Il sorpasso. Non sarà probabile ma è possibile che la Lega a Nord scavalchi alle prossime elezioni il Popolo della libertà. Sarebbe una novità clamorosa e travolgente non solo per il Pdl, perché sarebbe il segnale di crisi del bipolarismo; sarebbe la conclusione fatale, dopo aver buttato a mare sinistra e destra, grazie ai rispettivi suicidi di Veltroni e Fini. E sarebbe un oblò, anzi una sfera di vetro, con vista sul dopo Berlusconi. Una sinistra carente dà spago a Di Pietro e una destra inesistente dà spago a Bossi.
Nessuno ci avrebbe mai scommesso, ai tempi del coccolone a Bossi, su uno scenario del genere. Fini veleggiava verso il ruolo di successore di Berlusconi, doveva solo vedersela con Casini. E la Lega, con un Bossi sinistrato, sembrava destinata alla marginalità. Per un partito a forte guida carismatica vedere il leader celodurista in quelle condizioni, lasciava il presagio di un irreversibile tramonto. E invece, altro che. Bossi ha acquistato con la malattia e il parlare più stentato un tono quasi oracolare; sembra un Grande Vecchio, un Padrino, un Mandante della Politica. E i suoi ragazzi, da Maroni a Calderoli, da Cota a Zaia, da Borghezio ai sindaci sparsi nel nord, sembrano più gagliardi e tosti, per dirla alla romana, di tanti politici gusto classico che affollano la politica corrente. Perfino le boutade più grevi dell’Umberto, pronunciate con quel tono e con quella bocca, acquistano un peso e un’aura profetica fino a ieri sconosciuti.
Ma da che cosa deriva il rischio di un sorpasso della Lega? Il centrodestra aveva un suo equilibrio, rappresentato da un centravanti, Berlusconi e due ali, Fini e Bossi. Se la Lega tirava troppo verso il federalismo, An bilanciava sul presidenzialismo; se la Lega inclinava sul locale, An recuperava sull’identità nazionale; se Bossi faceva troppo il ribelle selvatico, a Fini toccava il compito di rilanciare il senso dello Stato. E se Bossi strizzava l’occhio ai partigiani, la destra di Fini ricordava anche l’altra faccia della storia. Insomma ad un partito identitario si opponeva un partito identitario, e così l’equilibrio era garantito. Da quando An non c’è più e Fini non esprime più quei valori, la Lega non ha più contrappesi e il centrodestra non è più bilanciato. Da tempo An è scomparsa, e forse non è un male, ma è scomparsa insieme la destra nazionale e tradizionale. Ma soprattutto è scomparso Fini. Che ha deciso di aprirsi uno studio da libero professionista a Montecitorio e di liquidare i pazienti ottenuti grazie alla mutua del centrodestra. Ha cambiato utenti e ramo di specializzazione, consiglia terapie opposte rispetto a quelle che consigliava quando era nel servizio sanitario nazionale, è passato ad altri farmaci. Prendete la questione degli immigrati. Io non sono scandalizzato dalle cose che oggi sostiene Fini in tema di immigrazione, arrivo a capire anche la loro plausibilità in molti casi; mi sembra tuttavia da pagliacci, e sottolineo da pagliacci, definire razzista una posizione in tema di immigrazione condivisa e sostenuta fino a tre anni fa. Non si può firmare con Bossi una legge e poi definire razzista quella stessa legge e il suo coinquilino di firma. E mi sembra un mondo di buffoni quello della stampa italiana che definisce statista uno che dice oggi l’opposto di tre anni fa. Lasciate che io non creda a Fini né per quel che diceva tre anni fa né per quel che dice adesso. Lo considero puro opportunismo, puro tatticismo, altro che conversione o chissà quale travaglio interiore. Mi rendo conto che tutto questo produce uno spostamento di consensi in favore della Lega, che è coerente con il suo territorio, il suo popolo, i suoi elettori, le cose che diceva ieri. E che fa sentire tutto il suo peso sul governo. Complimenti a loro, anche per le cose che non condivido affatto. Non solo: la Lega sfonda a sinistra, ovvero raccoglie consensi operai e perfino comunisti. Fini invece si consegna alla sinistra, ovvero si fa usare in funzione antiberlusconiana dalla sinistra. Alla fine credo che gli elettori del centrodestra continueranno a votare per il Pdl perché Berlusconi ormai raccoglie anche i consensi del versante destro, inclusi gli elettori finiani provenienti dal vecchio Msi. Ma se esiste oggi un’egemonia della Lega sulla linea del governo e se esiste oggi la possibilità che al nord la Lega scavalchi il Pdl, lo dobbiamo soprattutto alla destra di Fini che ha abdicato al suo ruolo, ha disertato il suo impegno con gli elettori e non ha permesso di riequilibrare il centro-destra. Per questo, rilancio l’annuncio delle settimane scorse: cercasi leadership di destra credibile per bilanciare il centrodestra. Gentili colonnelli e cari peones della destra, affrancatevi da Fini, augurategli buona fortuna ma mandatelo a quel paese; non fingete che nulla stia accadendo. È partito per un lungo viaggio, il Gianfranco, verso il paese che non c’è. E voi non potete seguirlo, ma nemmeno fingere che sia rimasto a casa. Prendetene atto e traetene le conseguenze. Non per arruolarvi nei ranghi del berlusconismo, ma per offrire al centrodestra una sponda identitaria, nazionale e culturale adeguata. In caso contrario rischiate, voi che venite dal partito degli italiani, di essere i maggiori sponsor della Padania. (il Giornale)
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Posto in Rai alla moglie del portavoce di Gianfranco
Mamma Rai ha un figlio in più. O meglio, una figlia: volto abbastanza noto di una tv locale, gavetta in un canale sammarinese, esperienze al ministero delle Politiche comunitarie, parentela interessante - sostengono i maligni -, la brava Silvia Battazza due giorni fa è stata adottata in viale Mazzini con tanto di contratto a tempo indeterminato. La nuova figlia della Rai è già mamma e già moglie: è la consorte di Alfano. Ma non dell’Alfano Angelino, ministro della Giustizia. E neppure dell’Alfano Sonia, europarlamentare dipietrista (anche perché i matrimoni omosessuali non ci sono ancora). La Battazza è la sposa dell’Alfano Fabrizio, portavoce e paragaffe del presidente della Camera Gianfranco Fini.
La Battazza ha iniziato a bucare gli schermi nei primi anni Novanta grazie ai Giochi senza frontiere, fortunata trasmissione su una sorta di Olimpiadi tra nazioni dalle prove più bizzarre e divertenti. E lei, carina è carina, rappresentava come conduttrice la minuscola ma agguerrita San Marino. La piccola Repubblica nell’agosto del 1991 aveva partorito la San Marino Rtv, servizio radiotelevisivo pubblico, partecipato al 50 per cento dall’ente per la radiodiffusione sammarinese e al 50 per cento dalla Rai. Oggi retta dalla celebre Carmen Lasorella, l’emittente è stata la palestra della Battazza, un cuore diviso tra il Titano e Roma, città dove vive il marito nonché ugola dell’ex leader di An. A lei l’onore di condurre la prima edizione di San Marino Rtv-Notizie, Tg di dodici minuti andato in onda il 28 febbraio 1994. Dall’1 gennaio 2006 la giornalista è nella Capitale come addetta stampa dell’ambasciata della Repubblica di San Marino e poi inanella un paio di consulenze al ministero delle Politiche comunitarie. Con l’incarico di «Comunicazione istituzionale con particolare riferimento all’informazione on line e a quei prodotti editoriali innovativi che utilizzano il sistema on the web», lavora dall’ottobre al dicembre 2008 (2mila 600 euro lordi al mese) e poi dal gennaio a giugno 2009 (mille e 600 euro lordi al mese).
Poi il fortunato giro di walzer a viale Mazzini e per lei, una vita nelle notizie, una bella, davvero bella notizia: assunta. Assunta a tempo indeterminato in Rai presso l’ufficio stampa, in sostituzione di Mauro Valente, dirottato alla testata Raisport. E i precari? Be’, tranquilli, il Cdr (sindacato interno dell’azienda) ha chiesto che per rimpiazzare una collega andata in pensione, si peschi da lì.
da il giornale
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