domenica 2 marzo 2014

Beppe for God. Gianni Pardo


 
L’obbedienza come vantaggio e come abiezione

Una crudele ma immortale definizione dei boyscout così suona: quindici bambini vestiti da cretini guidati da un cretino vestito da bambino. E tuttavia quella benemerita organizzazione un suo senso l’ha.

L’uomo è un animale sociale che, isolato, ha difficoltà a sopravvivere. È solo in associazione con altri che riesce a cacciare, a produrre, a difendersi. Le donne in tanto possono avere figli ed occuparsene in quanto l’uomo pensi al loro sostentamento nel tempo in cui esse stesse non possono farlo. Da tutto ciò deriva che l’individuo, ogni volta che si sente isolato, ha giustamente paura. Naturalmente tutto ciò è molto meno vero nella società progredita. Un’avvocata di successo, anche senza avere un compagno, può benissimo procacciarsi ciò che le serve per vivere, incluso chi badi ai figli mentre lei è al lavoro. E tuttavia il sentimento di pericolo, quando si è isolati, rimane. È questa la causa del conformismo. Chi caccia con gli altri e come vogliono gli altri, non solo avrà maggiori possibilità di catturare una preda, ma anche maggiori possibilità di averne una parte.

Per tutti gli animali sociali la salvezza è nel gruppo. È questa la ragione per la quale i ragazzi amano tanto essere boyscout. Innanzi tutto, mentre in casa sono “figli”, e dunque dipendenti e sottoposti agli ordini degli adulti in quanto adulti, fra i boyscout hanno finalmente una promozione e sono fra eguali. L’uniforme, come dice la stessa parola, è identica a quella degli altri e dunque è una prova dell’appartenenza al gruppo e contemporaneamente dell’indipendenza dalla famiglia. La stessa struttura paramilitare, anche se implica ordini e l’esecuzione di compiti, è fra pari. Chi comanda non è qualcuno che ha il solo merito di essere più vecchio, ma qualcuno che “ha fatto carriera”. Come potranno farla loro. Inoltre l’ordine non è dato “per il bene di chi lo riceve”, con ciò stesso proclamandolo inferiore, ma per il bene della comunità e di un ideale condiviso. Le regole sono prefissate e sovrastano tutti i singoli in quanto tali. Nel gruppo il ragazzo sente di avere raggiunto la massima sicurezza e la massima valorizzazione.

L’organizzazione dei boyscout è utilissima alla società. Questa tende infatti a fare dei ragazzi membri obbedienti della comunità e all’occasione buoni soldati. I boyscout sono stati molto ben visti dalla Chiesa e dagli Stati che più tengono alla coesione e all’inquadramento dei propri cittadini. Persino nell’Unione Sovietica, dove non osarono chiamarli col nome inglese di boyscout, per i ragazzi fu creato il corpo dei “Pionieri”. Ma la sostanza era la stessa.

La società tende ad insegnare ciò che è utile a sé stessa, non ciò che è utile al singolo. E proprio perché è utilissimo alla società, lo scoutismo è pernicioso per la personalità dell’individuo. Nel gruppo impara ad avere paura della solitudine e a cercare la protezione nel gregge. E se vorrà ragionare con la propria testa, se vorrà soppesare le varie opinioni, se si riserverà il diritto di decidere per sé, sarà tendenzialmente un reietto. Mefistofele prometteva la gioventù in cambio dell’anima, la società promette la sicurezza in cambio dell’indipendenza.

Una simile dicotomia tra potenza del gruppo e dignità intellettuale del singolo si ritrova anche nel mondo politico. Un partito veramente democratico - che lasci ai propri adepti la libertà di critica e, all’occasione, di voto - è meno forte di un partito tendenzialmente autoritario che pretenda dai propri membri, mentalmente in uniforme, la più totale obbedienza. Naturalmente per seguire una simile formazione bisogna avere ben poca stima della propria libertà di pensiero. Bisogna essere disposti a giurare sulla superiore saggezza dei capi, reputati infallibili. Ed è ciò che è avvenuto per lunghi decenni nei partiti comunisti.

Nel Pci il dissenso era concepibile soltanto ai più alti livelli e purché nulla ne trapelasse all’esterno. Per tutti valeva invece il verbo del Partito. Ciò che esso aveva stabilito era giusto, indiscutibile e obbligatorio: non rimaneva che obbedire. Se il Comitato Centrale arrivava a dire che quella ungherese non era una rivoluzione di popolo contro l’oppressione di uno Stato straniero ma una sommossa organizzata e pagata dagli imperialisti, timidi galantuomini come Giorgio Napolitano erano disposti a gridarlo nelle piazze.

È questo uno dei lati più patetici del M5S. Il comunismo, fenomeno grandioso sia nei progetti sia nei crimini, si nutriva almeno di una grande illusione palingenetica e si fondava sulle teorie di un supposto genio come Karl Marx. Qui invece è indiscutibile il pensiero di un tecnico capelluto come Roberto Casaleggio, o di un comico intollerante come Beppe Grillo. Francamente, la storia ha offerto pifferai migliori.

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