giovedì 12 marzo 2009

Segreto di Stato e sicurezza. Davide Giacalone

E’ successo quel che scrivemmo all’epoca dei fatti, la Corte Costituzionale ha confermato che in un Paese appena appena normale la magistratura non può farsi beffe del segreto di Stato ed inquisire, rendendone oltre tutto nota l’identità, una comitiva di agenti segreti, italiani e statunitensi, nel mentre quelli agiscono e fanno il loro mestiere. Abu Omar, che si considerava imam di Milano, era ritenuto un personaggio pericoloso, uno dei terminali del terrorismo. C’era un interesse degli americani ad impedirgli di agire ed uno di noi italiani a non aprire, con il suo arresto, una questione che sarebbe potuta costare la sicurezza di cittadini che prendono la metropolitana. Quindi due Stati sovrani, nei quali vigono le regole del diritto, ma non per questo della stupidità, decisero di prelevarlo senza il suo consenso e spedirlo altrove. Si può discutere all’infinito sull’opportunità dell’azione, sulla precisione del bersaglio e sulla destinazione del volo che ce lo portò via (grazie al cielo), ma parlare di rapimento era e resta una scempiaggine allo stato puro.
La procura di Milano la pensò diversamente, aprì un’indagine e non solo perquisì i servizi segreti, ma dispose l’intercettazione telefonica degli agenti. Il materiale raccolto era considerato segreto di Stato da due governi, quello presieduto da Prodi e quello che gli è successo, l’attuale Berlusconi. Tirarono dritto. Ma non basta, perché l’allora capo dei servizi, il generale Pollari, pose un problema che qui ritenemmo assai ben fondato e formulato: mi accusano di un reato grave, che faccio, mi difendo venendo meno alla mia lealtà verso lo Stato, quindi violando il segreto, rispondendo e raccontando come stanno le cose, o me ne sto zitto, e questi mi condannano? Per ben tre volte il governo italiano coprì il silenzio dei propri agenti, affermando che facevano bene a tacere perché era segreto quel che sapevano, e per altrettante tre volte la procura sollevò un conflitto fra poteri dello Stato, affermando che alle proprie domande si doveva rispondere. Ora la Corte Costituzionale chiarisce la questione: avete torto.Attenzione, perché non c’è in ballo solo a procura, che esercitando l’accusa si può comprendere non sia propensa all’equanimità (anche se le leggi italiane stabiliscono il contrario, e loro si ribellano sempre all’evidenza, ovvia in tutto il mondo civile, secondo cui rappresentano una parte e non possono essere colleghi di chi giudica), ma ci sono ben due giudici, cioè due presunti terzi ed indipendenti, che hanno sposato quella tesi. Che, in punto di diritto, si conferma sbagliata. Sono il giudice che ha stilato e firmato il decreto di rinvio a giudizio, e quello monocratico che il giudizio voleva portare avanti utilizzando carte di cui non poteva disporre. La sentenza di ieri, come vedete, chiude una questione specifica e ne apre una generale, decisamente più rilevante.
A noi, allora, sembrò chiaro quel che i magistrati della procura ed i giudici coinvolti ora imparano: la sicurezza nazionale non può essere subordinata al desiderio di ribalta di certi inquirenti ed alla miopia (nel migliore di casi) togocentrica circa la competenza. Questo, naturalmente, non significa che possano esistere, in uno Stato di diritto, dei poteri che non rispondono alla legge, ma ragionevolezza e diritto impongono che a rispondere di fatti simili sia chiamato il governo, in sede politica, non i singoli che agiscono, da subordinati, nel suo interesse, in sede giudiziaria. Se salta questo elementare principio allora chiudiamo i servizi segreti e rinunciamo alla sicurezza nazionale. Anche se, temo, gli stessi magistrati sarebbero capaci d’inquisire i responsabili per non avere adempiuto al loro dovere.
Infine, anche a causa di quella vicenda, e delle relative indagini giudiziarie, i vertici dei servizi saltarono e molti agenti furono bruciati. La sentenza costituzionale rimedia al tema del segreto,ma certo non al danno che ne è seguito. E’ grave il fatto che nessuno ne risponderà.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Il telegiornale riportava un commento dei giudici coinvolti che, in sintesi, hanno detto: noi andiamo avanti.
Bravi, e questi sono quelli che si stracciano le vesti ogni volta che il cav. prospetta la modifica della seconda pate della costituzione? Bel rispetto che hanno loro per la corte costituzionale. Com'è che nessuno prende posizione? Neanche il garante Napolitano??
Claudio

Anonimo ha detto...

il cavaliere propone merdate e i lobotomizzati applaudono...

ma non capisci che proprio da un organo terzo (la Corte Costituzionale) è stato deciso che i magistrati hanno sbagliato?



hai mai visto i politici concedere le autorizzazioni a procedere per i loro consimili?

Anonimo ha detto...

Se la memoria non mi inganna con Craxi lo fecero, e non è stato certo l'unico caso.

Anonimo ha detto...

Il 29 aprile 1993, la Camera dei Deputati negò l'autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi provocando l'ira dell'opinione pubblica e facendo gridare allo scandalo numerosi quotidiani. Nella stessa aula, seguono momenti di tensione, con cui i deputati della Lega e del MSI gridarono "ladri" ai colleghi che avevano votato a favore di Craxi. Alcuni ministri del governo Ciampi si dimisero in segno di protesta.


memoria corta, riprovaci ancora

Anonimo ha detto...

chiedo venia, effettivamente fu processato per l'abolizione dell' autorizzazione a procedere.

