava - in prima fila - tra gli «Stati canaglia», la sinistra non si stancava di rievocare atrocità vere e presunte del colonialismo italiano. Fu perfino coniata - per legittimare questi servilismi - la distinzione tra democrazia formale e democrazia sostanziale. La prima vivacchiante in Occidente, la seconda fiorente a Est o nei Paesi africani di nuova indipendenza. Poi s’è visto chi avesse ragione. Adesso nel parterre ideologico che ammirò Ceausescu e Honecker si grida allo scandalo per Gheddafi. «Ma mi faccia il piacere» diceva Totò.
Ci sono molte buone ragioni per non tenere in nessun conto l’ipocrisia di questi sacerdoti della democrazia da nessuno consacrati. E ce ne sono moltissime a conforto della tesi di Berlusconi e dei suoi ministri: secondo cui i gesti d’amicizia verso il raís danno e daranno frutti copiosi in termini di lotta all’immigrazione, di cooperazione economica, di forniture energetiche. L’assicurarci petrolio e gas per i prossimi decenni può ben meritare, si osserva, l’invio delle Frecce Tricolori - molto richieste all’estero - per una esibizione davanti al Colonnello.
Tutto vero. Anche se Gheddafi, diciamolo con franchezza, non fa del suo meglio per agevolare il compito di chi lo ha in simpatia. Non lo fa nel frivolo, eccedendo in smargiassate teatrali; non lo fa nel molto serio, riservando accoglienze trionfali all’attentatore di Lockerbie che gli scozzesi hanno liberato. Berlusconi ha deciso, diversamente dal principe Andrea d’Inghilterra, che il programma già fissato - visita sua a Tripoli e Frecce Tricolori - debba essere onorato. La decisione gli spettava, e l’ha presa secondo coscienza. Ha chiuso, speriamo per sempre, un contenzioso che si trascinava da oltre mezzo secolo, e che i governi di sinistra non sono mai stati capaci di risolvere (e mai hanno pensato di rompere le relazioni con Gheddafi al tempo delle sue minacce antioccidentali, si accorgono di quanto sia infido solo dopo che si è convertito). Gheddafi non è né un campione di democrazia né un campione di simpatia, ma nessuno avrebbe ringraziato Berlusconi se, facendo oggi la faccia feroce, avesse domani lasciato gli italiani senza risorse energetiche. Posso a questo punto esprimere la mia perplessità per l’affermazione di Renato Farina secondo il quale, avendo l’Italia la democrazia ma anche l’aborto, avendo la Libia la dittatura ma non l’aborto, è pari e patta? (il Giornale)

32 commenti:

Anonimo ha detto...

Quando De Benedetti tramava in politica: come ha fatto fortuna

La verità, come si sa, è sempre rivoluzionaria. Pochi la cercano e molti la temono. Altri, invece, pensano di poterla «governare» a proprio uso e consumo e tra questi, da sempre, ci sono gli amici di Repubblica. Ogni tanto partono in quarta come se fossero scesi qualche minuto prima dal monte Sinai sul quale avrebbero ricevuto, di volta in volta, le tavole della verità da comunicare al mondo. E come sempre è capitato nella storia dell’Uomo, chi inveisce moralisteggiando contro tutti dimentica di avere alle sue spalle ombre lunghe e inquietanti. Ma veniamo al fatto. Chi, come il Giornale ed altri, ha cominciato a indagare sui conti di casa Agnelli e sulle probabili evasioni fiscali lo ha fatto solo perché ha raccolto le notizie da uno dei massimi esponenti di quella famiglia, la figlia dell’Avvocato signora Margherita. Apriti cielo. Il simpatico Giuseppe D’Avanzo che sa sempre tutto su tutti tranne che sul suo editore Carlo De Benedetti, ha intimato di fatto al nuovo direttore del Giornale (ma perché solo a lui?) di dire anche tutte le malefatte, vere o presunte, di Silvio Berlusconi se voleva continuare le indagini sulle evasioni fiscali, anch’esse vere o presunte, di casa Agnelli. D’Avanzo sa che noi lo stimiamo e che per tale stima seguiamo passo dopo passo le sue orme.

Se dobbiamo fare la storia di Mediaset o quella personale di Berlusconi, come chiede D’Avanzo è giusto che anche lui faccia la storia personale e politica di Carlo De Benedetti, l’editore autorevole e illuminato del gruppo Repubblica-Espresso. Se dobbiamo sposare la Verità, e noi più di altri ne siamo affascinati, volgiamo dunque lo sguardo a 360 gradi cominciando proprio da chi predica legalità e santità e cioè dall’editore di Repubblica. In questa ricerca vogliamo dare una mano al caro D’Avanzo che forse non ricorda alcune vicende della storia italiana, quelle vicende che pure tanta devastazione produssero sul sistema politico-economico italiano. Per brevità non vogliamo ricordare la vicenda del gruppo alimentare Sme che De Benedetti stava acquistando per poche lire e che Giuliano Amato, per nome e per conto di Bettino Craxi, impedì con un intervento durissimo nella commissione Bilancio della Camera dei deputati.

Vedremo tra poco come Giuliano Amato, anni dopo, si fece perdonare dall’amico Carlo. Partiamo, invece, dal progetto «politico» che Carlo De Benedetti, con l’accordo anche di Gianni Agnelli, mise a punto nei primi mesi del 1991 per cambiare gli assetti politici che l’Italia si era democraticamente dati e per portare al governo del Paese il vecchio Pci che a Rimini stava «espellendo» la sua area più dura, quella che poi assunse il nome di Rifondazione Comunista. Nel marzo del ’91 De Benedetti chiese all’allora ministro del Bilancio Cirino Pomicino se voleva «essere il suo ministro» dopo avergli spiegato le ragioni del progetto e i suoi protagonisti. Quell’offerta, tra l’altro, per come fu fatta, dimostrò la concezione «proprietaria» che De Benedetti aveva della politica e che si impose in Italia sin da quegli anni anche se, per l’eterogenesi dei fini, con altri protagonisti.

Anonimo ha detto...

Ma la vocazione proprietaria della politica di Carlo De Benedetti era sempre finalizzata a questioni economiche. E, infatti, il 28 marzo 1994 il carissimo Carlo Azeglio Ciampi quando stava per lasciare Palazzo Chigi perché gli amici sponsorizzati da De Benedetti (Occhetto e compagni) erano stati sconfitti alle elezioni un giorno prima da Berlusconi, decise il vincitore della gara d’appalto per il secondo gestore dei telefonini in Italia. Il vincitore fu naturalmente Carlo De Benedetti. Gli sconfitti, la cordata Fiat-Fininvest. Siccome «ciascun dal proprio cuor l’altrui misura» Carlo De Benedetti immaginò che il proprietario della Fininvest sconfitta, una volta arrivato a palazzo Chigi, avrebbe di fatto revocato alla Olivetti la licenza di secondo gestore della telefonia mobile. Così naturalmente non fu e il moribondo governo Ciampi, figlio dell’intrigo di palazzo, si comportò come i generali nazisti che con gli americani alle porte fuggivano bruciando le ultime carte e fece nascere la Omnitel di Carlo De Benedetti che realizzò uno dei migliori affari della sua vita. Ma all’ingegnere d’Ivrea non bastava. Il compianto Lorenzo Necci presidente delle Ferrovie di Stato, aveva concluso nel dicembre del 1993 con la Telecom pubblica di Ernesto Pascale la vendita della rete telefonica ferroviaria per 1.100 miliardi di vecchie lire.

