domenica 1 dicembre 2013

Decadenza di Berlusconi: un caso di galateo politico. Sergio Romano

Da passata corrispondenza, lei sa che sono stata la prima donna di origine italiana eletta a un Parlamento australiano. Oggi le chiedo ospitalità in questa rubrica per congratularmi con i miei colleghi parlamentari italiani per avere avuto il coraggio di applicare la giusta legge anche a un personaggio potente quale Berlusconi. Bravi, bravissimi. Anche così lontani vi inviamo la nostra ammirazione e solidarietà. Con il vostro voto avete ridato onore e dignità alla nostra amata Repubblica.

Franca Arena, Sydney


Cara Signora,

Ricordo ai lettori che lei lasciò Genova, la sua città natale, appena ventenne e che ha raccontato la sua vita, qualche anno fa, in una bella autobiografia pubblicata in Australia. Ha trovato un impiego, ha imparato l'inglese, è divenuta cittadina australiana e ha fatto una brillante carriera politica nel partito laburista conquistando un seggio nella Camera del New South Wales e importanti incarichi di governo.
Ma non ha mai smesso di seguire con grande partecipazione le vicende italiane e, con una punta di nostalgia, quelle di Genova.
La sua lettera, quindi, non mi ha sorpreso. Buona parte della sua vita è stata spesa in battaglie contro la corruzione, per la legalità, per l'affermazione dei diritti umani e civili. E anche oggi, dopo avere lasciato la politica attiva, lei non smette di svolgere un ruolo significativo nella società civile australiana. Proprio per queste ragioni, tuttavia, ho l'obbligo di dirle che il modo in cui Berlusconi è stato estromesso dal Senato mi è parso un discutibile colpo inferto al galateo politico.
Le ricordo la situazione dell'Italia dopo le elezioni politiche dello scorso febbraio. Grazie alla legge elettorale, il Partito democratico aveva la maggioranza alla Camera dei deputati, ma non al Senato e aveva bisogno, per governare, di un alleato. Pierluigi Bersani cercò di formare una coalizione con il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, ma si scontrò con il disegno di una forza politica che desiderava soprattutto nuove elezioni in tempi brevi per allargare e rafforzare il proprio seguito. Il presidente della Repubblica giunse rapidamente alla conclusione che l'Italia non poteva permettersi di tornare alle urne per due ragioni: perché la credibilità finanziaria del Paese ne avrebbe drammaticamente sofferto e perché la pessima legge elettorale con cui avevamo appena votato non garantiva risultati diversi. Sono queste le ragioni per cui fu costituito un «governo di larghe intese» sostenuto dai due maggiori partiti: il Pd e il Pdl di Silvio Berlusconi.
Se l'Italia è stata governata dalla scorsa primavera lo deve a una specie di patto di condominio.Dopo la condanna confermata dalla Corte di Cassazione, tuttavia, il Pd si è comportato, di fatto, come se l'estromissione di Berlusconi dal Parlamento fosse auspicabile. Avrebbe potuto assumere un atteggiamento più neutrale, accettare che la Legge Severino (quella utilizzata per la decadenza di Berlusconi al Senato) venisse sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, lasciare che la sorte di Berlusconi venisse decisa dai tempi della giustizia (nelle prossime elezioni non sarà comunque candidabile).
Ma il desiderio dell'eliminazione del vecchio nemico ha prevalso su qualsiasi altra considerazione. Non è sorprendente, in queste circostanze, che Berlusconi e i suoi fedeli percepiscano il voto sulla decadenza come una violazione del patto stipulato per il governo del Paese.
Ancora una considerazione, cara Signora.
Per risanare i conti del Paese sotto gli occhi vigili della Commissione di Bruxelles e dei mercati, il governo Letta deve scontrarsi quotidianamente con le resistenze e i malumori di quella parte crescente della società che attribuisce tutti i mali del Paese all'euro, all'Unione Europea e alla Germania. Il partito che nelle ultime elezioni ha maggiormente espresso questi sentimenti è il Movimento 5 Stelle.
Oggi Berlusconi è libero di attizzare a sua volta il fuoco della rabbia anti-europea. E Letta avrà nel Paese un nemico in più.

(Corriere della Sera)

Nessun commento: