giovedì 13 ottobre 2005

Il lavoro e la campagna elettorale. Giuseppe Pennisi

http://www.clubeconomia.it/articoli/articolo.php?id=377#alto

Precariato, flessibilità, ed aumento dell'occupazione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sulla legge Biagi si è detto tutto e il contrario di tutto, ma forse la verità non l'ha centrata nessuno. Esprimo la mia opinione. Senza entrare troppo nello specifico delle teorie dei più illustri economisti (se tu hai studiato Economia Politica ti rendi conto di quanto gli economisti non abbiano una loro ragione di vita) mi permetto di fare i conti "della serva" sulla questione lavoro in Italia.
C'era una volta un paese dove il mondo del lavoro si divideva in pubblico e privato. Al pubblico si accedeva mediante concorso, il privato invece assumeva sulla base del merito. Questo paese non esiste più. Vuoi per una riduzione delle spese, vuoi per la deindustrializzazione in atto, vuoi per altri motivi al pubblico si accede per raccomandazione, salvo rarissimi casi. Il privato non investe più nella formazione. Egli ha interesse principalmente ad avere risorse che facciano i lavori che lui non vuol più fare (fotocopie, tabelline excel etc. etc.). Per giunta non vuole neanche pagare. Nell'ottica della flessibilità assoluta siamo arrivati ad uno stato di cose per cui un giovane che vuole trovare un lavoro deve accontentarsi di stage non pagati, di contratti a termine mal pagati, di co.co.co., di interinali, di "ti chiamo quando mi servi e quando non mi servi te ne vai a casa". Tutto ciò, invece che dare uno slancio alle imprese (sgravi fiscali, possibilità di assumere solo le risorse necessarie per il tempo strettamente indispensabile etc.) in realtà ha creato soltanto un'enorme massa di lavoratori precari, che oggi hanno un lavoro e domani non si sa, sottopagati (un lavoratore interinale non prende più di 900 euro al mese - oggi non ci paghi neanche un affitto). Prova ad andare in banca a chiedere un finanziamento anche solo per comprare una lavatrice: se non hai una busta paga sicura (e corposa) ti fanno accomodare fuori.
E bada bene che il mio pensiero non è sicuramente quello di un grande economista, è piuttosto quello di un cittadino qualunque che osserva la realtà che lo circonda. Non sono un "komunista", non sono un "fascista", sono uno che ha le sue idee (poche ma chiare). Negli Stati Uniti i lavoratori non hanno diritti, possono essere licenziati senza motivo, però hanno la possibilità di reimpiegarsi in men che non si dica. Non conosco americani senza lavoro, o che, perdendolo, non si siano riciclati. Un collega mi raccontava di una sua conoscente americana che, licenziatasi dal suo lavoro perché non si trovava più bene, ha deciso di dedicare due settimane ai lavori in casa per poi, esattamente due settimane dopo, trovare un altro posto di lavoro. Peraltro, gli stipendi sono molto più alti. Accetterei la precarietà in cambio di una buona remunerazione: dammi 5000 euro al mese per un anno, e poi tiriamo le somme, se sono stato bravo mi confermi, altrimenti me ne vado. Così lo accetto, invece non accetto che io debba lavorare per 800-900 euro al mese col rischio di essere sbattuto fuori in qualunque momento. Per inciso, ho un contratto a tempo indeterminato, quindi il mio discorso è assolutamente super parte.