Anonimo ha detto...

Ma Giuliano Amato, nominato alcuni mesi dopo da Silvio Berlusconi presidente dell’Antitrust, si mise di traverso suggerendo addirittura a Lorenzo Necci quale dovesse essere il destinatario della rete telefonica ferroviaria e cioè la Omnitel di Carlo De Benedetti probabilmente per farsi perdonare il suo acerrimo contrasto all’acquisto della Sme di alcuni anni prima. E così fu. Il prezzo concordato fu di 750 miliardi di lire (350 in meno del prezzo pattuito tra Stet-Telecom e Fs) e il pagamento fu rateizzato in 14 anni con rate annuali di 76 miliardi sempre di vecchie lire. Roba un po’ da ridere.

Qualche tempo dopo Omnitel-Infostrada governata a quel tempo dal duo Colaninno-De Benedetti fu venduta ai tedeschi della Mannesman per 14mila miliardi senza, naturalmente, alcuna rateizzazione. Potremmo continuare a «spigolare» qui e là a cominciare dalla scandalosa vicenda Seat-Pagine Gialle che in poco più di 30 mesi passò dalla Telecom pubblica alla società Otto e poi di nuovo alla Telecom privata con una plusvalenza di oltre 14mila miliardi. Nella cordata iniziale che si candidò a comprare la Seat dalla Telecom c’erano insieme a Comit, De Agostini, Bain Cuneo, B.C. partner, Cvc partner, Investitori associati, anche il gruppo editoriale Espresso-Repubblica, che comunque ne uscì prima che l’acquisto fosse concluso.

Resta il fatto che ben il 42% della società che acquistò la Seat e che quindi realizzò la scandalosa plusvalenza era nelle mani di azionisti sconosciuti e collocati nei paradisi fiscali. Carlo De Benedetti e il principe Caracciolo non c’erano più nella cordata ma un tarlo malizioso c’è sempre nella nostra testa. E, come dice il vecchio Andreotti, a pensar male si fa peccato ma si indovina. Ci fermiamo qui lasciando al nostro amico D’Avanzo di continuare la carrellata. Se ha difficoltà potrà sempre chiamarci, ricordandogli, in ultimo, che senza l’iniziale progetto politico di De Benedetti, Berlusconi non sarebbe mai sceso in politica.

Anonimo ha detto...

Che la sinistra faccia ridere non solo sui dittatori ma su tutto è cosa appurata da tempo

mi chiedo invece quando questa gente che si definisce di destra pro libertà e pro democrazia mandera' un bel vaffanculo ai vari dittatori compreso Gheddafi e rinuncera' in nome del petrolio a fargli continui salemelecchi

Che ridere questa politica italiana

Anonimo ha detto...

è vero che la Libia non è una democrazia, essendo un paese con tradizioni diverse da quelle occidentali.
Ma è un paese in africa dove la gente stia meglio, ha abbandonato il terrorismo ed è un paese pacifico.
Altrettanto non si può dire delle 2 democrazie per eccellenza, usa e israele.
Perciò è giusto allearci con la Libia ,come è stato giusto scusarci per i crimini italiani dando il buon esempio tra le democrazie.

Anonimo ha detto...

consiglio la lettura di quest articolo :

INVESTIMENTI E FONDI SOVRANI ECCO LA VERA PARTITA
di CARLO JEAN
LA visita romana del leader Ilibico Muammar al Gheddafi è stato dato grande rilievo protocollare, prevedendo anche un suo discorso al Senato poi dirottato a palazzo Giustiniani dopo le proteste di alcune forze politiche di opposizione. Sono state sollevate le stesse critiche del febbraio 2009, quando si conobbe il contenuto del Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione, firmato da Berlusconi e Gheddafi nell`agosto 2008 a Bengasi. Esso chiuse una fase in cui i rapporti fra Italia e Libia avevano conosciuto una serie di alti e bassi.

I periodi più tesi furono all`inizio degli anni Settanta, quando gli italiani residenti in Libia furono cacciati e le loro proprietà confiscate, e nel 1986, dopo i bombardamenti americani di Tripoli e Bengasi, quando fu lanciato un missile in prossimità di Lampedusa.

Seguirono le accuse a Gheddafi di appoggiare il terrorismo internazionale e le sanzioni imposte dall`Onu e dall`Ue nel 1992.

Le cose cambiarono nettamente nel 2003. Dopo l`attacco americano all`Iraq, Gheddafi sospettò di essere il prossimo obiettivo. Smantellò la costruzione di armi nucleari, svelando a Washington l`esistenza della rete segreta di proliferazione del pakistano Khan, ed accettando di indennizzare le vittime di taluni atti terroristici. Ne seguì una "luna di miele" con l`Occidente. Da Stato "paria" la Libia divenne un partner rispettabile, ricercato per le sue risorse energetiche, che consentivano all`Europa di diminuire la dipendenza dalla Russia.

Il Trattato con l`Italia rappresenta una novità. E l`unico in cui una potenza ex-coloniale riconosce i suoi torti e prevede un indennizzo per i daini arrecati. La "chiusura del passato" comporta per l`Italia un onere annuo di 250 milioni di dollari per 20 anni. In totale, 5 miliardi di dollari, che saranno impiegati per la costruzione di infrastrutture in Libia da parte di imprese italiane. La cooperazione riguarda il contrasto all`immigrazione clandestina (pattugliamenti marittimi congiunti e telerilevamento delle frontiere terrestri libiche, finanziato dall`Italia e dall`Ue). Si estende ai settori economico-industriale, energetico, delle piccole e medie imprese, della difesa, del disarmo, della sicurezza e della formazione di tecnici libici.

Le maggiori critiche rivolte al Trattato riguardano la mancata considerazione degli indennizzi agli italiani espulsi dalla Libia e l`assenza di una specifica tutela degli immigrati clandestini sub-sahariani ed asiatici respinti in Libia dall`Italia. Si teme che vengano lasciati in balia di loro stessi nel riattraversare il deserto. Ulteriore critica fatta al Trattato è la mancanza di garanzie contro la nazionalizzazione delle imprese petrolifere. Sono quindi prevedibili manifestazioni di protesta e di dissenso.

