mercoledì 6 giugno 2012

La gazzella e il leone. Davide Giacalone

La crisi angoscia il ministro Corrado Passera, che essendo responsabile dello sviluppo economico non si rassegna, giustamente, ad esserne il certificatore del regresso. Dice di alzarsi la mattina chiedendosi cosa si debba e possa fare, ma non si ha notizia delle risposte che trova, entro l’ora in cui va a coricarsi. Il fatto è che ci sono tante cose buone e giuste, che si potrebbero fare e non si fanno, ma prima di tutto si deve essere capaci di capire la situazione nella quale ci si trova. In un certo senso il terremoto è una metafora.

L’Italia è un Paese forte e ricco, la terza potenza economica e industriale di un’area, quella europea, che è la più ricca e forte del pianeta. Per molti aspetti i nostri piagnistei collettivi sono ridicoli. Come quelli del latifondista, depresso perché gli hanno portato via una cascina periferica, e se ne lamenta con il mendicante. O come colui il quale si rivolge affranto all’amico morente, dicendo: la fidanzata mi ha lasciato. E chi se ne frega. Ma se la perdita di una frazione infima dei propri beni è intesa come inizio della fine, se la fuga di una (saggia e previdente) fanciulla è intesa come condanna all’onanismo, ecco che quei due scemi hanno ragione di sentirsi persi, finiti. Noi somigliamo loro.

Il governatore della Banca d’Italia ha, non per primo, ma autorevolmente, ricordato che la condizione economica dell’Unione europea sarebbe florida e fortissima, se solo fosse veramente un’unione. Noi italiani abbiamo un debito pubblico troppo alto, ma non solo abbiamo un patrimonio pubblico che lo copre, non solo abbiamo patrimoni privati di gran lunga superiori al debito e più alti di quelli medi degli altri Paesi ricchi, ma il nostro debito complessivo, che somma quello pubblico a quello delle famiglie e delle imprese, è inferiore a quello di altri, è più o meno pari a quello tedesco, anche se calcolato rispetto al prodotto interno lordo, quindi usando il rapporto a noi più sfavorevole. La ragione per cui si chiamano al governo non dei ragionieri, ma gente che disponga di una visione d’insieme e abbia idee da spendere per il futuro, consiste proprio in questo: fare in modo che i punti di forza siano sfruttati, anche quando ci si trova in difficoltà.

Qui non si tratta di mettere gli occhiali con le lenti rosa, ma nemmeno la retorica della crisi deve accecarci al punto di negare quel che siamo. Il nostro sistema produttivo risente di arretratezze strutturali, ma è forte. Non ha alcun senso che i governanti stilino e ristilino il lungo elenco delle cose che si dovrebbero fare, in modo da lasciarle in eredità esattamente come le trovarono. Si tratta di scegliere, di individuare le priorità. Che oggi sono: a. riprendere l’iniziativa europea, imporre il ritorno alle sedi collegiali e rompere il maleficio di un’austerità cui ci siamo piegati per assai mal riposto senso di colpa; b. avviare la vendita di una fetta consistente del patrimonio pubblico, creando un veicolo che ne consenta la veloce monetizzazione e destinandola per due terzi all’abbattimento del debito pubblico e per un terzo alla diminuzione delle tasse; c. varare subito le riforme di cui tutti sanno con esattezza cosa e come si devono fare, salvo ciascuno bloccarsi per le resistenze corporative, che spesso sfociano in minacce. Un esempio? La giustizia: l’Italia non può permettersi di dipendere dalle toghe, che siano quelle dei magistrati o degli avvocati, basta, tanto più che, in questi anni, hanno prodotto tutto tranne che giustizia.

Al governo non può chiedersi la riforma dello Stato, pure necessaria. Quella è materia che spetta al Parlamento. Si può e si deve farla, chi lo impedirà trascinerà se stesso e gli altri nel pozzo nero di una democrazia in preda a convulsioni inconcludenti. E’ compito del governo, specie di un governo chiamato all’emergenza, avere visione, stabilire le priorità e agire con immediatezza. La metafora del terremoto è proprio questa: un popolo generoso, pronto a darsi da fare, anziché essere incoraggiato con le defiscalizzazioni e con lo sprone a costruire per un più forte modello di sviluppo viene umiliato con la tassazione (e voglio vedere come si farà a distinguere i due centesimi destinati ai terremotati), quindi con la coartazione, a sua volta dimensionata più sull’elemosina che sulla riscossa.

Per forza che poi ci si sveglia preoccupati e con la testa pesante. Non so se al governo conoscono la storiella della gazzella e del leone, e ho anche paura a ricordarla. Perché non basta correre, si dovrebbe anche sapere in che direzione.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

CONDIVIDO PIENAMENTE L'ARTICOLO

LA GAZZELLA
Si sveglia e dice - oggi devo correre di più, ltrmenti il leone mi acchiappa

IL LEONE
Si sveglia e dice --- oggi devo correre di più, altrimenti non raggiungo la gazzella e muoio di fame!

Anonimo ha detto...

Gli italiani sono sfiduciati: bocciano Monti e l'Europa

Gli italiani non credono più nelle istituzioni. E, quel che è peggio, temono di essere governati da organismi sovranazionali
il Giornale
di Andrea Indini - 06 giugno 2012, 19:38

Anonimo ha detto...

