lunedì 7 ottobre 2013

Basta con le giornate della vergogna. Federico Punzi

 


Mi scusi presidente Napolitano. Mi scusi signor Papa Francesco. Scusatemi signori ministri e signori direttori dei giornali più responsabili e pensosi d’Italia. Ma “vergogna” a chi? Quando si esclama “vergogna!” è sottinteso che qualcuno debba vergognarsi, quindi sarebbe corretto precisare chi si dovrebbe vergognare. Invece non è chiaro a chi fosse rivolta la vostra indignazione, anche se una vaga idea purtroppo me la sono fatta. Ma io non mi vergogno, né come italiano né come europeo. Provo pietà, certo, per gli innocenti morti in mare a Lampedusa, ma nessun senso di responsabilità, né personale né collettivo. E credo che noi in Italia abbiamo i media, i giornalisti, i politici, i presidenti, i papi più ipocriti di tutto il mondo, che in queste drammatiche situazioni non sanno fare altro che sfoggiare una retorica penosa e vigliacche strumentalizzazioni, incapaci di guardare in faccia e chiamare i problemi con il loro nome.

Andrebbero bandite tutte le strumentalizzazioni, quelle di chi polemizza con gli avversari politici, ma anche di chi ne approfitta per partire all’attacco della legge Bossi-Fini, che davvero non c’entra nulla con quanto è capitato. E comunque, quanti oggi puntano l’indice contro quella legge sono gli stessi che non qualche anno fa, ma nei giorni scorsi non si sono recati a firmare il referendum per abolirla, impedendo che raggiungesse il numero di firme necessarie, dunque dovrebbero solo tacere. Non è l’Italia, e nemmeno l’Europa a doversi vergognare, ma sono i nuovi mercanti di schiavi e i governi dell’Africa e del Medio Oriente che quando va bene condannano i loro popoli alla miseria, tra corruzione e malgoverno, quando va male calpestano i loro diritti, li violentano, li derubano e li massacrano in guerre fratricide. Su di loro ricade la vera responsabilità di questa e di altre tragedie, e del dramma dell’immigrazione in generale. E ormai da decenni non c’è più nemmeno l’alibi del colonialismo ad alleggerire le loro colpe.

Quando il Papa si reca in visita nelle zone più povere della terra, oltre che abbracciare i bisognosi si ricordi di gridare “vergogna” all’indirizzo dei loro governanti. Pur con tutte le contraddizioni e le difficoltà finanziarie al nostro interno accogliamo tutti a braccia aperte, tolleriamo culture e religioni diverse. Anche violente, anche se non riceviamo lo stesso trattamento. Il diritto d’asilo è riconosciuto e praticato sia in Italia che in Europa. Soccorriamo ogni anno decine di migliaia di profughi, e altrettanti li aiutiamo da lontano con aiuti umanitari. Integriamo milioni di immigrati, permettendo loro di lavorare, e offrendo servizi molto costosi: sanità, istruzione, sussidi. Abbiamo le nostre regole. Migliorabili? Certo, ma umane e in linea con quelle degli altri Paesi europei, reato di clandestinità compreso, e per durezza lontane anni luce da paesi civilissimi e da sempre apertissimi all'immigrazione come gli Stati Uniti. In Europa si potrebbe collaborare di più per gestire il fenomeno dell’immigrazione.

È vero, i Paesi del centro e del nord Europa ci lasciano un po’ troppo soli, ma nemmeno loro è la colpa della tragedia che piangiamo oggi al largo delle nostre coste. Ne abbiamo abbastanza di queste giornate dell’ipocrisia e della vergogna. È un’Italia, un’Europa, e un Occidente in generale in cui si cerca la pagliuzza nei nostri occhi e non si nota la trave negli occhi altrui. Ci vergogniamo di quello che siamo, di quello che facciamo, siamo sopraffatti dal senso di colpa per le fortune che ci siamo procurati con l'ingegno, la fatica e la civiltà. Questa è la causa più grande dei nostri mali di questi tempi, del nostro immobilismo. Questo è il malessere dell’anima che rischia di trascinare la civiltà occidentale sulla via del declino. (l'Opinione)

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