La Libia attraversa un periodo difficile.

Dopo la fine della guerra fredda, non può più scegliere fra l`Occidente e Mosca. La diminuzione del prezzo del petrolio pesa grandemente sulla sua economia e sull`entità degli investimenti esteri. Ma, soprattutto, sebbene Gheddafi abbia solo 67 anni, si pone il problema della successione. Il figlio maggiore, Seif al-Islam, è a favore di un programma di riforme radicali, che suscita preoccupazioni nella "vecchia guardia", che ha garantito per quarant`anni il potere del padre. Inoltre, è collegato con i Fratelli Musulmani. La sua recente dichiarazione di volersi ritirare a vita privata è interpretata come un tentativo di guadagnare il sostegno delle masse, distanziandosi da un regime ritenuto sempre più inefficiente e corrotto.

Anonimo ha detto...

La fase di transizione del post-Gheddafi potrebbe conoscere difficoltà. Esse proverrebbero dall`interno della società libica.

Non dall`esterno, dato che la Libia è lo Stato arabo che, più di ogni altro, ha debellato il terrorismo islamico.

Per l`Italia è importante contare su una Libia stabile. Importiamo da essa il 25% del nostro petrolio e poco meno del 10% del gas.

La Libia dispone di grandi risorse energetiche, non completamente sfruttate per le sanzioni a cui è stata sottoposta. Le nuove tecnologie aumenteranno la sua produzione.

Ad esempio, quella di petrolio - che oggi è poco più di 2 milioni di barili/giorno - supererà i 3 milioni nel 2015. L`Italia è il primo partner commerciale della Libia, seguita dalla Germania e dal Regno Unito. Se le aspettative riposte nel Trattato dovessero avverarsi, la nostra posizione dovrebbe ancora migliorare. Ma vi è un altro settore per il quale, la Libia è molto importante per l`Italia. E quello degli investimenti del fondo sovrano libico, che ammonta a 60-100 miliardi di dollari. Esso viene impiegato con criteri puramente economici. Non con finalità strategiche, come avviene per quelli russo e cinese.

La Libia è già presente in Eni ed Unicredit.

Sono allo studio altri investimenti, ad esempio in Telecom Italia. Potrebbe intervenire anche nella realizzazione delle grandi infrastrutture previste in Italia. In particolare, nella costruzione del Terzo Valico, la ferrovia ad alta velocità che, passando per Milano, collegherà il porto di Genova con quello di Rotterdam. Verosimilmente, Gheddafi ne parlerà anche nel suo discorso a palazzo Giustiniani, sottolineando che la Libia considera Genova la sua porta d`accesso in Europa.

Anonimo ha detto...

Ma è un paese in africa dove la gente stia meglio, ha abbandonato il terrorismo ed è un paese pacifico.

sei un criminale non solo perchè
infanghi la lingua Italiana ("dove la gente stia meglio")
ma queste puttanate valle a raccontare alle migliaia di oppositori rinchiusi nelle carceri di Tripoli e Bengasi e guardati le immagini di come è stato accolto trionfalmente il terrorista della PANAM da Gheddafi

gentaglia PUAH!!

Anonimo ha detto...

Evidentemente non hai letto l articolo qui sotto, del generale Carlo Jean.Ripeto:
la Libia è lo Stato arabo che, più di ogni altro, ha debellato il terrorismo islamico.

Questi migliaia di oppositori sono solo nella testa tua,
immenso decerebrato.

Ti voglio ricordare che Gheddafi è stato anche bombardato , mettendosi in salvo, non cosi la figlia adottiva.
Ma naturalmente , se lo fanno gli americani non è terrorismo.

Sei uno Sporcaccione filoamericano.
Vergognati.

Anonimo ha detto...

ti regalo anche questa notizia :

RIVELAZIONE DEI LIBICI: ''CRAXI SALVO' GHEDDAFI DALL'ATTACCO USA''

Craxi e Andreotti avvertirono Tripoli che gli Stati Uniti stavano per lanciare un raid contro la Libia, nell'aprile del 1986, salvando la vita al colonnello Gheddafi. Quella che finora era soltanto un'ipotesi ventilata dagli storici, ha trovato ieri conferma ufficiale a un convegno organizzato dalla Farnesina sul recente Trattato italo-libico. Grazie a due protagonisti della crisi, il senatore a vita Giulio Andreotti, allora ministro degli Esteri del secondo governo Craxi, e l'attuale capo della diplomazia libica Abdel-Rahman Shalgam, all'epoca ambasciatore a Roma.

E' stato quest'ultimo a raccontare i fatti, davanti a una platea di politici e imprenditori, e al figlio del Colonnello, Saif El-Islam. Il presidente americano Ronald Reagan decise il raid per punire Gheddafi dell'attentato alla discoteca La Belle di Berlino del 5 aprile 1986, frequentata da soldati Usa in Germania: bilancio tre morti e 250 feriti. Nella notte fra il 14 e il 15 aprile, bombardieri F-111 decollati dalle basi di Lakenheat e Upper Heyford, in Gran Bretagna, colpirono Tripoli e alcune installazioni militari, la caserma Bab el Azizia, residenza di Gheddafi, e alcuni quartieri civili. Contemporaneamente, aerei della Sesta Flotta di stanza nel Mediterraneo attaccarono una caserma e una base militare a Bengasi. Nell'attacco furono uccise una ventina di persone, fra le quali la figlia adottiva del colonnello. Ma quest'ultimo scampò alla morte: si era nascosto in un bunker perché sapeva di essere il bersaglio dell'attacco americano.

«Due giorni prima dell'aggressione», ha raccontato Shalgam, «Craxi mi mandò un amico comune italiano (quasi certamente l'allora consigliere diplomatico del presidente del Consiglio, ambasciatore Antonio Badini ndr) per dirmi: «Attenti, il 14 o il 15 aprile ci sarà un raid americano contro di voi». In quell'occasione, ha aggiunto il ministro libico, gli Stati Uniti utilizzarono la base di Lampedusa, «ma contro la volontà del governo italiano, perché Roma era contraria all'uso dei cieli e dei mari nazionali per l'aggressione».

Duro il giudizio di Andreotti. L'operazione contro la Libia, ha affermato, «è stata un'iniziativa del tutto impropria» e «un errore di carattere internazionale». Per questo il governo italiano mise in guardia Gheddafi. «Usò tutti i mezzi a sua disposizione per farlo», ha confermato l'allora responsabile Esteri del Psi Margherita Boniver. La risposta libica fu il lancio di due missili Scud su Lampedusa. «Ma contro la base americana, non certo contro l'Italia», sostiene Shalgam. Anche se sull'isola non c'erano postazioni militari americane ma una semplice stazione civile di orientamento alla navigazione, come scrisse in seguito Craxi.

Sembra passato un secolo, da allora. Gheddafi ha ripudiato il terrorismo, la Libia è stata cancellata dalla lista degli «Stati canaglia» messa a punto da Washington, il trattato di amicizia firmato il 30 agosto da Berlusconi e Gheddafi a Bengasi ha chiuso il periodo del colonialismo con reciproca soddisfazione. Al convegno di ieri il ministro degli Esteri Frattini ha confermato che l'Italia è pronta ad accogliere Gheddafi «come un amico». E ha ribadito che Roma considera la Libia «un Paese affidabile e un partner eccezionale», garantendo la ratifica «in tempi brevi» del trattato da parte del Parlamento. «Le nostre relazioni sono entrate in una fase nuova», ha confermato Saif El-Islam Gheddafi: «Oggi è possibile realizzare cose prima impensabili», come le forme di cooperazione militare previste dall'articolo 20 del Trattato.

Anonimo ha detto...

Naturalmente Craxi e Andreotti pagarono caro quel gesto.
Allo stesso modo adesso è sotto attacco berlusconi.
E tu a credere alle belle puttanate .
Brutto sporcaccione filoamericano.

Anonimo ha detto...

Craxi e Andreotti pagarono caro quel gesto.

il primo è un ladro condannato con sentenza definitiva e scappato all'estero col malloppo, l'altro colluso con la mafia fino agli anni 80

che bella combriccola ti circonda mio caro criminale


merdaccia se non ti piace l'america vai a vivere a cuba e non rompere i coglioni
grazie alla Nato e agli USA siamo ancora una una nazione libera



Il discorso pronunciato dal colonnello l'11 giugno 2009:« Gli Stati Uniti sono terroristi come Bin Laden, hanno fatto dell'Iraq un Paese islamico e le dittature non sono un problema se fanno il bene della gente » ...

« Quale differenza c'è tra l'attacco degli americani nel 1986 contro le nostre case e le azioni terroristiche di Bin Laden? » ...


Allora merda perchè non ti metti una cintura al collo e ti fai saltare in aria?

Anonimo ha detto...

Nella combriccola mettici anche Enrico Mattei , che sfidò la forza delle 7 sorelle.
Anche lui un criminale, vero ?

Mattei , Moro , Craxi Andreotti e adesso Berlusconi.
è per colpa delle persone come te che l Italia non è un paese libero ma una colonia , brutto sporcaccione filoamericano


ti dedico una poesia :

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

Anonimo ha detto...

chi ha parlato di mattei, cane?
Dove ho parlato di mattei?
Ho parlato di fatti veri e documentati: Craxi ladro e Andreotti mafioso fino agli anni 80
(basta leggere le sentenze)documentati cialtrone

Non mi dilungo su mattei:gli Usa hanno commesso molti errori e sono pieni di ipocrisia ed imperialismo (ecco perchè Bush andava a braccetto con Bush) ora l'aria è cambiata si spera con Obama

se l'Italia è un bordello fai meno il pappone e documentati

Anonimo ha detto...

A un giustizialista come te non dovrebbe sfuggire che Mattei ha eluso circa 6000 leggi e usava i partiti come taxi....

Infatti ho nominato Mattei , Moro , Craxi Andreotti e adesso Berlusconi.

In riferimento a l Eni vatti a vedere i rapporti eni-gazprom o la posizione sul conflitto in Georgia , o anche i rapporti con la libia
e mettilo in relazione con la campagna scandalistica antiberlusconiana, e antiitaliana , anche e sopratutto dei giornali stranieri .

Ahi serva Italia...

Anonimo ha detto...

mattei...prima lo elogi e poi lo infanghi

ma come cazzo sei messo col cervello, curati
vedi complotti dappertutto solo perchè i giornali del padrone si inventano puttanate ad arte e ibeoti come te abboccano,

la verità è che il porco del consiglio va a zoccole e con minorenni: questi sono fatti supportati da nastri e rivelazioni delle persone interessate (Berlusconi compreso)

i complotti che vedi tu (o meglio riporti tu dai giornali del padrone)non hanno uno straccio di prova, solo opinioni per allontanre la gente idiota come te dai problemi quotidiani

dimostra che esistono questi complotti orditi dalle 7 sorelle o da chiunque altro altrimenti stai zitto, faresti una figura migliore

Anonimo ha detto...

Mattei è stato un grande come Moro Andreotti Craxi e Berlusconi.
é stato ucciso in un attentato.
Se tu vuoi coprire questo omicidio non è colpa mia , brutto sporcaccione filoamericano.

Ecco come hanno ucciso Enrico Mattei
http://www.youtube.com/watch?v=p0ISAiAf-_A

Anonimo ha detto...

continui come è tuo solito mettermi in bocca parole che non ho scritto

Mattei l'hai tirato tu e non io,
io non ho dato nessun giudizio su mattei ma ho detto che i complotti che tirano dentro Andreotti e Craxi sono una stronzata megagalattica e riguardano due pregiudicati e non c'è nessun complotto se uno viene scoperto mentre RUBA o è colluso con la mafia

attieniti alle cose scritta PIRLA

Anonimo ha detto...

A proposito di come si vive in LIBIA da AMnesty international rappporto 2009:

La situazione dei diritti umani con il persistere di violazioni ha gettato ombre sulle migliorate relazioni diplomatiche intrattenute dalla Libia sul piano internazionale. Le libertà di espressione, associazione e riunione sono rimaste soggette a stringenti limitazioni, in un clima caratterizzato dalla repressione del dissenso e dall'essenza di ONG indipendenti a difesa dei diritti umani. Rifugiati, richiedenti asilo e migranti hanno continuato a essere detenuti a tempo indefinito e maltrattati. Almeno otto cittadini stranieri sono stati messi a morte. L'eredità delle passate violazioni dei diritti umani è rimasta inaffrontata

Repressione del dissenso
Il governo non ha tollerato critiche o dissenso e ha mantenuto leggi draconiane volte a dissuadere ogni tentativo in tal senso. Si sensi del codice penale e della legge 71 del 1972 sulla criminalizzazione dei partiti, l'espressione politica indipendente e l'associazionismo sono vietati e coloro che esercitano pacificamente i loro diritti alle libertà di espressione e di associazione possono incorrere nella pena di morte. Le autorità hanno continuato a intervenire contro chiunque affrontasse apertamente questioni tabù come la pessima situazione dei diritti umani in Libia o la leadership di Mu'ammar al-Gheddafi.

VAI IN LIBIA A VIVERE MERDACCIA!

Anonimo ha detto...

http://www.amnesty.it/Rapporto-Annuale-2009/Libia.html

Anonimo ha detto...

dimostra che esistono questi complotti orditi dalle 7 sorelle o da chiunque altro altrimenti stai zitto, faresti una figura migliore

Ecco come hanno ucciso Enrico Mattei
http://www.youtube.com/watch?v=p0ISAiAf-_A

Brutto sporcaccione filoamericano .