Anonimo ha detto...

"Questo, naturalmente, non significa che possano esistere, in uno Stato di diritto, dei poteri che non rispondono alla legge"

infatti i nostri servizi segreti, all'indomani della fine della guerra, furono istituiti con una semplice Circolare, senza uno straccio di legge che fosse elaborata dal parlamento democraticamente eletto. da che mondo è mondo hanno costituito uno stato nello stato, molti generali ed alti ufficiali sganciati da qualsiasi forma di controllo, molti iscritti alla loggia eversiva P2 e coinvolti in preparativi di colpi si stato e stragi(es. Piano Solo del 1974, generale de Lorenzo; progetto GLADIO di concerto con gli americani per compiere un colpo di stato in caso di avvento al governo dei comunisti), dossieraggio e spionaggio illegale dei dirigenti dell'opposizione illegale al soldo del governo di centrodestra (anni 2001-2006) ad opera proprio del Generale Pollari, assisitito dal suo fedele scudiero Pio Pompa, per avvelenare il clima politico e calunniare i leader dell'opposizione e gettare fumo sulle numerose inchieste in cui era coinvolto berlusconi.
Inoltre, che sia legale, per i servizi di una potenza straniera (CIA), scorrazzare in incognito nel terirtorio di uno stato sovrano, l'Italia, compiere rapimenti in spregio a quanto sancito dalla Costituzione che tutela la libertà personale bè...mi risulta decisamente arduo da capire. Non si poteva semplicemente denunciarlo, invece che rapirlo e farlo picchiare selvaggiamente all'insaputa di tutti?
I magistrati della procura milanese hanno fatto bene a procedere, perché nessuna legge dello stato italiano permette il rapimento di un essere umano, barbarico e illegale. Gli imputati hanno opposto il segreto di stato, quel segreto di stato che da sempre viene opposto per impedire che venga fatta luce sui fatti più gravi di sangue occorsi in Italia (stragi degli anni 60-70, dc9 alitalia abbattuto a ustica, morte di Aldo Moro, supporto della CIA e dei servizi segreti italiani corrotti all'azione delle brigate rosse, tanto per gradire, presenza del SISDE sul luogo della strage di Capaci).
nessuna sicurezza nazionale può giustificare il sanague di vite innocenti, il tradimento delle istituzioni repubblicane, l'accettazione vile dell'imperio di una nazione straniera a rendere l'Italia una nazione a sovranità limitata.
Questo non è segreto di stato. E' alto tradimento, per me.

Anonimo ha detto...

Procura della Repubblica
presso il Tribunale ordinario di Milano
Comunicato Stampa del 12.3.09
In merito ai conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, relativi alla nota vicenda del sequestro di Abu Omar (Milano, 17.2.03), decisi l’11.3.2009 dalla Corte Costituzionale, si ritiene opportuno, a seguito delle inesattezze rilevate in articoli di stampa odierni, precisare quanto segue.
Secondo il contenuto dei ricorsi depositati il 15 febbraio 2007 dall’Avvocatura dello Stato per conto del Presidente del Consiglio pro tempore, le attribuzioni costituzionali del Presidente del Consiglio in tema di titolarità del diritto di apporre e far valere il segreto di Stato sarebbero state menomate dalla Procura della Repubblica di Milano, nell’ambito del caso Abu Omar, in tre momenti dell’indagine:
a) intercettazioni telefoniche;
b) modalità di interrogatori;
c) utilizzazione, a fini di indagine, di documenti sui quali sarebbe stato opposto il segreto di Stato o che, comunque, la Procura avrebbe dovuto ritenere coperti da segreto di Stato a prescindere da ogni formale opposizione del medesimo, nonché degli atti dell’incidente probatorio disposto in relazione alle dichiarazioni di un indagato.
Nell’attesa rispettosa del deposito delle motivazioni della sentenza, è possibile sin d’ora affermare – sulla base del comunicato stampa diffuso dalla Corte Costituzionale – che sono stati respinti i primi due e più gravi motivi di doglianza del Governo, così risultando confermata la correttezza dell’operato della Procura di Milano.
E’ stato accolto, invece, il terzo motivo di doglianza in relazione al quale, con riferimento ai soli documenti, la stessa Avvocatura dello Stato, in sede di discussione orale, ha riconosciuto la cessazione della materia del contendere.
Infatti, tali documenti, sequestrati in una sede romana del SISMi, il 5 luglio 2006, senza che venisse opposto alcun segreto sono stati sostituite con le copie omissate successivamente trasmesse dal SISMi alla Procura. Il Tribunale ha accolto l’istanza di sostituzione formulata da questa Procura, ordinando la restituzione al PM dei documenti non omissati.
Nel prosieguo del dibattimento saranno valutati, in adesione alle indicazioni che potranno trarsi dalla motivazione della sentenza, gli eventuali riflessi sulle ordinanze adottate dai Giudici con utilizzazione di quei documenti e degli atti concernenti l’incidente probatorio e sui limiti di ammissibilità dibattimentale di alcune prove orali.
IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA Dr. Manlio MINALE