Se il vertice di Copenhagen sul cambiamento climatico si conclude senza un accordo globale e definitivo, sarà la seconda volta in poche settimane che un summit internazionale delle Nazioni Unite non riesce ad andare oltre a una dichiarazione politica di intenti. Così è stato infatti del vertice FAO sulla sicurezza alimentare svoltosi a Roma dal 16 al 18 novembre che non ha prodotto nulla di propositivo per combattere la fame, ma in compenso è servito da palcoscenico ai leader di alcuni paesi che, come al solito, si sono avvicendati accusando l’Occidente di affamare il resto del mondo.
Però a Copenhagen, al contrario che a Roma, si discute e si cercano soluzioni a un problema che a quanto pare neanche esiste perché è stato inventato spacciando per previsioni delle proiezioni e delle simulazioni e falsificando e omettendo dati, come risulta dalla corrispondenza via e mail del Centro di ricerca sul clima dell’università britannica dell’East Anglia. Magari la Terra non si sta riscaldando; se e come cambierà il clima nei prossimi anni è imprevedibile, dipende essenzialmente da fattori naturali come l’attività solare; un aumento della temperatura porta benefici oltre che danni e comunque l’umanità ha migliorato costantemente la propria capacità di far fronte ai capricci della natura; oggi, come in passato, i fattori antropici hanno una rilevanza infima sul clima: queste sono affermazioni di scienziati che sempre più numerosi contestano i dati, le teorie e le previsioni degli esperti dell’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Changeil creato nel 1988 dalle Nazioni Unite.
“Signor Presidente, sul clima ha torto”: così iniziava, ad esempio, una lettera aperta indirizzata al presidente degli Stati Uniti Barack Obama firmata da 114 scienziati, alcuni dei quali premi Nobel, e pubblicata lo scorso aprile a pagamento sul New York Times. “Noi sottoscritti scienziati – si legge nella lettera – confermiamo che l’allarme sui cambiamenti climatici è grossolanamente esagerato. Con tutto il rispetto, Signor Presidente, non è vero; la sua descrizione dei fatti scientifici riguardo ai cambiamenti climatici e il livello di informazione del dibattito scientifico è semplicemente non corretta”.
Eppure nei giorni scorsi, come se niente fosse, a Copenhagen si è detto che l’aumento della temperatura deve essere contenuto con opportuni provvedimenti entro i due gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali o sarà la catastrofe, che bisogna perciò ridurre le emissioni di CO2 (rimandando ai prossimi mesi la stesura di un protocollo più dettagliato) e che i paesi più industrializzati e da più tempo sono i principali colpevoli del global warming e quindi devono risarcire quelli poveri, ingiustamente vittime di un problema che non hanno contribuito a creare.
Nella bozza della risoluzione finale si annuncia un primo stanziamento di 10 miliardi all’anno tra il 2010 e il 2012. L’importo salirà a 50 miliardi l’anno dal 2013 al 2015 e a 100 nel quinquennio successivo, con un contributo di 100 miliardi dagli Stati Uniti. Ma si tratta di cifre nettamente inferiori a quelle richieste: l’Africa da sola reclama circa 60 miliardi di dollari all’anno a partire da ora, denunciando danni da riscaldamento globale già ingenti.
Il presupposto dal quale sono partiti i rappresentanti dei 193 stati presenti al summit, quindi, è che il global warming sia senza dubbio un fenomeno reale e causato dall’uomo: checchè ne dicano scienziati e premi Nobel. I leader africani ricavano dal global warming nuovi finanziamenti e un nuovo argomento per dirottare sull’Occidente la collera dei loro connazionali in realtà ridotti in miseria dalla corruzione e dal malgoverno.
Personaggi come il presidente venezuelano Hugo Chavez e quello boliviano Evo Morales trovano nel global warming un pretesto per una nuova campagna d’avversione all’Occidente. A Copenhagen Chavez ha accusato i paesi industrializzati di distruggere il pianeta: “Viviamo sotto una dittatura imperiale – ha detto – ci sono paesi che si credono superiori a noi del Sud, del Terzo Mondo”. Morales ha esortato a cambiare il sistema capitalista, responsabile del cambiamento climatico, e ha proposto la creazione di un tribunale internazionale di giustizia climatica sotto l’egida dell’ONU. Resta incomprensibile che il presidente americano Barack Obama, il premier britannico Gordon Brown o il presidente francese Nicolas Sarkozy si comportino anche loro come se davvero restassero – per usare le parole del delegato dell’organizzazione ambientalista Greenpeace – “ormai solo poche ore per decidere o per essere ricordati come coloro che consegnarono il mondo al caos”. (l'Occidentale)
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