Anonimo ha detto...

La Libia non è una democrazia occidentale , per questo non conosce i partiti, è un paese a tradizione beduina ,impara a rispettare le tradizioni degli altri.
Cosa vuoi che importi a un beduino della democrazia dei partiti o di mettere il voto in una scheda.
Per quanto riguarda i rifugiati perchè non te la prendi con i criminali che organizzano i viaggi della morte , finto buonista.
L importante è che sia diventato uno stato , come scrive il generale jean che più di ogni altro ha debellato il terrorismo islamico.
Per capire come stanno le cose,atti a leggere anche l articolo di andrea nativi di oggi, brutto sporcaccione filoamericano

Anonimo ha detto...

Francia pronta a scipparci gli affari in Libia

La Francia non ci sta a lasciare i cieli di Libia (e non solo) all'Italia. Ecco perché a fianco della pattuglia acrobatica italiana a Tripoli voleranno due caccia francesi Rafale. Guarda caso aerei che Parigi, che neanche si è accorta della battuta infelice di Gheddafi sul terrorista di Lockerbie, vuole vendere al Colonnello.
E cancellare la visita e l'esibizione della Pattuglia dell'Aeronautica Militare sarebbe un grave errore, perché le Frecce Tricolori sono un simbolo importante di quanto di meglio l'Italia realizza. Aerei e piloti sono efficaci alfieri del made in Italy. Al punto che Parigi teme che rubino la scena ai suoi Rafale.
Roma del resto ha mille motivi per costruire un saldo legame con la Libia ed evitare che i concorrenti ne approfittino. A Parigi già si sorride per la nostra «pruderie», perché in Francia hanno ben presente cosa sia l'interesse nazionale e sono prontissimi a cercare di scalzare Roma nella corsa alla Libia, ai suoi mercati, alle sue materie prime, ad una partnership strategica. È naturale quindi che la Francia non abbia dato peso alle sparate di Gheddafi sull'«eroe-terrorista». Perché il presidente francese Sarkozy ha in ballo non solo mega contratti per fornire tecnologia nucleare civile al Colonnello, ma anche la vendita di una quantità di sistemi d'arma, dagli elicotteri da combattimento alle navi da guerra, ai cacciabombardieri Rafale. Un «pacchetto» da 3-4 miliardi di euro.
Gheddafi poi con il terrorismo ha chiuso, al punto da collaborare proficuamente con la intelligence occidentale, compresa quella britannica. Si dice sia stato proprio il servizio segreto inglese, l'MI6 a sventare il più recente attentato contro il Colonnello, commesso per la quarta volta dal Libyan Islamic Fighting Group (Lifg), un gruppo terroristico di ispirazione salafita molto legato ad Al Qaida.
E davvero si può credere che la liberazione da parte di Londra del terrorista libico sia solo umanitaria?
Gheddafi da anni è nel mirino dei terroristi islamici perché si guarda bene dal sostenere le tesi delle fazioni estremiste, guidando un regime di fatto laico e filo-occidentale. Gheddafi, che vuole preparare una successione dinastica, teme molto la presa dei fondamentalisti tra la moltitudine di giovani suggestionabili che rappresenta una parte crescente della scarsa popolazione del Paese.
Tutto l'Occidente e l'Unione Europea, stanno aiutando il Colonnello ad evitare che la Libia finisca in mano agli estremisti. E questo vuol anche dire creare un sistema di controllo delle frontiere, in particolare quella meridionale (la mega commessa dovrebbe andare a Selex Sistemi Integrati, società del gruppo italiano Finmeccanica), per non parlare della sorveglianza costiera.
Anzi, l'Italia in questo campo si muove con particolare discrezione: collaboriamo per migliorare la sicurezza interna e la sorveglianza dei confini e in questo modo, tra l'altro, si spera di ottenere la fine dei viaggi dei disperati (e dei criminali) diretti verso le nostre coste.
Roma è invece più timida per quanto riguarda il business della ricostruzione delle forze armate libiche, ridotte a poco o niente dopo lustri di embargo internazionale. Prima che Onu e Usa imponessero l'embargo, la Libia si riforniva principalmente in Russia, Cina e Italia. L'embargo è stato applicato diligentemente e ora che la Libia non fa più parte dell'Asse del Male, la Russia sta tentando di piazzare armi per 2,2 miliardi di dollari e ha anche chiesto una base navale. Della Francia abbiamo detto. L'Italia per ora ha fatto poco: elicotteri «governativi», aerei da pattugliamento marittimo, riattivazione di qualche aereo da addestramento.Ecco, la visita delle Frecce tricolori serve anche a ricordare alla Libia che oltre infrastrutture e energia realizziamo anche tecnologie per la sicurezza e la difesa di prim'ordine. Chi si aggiudica commesse in questi campi delicati è il vero partner di riferimento. Cerchiamo dunque di non aiutare i nostri numerosi avversari.

Anonimo ha detto...

Da sottolineare:

Roma del resto ha mille motivi per costruire un saldo legame con la Libia ed evitare che i concorrenti ne approfittino. A Parigi già si sorride per la nostra «pruderie», perché in Francia hanno ben presente cosa sia l'interesse nazionale e sono prontissimi a cercare di scalzare Roma nella corsa alla Libia, ai suoi mercati, alle sue materie prime, ad una partnership strategica. È naturale quindi che la Francia non abbia dato peso alle sparate di Gheddafi sull'«eroe-terrorista». Perché il presidente francese Sarkozy ha in ballo non solo mega contratti per fornire tecnologia nucleare civile al Colonnello, ma anche la vendita di una quantità di sistemi d'arma, dagli elicotteri da combattimento alle navi da guerra, ai cacciabombardieri Rafale. Un «pacchetto» da 3-4 miliardi di euro.
Gheddafi poi con il terrorismo ha chiuso, al punto da collaborare proficuamente con la intelligence occidentale, compresa quella britannica. Si dice sia stato proprio il servizio segreto inglese, l'MI6 a sventare il più recente attentato contro il Colonnello, commesso per la quarta volta dal Libyan Islamic Fighting Group (Lifg), un gruppo terroristico di ispirazione salafita molto legato ad Al Qaida.
E davvero si può credere che la liberazione da parte di Londra del terrorista libico sia solo umanitaria?
Gheddafi da anni è nel mirino dei terroristi islamici perché si guarda bene dal sostenere le tesi delle fazioni estremiste, guidando un regime di fatto laico e filo-occidentale. Gheddafi, che vuole preparare una successione dinastica, teme molto la presa dei fondamentalisti tra la moltitudine di giovani suggestionabili che rappresenta una parte crescente della scarsa popolazione del Paese.
Tutto l'Occidente e l'Unione Europea, stanno aiutando il Colonnello ad evitare che la Libia finisca in mano agli estremisti. E questo vuol anche dire creare un sistema di controllo delle frontiere, in particolare quella meridionale (la mega commessa dovrebbe andare a Selex Sistemi Integrati, società del gruppo italiano Finmeccanica), per non parlare della sorveglianza costiera.

