venerdì 28 marzo 2014

Il Cav. e i rompicoglioni. Giuliano Ferrara


C’è da domandarsi, e me lo domando, e ce lo domandiamo: perché rompono tanto i coglioni a Berlusconi? Maramaldeggiano secondo il vecchio costume codardo del giornalismo italiano, e spettegolano ogni giorno, con poca fantasia ma spietatamente: è out, finisce agli arresti domiciliari, non potrà più comunicare, non è più cavaliere, il partito è distrutto, la dinasty di famiglia lo imbriglia, Barbara è eager, vuole tutto, Marina non ci sta, Pier Silvio rilutta e mugugna, la fidanzata Pascale s’impiccia, Scajola minaccia, Cosentino minaccia, Verdini se ne va, sono pronti nuovi gruppi parlamentari, non decide abbagliato dalle sue grane giudiziarie, non ci sta con la testa, è fuori dal Senato, il cerchio magico si chiude a riccio e lo isola sotto l’inflessibile governo della badante Maria Rosaria Rossi, è senza passaporto e non può fare il popolare europeo, non si può candidare, i sondaggi lo danno intorno al 20 per cento, più sotto che sopra, è stretto nella tenaglia tra Grillo e Renzi, siamo ormai alle testimonianze di Bossi, provocato, che strologa sul futuro di un supersconfitto, lui sì che se ne intende, e poi carinamente dice “ora lasciatemi in pace, voglio fumare”.
Il Cav. (ora l’ex Cav. per i vecchi ruffiani della stampa dattilografa) è sempre stato impresentabile e inaccettabile. Per motivi diversi. Ha un vita privata incompatibile. Ha una vita pubblica disseminata di gaffe. Fa le corna, fa cucù, parla in modo spigliato di Mussolini, oltraggia la memoria (che secondo il bel romanzo su don Ciotti di Luca Rastello è, dico la memoria specie se condivisa ed esornativa, uno degli ultimi rifugi delle canaglie degli idolatri del Bene Sommo). Inoltre non ha scrupoli, è pregiudicato, è Caimano, è amico di Putin l’Orrendo Tirannico, è sempre in agguato, come forza reazionaria, per sbaragliare la Repubblica, smontare il Quirinale che odia eccetera.

I fatti dicono che Berlusconi è l’ultimo campione dell’autogoverno democratico, l’ultimo capo di un esecutivo voluto a mani basse dall’elettorato. In seguito a trame varie, costellate da suoi errori, in un contesto di perdita della sovranità nazionale, fu dissellato nel novembre del 2011, ma la caduta del cavaliere avvenne nelle forme blande di sue dimissioni, nel quadro di un accordo con l’allora capo dell’opposizione, il Bersani dalla pompa di benzina, benedetto e ispirato da Giorgio Napolitano. Tra poco saranno tre anni: in questi tre anni Berlusconi ha appoggiato un governo di emergenza tecnocratica che ha fatto la riforma delle pensioni e poi si è perso nei meandri della vanità e di una infelice discesa in politica del suo capo, il professor Mario Monti; ha sbloccato lo stallo postelettorale, dopo una clamorosa rimonta che ha impedito il formarsi in questa legislatura di una maggioranza di sinistra fondata su un premio di maggioranza incostituzionale secondo la tardiva ma chiara decisione della Corte, e lo ha sbloccato proponendo e ottenendo la rielezione del capo dello stato, una prima assoluta, e la formazione di un governo di larga coalizione presieduto dal nipote del suo Cardinal nepote Gianni Letta; ha fronteggiato con stile una condanna definitiva ratificata dalla famiglia giudiziaria del dottor Esposito, che famiglia!, per un reato di quelli che adesso, considerando il processo a Dolce & Gabbana per maneggi fiscali all’estero, passa per essere la capacità di pensare in grande di un imprenditore (il procuratore generale dixit); ha subìto con un rapido e indolore passaggio all’opposizione, costruttiva, una piccola secessione ministeriale senza conseguenze, che rientrerà e non ha basi politiche serie; ha ricostruito il suo ruolo di player e pater patriae avviando Renzi a Palazzo Chigi, un cambio generazionale della Madonna, attraverso la stipula di un accordo sulla riforma elettorale e sulle riforme istituzionali che ha spiazzato tutti, dal Nipotissimo floscio e furbo ai poveri profeti dell’Antipolitica comica all’establishment pigro e sornione, consentendo al paese di riprendersi un poco in sintonia con un attenuarsi della crisi. E per il futuro vedremo.

Risultato provvisorio: non è il Caimano, non si sono visti i fuochi, non tira aria di tempesta masaniellesca, c’è un uomo di stato responsabile che non molla e tiene insieme l’altro polo della democrazia compiuta, il centrodestra, consolidando il profilo istituzionale di un paese tanto scombiccherato. Ecco. Questo è lo scandalo che impone ai bru bru della stampa e della televisione più faziose e penose del mondo di maramaldeggiare e spettegolare ad libitum.


(il Foglio)

Nessun commento: