Non rischiamo il collasso economico, siamo nel pieno di un infarto politico. Ciò che ci mette a rischio non sono i conti nazionali, ma la necessità di pagare il conto della rinuncia alla politica. Quella vera. Ragioniamo su questa faccenda del Fondo monetario internazionale, osserviamo il modo in cui la politica reagisce e riflettiamo su quel che gli opinionisti non scrivono. Aiuta a capire cosa succede.
Ci sono aspetti internazionali e questioni nazionali, cominciamo dai primi: il Fmi che commissaria l’Italia, monitorandone i conti, equivale ad un commissariamento dell’euro e ad un’esautorazione delle autorità dell’Unione. Ciò segnala che l’asse franco-tedesco s’è rotto e la torta Sarkel è andata a male. Come qui prevedemmo. Dopo di che gli Stati Uniti fanno perno sulla Francia e cambiano lo scenario, lasciando ai tedeschi la (sciocca) soddisfazione di dire che la Bce è rimasta fuori da un gioco che a loro non piace. Obama ha ragione a mettere in evidenza la mancanza di una vera banca centrale, ma l’idea che i francesi vogliano approfittarne dopo averci affondato non è simpatica.
Christine Lagarde dice che l’Italia non è credibile (intendendo il governo italiano), il che, naturalmente, manda in visibilio i nostri commentatori, cresciuti a pane e faziosità. Forse qualcuno ricorderà che la signora era ministro economico francese, nel mentre quel Paese accumulava un deficit di gran lunga superiore al nostro e le loro banche s’inzuppavano di titoli pubblici altrui, speculando. E forse qualcuno non s’è dimenticato di come Lagarde, che fu avvocato negli Stati Uniti, è giunta a dirigere il Fmi, a seguito di un arresto subito dal predecessore, negli Usa, essendo Strauss Khan avversario di Sarkozy, accusato di violenza carnale e poi scagionato. Ma una volta fatto fuori. Santi numi, vogliamo discutere di credibilità?
Non è questione d’abbandonarsi alle fissazioni complottarde, ma d’avere chiaro in quale teatro si recita. E quanto forti sono gli interessi che tendono a mettere sul conto di altri, in questo caso nostro, il costo degli errori commessi da tedeschi e francesi.
Ora calziamo gli stivali e veniamo alla mota di casa nostra: il commissariamento piace a tutti, perché nessuno ha conservato dignità e lucidità. Piace al punto che tutti parlano di come far cassa e non di come cambiare registro. Piace alle opposizioni, perché così sperano che altri li liberino da quel malefico Berlusconi da cui loro, da sé sole, non riescono a liberarsi. Della serie: visto che ci governano altri, a Palazzo Chigi possiamo andarci anche noi o, se proprio non si può, ci mettiamo un professorazzo inutile, che segni l’era della nostra resurrezione. Ma piace, il commissariamento, anche al governo dei morti viventi che, anzi, s’affannano a dire: li abbiamo chiamati noi. Della serie: visto che ci governano altri, siamo noi i migliori garanti che non saranno disturbati. Questa politicaccia degli inetti ci declassa a colonia pagante d’imperi inesistenti.
Corollario: il governo dei morti viventi e l’opposizione dei morti morenti meriterebbero elettorale sepoltura, non perché le urne (absit iniuria verbis) siano salvifiche, né per veder nascere una nuova classe politica (magari!), ma perché toglierle dall’orizzonte e porle alle spalle aiuterebbe a prendere atto che la nostra crisi è profondamente istituzionale, richiedendo una via d’uscita costituente, cosa che, in fine legislatura, provoca infarti ma non soluzioni, capita, però, che da commissariati preferirebbero non le facessimo. Tanto i commissari mica devono essere eletti. Quesito: come si fa ad impedire che una democrazia si conduca alle elezioni? Semplice: si proclama che la garanzia della nostra stabilità e sovranità risiede nell’unico luogo ove si abita senza potere essere sloggiati e si giunge senza essere eletti: il Quirinale. Guardateli in faccia, quelli che continuano a dire che la nostra salvezza è Giorgio Napolitano (il comunista filoamericano, l’europeista che votò contro l’Europa) e non dubitate che siano sottili depistatori: sono ottusi depistati.
Le elezioni piacerebbero al pd di Bersani, che nell’implosione degli avversari ripone l’unica speranza di vittoria, ma Napolitano non lavora per loro, conquistandosi il ruolo di super partes. Non li ha affatto simpatici, anche perché nel nonno di quel partito fu sempre tenuto lontano dalle stanze che contano e spinto ad occuparsi di quel che gli tarpava le ali (responsabile della politica estera quando erano filosovietici e responsabili delle imprese quando si finanziavano con le tangenti da intermediazione internazionale). Il Quirinale gioca in proprio, fa sponda ai commissari, taglia le unghie a chi governa e sbollenta chi s’oppone, incassando dall’estero il riconoscimento di garante. Ciò non ferma gli spread, ma neanche la decomposizione costituzionale.
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