martedì 13 settembre 2011

L'euromasochismo. Giuliano Ferrara

Berlusconi dovrebbe distribuire a Strasburgo fotocopie dell’articolo comparso ieri sul New York Times a firma Paul Krugman (purtroppo il grande economista è anche premio Nobel, ma nessuno è perfetto).
E` una splendente intemerata contro gli euroallarmisti, i custodi miopi della stabilità dei prezzi che abitano alla Banca centrale di Francoforte, i masochisti che non comprendono la necessità urgente di foraggiare e promuovere la crescita e il lavoro, stregati come sono, in una logica piccolo-bottegaia, dalle frescacce che loro stessi ci hanno ammannito tutta l`estate sulla grande crisi da debito. Krugman è un keynesiano ultraosservante e un liberal di quattro cotte, ma questo non gli impedisce di essere intelligente, eloquente e libero nel giudizio. La sua tesi è questa. Finché gli europei si agitano dentro la crisi con mezzi solo fiscali, e stangate dietro stangate, e finché la Banca centrale continuerà a comportarsi da ragioniere generale della moneta, applicando una politica della lesina e della castrazione dell`economia reale, punitiva verso il debito e disastrosa per la crescita, l`Europa non uscirà da una spirale negativa generatrice di possibile recessione.

Con la conseguenza, sostiene l`economista americano, che il bank run dei bilanci statali, cioè la corsa degli investitori a disìnvestire dai titoli pubblici e a far salire gli interessi da pagare sul mercato, diverrà sempre più convulsa e realizzerà una perfetta self-fulfilling prophecy, cioè un comportamento predittivo che realizza il peggio dei suoi stessi incubi. Mai letta una così chiara confutazione dello stupido e interessato allarmismo finanziario che ci ha rovinato gli ultimi mesi, e in particolare questa estate di follia e di imprevidenza nelle Borse, nelle banche e sui mercati dei titoli.

I tedeschi in particolare, dice Krugman, agiscono come se il problema dell`euro e dell`Europa fosse una storia moraleggiante di debiti e di cinghie dà tirare per pagarli:

"Gli stati hanno preso troppo denaro in prestito, ora ne pagano il prezzo, e l`austerità fiscale è l`unica risposta".

Sounds familiar, questa balla? E` l`unica scemenza che tutti non cessano instancabilmente di ripetere, destra sinistra e centro.

E` la versione alla quale purtroppo, almeno in parte, anche il governo Berlusconi alla fine ha dovuto piegarsi, sotto la sferza dell`offensiva politica domestica, combinata con le lettere della ragioneria generale di Francoforte firmate da Trichet e da Draghi. Questo delirio debitorio da curare con l`austerità fiscale più rigorosa vale invece solo per la Grecia, dice l`economista americano, perché Spagna e Italia hanno situazioni debitorie e patrimoniali e di deficit sostenibili. La differenza è che non hanno una moneta, e non possono finanziare il loro debito, come fa regolarmente la Gran Bretagna con la sua sterlina. E questo accende il bank run di stato, l`assalto sfiduciato agli sportelli dei bilanci pubblici, si ripercuote sulle banche che hanno ovviamente in pancia questi titoli, e rischia di portare situazioni greche tra gli spagnoli e tra gli italiani, che avrebbero ben altre vie per fronteggiare crisi e speculazione di mercato. Invece di essere esitante e moralistica e punitiva, ciò che porta altro panico, come insegna il caso di quel sinistro Herr Stark e delle sue dimissionibomba, la Bce dovrebbe virilmente affrontare il rischio, peraltro lontano vista la depressione economica, di un po` di inflazione, e dovrebbe comprare a piene mani i titoli italiani e spagnoli.

L`incentivazione dello sviluppo e la creazione di lavoro sono i veri problemi delle economie europee, come dimostrano i drastici deprezzamenti di Borsa nel settore manifatturiero e i dati, quelli sì parecchio allarmanti, sul calo della produzione in luglio.

Berlusconi aveva fatto un appello pubblico e politico a frustare da subito il cavallo dell`economia nello scorso mese di gennaio, e aveva esplicitamente ammonito questo establishment imprenditoriale e finanziario pigro e sottomesso agli euroragionierí e ai manovratori di palazzo della crisi politica infinita del sistema italiano. Il debito si cura con il lavoro, non con le patrimoniali che producono altro debito e deprimono gli investimenti, non con le austerità e i rigorismi insensati. Le riforme strutturali liberalizzatrici e privatizzatrici devono servire alla crescita, non ad accompagnare il declino o la stagnazione con buone intenzioni fiscali. Si capisce perché un inconsapevole Krugman italiano come Giavazzi abbia definito morfina gli acquisti di bond italiani da parte della Bce, si capiscono le sue buone intenzioni riformatrici. Ma è uno sbaglio. Il mancato appoggio alla battaglia per lo sviluppo, che attraversa anche il governo Berlusconi, è stato l`atto di rassegnazione che ha preparato l`estate da lupi che abbiamo appena vissuto. Non basta dire che ci vuole la crescita, bisogna rischiare un po` di inflazione e sostenere i bilanci europei contro la corsa agli sportelli.

Put your money where your mouth is. Mettici i soldi, se ci credi. (il Foglio)

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