Ora anche il Financial Times boccia il governo Monti: incapace di risollevare l'Italia

Per il quotidiano londinese, il premier è focalizzato solo sulla scena internazionale e trascura i problemi interni del Paese. Governo litigioso e burocrazia radicata bloccano le riforme
di Domenico Ferrara - 06 giugno 2012, 17:55
ii Giornale

Anonimo ha detto...

RE TRAVICELLO

L'analisi del quotidiano continua implacabile: "L'Italia è nelle mani di burocrati che stanno combattendo il cambiamento e di un primo ministro che non si decide a fare i passi decisivi". Risultato? Un'occasione persa di fare le riforme necessarie-

Anonimo ha detto...

MERCOLEDÌ 6 GIUGNO 2012
da I SEGRETI DELLA CASTA
spider truman
La poltrona o il vitalizio? "Voglio tutt'e due!" e presenta ricorso al tribunale!
L’aveva chiamata «legge canaglia» e adesso, a poco meno di tre mesi , Mario Amicone trascina la Regione Abruzzo in Tribunale per cercare di riprendersi quello che ritiene sia suo di diritto: il vitalizio.
Tutto è nato per effetto della legge 40 del 2011 che prevede il divieto di cumulo a carico degli ex consiglieri regionali, titolari di assegno vitalizio a seguito della nomina degli stessi alla carica di presidente, vice presidente o componente di Cda, revisore legale, direttore generale di enti dipendenti dalla Regione, Consorzi, agenzie, aziende regionali.
Così Amicone, ex assessore regionale ai Trasporti e attuale direttore dell’Arpa (Agenzia regionale per l'Ambiente dell'Abruzzo) si è visto porre l’amletica domanda: vuoi mantenere il vitalizio o lo stipendio da direttore dell’Arpa? Perché tutti e due non possono ‘coabitare’.
La legge era stata promossa da Rifondazione Comunista «per colmare un vuoto normativo» ma l’ex assessore ha sempre ritenuto che fosse stata creata ad arte per colpire lui in prima persona. Amicone ha scelto di mantenere lo stipendio dell’incarico in corso (2.800 euro circa a fronte di 4 mila euro di vitalizio) rinunciando così al vitalizio.
Ma non solo: la Regione gli ha chiesto la restituzione delle somme indebitamente percepite che ammontano a circa 20 mila euro perché a marzo del 2011 è divenuto direttore dell’Arta e secondo la legge il divieto di cumulo vale per chi era stato nominato «alla data del 6 agosto 2011».
Ma adesso dopo settimane di riflessione Amicone ha deciso di partire al contrattacco. Contattato da PrimaDaNoi.it non vuole rilasciare nessuna dichiarazione: «non ho niente da dire».
Preferisce far parlare il suo avvocato in tribunale. Si è appellato, infatti, al giudice del lavoro, per il «riconoscimento del diritto al ripristino dell’assegno vitalizio» sospeso dal 1 febbraio scorso.
E ha chiesto anche la sospensione del provvedimento di recupero delle somme già erogate.
La Regione ha appreso la decisione dell’ex assessore solo il 18 maggio scorso con la notifica del ricorso e ha dato mandato agli avvocati Carlo Massacesi e Camilla Lucia D’Alonzo dell’avvocatura regionale di resistere nella controversia. Lo scorso primo giugno c’è stata la prima udienza di comparizione delle parti. Si andrà avanti nei prossimi mesi.
Ogni mese la Regione Abruzzo spende 320 mila euro di vitalizi per 139 ex consiglieri regionali. Altri 71 sono in attesa di maturare il vitalizio. Chissà che Amicone non apra un varco e spiani la strada anche ad altri che si possano trovare oggi o in futuro nella sua stessa posizione.

http://www.primadanoi.it/news/527496/Mario-Amicone-rivuole-il-vitalizio-ricorso-in-tribunale.html

Anonimo ha detto...

Ogni mese la Regione Abruzzo spende 320 mila euro di vitalizi per 139 ex consiglieri regionali.
Altri 71 sono in attesa di maturare il vitalizio.

... e intanto il povero pensionato resta a guardare sbalordito davanti allo spettacolo OSCENO di privilegi ingiustizie sprechi + ruberie varie +trucchi truffaldini... auto blu autisti barbieri commessi missioni gettoni

tutto a spese di PANTALONE dei BISOGNOSI.

Cambiamo la classe dirigente (casta)?
Subentra un'altra classe dirigente (casta)!

Butti giù la Bastiglia?
Ecco il Terrore!
giù il terrore?
Arriva Napoleone!
e dopo?
la Restaurazione - napoleone 3 - ..... avanti così ................
fin che il sole
risplenderà
sulle sciagure umane! (Foscolo)

Anonimo ha detto...

Una caratteristica importante ed esclusiva dei politici (la Casta): hanno tutti quanti

LA FACCIA DI BRONZO!

Anonimo ha detto...

E poi ... si parla di antipolitica, e si dice che la "Gente" si fa influenzare dai demagoghi sull'onda dello sdegno!
... ma mi faccia il piacere!
PS
Ed in più ci ritroviamo con Monti di tasse.
ari PS
Quanno che er poppolo senc...zza
scenne 'n piazza
co' la ramazza!
Quanno che er poppolo
cià pieni li coj .. in
scenne 'n piazza co li forconi!
E quanno che er poppolo 'ne po' cchiù
queli che comannano
cascheno ggiù!
PATAPUNFETE!

maurom ha detto...

Abbiamo un emulo del Belli.
Bravo!