Anonimo ha detto...

ma vaffanculo tu e il giornale del premier che siete delle
merde ipocrite,

amici degli americani e amici dei terroristi arabi

hanno bisogno del petrolio e gli leccano il culo, poi se petrolio non ce n'è li lasciano crepare di fame agli africani


baciano le mani dei prelati e poi vanno a puttane

ipocriti italiani siete la feccia del paese

Anonimo ha detto...

Tra tutti i supporter di Silvio Berlusconi quello che non delude mai è Renato "Betulla" Farina. L'ex (?) fonte a pagamento dei servizi segreti militari in questi giorni sta dando il meglio di sé per convincere i suoi lettori (de "Il Giornale) ed elettori (del Pdl) che la visita del premier in Libia, per celebrazioni del colpo di Stato del dittatore Muammar Gheddafi, è una buona cosa.

La vicenda è nota. La scorsa settimana il colonnello Gheddafi ha accolto come un eroe Abdelbaset al-Megrahi, lo 007 libico condannato in Scozia per la strage di Lockerbie. Le immagini delle manifestazioni di giubilo riservate in patria a un terrorista responsabile di 270 morti hanno suscitato imbarazzo in tutto il mondo. In Gran Bretagna, dove pure si discute di un possibile accordo commerciale segreto che starebbe dietro la decisione scozzese di liberare per motivi di salute al-Megrahi, il premier Gordon Brown si è detto «infuriato e disgustato» per l'accoglienza ricevuta dalla spia e il principe Andrea ha annullato una visita ufficiale a Tripoli. Negli Stati Uniti verrà impedito a Gheddafi di impiantare la propria tenda a Central Park. In Italia l'opposizione è insorta e anche nel centro-destra vi sono parecchi mal di pancia.

Per giustificare il viaggio di Berlusconi, la Farnesina e il governo ricorrono così alla realpolitik: spiegano che il petrolio e il gas sono importanti; che la Libia è essenziale per arginare le ondate di migranti; che l'elenco delle attività economiche libiche in Italia e di quelle italiane in Libia è particolarmente corposo.

Fin qui tutto normale. Ciascuno di questi argomenti può essere condiviso o respinto a seconda dei punti di vista. Certo, si potrebbe ricordare che proprio Berlusconi il 5 dicembre del 2003, in un'intervista al New York Times, aveva teorizzato l'uso della della forza per convincere i dittatori a venire a più miti consigli. E ci si potrebbe persino rallegrare del fatto che oggi abbia abbandonato l'idea di fare la guerra per «esportare la democrazia», anche se tra un premier guerrafondaio e un premier zerbino esiste senz'altro una via di mezzo.

Meno normali sono invece gli argomenti messi sul tavolo da Farina. Betulla, a chi protesta dicendo che non si fanno accordi con i paesi che non rispettano i diritti umani, risponde per iscritto sostenendo che in fondo «nella partita dell'orrore» Italia e Libia sono alla pari. Infatti: «La Libia considera l’aborto un crimine e non lo legalizza. L’Italia invece lo consente. Autorizza una strage, nega i diritti umani di un bambino nascituro».

Poi, a voce, aggiunge al suo ragionamento un carico da 90. Anzi un'inquietante rivelazione. Quando su Skynews gli chiedono se sarebbe egualmente favorevole ai buoni rapporti con Gheddafi se i libici oltre ad aver ammazzato quasi 300 persone in Scozia, avessero fatto altrettanto in Italia, lui spiega che la questione non si pone visto che per Lockerbie, Gheddafi è senz'altro innocente. Dice Farina: «In molte cancellerie occidentali si sa che quella strage è di responsabilità dell'Iran». Il fatto che al-Megrahi sia stato condannato per lui non conta. E non conta nemmeno che la Libia abbia risarcito con centinaia di milioni di dollari le famiglie delle vittime, ammettendo così di fatto la propria responsabilità. Risponde Farina: «Tripoli era sotto ricatto (cioè temeva rappresaglie ndr)».

Ovviamente Betulla, da vero venditore di cammelli, non cita nemmeno un dato o un elemento di fatto che possa corroborare le sue tesi. E così la sua uscita lascia spalancata la porta a un interrogativo, questo sì, decisamente inquietante: ma se nel Sismi c'era qualcuno (il vecchio vertice scelto da Berlusconi) disposto a pagare le informazioni ricevute da una fonte del genere, siamo davvero sicuri che i gli 007 nostrani siano ancora in grado di garantire la sicurezza del Paese?

Anonimo ha detto...

L unico ipocrita sei tu , brutto sporcaccione filoamericano.
Quest ultimo articolo dovrebbe essere di travaglio.
se è così beccati questo :

Il mio rapporto col collega Marco Travaglio inizia quando gli spedii il mio libro “Perché ci Odiano” (Rizzoli BUR 2006) sul grande terrorismo di USA, GB, Israele e Russia. Lo feci perché eravamo autori nella stessa collana, la Futuro Passato della BUR, e convinto di fargli cosa gradita, visto che il mio libro era soggetto a una censura feroce da parte di tutti i media. A pensarci oggi mi vien da ridere: Marco è un appassionato pro-sionista, un fan di Israele che non perdona gli arabi, e chi ha letto il mio libro sta ridendo con me.

Seguì poi un secondo contatto con lui, che trovate qui sotto, uno scambio di mail molto sanguigno da entrambe le parti, ma che finì con l’ira di Travaglio al punto da sbattere il sottoscritto nella sua cartella spam.
In ogni caso, a parte gli screzi personali, il mio vero scontro con Marco Travaglio rientra nella mia critica all’ipocrisia, all’inutilità e alla dannosità dei ‘nuovi paladini’ dell’antisistema italiano.
Ho divulgato due pezzi su Travaglio: la prima fu una 'lettera aperta' [si veda anche la breve replica di Travaglio commentata a sua volta da Barnard N.d.r.] a lui diretta, sul pericolo della fama, cioè dello Stardom, dell’essere osannato come Guru, Vate. Era una riflessione, assolutamente essenziale, sui meccanismi con i quali il Sistema perfidamente ingloba i personaggi dell’Antisistema (lui e altri) attraverso l’uso del subdolo strumento della fama mediatica, che li risucchia nel circo dei VIP e nei suoi meccanismi travianti, annullandoli di fatto. Avvisavo Marco, lo invitavo a riflettere, e con lui i suoi compagni di Stardom.

