È stata l’estate dell’allarmismo. Gli incendiari si sono lavorati ben bene le Borse, la quotazione dei titoli pubblici, i rating dei bilanci statali,compresa l’inedita svalutazione della tripla A che l’agenzia globale Moody’s aveva sempre attribuito al tesoro pubblico del Paese più ricco del mondo, gli Stati Uniti. L’allarmismo è una brutta bestia. Diffonde insicurezza e paura, smobilita risorse utili, deprime i consumi, diffonde sfiducia, deprezza il valore di imprese e banche, induce a comportamenti volatili i legislatori, impedisce il varo di strategie per la crescita e per il lavoro, disincentiva gli investimenti e la ricerca, crea agitazione, odio e invidia sociale. L’allarmismo fa guadagnare alcuni, pochi, e fa perdere altri, molti. È uno strumento di destabilizzazione politica ad alto rischio, induce comportamenti estremisti, si muove a slavina ingrossandosi a ogni passo. Appena possono, gli allarmisti diventano decisamente e cinicamente catastrofisti, allora il mondo in cui viviamo appare un’immensa minaccia che insidia la coscienza individuale e di gruppo, si comincia a vivere l’invivibile, ogni sforzo pare inutile, ogni strumento di reazione inservibile, lo spread sugli interessi dei titoli di Stato si fa orco, il calo in Borsa si fa declino ineluttabile, i mercati sembrano belve affamate pronte a divorare i risparmi e il frutto del lavoro, il futuro immaginario e tenebroso si mangia il presente e le mille lezioni del passato.
Allarmismo e catastrofismo non sono solo noti mezzi per arricchirsi rapidamente a spese dell’ingenuità pubblica e privata, non si limitano a funzionare come arnesi di scasso politico al servizio di lobby astute e irresponsabili, sono qualcosa di più grande e perfino tremendo: sono ideologia corrente, una falsa coscienza della realtà, un modo di essere o una seconda pelle che indossa da decenni l’Occidente, con le sue fonti di informazione globalizzate, con i gruppi di interesse che spingono per la diffusione del terrore negli ambienti dell’economia, della ricerca & previsione scientifica, delle agenzie internazionali che aspirano al governo del pianeta. Un mondo impaurito, che assimila i luoghi comuni sulla salute, le sciocchezze sulla prevenzione sistematica come forma di vita, le immagini della natura come incombente disastro di ogni giorno, è un mondo più facilmente asservibile a quei meccanismi irriflessi che generano nuovi poteri e permettono un esercizio più disinvolto di vecchi poteri. La cultura apocalittica, che abbiamo assaggiato questa estate in una forma estrema, e che ora ci mette le mani in tasca e trasforma un debito ampiamente garantito e variamente gestibile in una potenziale insolvenza, e l’Italia in un ammalato speciale dentro una corsia d’ospedale in cui sono ricoverati praticamente tutti, è il sostituto della lotta di classe novecentesca, dell’utopia regressiva dell’eguaglianza universale, un vero attentato alla libertà civile e alla libertà di pensiero.
Non è facile, ma Berlusconi dovrebbe cercare di sottrarsi alla tenaglia che vuole fare di lui un imputato in servizio permanente effettivo e adesso anche il cerbero che è delegato a gestire a colpi di tasse e patrimoniali un’emergenza dopo l’altra. La battaglia contro il declinismo, contro l’avvilente rappresentazione confindustriale e sindacale di un Paese in pericolo, dovrebbe stare al primo punto della sua agenda liberale. Come si è visto a Francoforte, un aspetto decisivo della famosa crisi da debito, che partendo dall’Europa ha contaminato mezzo mondo, è la grave divisione della Germania sul da farsi, l’irresolutezza politica pronta a tutto e a niente con la quale si affronta l’ovvio problema di un’Europa monetaria unica priva di un serio cointeressamento dell’unione a un destino economico e istituzionale comune, priva di un centro di comando sottratto a miopie ed egoismi nazionali. Ma la guerra contro i catastrofisti interessati al ribasso finanziario si può combattere e vincere solo se si associa alla campagna contro l’ideologia del declino universale e della paura verdeggiante, ecologica, sanitaria, previdenziale, tutti aspetti decisivi di un modo di vita fondato su un’ingenua inconsapevolezza della contingenza del mondo. (il Giornale)
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