Con un bizzarro articolo sulla Stampa , Carlo Federico Grosso, ha spostato avanti l’asticella dell’antiberlusconismo con acrobazie da circo. Grosso è professore di diritto, fu vicesindaco di Torino eletto nelle liste del Pci negli anni '80 e vicepresidente del Csm negli anni '90. È anche autorevole commentatore giuridico del quotidiano degli Agnelli sforzandosi di essere equilibrato, anche se le sue posizioni sono note. Ieri,però,è uscito dal seminato commentando l’esposto della Fininvest - e della sua presidente, Marina Berlusconi - sulla sentenza d’appello che ha condannato l’azienda a risarcire 564 milioni alla Cir di Carlo De Benedetti.
L’esposto,fatto al Guardasigilli e al procuratore generale della Cassazione, segnala una ( pretesa) situazione inaudita: i giudici d’appello milanesi hanno fondato la stratosferica condanna su un precedente (una sentenza di Cassazione) che in realtà direbbe l’opposto di quello che la corte di Milano gli fa dire. Secondo Fininvest, la sentenza sarebbe stata mutilata, citando la sola parte che dà torto all’azienda e tacendo quella che l’avrebbe assolta. Errore in buona fede o truffa giudiziaria? A ogni buon conto, essendoci in ballo l’equivalente di 1200 appartamenti, Marina ha spedito le carte ai due titolari dell’azione disciplinare contro magistrati incapaci o infedeli. Questa mossa, così naturale in chi vuole salvaguardare i propri diritti, suscita invece maliziose interpretazioni nel prof. Grosso. Il ragionamento professorale è questo. Se davvero la sentenza di condanna è viziata da un errore - ma Grosso dice di non poterci credere- la Cassazione, cui la Fininvest ha già ricorso, annullerà certamente il giudizio di Appello.
Che bisogno c’è allora di fare anche l’esposto al Guardasigilli? Non è che per questa via- e qui emerge la capziosità dell’illustre docente la presidente di Fininvest vuole «intimidire » proprio la Cassazione che dovrà mettere la parola fine alla vertenza? Grosso rovescia la frittata. Marina si sente vittima dei giudici che l’hanno condannata al pagamento di mezzo miliardo e lui la trasforma in oppressore dei medesimi. Le contesta pure il normale diritto alla difesa facendo passare un esposto secondo legge per un atto sporco - l’intimidazione - se non addirittura per un reato da accertare in sede penale tipo mobbing o stalking giudiziario.Se c’è di mezzo il Cav,la famiglia, le sue aziende, anche il diritto a difendersi può essere irriso. Tanto lui è ricco, colpevole a prescindere, laido e bavoso.
Così gli tagliano dieci testimoni nel processo Mills lasciandolo senza testi a discarico; tentano di allungare i termini del procedimento facendo decorrere il reato di corruzione, non dall’incasso della tangente,ma dal momento in cui il denaro è speso; gli respingono regolarmente le eccezioni; lasciano che a presiedere i suoi processi siano giudici chehanno ampiamente dimostrato la loro prevenzione umana e politica verso l’orrido brianzolo. Insomma bastonano senza pudore il Cav, tanto lui sa perché. Torniamo al sospettoso professore di Torino.Egli lancia l’accusa di intimidazione, ma non chiarisce come un esposto contro i giudici di appello possa intimidire quelli di Cassazione. Che c’entrano loro con i colleghi di Milano? L’iniziativa è semmai un atto di sfiducia verso i milanesi e segnala una loro eventuale mancanza.
La Cassazione neanche è sfiorata. Se ammettessimo- come sembra curiosamente credere l’esimio docente - che ogni azione contro il giudice di merito sia un attacco alla serenità della Suprema Corte, cadremmo in diversi paradossi antigiuridici. Il maggiore dei quali è che anche le normali impugnazioni delle sentenze (che sono atti di sfiducia verso i giudici che le hanno pronunciate) da sottoporre alla Cassazione sarebbero intimidazioni contro la medesima. Tanto per dire dove porta il malanimo preconcetto. Grosso, infine, critica Marina che si è precipitata a fare l’esposto senza attendere, girandosi i pollici, la pronuncia della Corte romana. Quasi una mancanza di signorilità, anzi- come allude - un attacco alle toghe. L’articolista sembra dimenticare che il danno patrimoniale della Fininvest è in atto e che a godere i 564 milioni è oggi la Cir.
In simili circostanze, se ti senti vittima di un’ingiustizia, non aspetti i tempi lunghi della Cassazione ma fili più di un leprotto. È il sacrosanto diritto alla difesa, avvocato. Concludo con un’osservazione. Grosso è il legale del Gruppo Espresso, di proprietà di De Benedetti, patron della Cir e parte in causa nella faccenda dei 564 milioni. Era il caso - lo chiedo anche alla Stampa - che fosse lui a intervenire su una faccenda del proprio cliente per dare addosso al suo avversario? (il Giornale)
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