giovedì 8 marzo 2012

Bondi: Pdl unico movimento politico ad aver avuto un cambiamento generazionale

Abbiamo una massa di problemi da affrontare, in uno spirito di riflessione (di scavo, di ricerca, di proposta, di comunione d’intenti, che è l’anima della buona politica).

Verso la politica c’è in questo momento il massimo di sfiducia, ma la politica resta indispensabile per costruire la vita in società secondo principi di democrazia e secondo ideali di libertà.

Come possiamo riacquistare la fiducia dei cittadini?

Io credo che potremo riconquistare la fiducia dicendo la verità, su noi stessi e sull’Italia.

Solo il linguaggio della verità può riavvicinare i cittadini alla politica e solo dicendo la verità su noi stessi e sull’Italia possiamo sperare di ricoprire ancora un ruolo positivo nella storia nel nostro Paese.

Dobbiamo essere capaci, come ci ha ricordato recentemente un illustre studioso, di una analisi approfondita della vicenda del nostro Paese, di una radiografia dei suoi problemi, dei suoi vizi e delle sue virtù.

Qual è il nostro giudizio sulla crisi che stiamo attraversando, sullo stato dell’Europa e infine sulla nostra identità, cioè sul tipo di società che vogliamo contribuire a realizzare?

Innanzitutto è necessaria una premessa: quella che chiamiamo crisi è in realtà un mutamento, una trasformazione a livello mondiale dell’economia e dei rapporti sociali, che comporta una ridefinizione del ruolo dello Stato.

Questa crisi, cioè questa trasformazione, mette in discussione tutte le nostre certezze e le conquiste sociali e civili che, soprattutto in Europa, sono state possibili grazie all’opera e all’incontro delle grandi tradizioni politiche: da quella socialista democratica a quello cattolico liberale.

Il dato più evidente è che questa crisi si accompagna all’impotenza della politica e di conseguenza alla sfiducia nella democrazia.

Questo dato è più lampante in Italia, ma si verifica in tutte le democrazie.

Oltretutto, il sistema democratico rivela un limite di fondo, e cioè quello di avere una vista corta.

Da tempo il sistema democratico mostra una grave carenza: quella di non saper prendere decisioni che tengano conto del futuro.La somma delle decisioni democratiche è fortemente condizionato dal presente, dagli interessi in conflitto che hanno una visione di breve respiro.

Da questo punto di vista, la questione del debito pubblico è emblematica, ma non è l’unica. Il tema delle pensioni, l’ambiente in cui viviamo, il mercato del lavoro, sono tutte questioni che in questi ultimi decenni sono stati affrontati scaricando sul futuro, sulle spalle dei giovani, i costi delle decisioni che accontentano, democraticamente, le corporazioni e gli interessi che si fanno valere nelle sedi democratiche.

La soluzione di un governo tecnico, cioè in pratica di una temporanea sospensione delle regole della democrazia, manifesta perciò un problema, quello delle decisioni che riguardano il futuro, che coinvolge tutte le democrazie, soprattutto in un tempo di crisi come questo.

In Italia questo problema è più acuto e drammatico che altrove, perché l’assemblearismo parlamentare e il coacervo di organismi di controllo giudiziario e amministrativo, hanno di fatto indebolito oltre ogni limite la forza decisionale della democrazia.

Il governo dei tecnici ha anche messo in evidenza una questione sulla quale da tempo aveva riflettuto un imprenditore come Adriano Olivetti, e cioè la competenza che i politici devono possedere e la separazione fra la sfera dei partiti e quella delle istituzioni.

Oltretutto (al riguardo apro solo una breve parentesi) il federalismo che in questi anni abbiamo cercato di realizzare, rischia non di rafforzare il sistema di governo ma di dare il colpo di grazia all’unità nazionale e alla residua efficienza dell’amministrazione centrale.

La formazione di un governo tecnico può essere considerato come il punto di arrivo di una crisi dell’intero sistema politico italiano, del bipolarismo militarizzato così come lo abbiamo sperimentato in Italia, e delle natura delle alleanze che si sono confrontate per la guida del governo.

Dopo la crisi del nostro governo, la sinistra non poteva rappresentare una alternativa, pur avendo probabilmente la maggioranza nel Paese.

Un’alleanza come quella presentata a Vasto, non sarebbe stata una vera maggioranza di governo, ma un cartello elettorale destinato a naufragare alla prima occasione e ad aggravare la crisi del Paese.

Bisogna riconoscere a Bersani di avere avuto la coscienza di questo handicap della sinistra: che poteva contrare e forse può ancora contare su una maggioranza elettorale ma che non sarebbe credibile come maggioranza di governo.

Per quanto riguarda la nostra coalizione il discorso è diverso.

