A leggere le paccate di pagine che i quotidiani dedicano in questi giorni alla Lega e alle sue disavventure politico-familiari viene davvero da chiedersi a cosa serva la libera stampa in Italia.
Sembra come se il fior fiore dei giornalisti politici fosse solo in attesa di un segnale di start dalle Procure per rimboccarsi le maniche e scoprire così i misteri inconfessabili custoditi nelle segrete della Lega Nord. Improvvisamente i nostri impavidi cronisti politici hanno scoperto tutto sulle finte lauree di Umberto Bossi, sui diplomi comprati da Renzo, sulle manie della signora Bossi, sull’impresentabilità politico-personale di Rosy Mauro, sulle trame del “cerchio magico”, sul nepotismo dei signorotti di Gemonio, sull’allegra gestione del finanziamento pubblico. In realtà come è evidente a tutti, il 99,9 per cento degli infiniti racconti che oggi ci vengono propinati come il grande disvelamento dell’inganno leghista era già tutta roba nota.
Solo che i giornali la tenevano sottotono, tutti insieme, per prigrizia e per corrività, concordi nel raccontare un’altra storia.Tutti i giornalisti politici sapevano che Bossi era ormai solo un anziano signore bisognoso di cure e che le sue uscite pubbliche venivano sapientemente dosate e controllate dal suo inner circle. Tutti sapevano e vedevano che Rosy Mauro era quanto di più lontano ci potesse essere dalla figura e dal ruolo di vice-presidente del Senato. E paradossalmente fa bene la “Badante” a chiedersi perché dovrebbe dimettersi proprio oggi e no il mese scorso o l’anno scorso o il giorno dopo essere stata eletta. Tutti sapevano chi fosse Francesco Belsito, le sue prodezze scolastiche, i suoi investimenti spericolati, le sue dubbie frequentazioni. Tutti sapevano che Renzo Bossi aveva vinto le elezioni in Lombardia grazie al suo cognome e che il progetto di farne l’erede della leadership leghista era nato all’interno del cerchio magico come contrappeso al declinante potere di Umberto.
Lo sapevano, ma lo intervistavano come fosse già il leader, tutti, persino Libero che oggi si fa vanto di averne per primo chiesto le dimissioni e ieri lodava il suo coraggio per essersi candidato nelle liste proporzionali e al di fuori dal listino protetto. Sentite cosa scriveva Libero nel 2010 quando sembrava che Renzo Bossi dovesse diventare il segretario dei “Giovani Padani”: “Oltre agli equilibri interni del partito, la nomina di Renzo Bossi porrebbe le basi per il nuovo corso della Lega Nord: anche qualora il limite d’età per la dirigenza dei Giovani Padani dovesse essere portata a 29 anni, Renzo Bossi (classe ’88) avrebbe la bellezza di sette anni per fare esperienza all’interno del movimento, arricchendo il suo curriculum politico. Così facendo, quando Umberto Bossi deciderà di ritirarsi, il timone di comando della Lega Nord passerebbe, in maniera quasi scontata, nelle mani del successore naturale Renzo.” L’erede naturale, capito? E non si discute.
Cosa è cambiato da allora ? Il video con l’autista che gli passa 50 euro davvero basta a trasformare Renzo da promessa per il Nord a mascalzone? Tutti sapevano tutto e non lo scrivevano. Salvo qualche eccezione che conferma la regola. Come il celebre articolo di Cristina Giudici su Panorama del settembre 2011: “Lady B. imperatrice della Padania”. Lì c’era già scritto tutto quello che in questi giorni viene rimestato e ripetuto: “La moglie del ‘Senatur’ è l’anima nera del movimento. Gestisce l’agenda del marito stabilisce chi affiancargli, chi premiare. E ora sta combattendo la lotta contro i ‘maroniani’ ribelli e dissidenti che non le perdonano di trattare il partito come un bene di famiglia, da destinare al ‘Trota”’, vale a dire al figlio Renzo”.
Per quell’articolo Cristina Giudici venne metaforicamente linciata dai leghisti – Maroni compreso; il settimanale Panorama fu querelato e Calderoli e Maroni andarono con piglio di guerra da Berlusconi a chiedere sonanti riparazioni e la sua totale dissociazione dal giornale, cosa che lo sventurato concesse. Non mi sembra di ricordare che la Giudici riscosse particolare solidarietà da tutti quei colleghi che oggi allegramente affondano a piene mani negli stessi materiali che lei ebbe il merito di mostrare con un anno di anticipo.
No gli altri colleghi, quelli seri e pensosi, i legologi laureati, gli analisti di prestigio hanno aspettato il via delle tre procure per dare inizio al festino sul corpo della Lega già cadavere. A quel punto tutto è diventato raccontabile, gli archivi si sono aperti, la memoria si è svegliata e a tutti è sembrato di essere dei coraggiosi cercatori della Verità arruolati nelle truppe del Bene. Viva la faccia del Fatto Quotidiano che, per non sbagliare, pubblica ogni giorno pari pari le carte delle Procure e non ha paura di sporcarsi le mani. (l'Occidentale)
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