Barack Obama ha violato uno dei principi centrali del politicamente corretto, introducendo negli aeroporti di tutto il mondo, come misura antiterrorismo, il “racial profiling”, una delle misure di prevenzione del crimine più contestate del secolo scorso perché fondata su pregiudizi razziali e alla base di discriminazioni pesanti nei confronti degli afroamericani. Eppure, in risposta al fallito attentato islamista della notte di Natale, il presidente americano non ha avuto dubbi a prendere una decisione che nemmeno George W. Bush è stato capace di adottare.
Da oggi tutti i cittadini di tredici stati arabi e musulmani, più Cuba – ma anche chiunque provenga o abbia fatto scalo in uno di questi paesi legati al terrorismo internazionale – saranno sottoposti a una perquisizione personale completa e a controlli extra sui bagagli a mano, se vorranno atterrare negli Stati Uniti. Tutti gli altri no. La Casa Bianca non ha motivato la scelta, ma le ragioni sono autoevidenti: non tutti gli arabi e i musulmani sono terroristi, ma tutti i kamikaze sono arabi o musulmani oppure hanno rapporti e frequentazioni con uno dei quattordici paesi della lista stilata dal dipartimento di stato: Arabia Saudita, Iran, Siria, Afghanistan, Somalia, Yemen, Iraq, Pakistan, Nigeria, Algeria, Libano, Libia, Cuba, Sudan. Le organizzazioni dei diritti civili e le associazioni antidiscriminazione razziale giudicano la scelta dell’Amministrazione “estrema e molto pericolosa”, mentre il gruppo di estrema destra John Birch Society, noto per il suo passato razzista, ne è entusiasta. Le compagnie aeree di tutto il mondo, per non perdere le tratte per l’America, si sono adeguate alle nuove disposizioni della Transportation Security Administration di Washington.
Il paradosso è che a rispolverare il pregiudizio razziale sia stato il presidente nero, certamente il più sensibile a una discriminazione basata sulla razza che ancora oggi costituisce una ferita aperta nella storia americana. Nel giugno del 2003, con un ordine a tutte le agenzie investigative del paese, Bush aveva proibito il profiling razziale, religioso ed etnico, anche se aveva lasciato aperto qualche spazio in casi eccezionali legati alla sicurezza nazionale. La tentata strage sul volo Amsterdam-Detroit ha fatto cambiare idea a Obama, per proteggere meglio l’America e dimostrare di non essere debole contro il terrorismo.
Il racial profiling è diventato un tabù inviolabile nel secolo scorso, dopo una serie di casi in cui la polizia ne ha abusato. Per anni le forze dell’ordine hanno individuato nel colore della pelle un fattore primario nella decisione di fermare o interrogare qualcuno sospettato di aver commesso un reato. Un nero o un ispanico, ancora oggi, hanno molte più probabilità di essere fermati rispetto a un bianco, perché agli occhi degli agenti pesano certe caratteristiche o comportamenti legati alla loro etnia. L’estate scorsa ha fatto scalpore l’arresto davanti alla sua abitazione di Cambridge, vicino Boston, dello stimato professore nero di Harvard Harry Louis Gates, scambiato per un ladro perché aveva perso le chiavi di casa e stava tentando di aprire altrimenti la porta. Obama, in un primo momento, ha accusato la polizia di “stupidità”, proprio perché l’arresto sembrava legato al colore della pelle del prof, poi ha chiesto scusa e invitato Gates e il poliziotto a bere una birra alla Casa Bianca. (Camillo blog)
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4 commenti:
"Il 2010 sara' l'anno delle riforme. Partiremo con quelle della giustizia, poi proseguiremo con la scuola e soprattutto con un programma di riforma fiscale per ridurre le tasse".
SIlvio Berlusconi 6 gennaio 2010
"Riduzione delle tasse nel 2010? Questa frase dal presidente del Consiglio non è mai stata pronunciata..."
Paolo Bonaiuti 6 gennaio 2010
Anche Bonaiuti comincia ad avere i suoi anni...
Sempre Christian Rocca :
Cose meravigliose
Sono passati tre giorni e ancora Repubblica non ha dato notizia delle disposizioni di profiling razziale adottate da Obama. I lettori di Repubblica, malgrado ieri l'abbia ribadito lo stesso Obama, non hanno ancora avuto modo di sapere che chiunque in abbia un passaporto, o abbia fatto scalo, in un paese arabo o musulmano (più Cuba) in partenza per gli Usa già da ieri è sottoposto a perquisizioni personali e controlli accurati, mentre tutti gli altri no. Per Repubblica non è una notizia. Prima o poi ne parleranno, appena il grande Zuc troverà una nuova metafora per spiegarlo ai suoi babbei. A proposito di Zuc, sempre il più grande. L'altro ieri ha rilanciato la metafa di Obama soldato riluttante, mica come il guerrafondaio Bush (ieri definito così dal Corriere). Oggi passa al "presidente in difesa". Tutto questo gran roteare di penna per non ammettere che:
a) bombarda ogni giorno il Pakistan
b) ha esteso la guerra allo Yemen e alla Somalia
c) ha triplicato le truppe americane in Afghanistan
d) non ha ritirato un soldato dall'Iraq, e ce ne sono ancora 120 mila
e) non chiude Guantanamo
f) ha fatto l'elogio della guerra e liquidato il pacifismo alla Gandhi e Martin Luther King
g) presentato un bilancio militare del Pentagono – guerre escluse – molto più grande di quello di Bush
h) ha mantenuto il ministro della guerra di Bush, i generali di Bush e s'è preso come consigliere di sicurezza nazionale sulle questioni del terrorismo uno dei capi della Cia di Bush
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