domenica 31 agosto 2008

Solo in America. Christian Rocca

Con la solita puzza sotto il naso di chi si considera antropologicamente superiore, noi europei siamo abituati a pensare che la politica americana sia un grande spettacolo e un business mostruoso, dove contano soltanto gli spot televisivi e i giochi d’artificio, i soldi e le lobby. Associamo a quel processo democratico l’idea di una politica venduta alle big corporation e agli interessi speciali, distante dalla gente e vicina agli affaristi. Elitaria e pacchiana allo stesso tempo. Quando da noi si prova a introdurre qualche elemento di quel sistema politico che, peraltro, si basa sulle stesse solide istituzioni di oltre duecento anni fa (e noi, nel frattempo, che cosa abbiamo passato e in che stato ci troviamo?), immancabilmente si parla di americanate e di derive plebiscitarie, come se la spettacolarizzazione della democrazia americana fosse un pericoloso narcotico per la gente comune e una manna dal cielo per le solite caste di ricchi e potenti. “Bullshit”, per dirla nel moderno latino. Solo in America un quarantaseienne nero, figlio di un immigrato africano e di una mamma del midwest, cresciuto in Indonesia e nelle lontane isole Hawaii, può essere a un passo dal diventare presidente del suo paese e leader del mondo libero, dopo peraltro aver annichilito con la forza delle sue idee, e il denaro che ne è conseguito, la più potente macchina politica degli Stati Uniti.
Solo in America può capitare che una ragazza di quarantaquattro anni, cresciuta nel posto più lontano possibile da Washington, madre di cinque figli e sposata con un metalmeccanico eschimese che per arrotondare e divertirsi fa il pescatore, abbia la possibilità di diventare vicepresidente del paese più importante del mondo. Fino a quattro anni fa Barack Obama era un perfetto sconosciuto, fuori dal suo collegio elettorale di politico locale dell’Illinois. Otto anni fa, nel 2000, il Partito democratico che oggi guida con piglio sicuro non lo ha fatto nemmeno entrare alla convention di Los Angeles che stava per nominare Al Gore alla presidenza. Sarah Palin era sindaco di un paesino di novemila abitanti quando, due anni fa, ha sfidato l’establishment del suo partito e sconfitto, prima alle primarie poi alle elezioni generali, il governatore uscente, il suo predecessore e l’industria del petrolio. Fino a un paio di mesi fa, nemmeno gli insider di Washington l’avevano mai sentita nominare. Solo in America. Purtroppo.

1 commento:

La BOTTEGA di LUIGI BACCO ha detto...

Trovo molto irritante l'atteggiamento della stampa italiana spesso anti americana.
Quello che hai descritto per la Politica vale anche in molti altri settori là in America.
Mentre qui da noi vale la regola delle certificazioni!
Condivido quello che hai scritto.