Le email

Qualche giorno fa a Parma, durante una serata sul mio libro, una signora nel pubblico mi ha chiesto cosa pensassi della sopravvivenza di Report in RAI negli anni del Berlusca. Me lo chiedono da anni, me lo chiedevano sempre quando stavo a Report. Le ho risposto “Lo chieda a Travaglio, ne sa più di me” e le ho dato la tua mail.
La tizia mi ha girato oggi la tua risposta, e cioè che la Gaba è lì per puri meriti professionali perché ogni tanto qualcuno ci scappa.
Sai cosa mi è venuto in mente? Il famoso “ritrovamento” dei documenti di Mohammed Atta fra le rovine delle Torri Gemelle. Stessa plausibilità. Se è plausibile che Report stia 4 anni in prima serata lungo tutto l’olocausto berluscon/gasparriano, allora è anche plausibile che i documenti di Atta siano sopravvissuti appena bruciacchiati all’olocausto che ha disintegrato tonnellate di acciaio a NY.
Sai meglio di me che non sempre si hanno le prove dei fatti che osserviamo, ma per fortuna esiste l’intelligenza. Nel caso della Gaba è meglio un No Comment, se no uno che ha scritto quello che hai scritto tu sul vampirismo televisivo ci perde la faccia. I vampiri non si distraggono per 4 anni sulla prima serata, non si fanno sfuggire le Gabanelli e le sue inchieste dai buchi del mantello.
Un’ultima cosa. In “Inciucio” tu scrivi: “Report… già nel mirino delle polemiche e delle denunce per le puntate sul terrorismo filo USA in Sud America…”. Quali denunce e polemiche? Quell’inchiesta come sai è mia e ti assicuro che passò nel silenzio più blindato, non si mosse una foglia. Chi ti ha informato su questo punto? Grazie,
Paolo Barnard
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Travaglio 12 Dec 2006, dopo pochi minuti:

mah, francamente non capisco queste domande. le polemiche erano su tutti i giornali.
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Anonimo ha detto...

Barnard:

Convenient…

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Travaglio:

vabbè, chiudiamola qui, perchè la conversazione si fa kafkiana
mt
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Barnard:

Non c’è nulla di kafkiano, tu non rispondi, tu come tutti, per supponenza, disonestà intellettuale, ma soprattutto maleducazione.
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Travaglio:

bene, sta a vedere che il maleducato sono io. continui a insinuare cose strane sulla gabanelli senza venire al punto, oppure pretendi che io mi schieri contro una collega brava e coiraggiosa per misteriosi motivi. non mi piace questo tuo modo di faree ti prego, d’ora in poi, di lasciarmi in pace. ho di meglio da fare.
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Barnard:

Ho scritto, in semplice italiano, che sulla ‘libertà’ di Report, su cui tu ti spendi pubblicamente, sarebbe prudente un no comment, e ho motivato la cosa con la semplice logica del tuo stesso lavoro. Non ho fatto alcuna insinuazione, né pretendo da te schieramenti, ho solo avanzato una logica speculativa, su cui avrei voluto discutere con te alla pari. Ho usato parole cortesi cui tu hai risposto con monosillabi maleducati e sarcastici nella scarsissima attenzione che dedichi a un collega che ti pone una questione. Sei troppo famoso e già si sente. Diventate così tutti. Spiace a questo punto offrirti un paragone, ma Noam Chomsky o John Pilger, al cui confronto io e te siamo intellettuali di cartapesta, rispondono da anni a ogni mia questione con cortesia a considerazione, anche quando siamo in grave disaccordo. Ti lascio in pace star.
Barnard
___________________________________Travaglio:
la star, caro il mio bel cafone, non c’entra nulla. rispondo sempre a tutte le mail. ma mi stufo di rispondere a chi vuole sentirsi rispondere quel che vuole lui. IO LA GABANELLI LA STIMO COME GIORNALISTA LIBERA E CAPACE: CHIARO? PUNTO E BASTA. passo e chiudo.
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Barnard:
E’ una piccolezza, ma la tua abilità nel sovvertire il vero, nel mutare la vittima in carnefice, è pari, qualitativamente e non quantitativamente, a quella di tutti gli orridi personaggi che trafiggi nei tuoi libri. Sei fatto così, così sono stati tutti i grandi censori.
Infine: comprendo perché hai così accuratamente evitato di rispondere alla mia mail sulla feroce censura di chi espone i crimini di Israele. Anche in quel caso la vittima è dipinta come il carnefice, roba che fa per te evidentemente.
Un abbraccio, e senza ironia.
B
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Travaglio:

ecco, dimenticavo di dirtelo: io sono anche appassionatamente filoisraeliano. ora vorrei lavorare in pace
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Barnard:

Sei filoisraeliano. Era sarcasmo o per davvero? B.
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Travaglio:

lo sono per davvero. da sempre. e ne sono fiero.
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Anonimo ha detto...

Barnard:

Marco, ridiamoci su. Io che ti scrivo e che ti mando il mio libro perché è censuratissimo. Tu che tutto gentile mi dici “prego, fai pure, grazie!”. Poi mi immagino la tua faccia quando lo hai ricevuto…
Che divertente sta roba. In ogni caso se sei filoisraeliano o sei ignorante di storia mediorientale o sei emotivamente ricattato oppure sei un uomo senza pietà. Notte,
B.
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Travaglio:

io sono filoisraeliano per convinzione, perchè adoro israele e gli ebrei, perchè ci sono stato e ho visto di che cosa sono capaci gli arabi, perchè conosco la storia, perchè ho imparato la pietà studiando i campi di concentramento, perchè rifuggo dai ricatti emotivi e amo le democrazie per quanto imperfette ma sempre migliori delle tirannie corrotte arabo-musulmane. ma sono curioso di sentire tutte le campane e dunque leggo anche chi non la pensa come me. non vedo che ci sia di strano.
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Barnard:

No Marco, la tua pietà imparata studiando i campi di concentramento è cartavelina. Chi veramente conosce la pietà per un martirio, non la nega di fronte all’altro martirio.
Tu non sai nulla di Palestina e non hai visto nulla laggiù. Appari, e probabilmente sei, un cronista ben tenuto che non sa quello che dice. Sei troppo giovane, troppo famoso e troppo incosciente per poterti permettere di calpestare l’orrore patito da chi non ha mai conosciuto neppure un quarto d’ora della tua pasciuta vita. Siete tutti così, tu, Lerner, Teodori, Mieli, quelli che pontificano sulla barbarie dei negri mentre finiscono il carpaccetto all’aceto balsamico a Milano. Il mio libro ha una dedica a quelli come te. Te la riproduco qui sotto, ne hai bisogno.
“… e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno…”
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Travaglio:

Bene, signor Sotuttoio, adesso la mia pazienza ha un limite e non intendo farmi insultare oltre. ti sarei grato se la smettessi di importunarmi.in ogni caso, non risponderò più.
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Barnard:

Quelli della Pietas selettiva, dalla Moratti a te.. passando per tutti quei personaggi che, se mai messi in discussione 5 secondi, reagiscono come te: “lei mi insulta!”, da Dell’Utri a Cuffaro. Sei bravo a sputtanarli nei tuoi libri, li conosci bene, perché tu sei loro e loro sono te, arroganti, mistificatori di dialoghi, sovvertitori di ruoli, sprezzanti e ciechi di successo. “Verrà un giorno” Marco… e capirai cos’è la pietas senza condizioni. Arriva per tutti.
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Travaglio:

si, verrà un giorno in cui ti vergognerai di questi insulti. nell’attesa, ti comunico che sei entrato ufficialmente nella mia posta indesiderata. bye bye

Anonimo ha detto...

