sabato 23 marzo 2013

Bersani e la realtà impresentabile. Gianni Pardo

«Ma, a tuo parere, perché Bersani si comporta così?» Chi pone questa domanda crede di essere un po’ stupido o disinformato, e poi invece scopre che chi doveva illuminarlo non ne sa più di lui. Ed anzi, per la verità, si direbbe che sull’intera nazione aleggi il sospetto che nessuno capisca niente. Salvo gli interessati, a cui evidentemente conviene mantenere il segreto.

Non rimane che raccattare i cocci e vedere che cosa se ne può dedurre. Non per avere certezze – ché diversamente non staremmo brancolando nel buio – ma almeno dati su cui costruire ipotesi. Il Presidente Napolitano ha affidato a Pierluigi Bersani l’incarico di costituire il nuovo governo. Il leader del Pd tenterà di ottenere la fiducia in Parlamento, ma sappiamo che non può contare su nessun “sostegno certo” (come lo vorrebbe Napolitano). Non sull’alleanza col Pdl, che lui stesso rifiuta; e non sull’alleanza col M5S, che gliela nega. Da qui in poi cominciano le ipotesi.

La prima è che Bersani e i dirigenti del Pd siano impazziti. In questo caso, cercare di capire il perché del loro comportamento sarebbe fatica sprecata. Ne abbiamo fatto l’esperienza negli ultimi due anni, con Gianfranco Fini. Quando cominciò la sua guerriglia contro Berlusconi ci scervellammo: «Dove vuole arrivare? Se lascia il Pdl è perduto. Dunque deve avere un altro piano. Ma quale?» Non l’aveva. E si è visto.

La seconda ipotesi – più probabile – è che ci sia un gioco apparente e un gioco dietro le quinte. Pubblicamente Bersani dice: vado in Parlamento con un programma “grillesco” e chi mi vuole appoggiare mi appoggerà. Ma il piano è sconclusionato. Se i “grillini” avessero voluto appoggiarlo, avrebbero concordato un programma di governo con lui e gli avrebbero promesso la fiducia. Se hanno continuato a dirgli di no, che cosa spera, Bersani, che gli voti la fiducia il Pdl?

Ma dal momento che le ipotesi folli non ci spaventano, facciamo che il M5S ed anche il Pdl votino la fiducia a Bersani per far nascere un governo, dal momento che l’Italia ne ha bisogno. E poi? Quanto durerebbe, questo governo? Spesso litigano gli alleati, anche dopo aver concordato un programma, figurarsi dei non alleati che non si sono messi d’accordo su nulla. Fra l’altro, i partiti votano la fiducia al governo anche perché intendono guadagnarci in termini di cariche ministeriali. E perché mai il M5S e il Pdl dovrebbero votare la fiducia a Bersani senza guadagnarci nulla? Per sentirsi rimproverare aspramente dai loro elettori?

Forse si può fare un’ipotesi un po’ meno strampalata. L’insistenza di Bersani nel ripetere instancabilmente «col Pdl mai« ha precisamente il senso opposto: «col Pdl, naturalmente». Non è uno scherzo.

Come pensa chiunque ragioni, e naturalmente il Presidente Napolitano, Bersani, Berlusconi e tutti gli altri, l’unico governo serio concepibile è quello sostenuto da Pd e Pdl, partiti che oltretutto hanno pareggiato, nelle urne. Ma Bersani sa che l’Italia è stufa dei partiti, è vagamente entusiasta dello sfascismo di Beppe Grillo, ed ha temuto di essere squalificato dall’elettorato. E allora gioca d’anticipo, comportandosi da “grillino” ma senza perdere di vista la realtà, la quale ripete: il governo si può fare solo col Pdl. E allora ecco il piano machiavellico. Bersani va in Parlamento e si fa bocciare. Poi torna da Napolitano, con le pive nel sacco, ma il Presidente gli dice: «Il Paese ha bisogno di un governo. Accetta l’alleanza col Pdl, fallo per il bene dell’Italia». E Bersani, con l’aria di caricarsi una croce che ha fatto di tutto per evitare, fa il governo che sa da sempre di dover fare. Però potendo dire ai suoi elettori e agli italiani tutti: «Sono stato costretto. Mi siete tutti testimoni che ho cercato disperatamente di evitare l’abbraccio col Pdl, che ho cercato di coinvolgere i grillini nel governo, e sono gli stessi grillini che vi hanno tradito, buttandomi fra le braccia di Berlusconi. Ma potete chiedermi di danneggiare la Patria, pur di far dispetto al Cavaliere?»

Se questa fosse l’ipotesi, tutto rientrerebbe nell’ordine. Per quanti meandri possa descrivere un fiume, alla fine deve sboccare nel mare. Un geografo questo lo sa sin da principio, ma agli elettori può essere utile far credere che tutte quelle curve servivano per non arrivare lì dove la forza di gravità conduceva inesorabilmente.

Naturalmente non dimentichiamo che le profezie, come ha detto un umorista, sono difficili. Particolarmente quelle che riguardano il futuro.

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