martedì 28 febbraio 2012

Perché guadagniamo la metà dei tedeschi. Gianni Pardo

Mark Twain è uno dei massimi geni, in materia di humour. Quando un giornale ne annunciò il decesso, smentì lui stesso il lutto con queste parole: “Vi prego di notare che la notizia della mia morte è largamente esagerata”. Un’altra sua battuta, fra le tante: “Adamo non mangiò il pomo per amore del pomo, lo mangiò perché era proibito. L’errore fu di non proibire il serpente, ché, in tal caso, avrebbe mangiato il serpente”. E infine, per ciò che può servire oggi, questo principio: “Esistono piccole bugie, grandi bugie, statistiche”.

Chi le compila magari non vuole ingannare il prossimo: ma sono le fonti stesse che possono lasciare perplessi. Quando si pubblica una statistica sugli accoppiamenti mensili delle coppie sposate ultraquarantenni, non si può credere che uno, interrogato dal primo venuto, gli dica: “Io faccio l’amore ogni giorno, e se mia moglie è via ho una vicina molto comprensiva”, rischiando di passare per un immorale e un mandrillo. E neppure che dica: “Sono anni che non faccio l’amore con mia moglie. Mi ha fatto passare la voglia del sesso”.

La notizia statistica del giorno è che gli italiani guadagnano molto meno degli altri lavoratori dei principali Paesi europei - si parla di un 50% in meno dei lavoratori tedeschi, olandesi e lussemburghesi – mentre il costo del lavoro in Italia è solo del 20% inferiore a quello tedesco. Sarebbe come dire che il datore di lavoro tedesco paga 125 e il datore di lavoro italiano paga 100 (125-20%=100), ma mentre l’italiano guadagna 50 (l’altro 50 va in imposte e tasse), il tedesco guadagna 100 (il doppio di 50).

Il costo del lavoro italiano è superiore a quello di tutto il sud-Europa e perfino della Gran Bretagna e tuttavia guadagniamo meno di tutti gli altri, perfino dei lavoratori della Spagna, di Cipro e della Grecia fino ad ieri. Solo i Portoghesi e i maltesi stanno peggio di noi, se ciò può consolare qualcuno. Ma il fenomeno merita d’essere spiegato.

Approfondendo un po’ uno sente da altra fonte che da noi già il Tfr e la previdenza, da soli, incidono sulla paga per il 40%, mentre in altri Paesi (forse in Germania, se abbiamo sentito bene) della previdenza deve occuparsi lo stesso lavoratore, con quello che riceve, e si diviene prudenti. Aveva ragione Mark Twain, con le statistiche: i dati spesso non sono perfettamente comparabili. Meglio guardare alla sostanza.

L’Italia è nella situazione in cui è perché così l’hanno voluta gli italiani. Non è che lo Stato si sia divertito a falcidiare le paghe con le tasse, come proclamano in malafede i sindacati. Ecco un esempio: siamo tutti d’accordo che chi è vecchio o malato, ed ha lavorato per tutta la vita, è bene che abbia un reddito e un’assistenza medica. Potrebbe averle assicurandosi contro le malattie e la vecchiaia e basterebbe che lo Stato lo obbligasse a farlo. Ma le anime belle dicono: e se non lo fa? E se poi, da vecchio, non ha di che vivere o si ammala, che faremo, lo lasceremo morire? Meglio che lo Stato gli tolga i soldi necessari di tasca. Fa l’altro, gestendo la sua previdenza, gli offrirà un costo minore di quello che gli offrirebbero i privati. E lo stesso ragionamento viene esteso per molte prestazioni, col doppio risultato che la busta paga è pesantemente decurtata, mentre lo Stato offre tutt’altro che servizi meno cari e più efficienti di quelli che offrirebbero i privati (guadagnandoci).

Inoltre, lo stesso Stato che vuole assicurare le cure mediche ai lavoratori e ai pensionati non si limita a pagare le rette ospedaliere, ma gestisce in proprio la Sanità, con costi stratosferici, in omaggio alla mentalità della gente secondo cui, se una cosa la fa lo Stato, i privati non ci si arricchiscono. Dimenticando che spesso i privati si arricchiscono offrendo al pubblico prezzi inferiori di quelli che chiede lo Stato con le tasse. Ma un principio per così dire viscerale della sinistra vuole che tutto sia affidato allo Stato: quella suprema “realtà etica” di Hegel cui hanno creduto più gli italiani che i tedeschi.

Si è arrivati al punto che il datore di lavoro paga un’enormità e il lavoratore è pagato meno che a Cipro: ma in compenso, se ha bisogno di una tac, gliela fanno gratuitamente, cioè pagando un pesante ticket.

Naturalmente, se può aspettare alcuni mesi.

Ecco perché le proteste dei sindacati e di molti cittadini indignano il liberale. Mentre la sinistra ha lanciato grida di giubilo ad ogni nuova “conquista”, il liberale ha sempre accolto come un lutto la notizia di ogni nuovo compito affidato allo Stato, certo che solo con molto ritardo gli interessati si sarebbero accorti che per invidia e per ideologia si erano autodanneggiati. Ma come aiutare chi ama chiudere gli occhi sulla realtà?

Ora qualcuno chiede che il governo Monti, e la Fornero, mettano rimedio a tutto ciò. Siamo di nuovo al proposito di rivoltare l’Italia come un calzino? (il Legno Storto)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Lo dicono tutti i sondaggi: la fiducia nei partiti non ha mai toccato un punto così basso. Conseguenza di un sistema che si perpetua per cooptazione e che, grazie a una pessima legge elettorale, premia non chi raccoglie consenso ma chi si lega meglio al leader di turno.
Una delle tante eredità del grande silvio