Le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio, orientate prima a farci sperare che – finalmente! – avremmo avuto la tante volte promessa riforma tributaria e poi a deluderci per l’ennesima volta, dichiarando che per adesso almeno non se ne parla proprio, sono state variamente commentate e potrebbe apparire superfluo insistere ulteriormente sull’argomento. Ma insistere si deve ed è quanto intendo fare adesso.
Maurizio Belpietro sul Libero, giornale da lui diretto ha sintetizzato quella che a me sembra una tesi sacrosanta: non ci siamo, non ci siamo proprio. E’ dovere di tutti ma in particolare di quanti lo hanno sostenuto per quindici anni nella sua lotta politica dirglielo e senza mezzi termini: la riforma tributaria è sempre stata un impegno solennemente assunto e ampiamente sbandierato di Berlusconi, di Forza Italia, del Pdl, del centro-destra e non saranno certamente le platealmente false giaculatorie sulla crisi che non ce lo consente a farci perdonare la più plateale, vergognosa ed ingiustificata inadempienza del nostro amato presidente del Consiglio. Non dia retta ai sondaggi, dimentichi i suoi indubbi passati successi, non si culli sull’ovvia considerazione che non esistono da nessuna parte alternative credibili. Se non mantiene e subito, senza indugi di sorta, il suo impegno di darci un fisco migliore potrà fare affidamento soltanto sulla delusione prima e il disprezzo poi di quanti in lui credono.
La contraddittorietà delle due dichiarazioni del Silvio nazionale dimostra a mio parere alcune cose importanti. Anzitutto, essa fa giustizia della strumentale interpretazione della prima come “propaganda pre-elettorale” (come se fosse la prima volta che Berlusconi promette una drastica riforma fiscale). Se, infatti, la promessa di abbattere le aliquote fosse stata fatta per ottenere consensi utili per le prossime elezioni regionali, non sarebbe stata smentita così rapidamente, sarebbe stata lasciata galleggiare fino alle elezioni salvo essere ritrattata subito dopo.
In secondo luogo, se ci chiediamo perché la promessa iniziale sia stata fatta, perveniamo all’ovvia conclusione che evidentemente Berlusconi è convinto che quella riforma sia necessaria e utile all’economia italiana. Del resto, se così non fosse quella riforma non sarebbe stata promessa tante volte lungo un così elevato numero di anni.
Perveniamo così a quello che è il vero quesito importante della faccenda: perché quella promessa è stata disattesa? Perché Berlusconi, che in quella riforma crede, non la ha finora realizzata pur avendone avuto la possibilità sia nel quinquennio 2001-2006 sia negli ultimi due anni? A quella domanda si può rispondere molto facilmente ma non esaurientemente. Vediamo.
Come ricorda Sergio Rizzo (Corriere della sera, 11 gennaio) da candidato del “patto Segni” l’attuale ministro dell’economia bollò la proposta di aliquota unica che faceva parte del programma di Forza Italia nel 1994 come “miracolismo finanziario”. Il commercialista più pagato d’Italia evidentemente ha preferito in questo caso essere coerente ed ha quindi continuato ad opporsi a qualsiasi riforma tributaria. Gli è andata bene nel 2001-2006 e sembra gli stia andando bene anche stavolta. L’esistente, da cui ha lucrato onorari da capogiro, finora non è stato nemmeno scalfito; il “fisco di Visco” continua imperterrito ad impedire all’Italia di crescere, ai ricchi di evitare di pagare le tasse, ai furbi di fare i loro comodi ed ai consulenti tributari di arricchirsi.
Poco importa che questo sistema fiscale frutti pochissimo allo Stato, che punisca il lavoro, scoraggi il risparmio e gli investimenti, riduca a zero la crescita economia del paese, sia causa di iniquità intollerabili, a qualcuno va bene così e, siccome il qualcuno in questione è persona che conta, non si cambia nulla.
Questa a mio parere la spiegazione, forse presentata con eccessiva crudezza ma sostanzialmente vera; però non esauriente perché non spiega per quale mai motivo, stando così le cose, Berlusconi continui ad affidare le sorti della nostra economia e la sua personale credibilità a persona che gli impedisce di realizzare quanto ha reiteratamente promesso. Non esiste un articolo della Costituzione vigente che reciti: “in caso di governo di centro-destra tutti i poteri economici devono essere affidati a Giulio Tremonti”. Chi o cosa, in nome di Iddio, costringe Berlusconi a continuare a contraddirsi, promettendo il cambiamento ed infliggendoci invece l’immobilismo? Io non lo so ma la mia ignoranza non mi pesa eccessivamente. (IBL)
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1 commento:
azzo, ma allora è proprio vero che vogliono far fuori Tremonti...
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