L’invincibilità del Cav. di nuovo messa a dura prova: ecco perché
Berlusconi è in una congiuntura politica inaudita, e non riesce a tirarsene fuori ormai da mesi e mesi, sicché ora c’è la girandola dei manifesti di propaganda murale, ora la spirale delle candidature improbabili a sindaco di qui e di là, ora la giostra delle supposizioni nel suo stato maggiore, compresa quella che perda, e infine questa storia dell’attacco a tre punte che non si capisce bene in quale porta finisca per tirare. Risparmiamo ulteriori consigli, tutti quelli che potevamo dare li abbiamo già dati nel lontano e recente passato, inutilmente, su queste colonne. Di qui alle elezioni ci limiteremo a tifare per lui senza illusioni, perché è più simpatico e libero dei suoi sfidanti, punto. Ma qualche segnalazione è dovuta, a lui stesso e ai lettori. In qualunque edicola di Parigi il Cav. può procurarsi l’ultimo numero di due settimanali, “Le Point” e “Marianne”.
Nel primo troverà l’intervista a Nicolas Sarkozy di cui abbiamo riferito sabato scorso. Idee chiare, forti, di rottura del modello sociale francese, con un appello alla storia e all’identità repubblicana combinato con spirito di innovazione politica e quella grande determinazione, quella volizione, quel decisionismo che stimola e affascina un pezzo importante dell’influente intelligenza francese (i neoreazionari, così li bolla l’establishment della gauche) e conquista nei sondaggi una decisa maggioranza di consensi (nell’ultimo di domenica sui candidati della destra all’Eliseo Chirac è all’uno per cento, il suo delfino e primo ministro de Villepin al 19 per cento, Sarko vola verso il 40 per cento).
Nell’altro settimanale il Cav. troverà una intervista di Romano Prodi che loda il destro montante Sarkozy e come al solito irride a lui. Il decisionismo nei momenti di crisi s’impone anche agli avversari, mentre la fiacchezza attira inimicizie crescenti perfino tra gli alleati, e apre un vuoto difficile da colmare. In Francia l’ultimo esempio sono state le banlieues in fiamme, e Sarko se l’è giocata con la parola “racaille” e molti arresti e lo stato di emergenza.
Ma Prodi non gli dice che è un fascista e un reazionario, lo blandisce. In Italia l’ultimo esempio, in tema di sovranità dello stato, è la Tav in Val di Susa. E qui Prodi spara invece a zero sulla polizia che sgombra l’assedio ai cantieri voluti anche dal suo governo e dai suoi governi locali ed europei (Roma, Torino, Bruxelles), si propone come solutore del problema, incassa la moratoria elettorale, con la collaborazione incredibile dei magistrati d’assalto, e pesta sull’avversario inerme. Cose diverse la Francia e l’Italia, ovvio; cose diverse le banlieues e la Tav, ovvio, ma accomunate da un elemento: è in gioco la sovranità della decisione politica, chi ne è titolare ha l’alternativa secca di farla rispettare (decisionismo) oppure no (fiacchezza). Il costo della fiacchezza, da Scanzano Jonico alla Repubblica di Chianocco, è semplice: nessuno ti rispetta più.
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