Queste riflessioni s’intendono rivolte a me stesso e agli amici. Chi mi considera da tempo un traditore può astenersi dal continuare la lettura. I suoi insulti li conosco già. Ed è proprio da questi insulti che voglio cominciare. [Per i fan di Mad Men: attenzione, questo post contiene uno spoiler!]
Quando entrai per la prima volta nell’ufficio di Claudio Velardi al secondo piano di Botteghe Oscure, nella stanza che era stata di Enrico Berlinguer e che sarebbe poi diventata la mia (una parabola niente male), alla parete c’era un ritratto di Tony Blair con una sua frase che diceva più o meno così: “Chi prova a cambiare è sempre accusato di tradimento”. Era il 1996, la sinistra si apprestava a vincere per la prima volta le elezioni, e Massimo D’Alema pubblicava un libro intitolato, programmaticamente, Un paese normale.
Intorno a D’Alema si raccolse un gruppetto eterogeneo e vivacemente pluralista, al cui interno però l’impronta liberale era netta: basterà ricordare il nome di Nicola Rossi, che oggi presiede il Bruno Leoni. La mission era complessa ma, anche, incredibilmente semplice: modernizzare la sinistra era la premessa per modernizzare l’Italia e battere – sul terreno dell’innovazione – l’offerta berlusconiana. Bisognava dunque essere (come Tony Blair) più liberali di Forza Italia: aprirsi alle professioni, al merito, alla creatività, all’individualismo, e insomma ad un’idea moderna e dinamica di libertà civile, politica ed economica.
Si potrà discutere a lungo sul fallimento clamoroso, totale e definitivo di quella battaglia, accusando di volta in volta il conservatorismo della sinistra o l’inciucio con Berlusconi, l’inadeguatezza di D’Alema o il cinismo dei suoi avversari, il giustizialismo o il partito di Repubblica: a me però interessa il risultato. E il risultato è che la sinistra italiana, dopo il fallimento del dalemismo e la troppo breve stagione di Veltroni, ha chiuso la sua partita con la modernità. Ha deciso di tornare al XX secolo, all’idea rassicurante del Welfare universale, alla pedagogia statalista e al dirigismo, e persino (purtroppo) al moralismo e al giustizialismo, che davvero con la sinistra non c’entrano nulla.
Insomma, abbiamo perso. Parlo per me, non voglio fare il cantore di una generazione disillusa: io ho perso. Ho creduto nella possibilità della sinistra italiana di rinnovarsi, e ho perso. Ci ho creduto nell’89, quando da entusiasta occhettiano resocontavo sull’Unità i discorsi della “svolta” che avrebbe dovuto portarci “oltre la tradizione socialdemocratica”, e ci ho creduto nel ’96, quando sono entrato nello staff. È andata in tutt’altro modo: hanno vinto gli altri. Io continuo a chiamarli “i conservatori”, ma in realtà sono semplicemente la sinistra reale, quella che c’è.
È tempo che ne prenda atto, con serenità: del resto, io e la sinistra ci siamo reciprocamente dati molto, ci siamo voluti bene, è stata la mia famiglia e la mia casa dai tempi del liceo, e non c’è motivo per provare rancore.
***
Dunque io non sono più di sinistra, ma non sono cambiato: è cambiata la sinistra. So bene che questa frase è il motto di tutti i voltagabbana, ma soggettivamente, per i motivi che ho provato a spiegare prima, io la vedo così. Ho radicalizzato qualche posizione, ho scoperto il buddhismo, John Locke e il pensiero libertario, passo più ore con gli animali che con gli umani, ma in fondo la penso sempre allo stesso modo: l’unica cosa importante è la mia libertà, perché la mia libertà è la condizione della libertà di tutti.
È vero, i comunisti (e i socialisti, e prima di loro Rousseau) hanno sempre sostenuto il contrario: che la libertà di tutti è la condizione della libertà di ciascuno. Ma qui, scavando nella memoria alla ricerca di una giustificazione, rischiamo di perderci. Dirò soltanto che per uno studente borghese di Torino entrare nel Pci, negli anni Settanta, significava attraversare lo specchio, incontrare l’altra metà del mondo: gli operai. Sebbene il Pci fosse pieno di borghesi, la centralità operaia rendeva l’ingresso nel partito un’autentica rottura di classe, una rottura di libertà. Sono diventato comunista per la libertà, non per l’ordine: l’ordine mi ha sempre dato fastidio, a me piaceva l’idea di rivoluzione (e di questo si ricorderà anche Mario Lavia, mio compagno di banco alla Fgci nazionale, che mi ha dedicato un ritratto agrodolce su Europa).
Vabbè, è andata come è andata. Fa anche un po’ ridere parlarne come se fosse così importante. Ma per andare avanti, come ci ha spiegato il finale di Lost, bisogna lasciar andare le cose che sono state.
Ora che non sono più di sinistra, dovrò essere per forza di destra. È la natura bipolare della nostra mente che ci costringe a ragionare così (se avessimo tre mani, la nostra visione del mondo sarebbe più complessa), e io non posso andare contro la natura. Potrei argomentare per ore come la posizione libertaria sia alternativa tanto alla sinistra quanto alla destra così come si sono storicamente determinate, ma sarebbe tempo sprecato. Chi lo sa già, lo sa benissimo; gli altri restano bipolari.
Se però dico “destra”, siccome sono di sinistra, mi vengono subito in mente i fascisti. La mia generazione è cresciuta con l’idea che la destra fosse sempre e comunque violenta e totalitaria, e che la cultura fosse tutta e sempre di sinistra (per leggere Nietzsche abbiamo dovuto aspettare che Vattimo ci spiegasse la sua compatibilità col marxismo, che a sua volta aveva già inghiottito Freud). Ovviamente non è così, ma una parte di me continua a pensarlo, istintivamente.
***
Per fortuna che c’è l’America. È andando spesso negli Stati Uniti che ho capito che cos’è la libertà: non la semplice libertà politica, ma la libertà come modalità costante di comportamento, di giudizio e di azione, come paradigma e come ethos pubblico condiviso. Anche qui, non voglio convincere nessuno: gli antiamericani sono tanti e agguerriti, e quasi tutti di sinistra.
Per me, invece, l’America è l’unica sinistra possibile, ed è la sinistra reale. Ogni volta che rileggo il preambolo della Dichiarazione d’indipendenza mi commuovo come un cristiano di fronte alle parole del suo Dio. Ma, ripeto, non voglio convincere nessuno: per me contano le settimane e i mesi che da vent’anni ho trascorso ogni anno dall’altra parte dell’Oceano; e ogni volta che scendo dall’aereo mi sento a casa perché mi sento libero.
In America ho imparato che si può essere di destra restando progressisti e liberali, e addirittura che l’estrema “sinistra” libertaria trova casa nell’orrendo partito repubblicano. Ma erano di sinistra anche i “neocon”, con l’idea internazionalista dell’esportazione della democrazia; ed era di sinistra, naturalmente, Ronald Reagan. Non voglio andare oltre: già sento una certa impazienza, e il post è diventato lunghissimo.
E allora mettiamola così: chi vuole, può dire liberamente che sono diventato di destra; quanto a me, non sono più di sinistra. E ora che l’ho detto, mi sento come Peggy quando esce per l’ultima volta dall’ufficio di Don Draper, nella quinta stagione di Mad Men. Leggero e riconciliato. (the Front Page)
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1 commento:
Non sono di sx, a non mi sento tanto di dx.
La política mi ha deluso. Perché ho creduto nei programmi che avremmo dovuto realizzare.
Neanche uno.
Ed ora mi ritrovo con un governo tecnico (???).
Caro "Caimano"
a me non importa un bel niente se ti fai 50 donne a colpo.
Se ti circondi di baiadere che fanno spogliarelli, di nipotine di 17 anni e 11 mesi, se ti sei circondato di una corte rinascimentale ...
Non è questa la rovine dell'Italia.
Ma un conto è che lo faccia quel Tizio che si faceva la moglie di quello che ti ha pugnalato alle spalle, di quel Tale che coi soldi del partito si è comprato una casetta (e anche lui, sai la famosa prosit ... che lo aggredisce ogni tanto ... ma per lui non si muove nessuno), insomma a quel Tizio, che si faccia le mogli di quello o di quell'altro non importa niente a nessuno.
Ma la tua posizione è diversa (era) diversa. Mille occhi ostili stavano in agguato, cercando il cavillo, frugando nella spazzatura .... mandando in giro gente con i registratori, intercettandoti, avventandoti contro fotografi sardi ... mille fucili puntati contro di te. Ma tu sei nato ieri?
Picchia e ripicchia, trovano l'anello debole e su quello fanno leva.
Addirittura sento che mandi alla camera ragazze "smaliziate" che tutti mormorano siano (sia) qualcosa di più che amiche (amica).
Hai cioè dato il via a quella che gli storici chiamano PORNOCRAZIA, un modo di governare non consono ai costumi democratici. E anche questo è un grosso errore.
Hai mancato di prudenza ... e ... lasciamo perdere il resto.
I guardoni entrano nella vita privata delle persone, e fanno male, anche considerando lo scopo che si prefiggono. Ma ci sono! E' una realtà.
E i nemici, quando si tratta di demolire un avversario, ci vanno duro, non badano ai mezzi con i quali possono raggiungere lo scopo.
E così fra uno spogliarello, qualche p ... con incarichi, diciamo sconvenienti, qualche festicciola ... siamo arrivati al governo Monti.
Ma la colpa non è tutta sua ...
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