LETTERA APERTA A MARCO TRAVAGLIO SULLA LIBERTA’.

Caro Travaglio, io ho le prove che tu non sei libero. Non mi dilungo, te le espongo in breve e ti assicuro che non sto parlando del fatto che, ad esempio, tu ti rifiuti di parlare di temi come il Signoraggio bancario, nonostante esso sia una piaga aberrante artificiosamente inflitta alla vita di ogni singolo italiano, che ne paga un prezzo altissimo.
No, Marco, parlo di altro. Tu non sei libero perché tu oggi sei una Star; perché sei in prima serata TV ogni settimana e proprio nel luogo dove secondo te “…chi non ha il guinzaglio in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell’altro un suo guinzaglio ce l’ha”; perché sei lì anche tu, col trucco di scena, con i riflettori sparati su di te, col megaschermo dietro le spalle che amplifica il tuo verbo; perché giri l’Italia fra il tripudio dei fans club, che ti adorano; perché sei un’Icona. Tutto questo è Potere, è meravigliosamente forte, è oppio. Una volta assaporato, non se ne può più fare a meno. E allora Marco, quando dovesse capitarti di scorgere qualcosa che non va, e proprio nelle strutture che ti garantiscono quel Potere, quell’inebriante vivere, quel tuo oppio, e intendo una stortura, magari proprio del marcio, un’omertà, o la negazione di un qualsiasi principio morale o di un diritto, tu che faresti Marco? Lo denunceresti? Spareresti cioè un siluro alla base stessa delle fonti della tua inebriante fama? Li manderesti a gambe all’aria assieme a gran parte del tuo status di celebrity? Cioè svergogneresti e denunceresti chi ti trasmette e il loro megaschermo? Chi ti pubblica ogni parola senza fiatare? Chi ti amplifica nelle piazze dei centomila? Chi ti fornisce il tuo oppio? Oppure chiuderesti un occhio? E magari anche tutti e due? Perché lo sai bene come reagirebbero alla tua denuncia: sarebbe rancore, veleno, isolamento per te, cellulari che non ti rispondono più, inviti che non ti arrivano più, amici che, ops, non ci sono più, il tuo volto che scompare dagli schermi e dalla memoria.

Te lo dico io, caro Marco: tu li chiuderai gli occhi. E sai perché? Perché una volta assaporata la fama, lo stradom, e cioè il Potere, non se ne può più fare a meno. Dall’oppio non ci si stacca, dal Potere neppure. Tu non torni Guarino, Staiano, Ferrieri, e cioè uno per cui la TV è un oggetto del salotto, spenta più spesso che no, e non un palcoscenico fondamentale. Tu non torni uno da serate con 23 spettatori a chiacchierare pacatamente di un libro da 2000 copie se va bene, forse due autografi alla coppia di pensionati all’uscita. Tu non potresti più oggi vederti oscurato a 360 gradi e sepolto nella dimenticanza del grande pubblico. Non ce la faresti. E allora ti chiuderai gli occhi all’occorrenza, eccome che li chiuderai, e non sei più libero.

Anonimo ha detto...

Io non so se ti è già capitato di abdicare così alla tua libertà e alla missione di libero informatore; forse sì, forse non ancora. Ma ti porto un esempio dove questo è già accaduto, accaduto a una persona a te vicina, che tu stimi, a un’altra ‘paladina’ della libera informazione a mezzo stardom: Milena Gabanelli. Come te lanciata da quell’emittente pubblica dove, secondo le tue stesse parole, “ci può essere qualcuno che ha il guinzaglio ed è pure bravo, è difficile, ma non è escluso; la regola è comunque che ciascuno deve essere controllabile e ciascuno deve essere prevedibile, ciascuno deve avere qualcuno che garantisce per lui altrimenti sulla base delle proprie forze e delle proprie gambe lì dentro non ci si entra”. Come te adorata, presente sulle riviste patinate, premi a profusione, fama, tanta… oppio. Ebbene quando nel 2004 Milena Gabanelli si trovò a dover scegliere fra l’adesione al principio sacro della difesa della libertà di informazione, con i rischi tremendi che essa comportava per la sua fulgida carriera, o la difesa di quest’ultima, ella chiuse entrambi gli occhi, senza esitazione, né rimorso, né patema alcuno. E gettò alle ortiche la sua missione di ‘paladina’ del coraggio televisivo, per assecondare proprio le fonti del suo Potere, della sua celebrità, del suo oppio. In collusione con l’editore RAI, partecipò a uno dei peggori casi di Censura Legale che si ricordi, e ancora oggi vi partecipa, ovvero un colpo al cuore della libertà d’informazione in questo Paese. Proprio lei.

Concludo Marco. Con dei nomi e tre domande.

Ivan Illich, Noam Chomsky, Howard Zinn, John Pilger, Rachel Corrie… Giovanni Ruggeri, Giorgio Ambrosoli, Corrado Staiano, Ilaria Alpi, Peppino Impastato… Li hai mai visti in prima serata RAI, CBS o FOX, ogni giovedì, tutto l’anno, primo piano, trucco di scena, megaschermo alle spalle?
Sono mai sopravvissuti per 20 anni in RAI, CBS o FOX, scalando i gradini della carriera per poi posizionarsi in prima serata sei mesi all’anno, pubblicità e inserzionisti al seguito, editoriali su riviste di prestigio?
Hanno mai tuonato dalle piazze di Roma, New York o Los Angeles, al culmine di tourné teatrali con biglietti prezzati alla Rolling Stones, e fulmineamente impacchettate in Dvd, libri, compilations, pronta vendita su carta di credito?
Sono mai stati tutto questo, Ivan Illich, Noam Chomsky, Howard Zinn, John Pilger, Rachel Corrie, Giovanni Ruggeri, Giorgio Ambrosoli, Corrado Staiano, Ilaria Alpi, Peppino Impastato?

No.

Il coraggio di chi è veramente libero porta altrove, lo si trova altrove, mai lì dove sei tu. Pensaci Marco.

Cordialmente,

Paolo Barnard

Anonimo ha detto...

L unico ipocrita sei tu , brutto sporcaccione filoamericano.

che coglione