La nostra esperienza di governo non ha un bilancio negativo, ma bisogna riconoscere che non siamo stati capaci di superare le prove più difficili.

Perché?

Le cause non sono addebitabili solo agli altri. Abbiamo avuto anche noi delle responsabilità, ma si può dire, senza tema di essere smentiti, che anche la nostra alleanza aveva al proprio interno degli squilibri che hanno reso difficile il percorso del governo.

Il maggiore squilibro riguardava il ruolo e la natura della Lega, una forza politica che indubbiamente ha avuto una evoluzione positiva, grazie a Berlusconi, ma che mantiene dentro di sé degli elementi contraddittori.

L’attuale posizione della Lega conferma che la vocazione al governo e il compito di rappresentare gli interessi della parte più dinamica del nostro Paese, non è ancora un approdo stabile della Lega.

Purtroppo, un ulteriore elemento di squilibrio è stato rappresentato dal ruolo assunto da un ministero cruciale come quello dell’economia, che anziché contribuire ad una ulteriore evoluzione positiva della Lega ha finito per abbracciarne le posizioni, finanche in contraddizione con le posizioni più ragionevoli del proprio partito.

Questo è ormai il passato. Il presente è rappresentato dal governo Monti, la cui nascita ed i cui risultati fin qui positivi si devono in gran parte alla scelta lungimirante di Berlusconi e al leale sostegno assicurato in Parlamento dal Popolo della Libertà.

La decisione di sostenere il governo Monti, cioè di garantire gli interessi nazionali, è non solo giusta, ma con il tempo farà emergere pienamente il nostro profilo di forza politica nazionale, moderata e popolare.

Il governo non è una parentesi, ma un tempo da utilizzare non solo per gli interessi nazionali, ma al tempo stesso per valorizzare la nostra identità, i nostri programmi il nostro progetto di società.

La crisi determina scelte difficili, ma impone anche di estrinsecare la nostra visione della società.

La crisi economica, l’introduzione dell’euro, la globalizzazione hanno determinato fratture nella coesione sociale della società e riproposto questioni fondamentali riguardanti l’eguaglianza, la parità dei punti di partenza, la solidarietà versi i più deboli, l’atteggiamento verso gli immigrati, che costituiscono principi essenziali del nostro bagaglio culturale.

Da questo punto di vista, quello che accade negli Stati Uniti è emblematico.

Recentemente Obama ha posto delle questioni che valgono anche per noi.

L’ineguaglianza crescente distorce la democrazia, distrugge il senso di appartenenza ad una Nazione, ad una comunità che offre a tutti l’occasione per entrare nella classe media, di avere eguali chance di successo, di aspirare ai più alti traguardi.

Non è un caso che sempre di più, da Obama a Putin, da Hollande a Sarkozy, si sente un richiamo forte alla classe media, che può garantire la coesione della società e la tenuta della democrazia.

Il libero mercato è la più grande forza propulsiva del progresso economico nella storia umana, ma funziona soltanto quando ci sono regole precise per garantire che la competizione sia giusta, trasparente e corretta.

E soprattutto il libero mercato non significa il trionfo di una autentica democrazia se non diventa un sistema economico per mezzo del quale a ogni individuo viene garantita l’opportunità di mostrare le sue qualità migliori.

Durante questo tempo che è rappresentato dal governo Monti, possiamo anche riflettere, liberi dai condizionamenti della Lega, sul tema dell’immigrazione, senza ideologie e preconcetti.

Lo ripeto: la voce della Chiesa va ascoltata sempre, sia quando parla del valore della vita sia quando ci invita a considerare il problema dell’integrazione degli immigrati, a partire (senza alcun automatismo) da quei figli di immigrati nati in Italia e che frequentano le nostre scuole.

Anche questo è un modo di delineare la nostra vera identità, di forza politica moderata e popolare, appartenente a pieno titolo alla grande famiglia dei popolari europei.

Per concludere, siamo espressione di una grande storia. Grazie al Presidente Berlusconi abbiamo potuto essere protagonisti dei destini del nostro Paese.

Siamo cresciuti enormemente in questi anni.

Siano l’unico movimento politico in cui è avvenuto un cambiamento generazionale, del quale la nomina di Angelino Alfano è stata la conseguenza più importante e più feconda per il futuro.

E questo lo si deve al Presidente Berlusconi, l’unico leader politico che in questi anni ha reso possibile la formazione e la selezione di una nuova generazione competente e onesta in grado si assumere responsabilità di governo.

Sta a noi dimostrare che siamo ancora capaci di produrre idee, di testimoniare un impegno coerente al servizio del nostro Paese e dell’Europa.

1 commento:

Anonimo ha detto...

BONDI IL CORTIGIANO
quando non ci sarà il padrone dove sarai? a fare la calzetta?