Oggi, festa dei lavoratori, ascolteremo quintali di retorica. I sindacati dirigeranno il traffico delle celebrazioni e i politici ci spiegheranno la ricetta miracolosa per sostenere il mercato del lavoro. In realtà c’è poco, pochissimo da festeggiare. Ma non per i motivi che oggi verranno elencati in piazza. Il sostegno dei redditi non arriva dalla manina dello Stato, ma dalla competitività dei «padroni». Le morti sul lavoro non si risolvono con sanzioni e controlli burocratici assurdi. La tutela dei più deboli non si persegue con il posto fisso, ma con maggiore flessibilità, anche in uscita, dal posto di lavoro.Ieri la Fiat, il principale gruppo industriale italiano, ha deciso di investire 700 milioni di euro in una fabbrica di automobili in Serbia. Difficile dar torto alla scelta strategica di Sergio Marchionne. Solo pochi mesi fa ha rimesso in sesto gli stabilimenti campani di Pomigliano d’Arco, dove lavorano in 5mila. Ha spento gli impianti per un paio di mesi e ha investito un centinaio di milioni di euro per rinnovarli. Nel frattempo ai dipendenti ha assicurato retribuzione e un corso di formazione. Insomma, un tentativo per creare in Campania un’eccellenza metalmeccanica. Ebbene sono settimane che la produzione va a singhiozzo per i blocchi, gli scioperi e i picchetti organizzati dai sindacati locali, contrari al trasferimento di 316 operai a 12 chilometri di distanza, a Nola. In queste condizioni, un manager o un imprenditore avveduto scappa, se ne va. Preferisce trattare con le forze sindacali serbe piuttosto che ficcarsi in un buco nero italiano. Il problema sindacale lo risolve alla radice: non assume.
Sempre ieri sulla prima pagina del Manifesto un gruppo di delegati sindacali della Pirelli, in una lettera, ha elencato le motivazioni per le quali ha abbandonato la Cgil: «Abbiamo trovato di frequente - scrivono - un netto distacco tra sindacato e lavoratori, molto pensiero politico, grandi aree di superficialità e improvvisazione, autoreferenzialità e difficoltà a capire i veloci cambiamenti del mondo del lavoro...». C’è poco da aggiungere.
Il sindacato tradizionale è uno dei freni nello sviluppo economico di questo Paese. La contrattazione collettiva, uno strumento arcaico che però garantisce lo status quo delle organizzazioni sindacali, ha reso possibile l’erosione del reddito dei lavoratori dipendenti e la scarsa produttività del nostro sistema economico. Oggi i sindacati non celebreranno la festa dei lavoratori, ma la loro sopravvivenza. Frutto anche dell’opacità delle regole che governano la loro rappresentatività: i bramini del sindacato non possono essere spazzati via dal voto popolare. (il Giornale)
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