Dunque Sallusti, direttore de "Il Giornale", è un giornalista riprovevole, da interdire, almeno (per ora) per due mesi, dal diritto di divulgare il proprio pensiero con la stampa e con altri mezzi di comunicazione, perché ha consentito, accettandone la collaborazione, che un altro giornalista, privato della "patente di esercizio" del diritto costituzionale di cui all'art. 21 della Costituzione, esercitasse il diritto stesso e lo aiutasse ad esercitarlo.
Il cittadino interdetto in perpetuo del diritto di scrivere e parlare è Renato Farina, condannato alla mordacchia (lo strumento che il boia applicava alla bocca degli eretici condannati al rogo perché non scandalizzassero i convenuti allo spettacolo pronunziando in extremis qualche frase blasfema) perché aveva collaborato con i servizi segreti. Mica quelli sovietici (ce ne saranno pure stati di giornalisti che osservavano il dovere di solidarietà con i compagni dell'Est!), collaborava con quelli italiani. Servizi che, fino a prova del contrario, non sono un'associazione a delinquere, ma un organismo dello Stato, della Repubblica Italiana.
Ma, il discorso è, per me, qui ed ora, un altro. Sono un giornalista abusivo. Abusivo se, come sembrerebbe, per fare il giornalista ci vuole patente, come per guidare l'auto (non ho neanche quella… e non perché me l'abbiano tolta perché, magari, avrei potuto collaborare con i servizi segreti, ma perché non l'ho mai avuta).
Però scrivo, scrivo sul bisettimanale internet Giustizia Giusta. Scrivo, per L'Opinione, scrivo, qualche volta, per Il Foglio. Scrivo anche molto, forse troppo. Ma per questo il rimedio c'è: mi leggono poco. Scrivo sempre (e sempre, ho scritto) gratuitamente, ma l'autolesionismo non è reato. Renato Farina, "ridotto allo stato laicale" (come dice la Chiesa dei preti colpiti da censure ecclesiastiche) è, né più né meno, un cittadino come me, che se scrive e si fa leggere, esercita un suo diritto costituzionale. Chi gli consente di esercitarlo compie dunque un delitto?
Sallusti si è valso della penna (o magari dell'aiuto alla penna sua o di altri suoi collaboratori) di questo cittadino senza patente per esercitare il diritto di cui all'art. 21 della Costituzione. Come Perricone, Diaconale, Ferrara si valgono, abitualmente il primo, saltuariamente gli altri due, della collaborazione di quest'altro sans papier che sono io.
Sospenderanno anche loro dall'iscrizione dei cittadini aventi diritto a pieno titolo (e non di straforo) ad avvalersi dell'art. 21 della Costituzione?
O forse questi tre, ottime persone, non giungono al grado di colpevolezza di Sallusti perché io non sono pagato e mai lo sono stato anche in passato mentre, forse, Renato Farina, oltre che dell'art. 21 della Costituzione, si sospetta usufruisse anche dell'art. 36 (quello della retribuzione del lavoratore?). Ma allora è forse, questa storia dell'Ordine dei Giornalisti, tutta una questione di denaro?
Probabilmente sì, o, forse, no. E' questione d'altro. Sallusti ha parlato, giustamente, di persecuzione. E' una parola che non vorremmo sentire. Ma se le considerazioni di questo giornalista abusivo che rivendica il diritto costituzionale per sé e per gli altri a tale abuso, non sono poi una totale sciocchezza, allora, signori miei, dobbiamo riflettere seriamente che non solo c'è un abuso in danno di Sallusti, ma l'Ordine dei Giornalisti è concepito, come lo concepì il fascismo, solo in funzione della possibilità, se non altro, di abusi del genere.
(da Giustizia Giusta)
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